L’alibi Perfetto - Блейк Пирс 4 стр.


In definitiva, nessuno la notò mentre lei andava a prendere posto alla sua scrivania. Addirittura Ryan, che stava aiutando un agente a contenere la furia di un cliente iracondo, non la vide avvicinarsi. Lei invece non poté fare a meno di notarlo. Anche se stavano insieme da diversi mesi e lei ormai conosceva alla perfezione i dettagli del suo aspetto fisico, non cessava mai di sentirsi attratta dal suo fascino.

Con un’altezza di un metro e ottantacinque e poco meno di novanta chili di peso, era fisicamente imponente. Ma come lei sapeva bene, non c’era un grammo di grasso sul suo muscoloso corpo da trentaduenne. Nonostante il busto scolpito, Ryan emanava una sorprendente umiltà e un deciso calore per essere un detective veterano nella sezione omicidi. Aveva un sorriso semplice e teneva i capelli scuri tagliati corti, così da lasciare ben visibili i suoi amichevoli occhi castani.

Quando parlava, il suo tono morbido non lasciava presumere che lui fosse il più celebre detective della sezione speciale omicidi, anche chiamata HSS, che indagava su casi di alto profilo o intenso scrutinio mediatico, spesso con il coinvolgimento di numerose vittime e serial killer. Jessie a volte pensava che avrebbero dovuto dargli una medaglia di encomio per la sua abilità nel districarsi tra il lavoro e la sua relazione con lei.

Cacciando dalla testa i pensieri riguardanti il suo compagno, Jessie si sedette e iniziò a tirare fuori le cartelle del caso delle donne rapite. I dettagli erano scarsi, per lo più perché le donne erano state bendate per buona parte del loro incubo, quindi non erano state in grado di fornire grossi aiuti.

Dopo aver acquisito maggiore familiarità con i fatti, Jessie decise di chiamare il detective principale assegnato al caso di Morgan Remar. Prima di tutto era quello più rilevante per Kat. E poi, il detective incaricato alla Stazione del Pacifico, Ray Sands, aveva un’ottima scheda e una altrettanto buona reputazione come interessato a risolvere i casi più che a seguire severamente le procedure. Magari si sarebbe rivelato disposto ad aiutarla.

“Salve, detective Sands,” gli disse con voce piuttosto informale. “Sono Jessie Hunt. Sono una profiler criminale per la Stazione Centrale. Come va questa mattina?”

“Sono molto impegnato, signorina Hunt. Cosa posso fare per lei?” le chiese, educato ma diretto.

“Speravo di farmi un’idea di quello che pensa di un caso a cui sta lavorando al momento.”

“Di che caso si tratta?” le chiese Sands cautamente.

“Il rapimento di Morgan Remar. Speravo che lei potesse riempire un po’ di buchi.”

“Che interesse ha nel caso, signorina Hunt? Ho sentito parlare di lei e pensavo che la sua specialità fossero gli omicidi, per lo più perpetrati da serial killer.”

“È vero,” confermò Jessie. Decidendo che tutto sommato era meglio essere diretti, gli raccontò la verità. “A dire il vero sto dando un occhio per conto di un’amica, Kat Gentry. La signora Remar l’ha assoldata come investigatrice privata e lei sta trovando delle resistenze nella raccolta di dati sull’avanzamento del caso.”

“Sì, conosco la signorina Gentry,” rispose con tono carico di stanchezza. “È stata diciamo… insistente. Ripeterò a lei quello che ho già detto alla sua amica. Semplicemente non abbiamo molto in materia di informazioni di qualità da poter condividere, a questo punto delle indagini.”

Jessie aveva la sensazione che Sands fosse un brav’uomo, ma che non fosse completamente sincero.

“Detective, mi sta dicendo che dopo un mese e tre rapimenti da parte di quello che è chiaramente lo stesso colpevole, non avete nessuna pista utile?”

Non riuscì a celare lo scetticismo nella propria voce. Per qualche secondo Sands non rispose.

“Senta, signorina Hunt,” disse molto lentamente, enfatizzando con forza ogni sillaba mentre parlava. “Qui lei sta facendo un sacco di supposizioni: la prima, che questi casi siano collegati tra loro.”

“Mi sta suggerendo che non lo siano?” chiese Jessie sorpresa.

“Non lo sappiamo con certezza,” disse lui con tono poco convinto. “Tutti i rapimenti si sono verificati in diverse giurisdizioni. Tutte le donne sono state trovate in zone lontane da dove sono state rapite.”

“Ma sono state tutte tenute per approssimativamente lo stesso periodo di tempo, prima di riuscire a fuggire,” ribatté Jessie. “Sono state tutte rinchiuse in posti dallo spazio contenuto. Avevano tutte più o meno la stessa età e appartenevano alla stessa fascia socioeconomica. Non starà affermando seriamente che non sono collegate tra loro, vero?”

“No,” ammise lui. “Ma non tutti i detective che indagano sugli altri rapimenti la pensano così. E dato che sospetto che chiamerà anche loro, dopo aver parlato con me, voglio essere chiaro e dirle che non sono state tratte conclusioni.”

Jessie sospirò. Comprendeva la cautela di Sands, ma era incredibilmente frustrante.

“Senta, detective. Capisco. È politicamente sensato. E lei non mi conosce. Ma Kat Gentry è una buona amica. E sta tentando di aiutare una donna molto spaventata. Io sto solo cercando di trovare delle risposte che la aiutino a rilassarsi.”

“Pensa che non sappia che Morgan Remar ha paura?” chiese Sands, con tono per la prima volta sinceramente arrabbiato. “Sono stato io a interrogarla in ospedale mentre i medici le facevano dei punti di sutura e cercavano di sistemarle la caviglia che si è distrutta calciando la porta di quel guardaroba per liberarsi. Sono stato io quello che ha dovuto dirle che non c’erano prove utili rinvenute sul luogo dove era stata imprigionata. Sono due settimane che lavoro a questo caso senza sosta, mentre i miei colleghi delle stazioni Mid-Wilshire e West L.A. si sono trattenuti dal condividere ogni informazione. Ho avuto l’approvazione per una task force solo questa mattina. Sono consapevole della situazione, signorina Hunt.”

“Scusi,” disse Jessie, capendo di aver intrapreso il discorso con il piede sbagliato. “Non era mia intenzione suggerire che non le interessa. Io, ecco, mi spiace.”

Sands rimase in silenzio. Jessie lo sentiva respirare rumorosamente. Ma prese come buon segno il fatto che non avesse riagganciato. Prima che lo facesse, provò con un’altra tattica.

“Ha detto che questa mattina le hanno approvato una task force?”

“Sì,” mormorò lui.

“Posso chiedere cos’è cambiato?”

“C’è stato un quarto rapimento.”

“Cosa?”

“È stata trovata ieri a notte fonda a Griffith Park,” disse Sands. “Stesso modus operandi, solo che questa volta l’ha tenuta rinchiusa in una gabbia per cani per quattro giorni.”

“Cavolo,” mormorò Jessie sottovoce.

“Sì,” confermò lui. “Quindi questo ha finalmente convinto la gente del quartier generale a scavalcare i capitani delle altre centrali e farci riorganizzare le nostre risorse. Speriamo di essere pienamente operativi da questo pomeriggio.”

“Chi si occupa del gruppo?”

“Il sottoscritto.”

“Non mi stupisco della sua suscettibilità,” disse, ma poi si rese conto che l’altro poteva non prendere il suo commento come ironico.

“Sta scherzando? Io sono proprio così al massimo del mio fascino,” le rispose, chiaramente non offeso.

“Ok, allora fintanto che ho a che fare con lei quando è così di buon umore, posso farle un’altra domanda invadente?”

“Spari,” disse. “Tanto ormai ci sono abituato.”

“Quattro rapimenti. Nessuna pista per poter identificare il rapitore. Eppure ogni donna è riuscita a scappare. Non sembra strano che un rapitore così esperto sia poi tanto inetto nel tenere prigioniere le sue vittime?”

“Sì,” disse Sands, senza offrire ulteriori commenti.

“Posso supporre dalla sua significativa pausa che anche lei è scettico quanto me riguardo a fatto che nessuna di queste donne sia ‘fuggita’ da sola?”

“Sì,” disse Sands. “Anche se non tutti sono d’accordo con me, io ho la forte sensazione che quest’uomo – e sappiamo che è un uomo – ha permesso alle sue vittime di scappare.”

“Cosa la rende così sicuro?” chiese Jessie.

“A parte quello che ha notato lei – la forte improbabilità che lo stesso uomo che ha catturato tutte queste donne senza farsi beccare sia tanto incauto nel tenerle rinchiuse – c’è dell’altro.”

“Di cosa si tratta?”

“Abbiamo trovato i posti dove teneva ciascuna donna. In ogni caso, non c’era la minima traccia di DNA utilizzabile. Niente impronte. Nessuna prova incriminante di alcun genere. È una cosa difficile da ottenere in altre circostanze, come lei ben sa. Ma quasi impossibile se pensiamo che debba essere tornato dopo la fuga di ogni donna, per poi pulire frettolosamente.”

“Ma non se è stato proprio lui a lasciarle andare,” disse Jessie.

“Corretto,” confermò Sands. “Se ha scelto di lasciarle andare quando ha voluto lui, questo gli avrebbe concesso il tempo per ripulire dopo la loro fuga. Penso sia stato attento fin dal momento in cui le portava nel luogo designato, sapendo che poi il posto sarebbe stato trovato e scrupolosamente setacciato.”

“Perché fare una cosa del genere?” chiese Jessie. “Perché rischiare di lasciarle andare se poi loro potevano essere benissimo in grado di identificarlo?”

“Non dimentichi che erano tutte bendate.”

“Ma non lo erano di certo quando lui le ha prese.”

“No,” le concesse lui. “Ma le tre prime vittime sono tutte certe che lui indossasse una sorta di elaborato travestimento.”

“Però potrebbero comunque fare una stima di altezza e peso, di etnia. Potrebbero essere in grado di identificare la sua voce.”

“Tutto vero,” disse Sands.

“Ho l’impressione che qui ci sia sotto molto di più rispetto a quello che vediamo,” disse Jessie pensierosa.

“Anch’io,” confermò Sands. “Purtroppo non ho idea di cosa sia.”

CAPITOLO SEI

Jessie si era messa in una posizione rischiosa.

Solo perché non aveva dei casi attivi al momento non significava che il capitano Decker sarebbe stato felice di saperla diretta a Brentwood per ficcare il naso in un caso con il quale non aveva niente a che fare. Eppure era proprio quello che lei stava facendo.

Caroline Gidley, la vittima scoperta la notte precedente, era ancora priva di conoscenza e non era nella posizione di poter parlare. Il detective Sands l’aveva avvisata che Jayne Castillo, la terza vittima, non aveva voglia di essere interrogata. E dato che la cliente di Kat, Morgan Remar, era fuori città, le restava solo una persona con cui scambiare due parole.

Quando aveva chiesto a Sands se tentare di parlare con la prima vittima – Brenda Ferguson – sarebbe stato un errore, lui le aveva detto che i detective della stazione West L.A. che gestivano i casi sviluppati a Brentwood non sarebbero stati contenti. Ma non le aveva neanche richiesto esplicitamente di non farlo. Anche nella poca esperienza che aveva di lui, Jessie aveva la sensazione che quello fosse il suo modo per dirle di procedere.

Ryan aveva generosamente accettato di farle da copertura alla centrale per tenere la sua assenza alla larga dal radar del capitano Decker. Proprio mentre parcheggiava alla casa dei Ferguson, Jessie lo chiamò per controllare.

“Come vanno le cose lì?” gli chiese.

“Decker è così immerso nelle conseguenze del raid della squadra del buon costume, che non ha neanche notato che non ci sei.”

“Non so sentirmi sollevata o insultata,” rispose Jessie.

“Se ti può essere di consolazione, io sento la tua mancanza,” le disse lui.

Armata di quella sicurezza, uscì dall’auto e si diresse verso la casa. Non aveva chiamato per annunciarsi, per paura che i Ferguson chiedessero spiegazioni ai detective assegnati al caso. E poi aveva scoperto che si ottenevano informazioni più utili quando si prendevano i testimoni, i sospettati o addirittura le vittime di sorpresa. In questo modo non avevano tempo per organizzare i loro pensieri e modificare eventuali dettagli utili.

La casa era impressionante, anche se ben lungi dall’essere appariscente come alcune altre lungo quella via alberata. Era un edificio in stile spagnolo a due piani che si estendeva su un’ampia porzione del lotto di terreno. Il prato che si apriva sul davanti della residenza avrebbe potuto benissimo ospitare un’altra abitazione. Jessie bussò alla porta e dovette aspettare sessanta secondo buoni prima che un uomo sulla trentina venisse ad aprire, guardandola sospettoso.

“Posso aiutarla?” le chiese, mostrandosi allerta.

“Lo spero. Immagino lei sia il marito della signora Ferguson.”

Sì. Sono Ty.”

“Salve, Ty,” disse Jessie con il suo tono più accomodante e accogliente. “Mi chiamo Jessie Hunt e lavoro come profiler criminale per il Dipartimento di Polizia di Los Angeles. So che Brenda ne ha passate delle belle. Ma speravo di poter scambiare due parole veloci con lei. Sto cercando di elaborare un profilo dell’uomo che l’ha rapita e non ci sono molti dettagli che sono riuscita a estrapolare dalla cartella del caso. Mi sono trattenuta più che ho potuto, come forma di rispetto per ciò che ha passato. Ma parlarle di persona mi sarebbe davvero di aiuto.”

Non era entusiasta di fare quella prima presentazione di se stessa con quelle che erano, al meglio, delle bugie bianche. Ma aveva bisogno di un pass d’accesso, e quella sembrava la via più efficace. Ty non le sbatté la porta in faccia, ma le parve comunque reticente.

“Senta,” disse sottovoce, guardandosi alle spalle mentre parlava. “So che sta solo facendo il suo lavoro. Ma Brenda ne ha passate già tante. Ha ripreso a dormire di notte solo negli ultimi giorni. Ho paura che questo potrebbe riaprire tutte quelle ferite.”

Jessie aveva la sensazione che la sua ritrosia fosse al limite con le sue buone intenzioni e decise che era ora di essere più diretta.

“Non posso promettere che non lo faccia, Ty. Ma sto cercando di scoprire chi sia questo tizio in modo che non faccia del male a nessun altro. Non so se lei ne è al corrente, ma ieri notte è stata ritrovata una quarta vittima.”

“No,” disse Ty, sgranando gli occhi.

“Sì. Ora è in ospedale. Ha una brutta frattura a una gamba, che si è procurata scappando dopo quattro giorni passati chiusa in una gabbia per cani. Francamente, non ci sono indicazioni che questo tizio abbia intenzione di fermarsi presto. Spero che con l’aiuto di Brenda potremmo arrivare a lui prima che prenda una quinta donna.”

Ty sembrava combattuto, ma Jessie poteva vedere come stesse lentamente diventando più incline a lasciarla entrare. Si guardò una seconda volta alle spalle, verso l’atrio.

“Resti qui,” disse alla fine. “Lasci che prima le parli. Magari riesco a convincerla.”

“Grazie,” disse Jessie, ed entrò nel foyer mentre Ty scompariva in una stanza non ben definita in fondo al corridoio.

Jessie sentì dei sussurri sommessi e agitati che continuarono per diversi minuti, poi Ty sporse la testa fuori dalla porta.

“Venga pure avanti,” la chiamò. “Chiuda il portone dietro di lei, per favore.”

Jessie annuì, fece come le era stato richiesto e imboccò il corridoio. Quando svoltò all’angolo, trovò Ty che andava a sedersi a un tavolo accanto a una donna paffuta dai capelli scuri, con gli occhi rossi e un’espressione sofferente. Non sembrava felice di avere ospiti.

“Salve, signora Ferguson,” disse Jessie con voce roca. “Grazie per aver accettato di parlare con me.”

“Lo faccio solo perché Ty mi ha implorato. Mi ha detto della quarta donna. Come sta?”

“Sopravvivrà,” le disse Jessie. “È stata trovato sul ciglio di una strada a Griffith Park con una gamba rotta e diverse ferite di altro genere. Ma da quello che ho capito dovrebbero dimetterla entro la fine della settimana.”

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