«Lo sono, invece. Nel profondo, lo sono. E quando lo capisci, quando te lo rivelano, è troppo tardi ormai per fuggire.» Claire fece un respiro profondo e cercò di governare la propria rabbia, le proprie paure. Tiffany non le avrebbe mai prestato ascolto se non si fosse calmata e, se avesse insistito troppo, la ragazza sarebbe potuta fuggire dall’alfa e lontano da lei. «Promettimi solo di fare attenzione. Pensaci, okay?»
L’espressione dura sul viso di Tiffany si allentò. Annuì e i suoi lineamenti giovanili fecero stringere il cuore a Claire.
Quante omega aveva visto prendere quelle decisioni sbagliate? Quante si erano rifiutate di prestare ascolto ai consigli di Claire ed erano rimaste uccise o peggio? I corpi che aveva identificato, le tombe che aveva visitato, i visi contusi che non aveva più rivisto – la perseguitavano tutti. Non poteva vedere Tiffany tra loro, un’altra omega perduta per colpa dell’ego di un alfa.
Il campanello situato sulla porta ruppe il silenzio e Claire offrì un sorriso a Tiffany, per farle sapere che non era arrabbiata. Claire era sempre stata attenta a rassicurare tutte le omega che aveva aiutato, di cui si era presa cura, a cui aveva insegnato, che avevano un posto in cui stare. Non importava cosa avessero fatto, quanto si fossero allontanante dai consigli di Claire, avevano sempre una casa insieme a lei. Per un gruppo emarginato, perseguitato e abusato così spesso, un luogo sicuro era molto importante.
Claire si voltò verso il nuovo cliente, solo per trovarsi davanti i tre alfa di due giorni prima.
L’avevano trovata.
Capitolo quattro
Dietro di lei, Tiffany si immobilizzò, la sua tensione palpabile. In quanto omega, erano in grado di riconoscere gli alfa dal loro odore, l’abilità una forma di difesa. Sapevano cos’erano gli uomini, anche se gli uomini non sapevano cos’erano loro.
Beh, sapevano cos’era Claire.
Quella consapevolezza la fece muovere. Tiffany era più importante di qualsiasi altra cosa. Claire prese un libro a caso dallo scaffale e lo rifilò alla ragazza. Le posò una mano sulla schiena e la spinse verso la porta. «Ecco il tuo ordine. Ti chiamerò quando arriveranno gli altri articoli.»
Tiffany si mosse lentamente, gli occhi puntati sul pavimento, le spalle incurvate. Quando Kaidan e Joshua si fecero da parte, quasi senza degnarla di un’occhiata, la ragazza scivolò fra di loro e si affrettò verso l’uscita.
Non appena Tiffany se ne fu andata, non appena fu al sicuro, Claire fece un respiro profondo. Era rimasta sola con i tre uomini, ma fintanto che Tiffany fosse stata in salvo, sarebbe andato tutto bene.
A volte la vita di un omega consisteva solo nel sopravvivere il più a lungo possibile. Tiravano avanti, cercavano di insegnare alle più giovani le tecniche di sopravvivenza e speravano che la generazione successiva riuscisse a sopravvivere più a lungo.
«Come avete fatto a trovarmi?» La debolezza nella sua voce le dava sui nervi. Avrebbe voluto suonare sicura e forte, non come un docile topolino.
«Non è stato difficile. Di certo sapevi che ti stavi introducendo nell’ufficio di esperti della sicurezza, no?» Bryce si addentrò nel negozio e il suo sguardo la abbandonò per osservare gli scaffali, gli espositori. «Libri? Non me lo sarei mai aspettato.»
Ovviamente no. Gli alfa credevano che le omega fossero stupide e Claire era stata nuda e fuori di sé durante tutto il tempo che avevano trascorso insieme. Ciò le ricordò che anche lei non sapeva nulla di loro. Nulla di quegli uomini che stavano in piedi nel suo negozio, con tutto il potere nelle loro mani.
«Che cosa volete?»
Joshua si avvicinò a Claire, oltrepassando Bryce, quel suo sorriso affascinante sulle labbra. «Credevi che ti avremmo lasciata andare così facilmente?»
Claire fece un passo indietro, ponendo il bancone fra loro. L’odore di alfa colpì il suo naso e le fece venire voglia di fuggire.
Joshua sollevò le mani e si fermò. «Piano, Claire. Non siamo qui per farti del male.»
No, vogliono solo possedermi, controllarmi.
«Non ti fidi di noi? Dopo che ti abbiamo fatto passare una così bella serata?» Il suo tono scherzoso non la fece rilassare. Stava tentando di costruire un ponte con il suo umorismo, una connessione fra loro, ma Claire aveva imparato la lezione.
Aveva sofferto per mano di un alfa che l’aveva attirata con sorrisi e parole dolci. Si rifiutava di commettere due volte lo stesso errore.
Kaidan spinse Joshua da parte, un sacchetto in mano. «Non puoi affascinare ogni donna» sussurrò, prima di tirare fuori dal sacchetto un contenitore bianco da asporto e posarlo sul tavolo. «Devi essere affamata.»
Quando aprì il coperchio e il cibo apparve davanti ai suoi occhi, a Claire venne l’acquolina in bocca. Strisce di carne riposavano su riso e fagioli, tutte le proteine di cui aveva bisogno, che non si era concessa. Dopo la notte passata insieme a loro aveva dormito tutto il giorno e poi, la mattina dopo, aveva riaperto regolarmente il negozio. Aveva avuto a malapena il tempo di pensare, figuriamoci di mangiare.
In ogni caso, non voleva niente da quegli uomini. Gli alfa non concedevano niente senza aspettarsi qualcosa in cambio e Claire non poteva permettersi di pagare.
«Nei hai bisogno.» Kaidan lo spinse verso di lei sul bancone, una forchetta al suo fianco. «Stai strizzando gli occhi, le tapparelle sono abbassate. Il sole ti dà fastidio agli occhi, vero? Mal di testa? Hai bisogno di proteine dopo un calore per riprenderti. Mangia.»
«Non dirmi cosa devo fare», sbottò Claire, una reazione automatica a un alfa che cercava di darle ordini.
Aveva lavorato troppo duramente per lasciare che accadesse.
Eppure, nonostante tutto, quando le parole lasciarono la sua bocca, Claire trasalì e sollevò un braccio come se si aspettasse di essere colpita per la sua impertinenza.
Un momento più tardi, non sentendo che silenzio e assenza di dolore, abbassò il braccio e si ritrovò davanti i tre uomini immobili, tutti intenti a fissarla con lo stesso sguardo negli occhi.
Compassione.
Odiava la compassione.
Invece di riconoscere la tensione nata dalla sua reazione, Claire afferrò l’angolo del cibo con un dito e lo tirò verso il bordo del bancone, il più lontano possibile da loro senza andarsene.
Si sedette sulla sedia, sollevò la forchetta e a quel punto si immobilizzò.
«Non ci abbiamo messo della droga», disse Kaidan.
«Perché dovrei credervi?»
Fu Bryce a rispondere alla domanda, il tono brusco e impaziente. «Perché non ne abbiamo alcun motivo. Potremmo portarti via da qui sulle nostre spalle e nessuno direbbe nulla. Potremmo denunciare la tua effrazione o segnalarti come omega non registrata. Perché dovremmo prenderci la briga di drogarti?»
Lo sguardo di Claire cadde sul cibo di fronte alla verità delle sue parole. Non aveva alcun potere. Non aveva nulla. Avrebbero potuto fare qualsiasi cosa e lei non aveva nulla con cui ricattarli, niente da barattare. Era di nuovo in trappola. Un decennio a fuggire e una sola notte era bastata a intrappolarla.
Claire diede il primo morso al cibo, riluttante all’idea di mostrare loro la sua reazione.
«Perché sei fuggita, tesoro?» Joshua prese lo sgabello su cui era seduta Tiffany e si accomodò di fronte a lei, tanto vicino che le loro ginocchia riuscivano a toccarsi sotto il tavolo.
«Perché non avrei dovuto farlo?» Claire parlò tra un morso e l’altro, incurante delle buone maniere dopo che il primo pezzo di cibo era entrato in contatto con la sua lingua, dopo che il suo stomaco aveva preso a brontolare, ricordandole quanta fame avesse.
«Perché siamo stati attenti, ci siamo presi cura di te.»
«Non significa che io voglia restare con voi e diventare una proprietà.»
Di nuovo, nessuno di loro parlò, e il peso dei loro sguardi le rese difficile deglutire.
«La vera domanda è: perché ti sei introdotta nel nostro ufficio?» Bryce non si sedette, ma continuò a camminare avanti indietro, i suoi passi rumorosi nel piccolo negozio.
«Stavo cercando una cosa.»
«Che cosa?»
Le sue labbra si strinsero intorno a un boccone. Anche se non credeva che fossero direttamente coinvolti, gli alfa facevano fronte comune. Non poteva fidarsi di un alfa, non con qualcosa di così importante.
«Ti ho già detto tutte le cose che potremmo fare con te. Credi davvero che non rispondere alle mie domande sia una buona idea?»
Claire sollevò il viso per guardare in faccia Bryce, attingendo al proprio coraggio. «Consegnami all’ufficio del registro, allora. Consegnami alla polizia. Non ti dirò niente.»
Bryce fece un passo avanti, ma Kaidan sollevò una mano. «Non minacciarla. Abbiamo già deciso di non consegnarla, quindi tutto questo è inutile.»
«In qualunque cosa si sia cacciata, rischia di rimanere uccisa. Sapere di cosa si tratta è l’unico modo che abbiamo per proteggerla.»
«Non vi ho chiesto di proteggermi.»
Bryce la inchiodò con uno sguardo così duro da farla avvizzire. Beh, una parte di lei. Il resto? Quella parte vergognosa imbevuta d’istinto? Divenne bagnata sotto quello sguardo grave.
«No. Ci hai chiesto di scoparti e usare il nostro nodo. Ci hai implorati e poi sei fuggita la mattina dopo. Non atteggiarti come se fossi superiore di noi.» Fece un respiro profondo, poi inarcò un sopracciglio. «E a giudicare dal tuo odore, sei a un passo dal chiedercelo di nuovo.»
Claire scosse la testa, negandolo, sebbene entrambi sapessero che si trattava di una bugia. «Non vi ho invitati qui, non vi ho chiesto di venire. Non ho bisogno di voi, non ho bisogno di un alfa – figuriamoci tre.»
«Non eri dello stesso parere ieri notte.»
«Quella era biologia. Non appena il calore è svanito, ho capito di aver commesso uno sbaglio.»
«Sbaglio? È questo che credi?» Bryce avanzò fino a trovarsi di fronte a lei, dall’altra parte del bancone. «Non mi è sembrato uno sbaglio quando ero dentro di te.»
Le guance di Claire si tinsero di rosso all’esplicito promemoria, al modo in cui la riportò indietro e le ricordò quello che aveva provato in quei momenti. Un così strano senso di appartenenza.
Maledizione, svegliarsi in mezzo a loro avrebbe potuto essere perfetto, se non fosse stato per la sua paura.
Claire accantonò certi pensieri per rispondere, la sua voce il più ferma possibile. «Non avevo bisogno di voi, avevo bisogno del vostro nodo. Quindi, se è un ringraziamento che volete, grazie. Abbiamo finito ora?»
Bryce sollevò il labbro e il bagliore dei suoi denti la rese grata di essere seduta. La sua spalla doleva al ricordo di come l’avesse morsa. Eppure, dopo il debole ringhio, Bryce si voltò e tornò a sbirciare fra le sue cose.
Claire voltò la testa per guardare Kaidan, che se ne stava ancora nella stessa posizione di quando aveva posato il cibo sul bancone. «Cosa volete da me?»
«Non ne siamo ancora sicuri. Quando te ne sei andata, ci sembrava che per capirlo avremmo dovuto prima trovarti.»
«Sono certa che ci siano molte omega che sarebbero felici di soddisfare ogni vostra strana perversione, ma io non sono tra quelle. Non stavo scherzando, non voglio, né ho bisogno, di un alfa. Non valgo la frustrazione.»
Kaidan la osservò, gli occhi fissi come se stesse cercando di leggerle dentro. Quello scrutinio fece dimenare Claire sulla sedia.
Finalmente, l’alfa parlò. «Sì, molte omega sarebbero felici di appartenere a tre alfa di successo. Ciononostante, non importa con quante siamo stati a letto, nessuna ha mai risvegliato in noi dell’interesse. Non so cosa ci sia in te, ma ci hai reso curiosi.»
«Che fortuna», mormorò, cacciandosi in bocca un altro boccone.
«Non siamo così male, una volta che impari a conoscerci.» Joshua appoggiò i gomiti sul bancone e si sporse verso di lei.
«Pensavo che gli alfa fossero tutti territoriali?»
«La maggior parte. Alcuni, come noi, creano una sorta di unità. È successo per via del lavoro, ma ci siamo resi conto che preferiamo condividere le cose. Un’impresa, le stoviglie, deliziose omega.»
Claire abbassò lo sguardo, rifiutandosi di riconoscere la sua battuta o ammettere come la promessa in essa racchiusa le facesse fremere lo stomaco.
La sua risatina le mostrò che aveva fallito. «Beh, visto che non abbiamo avuto modo di presentarci l’altra volta, perché non ci proviamo ora? Io sono Joshua, lui è Kaidan e quello con il broncio dietro di me è Bryce. E tu sei?»
«Sai già chi sono.»
«Sì, ma comportarsi da stalker con la donna che ti interessa è considerato scortese, quindi speravo che ci avresti salvato, rispondendo.»
Claire tentò di ignorarlo, ma il silenzio le fece accapponare la pelle. Alla fine, l’omega sospirò e alzò lo sguardo. «Claire.»
«Claire? Che nome grazioso! Ora, Claire, come ti senti? No, non zittirti di nuovo, è una semplice domanda. Il calore è una cosa faticosa. Voglio solo sapere se ti senti meglio.»
Ogni volta che uno di loro menzionava il calore, Claire lottava per non pensarci, per non ricordare la sensazione dei loro corpi premuti contro il suo, per non ricordare come avesse smarrito se stessa.
Joshua inspirò, poi si lasciò sfuggire un ringhio predatorio. «Sai, potremmo chiudere a chiave la porta e farti piegare sul bancone. Non sarai in calore, ma dubito che ti importerà per molto.»
Claire riusciva a vederlo nella sua mente. Joshua l’avrebbe spinta in avanti, fino a intrappolare il suo stomaco e il suo petto contro il bancone. Le avrebbe abbassato con forza le mutande lo stretto necessario per immergersi dentro di lei, lasciandole i pantaloni intorno alle cosce per tenerla ferma. Nel frattempo, Bryce si sarebbe slacciato i suoi, liberando la sua erezione davanti a lei. Avrebbe trascinato il suo uccello contro le sue labbra piene, coprendola con il suo sperma. Avrebbe forzato il suo cazzo nella sua bocca così profondamente da farla soffocare intorno alla grossa testa. Kaidan? Le avrebbe accarezzato i capelli con le dita e le avrebbe detto che era una brava ragazza, mentre avvolgeva il suo membro con una mano e si masturbava.
La fantasia la colpì così duramente da farle strizzare le cosce e gemere.
Maledizione. Sono i feromoni degli alfa a farmi questo effetto. Deve essere così.
I tre avevano risvegliato una parte di lei che aveva a lungo ignorato. Nonostante fosse stata a contatto con degli alfa, non erano mai stati così tanti, né in uno spazio tanto piccolo e certamente non ci era andata a letto insieme.
«Dimmi di sì, tesoro. Dicci di sì e ci prenderemo cura di te.»
Le parole la aiutarono a liberarsi dalla fantasia. Claire si alzò così velocemente da far cadere la sedia, poi premette la schiena contro la libreria che aveva alle spalle. «Andatevene», sussurrò con la gola stretta.
I tre si scambiarono un’occhiata piena di qualcosa che non riuscì a comprendere, una lingua che non parlava.
Fu Kaidan a rispondere. «Non ti faremo del male. Non è per questo che siamo qui.»
«Andatevene e basta. Qualunque cosa vogliate, non posso darvela.»
Kaidan scosse la testa. «Non possiamo. Abbiamo usato tutti il nostro nodo su di te durante il calore, Claire. Potresti essere incinta del figlio di uno qualsiasi tra noi. Aggiungici i guai in cui ti trovi e siamo diventati un po’ protettivi. Finché non saremo certi che sei al sicuro, temo che dovrai sopportarci.»
«Non posso. Non posso avere tre alfa che mi seguono.»
«Sarà uno solo di noi per volta. Come una guardia del corpo personale gratis. Avrai soltanto un’ombra finché non saremo certi che sarai al sicuro, specialmente finché non sapremo se hai concepito o no.»