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Quando suonò l’allarme, Theresa era seduta nel suo nuovo studio e lavorava al terminale.
Aveva ricavato lo studio usando la stanza di una cameriera al centro del piano superiore dell’appartamento, inutilizzata probabilmente da prima dell’avvento dei robot-domestici. Theresa l’aveva scelta perché non aveva finestre, ma solo un abbaino, piccolo e in alto, posto sulla parete inclinata fino a un condotto dell’aria da cui poteva vedere solo una chiazza di cielo artificiale. Aveva fatto ripulire e dipingere di bianco la stanza dal robot addetto alla manutenzione e vi aveva portato un terminale e una sedia rigida vecchio stile. L’unica altra cosa che si trovava nella stanza erano le stampe.
Erano attaccate a ogni parete, poster bidimensionali a colori di tutte le oloimmagini che aveva catturato dai notiziari. In una, tre bambini Vivi abbandonati, accucciati insieme e morti, in un banco di neve, i loro volti congelati e ben nutriti, lisci per la tipica salute assicurata dal Depuratore Cellulare.
In un altro, un bimbo giaceva fra le braccia della madre Viva in lutto. La madre, che sembrava sui quindici anni, era chiaramente Cambiata. Il volto del piccolo era devastato da qualche malattia: la pelle era chiazzata e in suppurazione e dagli occhi chiusi filtrava del sangue. La telecamera aveva colto la madre con un palmo a coppa sollevato verso l’alto, privo di una siringa del Cambiamento.
In un’altra immagine, presa col grandangolo da una telecamera aerea, uno scintillante scudo-Y racchiudeva una bella vallata nelle Ozarks. L’intera valle. Lì viveva un solo ricco Mulo, ex finanziere che nessuno aveva più visto dopo il Cambiamento, quando aveva dato una conferenza stampa in cui esultava perché non avrebbe mai più avuto bisogno di avere contatti con alcun essere umano.
In una piccola stampa sulla parete opposta, quattro adulti emaciati, i gomiti come scalpelli, che mangiavano magre coppe di farinata e bevevano acqua sotto una croce di legno su cui erano state incise a fuoco le parole IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO. La malnutrizione segnava le loro gambe storte e i capelli radi. Tutti e quattro sorridevano beatamente alla macchina: i loro sorrisi erano caratterizzati da denti mancanti e gengive gonfie.
Una grande stampa dietro al supporto del terminale mostrava il volto di Miranda Sharifi, coperto con un velo azzurro, tre gigli e un libro di preghiere aperto. Accanto, una stampa altrettanto grande mostrava lo stesso ologramma, pieno di lapidi, bare, candele nere e strumenti di tortura, con le parole: QUANDO L’IMMORTALITÀ, PUTTANA?
C’erano anche altre immagini. Due bambini Muli che giacevano, nudi e ridenti, sul cadavere di un cervo squartato, aperto dal petto alla coda, che si nutrivano direttamente dalla sua carne e dal sangue. Un altro bambino Vivo ammalato, in un paese francese dove non c’erano più siringhe del Cambiamento da quattro anni. Una pubblicità dell’Endorbacio dai colori che rilucevano seducenti, in cui tre Muli dai corpi assolutamente perfetti si nutrivano dal suolo, tranquillamente, con volti sereni, nessuno che guardasse altre persone o altre cose, non avendone chiaramente alcun bisogno.
Jackson non aveva visto quella stanza. Theresa ci andava solo quando lui non era in casa e aveva chiesto a Jason, il sistema dell’appartamento, di non lasciare entrare nessuno lì dentro a parte lei. Ovviamente era probabile che Jackson sapesse come sovrapporsi a quell’ordine ma, anche se avesse potuto, forse non lo avrebbe fatto. Jackson non avrebbe capito quella stanza. Avrebbe pensato a un problema clinico, come quello che definiva la "angoscia neurochimica" di Theresa. Non avrebbe compreso che quella stanza era necessaria.
Il sistema che Theresa aveva di fronte era in modalità schermo, la sua "superficie" piatta a energia era divisa in due, verticalmente, da una spessa linea nera. Sopra la linea c’era una citazione in severe lettere blu: "Perfino un animale può perdere la strada in un terreno sconosciuto, ma soltanto gli uomini e le donne possono perdere se stessi." Christopher Caan-Agee, 2067. Sotto c’era un paragrafo che Theresa aveva scritto nel libro su Leisha Camden:
Leisha aveva un amico. Si chiamava Tony Indivino. Tony era molto più infuriato di Leisha su moltissime cose. A Tony non sembrava giusto che alcune persone avessero tanti soldi e altre avessero così poco. Leisha non ci aveva mai pensato prima che Tony non la facesse riflettere sulla cosa. Leisha scrisse successivamente che Tony le aveva detto: "E se cammini per la strada in un paese povero come la Spagna e vedi un mendicante? Gli dai un dollaro? E se vedi cento mendicanti, mille mendicanti e non hai tutti i soldi di Leisha Camden? Che fai? Che dovresti fare?" Leisha non conosceva la risposta alle domande di Tony.
Theresa studiò il paragrafo. Disse al suo sistema personale, Thomas: — Metti "importante" prima di "amico". Esso lo fece. La ragazza studiò nuovamente la frase. Quindi guardò la frase precedente: "Perfino un animale può perdere la strada in un terreno sconosciuto, ma soltanto gli uomini e le donne possono perdere se stessi". Disse: — Thomas, dammi la seconda citazione della lista.
Thomas le tirò fuori le parole, leggendole forte con la sua corposa voce maschile: — "Ma l’uomo, l’uomo orgoglioso, investito di piccola e breve autorità, massimamente ignorante di ciò di cui è massimamente sicuro, vitrea la sua essenza, crea al pari di una scimmia furiosa magnifici trucchi al cospetto dei cieli da commuovere gli angeli" William Shakespeare. 1554-1615.
— La citazione successiva.
— "L’infelicità dell’uomo deriva, secondo una mia interpretazione, dalla sua grandezza: è perché in lui c’è l’infinito che. nonostante tutte le sue abilità, non può riuscire a seppellirsi del tutto sotto al finito". Thomas Carlyle. 1795-1881.
Ancora una volta Theresa lesse il proprio paragrafo, con "importante" inserito davanti ad "amico". Quindi riascoltò la frase di Carlyle.
Perché mai era così difficile scrivere un libro? Lei sapeva così chiaramente quello che aveva bisogno di dire su Leisha Camden, lo provava così chiaramente. Riusciva perfino a parlarne, con Jackson. Però quando si sedeva davanti al terminale, le parole che pronunciava erano rigide e fredde e sarebbe stato meglio che non avesse mai nemmeno tentato di spiegare al mondo perché Leisha Camden era importante, perché "importava" una vita spesa per qualcosa di determinante come mantenere Insonni e Dormienti un solo popolo. Anche se Leisha aveva fallito: a dispetto degli sforzi di Leisha, gli Insonni si erano ritirati nel Rifugio. Il paese aveva subito una separazione lunga e amara. Jennifer Sharifi era finita in prigione. Leisha aveva trovato la morte in una palude della Georgia, uccisa da Vivi che disprezzavano gli Insonni più ancora di quanto Theresa disprezzava se stessa.
Leisha, però, aveva provato e si era salvata da quello che era divenuto il resto di loro. No, Theresa doveva scrivere quel libro su Leisha. "Doveva". Ma perché era così difficile trovare parole magnifiche come quelle che le riportava Thomas quando lei lo inviava a cercare qualche citazione?
Theresa si asciugò le lacrime dalle guance e guardò nuovamente le stampe appese alle pareti, "massimamente ignorante… crea al pari di una scimmia furiosa magnifici trucchi al cospetto dei cieli da commuovere gli angeli."
— Prendi un neurofarmaco — le avrebbe detto Jackson. — Te ne posso far fare uno che…
— Il sistema di sicurezza dell’edificio è stato infranto — annunciò con voce forte il sistema di casa dal terminale di Theresa. — Non si tratta di un’esercitazione, signorina Aranow. Ripeto, il sistema di sicurezza dell’edificio è stato infranto e non si tratta di una esercitazione. Cosa vuole che faccia?
Infranto? Come era possibile che venisse infranto il sistema di sicurezza dell’edificio? C’erano scudi a energia-Y, serrature… Cosa doveva fare? Jackson era andato da qualche parte con Cazie. Theresa non sapeva cosa dire al sistema. Doveva essere impenetrabile.
Disse: — Serra tutte le porte!
— Sono sempre serrate, signorina Aranow.
Era evidente. I pensieri di Theresa turbinavano. — Mostrami il punto dell’effrazione!
Le prose, sue e di Carlyle, scomparvero dallo schermo. Esso si attivò in modalità olografica e trasmise un’immagine grandangolare dell’atrio dell’edificio. Persone… Vivi!… stavano avanzando verso l’ascensore che disse: — Mi dispiace… questo ascensore si apre soltanto per i residenti e gli ospiti autorizzati. — Un uomo con un terminale portatile digitò qualcosa, e la porta dell’ascensore si spalancò.
Theresa si alzò, ribaltando la sedia. Le batteva forte il cuore. Erano cinque Vivi, quattro uomini e una donna, persone dalle fronti poco spaziose, menti bitorzoluti, orecchie pelose o colli taurini, vestite con vecchie tute invernali. Erano nel suo edificio. Avevano espressioni determinate e una di loro aveva un’unità mobile. Dove l’aveva presa? Durante le Guerre del Cambiamento? Ma erano finite da molti anni, no? Che cosa "avrebbe dovuto" fare?
— Cosa… cosa dovrei fare, Jones? C’è una procedura di sicurezza standard?
— Esiste una sequenza standard contra le intrusioni, organizzata in stadi progressivi. La devo iniziare? Oppure prima vuole parlare con gli intrusi non autorizzati?
— No! No, io… che cosa vogliono?
— Devo passarle un collegamento audio-video del partone tramite Thomas?
— No… sì. E inizia la sequenza contro le intrusioni!
— Tutti gli stadi, in automatico?
— Sì!
L’olopalco mostrò il corridoio fuori dalla porta dell’appartamento. Tre persone, inclusa la donna, avevano delle armi in pugno. Theresa si sentì serrare la gola e mancare il respiro. "No, non adesso, non adesso…" I Vivi non gridavano. Quello con l’unità mobile parlò in maniera calma ma a voce alta, nel tipico gergo da strada: — …prendere per i nostri bambini, noi, altre siringhe del Cambiamento. È tutto quello che vogliamo, noi. Non faremo del male a nessuno. Vi ripeto, io, che quello che vogliamo sono altre siringhe del Cambiamento, sappiamo che lei le ha, dottor Aranow, lei è un medico, lei…
— Andate via! — gridò Theresa. Le parole le uscirono strozzate, incapaci di farsi strada con vigore attraverso l’attacco di panico. Tentò di nuovo: — Andate via! Qui non ci sono siringhe del Cambiamento! Mio fratello non le tiene a casa! — Non era vero. C’erano sedici siringhe del Cambiamento nella cassetta di sicurezza.
— Cosa? Lei è il dottor Aranow, lei? Apra la porta!
— No — piagnucolò Theresa. Non riusciva a respirare.
— Allora entreremo, noi!
La porta d’ingresso si aprì. La procedura di sicurezza… perché Jones non reagiva? Cosa avevano avuto il tempo di fare a Jones quelle persone, e come sapevano come agire? Theresa si strinse le braccia attorno al corpo e prese a ondeggiare avanti e indietro, cullandosi. Jones disse: — Siete intrusi non autorizzati. Se non uscirete immediatamente, questa sistema attiverà le sue difese biologiche.
— Aspetta, Elwood, non…
— Ho abbattuto le difese, io. Avanti!
— Ma tu…
— Le siringhe…
— Attivazione, ora — disse Jones e, all’improvviso, l’olopalco si riempì di gas giallastro che spuntava fuori da tutte le parti. Era "davvero" ovunque. Anche lo studio di Theresa improvvisamente ne fu pieno. Ansimando per tirare il fiato, lei inalò il gas nei polmoni e…
… sentì staccarsi gambe e braccia.
Theresa cadde a terra. Riusciva a vedere braccia e gambe stese accanto a lei, chiaramente staccate. Ma no, non potevano essere sue, perché non c’era sangue. Erano le braccia e le gambe di qualcun altro. Degli intrusi? Ma come avevano fatto ad arrivare fino al suo studio al piano superiore senza gambe? Che strano! Interessante. Ma forse non si trattava delle gambe e delle braccia degli intrusi. E allora, di chi potevano essere?
Allontanò con una spinta la gamba che aveva più vicino. Quella cosa disgustosa non doveva essere davvero sul pavimento. Ma dove era il robot-pulitore? Forse era rotto…
Mentre spingeva via violentemente la gamba staccata, Theresa restò sbalordita nel sentire il proprio corpo sobbalzare. Ma di che diavolo si trattava? Niente sembrava normale. Anche se Jackson diceva sempre che normale era solo un immenso deposito, aveva ragione se "normale" doveva includere anche braccia e gambe che non erano nemmeno sue disseminate per il pavimento del suo studio.
Theresa afferrò un braccio staccato e cercò di lanciarlo dall’altra parte della stanza. Ancora una volta si sentì scuotere il busto e provò un gran dolore alla spalla, cosa che non aveva alcun senso. E come mai il braccio dell’intruso aveva addosso una delle maniche fiorate dell’abito di Theresa? Prima doveva essere andato in camera da letto, essersi cambiato per poi entrare lì e cadere in pezzi. Forse lo aveva mandato Leisha. Sì, quello sì che aveva senso. Leisha era sempre stata compassionevole nei confronti dei Vivi. Compassionevole e priva di paura.
— Theresa! — gridò qualcuno. — "Tess!"
Se ci pensava, però, nemmeno Theresa aveva paura. Era molto calma. Jackson sarebbe stato orgoglioso di lei. Rimaneva calma e pensava a cosa fare. Prima doveva chiamare il robot-domestico perché portasse via dal pavimento gambe e braccia in eccesso. Poi doveva notificare alla polizia dell’enclave l’effrazione. Terzo, doveva scoprire cosa rendeva così belle le frasi di Carlyle, per poterne scrivere di altrettanto belle. Quanto meno, ci sarebbe riuscito il suo sistema personale. Sì, quello aveva senso: avrebbe chiesto al proprio sistema di duplicare la prosa di Carlyle. Dopo tutto, si chiamavano tutti e due Thomas.
— Tess! Siamo… oh, mio Dio!
Theresa sollevò lo sguardo. Cazie le stava sopra e indossava un casco a energia-Y dotato di filtro dell’aria. Cazie sembrava avere tutte le gambe e le braccia. Era interessante: come aveva fatto Cazie a rimanere attaccata alle sue quando Theresa e gli intrusi non ci erano riusciti? Il quarto punto della lista sarebbe stato chiedere a Jackson delucidazioni in proposito. Si trattava probabilmente di un problema medico.
— Qui, respira profondamente. Stai ferma, Tessie, respira il più profondamente possibile, il gas ha bisogno soltanto di pochi minuti per lasciare il tuo corpo. Respira e basta…
C’era qualcosa sopra la sua testa anche se doveva essere fatto di energia-Y perché lei riusciva ancora a vedervi attraverso Cazie. Cazie appariva preoccupata. Non ne aveva alcun bisogno, in realtà. Theresa stava bene. Jackson sarebbe stato orgoglioso: stava bene, era rimasta calma durante un’emergenza, respirando normalmente, aveva compilato una lista razionale delle cose da fare e in quale ordine. Tuttavia doveva comunicare la lista a Thomas. Così sarebbe stata sicura di ricordarla tutta. Thomas l’avrebbe scritta.
Strisciò verso il terminale per farlo. — Respira profondamente — disse di nuovo Cazie ma, prima che Theresa vi riuscisse, tutto diventò nero.
Si svegliò sul divano del salotto. Jackson e Cazie incombevano su di lei. Cazie domandò: — Come ti senti, Tessie?
— Io… c’erano dei Vivi…
— Adesso sono andati via. No, non ti agitare, Tess, è tutto a posto. Li ha presi la polizia dell’enclave e nessuno è rimasto ferito. Non succederà più.
— Ma come… cosa…
Jackson le si sedette accanto e le prese la mano. — Hanno trafugato i codici d’ingresso dell’edificio, Theresa. Nessuno sa come abbiano fatto a entrare nell’enclave. Tutti i nostri sistemi sono stati riprogrammati, comunque: edificio, ascensore e Jones. Cazie ha ragione, non succederà più.
Aveva una voce svuotata. Le stava mentendo.
— Non è stato rubato nulla — proseguì Cazie. — Forse non intendevano portar via niente a parte le siringhe del Cambiamento. Sapevano che Jackson è medico. Sono entrati anche da altri medici. I poliziotti si occuperanno della storia. Non è stato ferito nessuno.
— Ma c’erano braccia e gambe sparpagliate per tutto il pavimento! — esclamò Theresa. Riusciva ancora a vederli, orribili arti staccati. Rabbrividì e ansimò. — E le "mie" braccia e le "mie" gambe…