— Allora non siete un ciarlatano.
— No, signora Rennsaeler. E voi mi credete. Almeno così leggo nel vostro pensiero. Mi credete e volete aiutarmi. Non è vero?
Dopo un lungo silenzio lei disse: — Sì… dannata telespia. Vi credo e voglio aiutarvi.
Gart le prese una mano. — Avete già cominciato ad aiutarmi. Mi avete dato un nome.
Il Geoffrey Reick, la prima astronave normalmente equipaggiata che raggiunse la Luna, scorse l’apparecchio e il corpo di Glen Tuttle nel mezzo di un giacimento di 100 chilometri di stellite di Haines, valutata quindici dollari al chilo. Lo sportello era aperto e il corpo giaceva sulla soglia. Il povero Tuttle era così ignorante da non sapere nemmeno che sulla Luna non c’è aria. Aveva appena avuto il tempo di gettare un’occhiata al Mare Imbrium prima di soffocare. Il suo cadavere era crivellato dai fori dei proiettili meteorici che bombardano il satellite indifeso alla velocità di quarantotto chilometri al secondo.
AVV. ASJ: La difesa può procedere all’interrogatorio del testimone di parte avversa.
AVV. LECKY: Col beneplacido della corte vorrei presentarvi il dottor Walter Clark, esper ed Esperto Sanitario, che procederà all’interrogatorio dei testimoni.
AVV. ASJ: Mi oppongo!
LA CORTE: In base a cosa sostenete la vostra tesi, avvocato Lecky?
AVV. LECKY: Ricordo a Vostro Onore che in questa causa per l’assegnazione dei beni di Alan Courtney c’è in gioco una somma di oltre venticinque milioni di dollari. Pur non discutendo l’intima onestà dei testimoni di parte avversa, sospetto che i loro ricordi siano addomesticati a suon di dollari.
AVV. ASJ; L’avvocato Lecky sta sostenendo la sua tesi o scrivendo un copione per uno spettacolo Panty?
AVV. LECKY; È cosa accertata che gli uomini ricordano quello che vogliono ricordare e dimenticano quello che vogliono dimenticare. Lo fanno in piena buona fede. Per la psicanalisi non esiste verità obiettiva, e le nostre Corti si sono più volte appellate al principio psicanalitico in una lunga serie di casi.
LA CORTE: A questa Corte sono noti i casi precedenti, avvocato Lecky, ma il caso in discussione non ha niente in comune con essi.
AVV. ASJ: Non si è mai verificato che in una causa un esper fosse ammesso a dire la sua e se l’avvocato Lecky crede di poter forzare…
AVV. LECKY: Che cosa temete? Se i vostri testimoni dicono la verità, il mio uomo scruterà nel loro intimo e non farà che confermarlo. Ma se mentono come credo…
LA CORTE: Signori! Signori! Non possiamo permettere discussioni di questo genere. La Corte è perfettamente al corrente del fatto che esperti in materia extrasensoriale rendono validi servigi alla società in vari campi della vita attuale; il medico esper, il legale esper, l’educatore esper, il criminologo esper… per menzionarne solo alcuni. Tuttavia un esper non può legalmente essere ammesso in una Corte, e fare dichiarazioni da scriversi a verbale.
AVV. LECKY: Non si può sostenere che un’intrusione nell’intimità del pensiero sia immorale, come non si può affermare che l’istantanea di un bagnante nudo rappresenti un’offesa al pudore. Tre secoli fa si pensava che il corpo umano fosse una cosa vergognosa. Celarlo era la strana consuetudine dell’epoca. Ma abbiamo superato da molto tali concetti medievali.
LA CORTE: Verissimo avvocato Lecky, ma la giustizia umana non ha ancora ripudiato il principio stabilito per cui non ci si può servire di un uomo come testimone contro se stesso. Non si può rivolgere la testimonianza di un uomo contro di lui. Non si può forzare un uomo a convincersi che è nel falso a livello inconscio. La giustizia deve sempre mantenersi obiettiva. Se così non fosse che cosa accadrebbe agli innocenti che si credono colpevoli? Come potrebbe una Corte conciliare le loro confessioni di colpevolezza soggettive con la loro innocenza obiettiva? L’obiezione è accolta.
Nel 2300 la Sacramento III che sorvolava cautamente la zona est di Marte in cerca di giacimenti minerari radioattivi, scoprì i resti dell’eterno marito, Alan Courtney. Era sopravvissuto due anni all’atterraggio, integrando i suoi ultimi rifornimenti con i licheni e con la rugiada che si formava sulla superficie della sua astronave. C’erano cicatrici e frammenti di ruggine sulla sua lingua.
Evidentemente era impazzito perché trovarono il suo cadavere rinsecchito ancora inginocchiato ai piedi di una roccia sulla quale era stato scolpito il simbolo dell’Ordine del Pitone.
Di questo simbolo, un serpente avvolto in lunghe spire, non si fece parola nei resoconti, ma il nome di Courtney fu dato a una città. In onore di Alan Courtney il suo pronipote Samuel Dus prese anche il suo nome, e si stabilì nella città di Courtney su Marte.
Ma vi fu spinto anche da altre ragioni. Samuel Dus-Courtney era stato battuto nella sua grande lotta finanziaria contro il vecchio Geoffrey Reich III, e voleva ritirarsi per poter risanare il suo patrimonio pericolante.
L’apparecchio di Joan Turnbul, un sottomarino trasformato in astronave, rimase vittima della Legge dei Tre Corpi Celesti, e segue tutt’ora Giove nella sua eterna corsa insieme ai Troiani.
Gli apparecchi di linea dell’impresa Sacramento talvolta sprecano un po’ di carburante perché i passeggeri possano intravedere il suo viso spettrale, immobile nella cornice di cristallo. Le ragazze sentimentali versano spesso qualche lacrima sul triste destino della figlia graziosa (era brutta come il peccato) dello scopritore dell’antigravità.
Van Tuerk si schiantò su Titano. Un’astronave cisterna della compagnia D’Courtney trovò il suo corpo nella minuscola cabina: giaceva maciullato sulla plancia. L’astronave della D’Courtney scoprì anche un cratere di magma irradiante del valore di quaranta bilioni di dollari.
— Magma cum laude — sbuffò Ben Reich quando la notizia gli fu trasmessa dalla Torre Sacramento, ma non se ne rallegrò.
Perché Ben Reich è l’Uomo Disintegrato.
2
Disintegrazione! Distruzione! Esplosione! Le porte della cella si spalancano! Lo sfavillio della Stellile si frantuma in una pioggia di zaffiri e diamanti. E più addentro, il denaro è ammucchiato in pile d’oro, pronto per la rapina, la violenza, il saccheggio. Chi è penetrato nella cella? Oh Dìo! L’Uomo senza Volto! Si guarda attorno minaccioso. Muto. Orribile.
Corri, fuggi…
Corri, o perderò la Pneumatica di Parigi e quella ragazza che mi aspetta col suo viso di fiore. Chiama la guardia. Dille di trattenere il treno, un attimo. Corri. Dille di…
Ma non c’è nessuna guardia ai cancelli: c’è l’Uomo senza Volto! Si guarda intorno. Minaccioso. Muto. Fa spavento.
Ma non grida. Canta sul palcoscenico di marmo abbagliante, mentre i voli e i bagliori della musica incantano la folla in platea… Ma non c’è nessuno. La grande platea in ombra è deserta… deserta, se non ci fosse un unico spettatore. Silenzioso. Fisso. Bieco. Minaccioso.
L’Uomo senza Volto!
Questa volta il suo grido echeggiò per la casa.
Ben Reich si destò.
Giaceva nel suo letto, col cuore che gli martellava e gli occhi che si fissavano a caso, ora su uno ora su un altro degli oggetti che arredavano la camera. Le pareti di giada verde, la lampada che aveva per paralume un mandarino di porcellana che annuiva col capo appena lo si toccava, l’orologio che segnava sui molti quadranti l’ora di tre pianeti e nove satelliti, il letto stesso, una vasca di cristallo con un getto di glicerina carbonata a 99,9 gradi Fahrenheit.
La porta si aprì senza rumore e nella luce incerta apparve Jonas, un’ombra in pigiama rossobruno con la faccia da cavallo e l’aria da becchino.
— Ancora? — disse Reich.
— Sì, signor Reich.
— Molto forte?
— Fortissimo, signore. E pieno di terrore.
— Accidenti alle vostre orecchie d’asino — borbottò Reich. — Io non ho mai paura.
— No, signore.
— Uscite.
— Sì, signore. Buonanotte. — Jonas arretrò e chiuse la porta. Reich urlò: — Jonas!
Il maggiordomo riapparve.
— Scusami Jonas.
— Bene, signore.
— Non va affatto bene, Jonas — Reich cercò di accattivarselo con un sorriso. — La prima volta che urlo urlate anche voi. Perché dovrei godermela solo io?
— Oh, signor Reich…
— Fate come vi dico e vi aumenterò lo stipendio. — Di nuovo quel sorriso. — È tutto Jonas. Grazie.
— Grazie a voi, signore. — Il maggiordomo si ritirò.
Reich si alzò dal letto e si frizionò accuratamente con una salvietta davanti allo specchio, esercitandosi a sorridere. — Fatti dei nemici per libera scelta — borbottò — non per caso. — Contemplò la sua immagine riflessa: le spalle forti, il torace ampio, i fianchi stretti, le gambe lunghe, gli occhi grandi e la bocca sottile.
Perché? si chiese. Non farei mai un patto col diavolo per cambiare il mio aspetto. Non cederei la mia condizione con quella di un dio. Perché quel grido?
Indossò una vestaglia e guardò l’orologio. Erano passate da poco le sei. Bisognava che si sottoponesse a un’ora di psicanalisi. Quella faccenda del grido doveva finire.
— Ma non ho paura — disse forte. — Io non ho paura.
Percorse un corridoio ciabattando sul pavimento d’argento indifferente al sonno dei suoi dipendenti, senza preoccuparsi che quel lugubre clamore mattutino avrebbe svegliato dodici cuori all’odio e alla paura. Spalancò la porta dell’appartamento del suo psicanalista, entrò e si sdraiò subito sul divano.
Wilson Breen era già sveglio e lo aspettava. Come psicanalista fisso di Reich dormiva il sonno leggero delle madri o delle bambinaie rimanendo costantemente in rapporto con il suo paziente, svegliandosi di colpo se questi aveva bisogno del suo aiuto. Quell’unico grido era stato sufficiente per Breen. Ora sedeva accanto ad un divano elegante, indossando una vestaglia da camera ricamata, pronto e premuroso perché sapeva che il suo principale era generoso ma esigente.
— Raccontate, signor Reich — invitò.
— Ancora l’Uomo senza Volto — disse Reich.
— Incubi?
— Sì, incubi di nuovo. Tentava di derubare una banca. Poi tentava di prendere il treno. Poi qualcuno cantava. Ero io, credo. Cerco di rendervi il quadro meglio che posso. Credo di non aver dimenticato nulla…
— Continuate a non riuscire a identificare l’Uomo senza Volto, signor Reich?
— Come diavolo potrei? Non lo vedo mai.
— Penso che possiate. Solo non volete.
— Ascoltate — esplose Reich in uno scatto ingiustificato di collera — vi pago ventimila dollari all’anno. Se il meglio che potete fare è di esprimere supposizioni idiote…
— Parlate sul serio, signor Reich, o si tratta semplicemente di un sintomo del vostro generale stato di ansietà?
— Non c’è nessuna ansietà in me — gridò Reich. — Non ho paura. Io non ho mai… — Si interruppe, rendendosi conto di tutta la futilità di quelle sue parole, mentre l’abile mente della telespia esplorava la sua mente al di sotto della sua aggressività. — Avete torto, comunque — disse cupo. — Non so di che si tratti. È un uomo senza volto. Ecco tutto.
— Voi sorvolate sui punti essenziali, signor Reich. Bisogna che qualcuno ve li indichi. Tentiamo insieme qualche associazione di parola, prego. Furto.
Gioielli; orologi, diamanti, prigione, depositi, sovrane, casse, verghe, diamente…
— Volete ripetere l’ultima parola, prego?
— È stato un lapsus. Volevo pensare diamante.
— Non è stato un lapsus. È stato una correzione significativa, o piuttosto un’alterazione. Continuiamo. Pneumatico…
Scompartimenti aereati ad aria condizionata… — Non c’entra.
— C’entra, signor Reich. Si tratta di un inconscio gioco di parole. Leggete ereditati anziché aereati e lo capirete. Continuate per favore.
— Voi intriganti telespie siete troppo furbi. Dunque, pneumatico… ferrovia sotterranea ad aria compressa, velocità ultrasonica. "Vi trasportiamo con trasporto" slogan della… che diavolo di nome ha la Compagnia? Non me lo ricordo. Come faccio a saperlo, comunque?
— È una nozione che vi viene dall’inconscio, signor Reich. Un ultimo tentativo e comincerete a capire. Platea…
Poltrone, poltroncine, balconate; palchi, pareti divisorie, pareti divisorie di una scuderia, cavalli marziani, Pampas Marziane…
— Ci siamo, signor Reich. Negli ultimi mesi avete avuto novantasette incubi in cui compariva l’Uomo senza Volto. È stato il vostro tenace nemico, il vostro demolitore, l’ispiratore dei sogni spaventosi che hanno tre denominatori comuni… Finanze, Trasporti, e Marte. Continuate… L’Uomo senza Volto, Finanze, Trasporti, Marte.
— Tutto questo non ha alcun significato per me.
— Ma deve averne uno, signor Reich. Dovete riuscire a identificare questo spaventoso personaggio. Come sfuggire all’incubo se vi rifiutate di vederne il volto?
— Io non mi rifiuto di vedere qualcosa.
— Vi offro un’ulteriore indicazione: la parola che avete alterato, cioè aereate e il nome che vi sfugge, della compagnia creatrice dello slogan Vi trasportiamo con trasporto.
— Vi ripeto che non lo so. — Reich si alzò di scatto dal divano. — Le vostre indicazioni non servono. Non riesco a identificare niente.
— L’Uomo senza Volto non vi fa paura per il fatto che non ha volto. Sapete benissimo chi è. Lo odiate e lo temete, ma sapete chi è.
— Siete voi la telespia, maledizione! Voi, dovete dirmelo!
— C’è un limite alle mie capacità, signor Reich. Se non mi volete aiutare non posso penetrare molto a fondo nella vostra volontà.
— Che cosa intendete con aiutare? Siete il migliore elemento che potevo assumere. Se…
— Signor Reich, voi avete assunto deliberatamente alle vostre dipendenze, per proteggervi in questo frangente, un esper di secondo grado. Se volete che questa faccenda del grido abbia termine dovete consultare un esper di primo grado, Augustus T8 o Gart o Samuel Akins.
— Ci penserò — disse Reich e si volse per andarsene.
Breen lo chiamò, mentre apriva la porta. — A proposito. Vi trasportiamo con trasporto è lo slogan della compagnia D’Courtney. Come vi sembra che quadri con l’alterazione di diamante in diamente? Pensateci su.
L’Uomo senza Volto!
Bruscamente Reich cercò di chiudere la sua mente all’interferenza di Breen, poi percorse barcollando il corridoio in direzione del suo appartamento. Un’ondata di odio selvaggio lo sopraffece.
Craye D’Courtney. L’Uomo senza Volto. Ha ragione quel figlio di un cane! È D’Courtney che provoca le mie grida. Non perché io abbia paura di lui. Ho paura di me stesso. L’ho sempre saputo. Saputo perfettamente nell’inconscio. Ho sempre saputo che una volta arrivato a questo punto avrei dovuto uccidere D’Courtney. Non ha volto perché il suo è il volto del delitto.
Vestito di tutto punto, e di cattivo umore, Reich si precipitò fuori dal suo appartamento e scese in strada dove una cavalletta, veicolo speciale dell’impresa, lo prese a bordo. In un unico balzo lo trasportò alla gigantesca torre che alloggiava in centinaia di piani le migliaia di impiegati degli uffici newyorkesi della Sacramento. La Torre era il centro vitale di un organismo incredibilmente vasto, comprendente un complesso enorme di trasporti, comunicazioni, industrie pesanti, manifatture, grandi magazzini, laboratori, esportazioni e importazioni. La Sacramento comperava e vendeva, costruiva e distruggeva, trafficava e distribuiva. Il suo sistema di compagnie succursali e centrali era così complesso da esigere l’attività a tempo pieno di un amministratore esper di secondo grado.