Non mi fido.
Si tratta duna zuppa famosa.
Dove centreranno per lo meno delle code di gatto?
No, Rokoff: ecco la ricetta che io ho studiato sul «Cuciniere cinese»:
«Prendi quanti nidi di rondini salangane potrai, perché di questa leccornia non ne offrirai mai abbastanza ai tuoi amici.
«Dopo aver tolte via le penne e le altre materie inutili, farai cuocere i nidi nellacqua fino a che formino una massa gelatinosa.
«Versa il tutto su uova sode di piccione, aggiungi alcune fette di salsicciotto, le quali devono galleggiare sulla zuppa come piccole barchette sul mare.
«Glinvitati saranno entusiasti del piatto squisito e faranno grandi elogi al padrone di casa e al suo cuoco».
È passata la zuppa? chiese il cosacco, senza voltarsi.
Lhanno divorata.
Buona digestione!
Hai perduto una rara occasione per gustarla.
Vi rinuncio volentieri, Fedoro. Hanno accoppato un altro spirito malvagio. Interessante questo dramma! Il palcoscenico è pieno di morti. Che ammazzino poi anche noi? Da questi cinesi ci si può aspettare qualunque sorpresa. Fortunatamente ho la mia rivoltella.
Ecco il tè.
Finalmente! Mi rimetterò a posto glintestini già perfino troppo sconvolti.
Alcuni valletti erano entrati recando dei vassoi dargento pieni di chicchere minuscole color del cielo dopo il crepuscolo, delle teiere colme dacqua calda e dei vasi di porcellana colmi di tè shang-kiang, ossia profumato, essendovi mescolate alle foglioline delle preziose piante, dei fiori darancio, dei mo-lè che sono specie di gelsomini, foglie di rosa e di gardenia torrefatte.
I cinesi non usano mescolarvi latte e per lo più lo bevono senza zucchero. Di rado ci mettono un pizzico di quello rosso.
Quellultima portata segnava la chiusura del banchetto, la quale coincideva anche colla fine della tragedia.
I convitati, dopo reiterati sforzi, si erano levati coi volti infiammati, gli occhi schizzanti dalle orbite, i ventri gonfi fino al punto di crepare per leccessivo mangiare. Qualcuno dovette essere portato dai servi, di peso fino alla sua lettiga.
Quando Sing vide uscire lultimo convitato, si volse verso i due russi, dicendo loro:
Deve essere stato un vero tormento per voi, ma voi mi vorrete perdonare se io ho abusato della vostra pazienza. Gli europei non si trovano bene ai nostri pranzi, lo so.
Ho assistito ad altri, disse Fedoro quindi potevo prendere parte anche al vostro.
Sing-Sing rimase un momento silenzioso, girando gli sguardi intorno alla sala deserta e silenziosa, poi riprese:
E chissà che domani questo luogo non risuoni invece di pianti e di grida. Strano contrasto, dopo tanta allegria!
Sing-Sing, disse Fedoro perché dite ciò? Spiegatevi una buona volta; quale pericolo vi minaccia?
Siete armati? chiese il cinese.
Voi sapete, che un europeo non osa percorrere di sera le vie di Pechino senza avere almeno una rivoltella.
Venite nella mia stanza; là almeno saremo sicuri di non venire ascoltati da altri. Badate però: potreste esporvi anche voi al medesimo pericolo.
Fedoro guardò Rokoff.
Noi aver paura? disse questi. Ah! No, non sappiamo ancora che cosa sia. Andiamo, Fedoro; questa inaspettata avventura minteressa assai.
LA SOCIETA DELLA «CAMPANA DARGENTO»
Sing-Sing, presa una piccola lanterna, attraversò la sala, poi parecchi corridoi oscuri e si fermò dinanzi ad una porta massiccia laminata in ferro e che aprì facendo scattare una molla segreta, nascosta in mezzo ad alcuni ornamenti di porcellana.
I due europei si trovarono in una camera assai spaziosa, colle pareti tappezzate di seta bianca trapunta in oro, ammobiliata semplicemente e nello stesso tempo elegantemente, con leggeri tavoli di lacca e madreperla e con scaffali debano intarsiato.
Nel mezzo vera il letto del ricco cinese, basso, massiccio, in legno di rosa, con ricche coperte di seta infioccate e collocato proprio sotto una lanterna coi vetri di talco che spandeva una luce scialba, diafana.
Accanto, su un leggero canterano laccato e filettato dargento, vi erano due grosse rivoltelle e una corta scimitarra snudata.
Sing-Sing chiuse la porta, gettò un pizzico di polvere di sandalo su un catino dargento dove bruciavano pochi pezzi di carbone odoroso, offrì ai due europei due sedie di bambù, quindi fatto il giro della stanza come per accertarsi che non vi fosse nessuno, disse:
È qui che da quindici giorni vivo in angosce inenarrabili, quantunque la morte non abbia mai fatto paura ad alcun cinese. Ho fatto mettere delle solide inferriate alle finestre, cambiare tappezzerie e visitare le pareti onde accertarmi che non esistevano passaggi segreti; ho chiuso la mia stanza con una porta che potrebbe resistere anche ad un pezzo dartiglieria; ho delle armi a portata della mano. Eppure, credete che io mi tenga sicuro? No, perché sento che malgrado tante precauzioni, i bravi della hoè giungeranno egualmente fino a me e che mi colpiranno al cuore.
I bravi della hoè! esclamò Fedoro impallidendo.
Della «Campana dargento» aggiunse Sing-Sing, con un sospiro.
Voi siete affiliato a qualche società segreta?
Tutti i cinesi, quantunque limperatore abbia emanato ordini rigorosi e colpisca senza pietà i membri delle società segrete, sono ugualmente affiliati a qualche hoè.
Per noi è una necessità e anche unabitudine prepotente ed io ho fatto come gli altri e come avevano fatto prima i miei avi. Disgraziatamente una sera, dopo unorgia e dopo aver fumato parecchie pipate doppio, preso chissà da quale strano capriccio, mi sono lasciato sfuggire dei segreti che riguardavano la hoè alla quale sono iscritto. Il governo imperiale non ha osato colpire me, ma ha proceduto senzaltro, con rigore feroce, contro la mia società, torturando e dannando alle galere quanti membri aveva potuto acciuffare. Sono stato un miserabile, ed ora toccherà a me pagare il fallo commesso, colla perdita della vita. Sia maledetto loppio che mi ha fatto perdere la ragione.
È potente questa società della «Campana dargento»? chiese Fedoro, assai preoccupato da quella confessione.
Ha migliaia e migliaia di membri, dispersi in tutti gli angoli di Pechino, perfino entro la città interdetta (la città imperiale).
E hanno saputo che siete stato voi a tradirla?
Purtroppo rispose il cinese.
E vi hanno condannato? chiese Rokoff.
Quindici giorni or sono ho trovato sotto il mio capezzale una carta con il sigillo della società, una campana con due pugnali intrecciati sopra e sotto. Mi si avvertiva che entro due settimane, la mano della hoè, mi avrebbe colpito.
Chi aveva messo quella carta? chiese Fedoro.
Lo ignoro, ma certo qualcuno dei miei servi.
Ve ne sono alcuni affiliati alla «Campana dargento»?
Sarebbe impossibile saperlo. I membri non si conoscono lun laltro ed i soli capi tengono lelenco dei soci.
Sicché non siete sicuro dei vostri servi.
Anzi io li temo, e da quando ho ricevuto quella carta, non ne ho fatto entrare più nessuno qui, per paura dun tradimento.
Ignorano il segreto della porta? chiese Rokoff.
Lo spero rispose Sing-Sing.
Quanti giorni sono trascorsi?
Quattordici.
E questa notte voi dovreste morire chiese Fedoro.
Sì.
È già mezzanotte e siete ancora vivo, io credo quindi che la società abbia voluto solamente spaventarvi.
Sing-Sing crollò, la testa con un gesto di scoraggiamento.
Lalba non è ancora sorta disse poi.
Ci siamo noi disse Rokoff. Vedremo chi avrà il coraggio di entrare qui.
Eppure sento che lora della morte si avvicina.
Rokoff e Fedoro, quantunque coraggiosissimi, provarono un brivido.
Bah! disse poi il primo. Io credo che nulla accadrà. Signor Sing-Sing, coricatevi, e noi, Fedoro, sediamoci luno presso il letto e laltro presso la porta, colle rivoltelle in mano.
Sing-Sing tese loro ambo le mani, dicendo con voce commossa:
Grazie, e se domani sarò ancora vivo, non avrete a pentirvi di questa prova damicizia. Signor Fedoro, voi siete venuto per un grosso acquisto di tè.
Ve lo scrissi già.
Cinquecento tonnellate rappresentano una fortuna ed io sarò lieto di offrirvela.
Che dite, Sing-Sing?
Tacete.
Fedoro, disse Rokoff tu presso il letto; io vicino alla porta e voi, signore, coricatevi.
Il cinese fece un gesto daddio e si gettò sul letto senza spogliarsi, coprendosi colla coperta di seta azzurra.
Rokoff abbassò il lucignolo della lanterna, onde la luce diventasse più fioca, estrasse la rivoltella per accertarsi che era carica, poi appoggiò una sedia contro la porta e si sedette, accendendo una sigaretta.
Un profondo silenzio regnava nellampio palazzo del ricco cinese e anche nelle vie. La festa delle lanterne era finita e la folla a poco a poco si era sbandata, non essendo i cinesi nottambuli al pari degli europei e degli americani.
Rokoff continuava a fumare, tendendo però gli orecchi. Di quando in quando si alzava e guardava ora Fedoro ed ora il cinese per accertarsi che né luno né laltro si fossero addormentati. Quantunque coraggiosissimo, avendo dato prove di valore straordinario nella sanguinosa guerra russo-turca, entrando pel primo in uno dei più formidabili ridotti di Plewna, pure si sentiva a poco a poco invadere da una strana sensazione, che rassomigliava alla paura.
Gli pareva di udire talvolta dei rumori misteriosi e di vedere agitarsi, negli angoli più oscuri della stanza, delle ombre silenziose, armate di pugnali e di smisurate scimitarre.
Talora invece gli pareva di scorgere, fra la semioscurità, dei draghi volare per la stanza, pronti a piombare su Sing-Sing per dilaniargli il petto. Erano pure fantasie, create dal terrore misterioso che lo invadeva, perché quando si alzava, le visioni scomparivano ed ogni rumore cessava.
Vegliava da unora, scambiando qualche parola sottovoce con Fedoro o col cinese, quando si sentì prendere da unimprovvisa stanchezza e da un desiderio irresistibile di chiudere gli occhi. Si fregò replicatamente il viso e cercò di alzarsi. Con suo profondo stupore non riuscì a lasciare la sedia. Le gambe gli tremavano, le forze lo abbandonavano e gli pareva che il letto di Sing-Sing e tutti gli altri mobili gli girassero intorno.
Fedoro! chiamò facendo uno sforzo supremo. Sing-Sing.
Nessuno rispose. Il suo amico si era accasciato sulla sedia come se si fosse addormentato ed il cinese conservava una immobilità perfetta. Un terrore improvviso lo prese.
Che siano morti? si chiese.
Quasi nello stesso momento gli parve di vedere un lembo della parete aprirsi e sbucare fuori delle forme umane armate di pugnali.
La visione però non ebbe che la durata dun lampo, perché senti che le forse lo abbandonavano e che le palpebre si chiudevano irresistibilmente, come se fossero diventate di piombo.
. . . . . . . . . . . . . . .
Quando si risvegliò, Rokoff si trovò a letto, nella stanza che la sera innanzi gli era stata destinata dal maggiordomo del ricco cinese.
Su un altro letto Fedoro dormiva profondamente, senza fare alcun gesto che annunciasse un prossimo risveglio.
Il cosacco, stupito, girò intorno un lungo sguardo, non potendo credere ai propri occhi.
Che io abbia sognato? si chiese Rokoff. Le società segrete le ombre misteriose i terrori Sì, devo aver fatto un cattivo sogno.
A un tratto si slanciò verso il letto di Fedoro, mandando un urlo.
Nelle vicine stanze, nei corridoi, sulle verande, aveva udito alzarsi acute grida improntate al più vivo terrore:
Lhanno assassinato! Ah! Povero padrone! Lhanno ucciso!
Fedoro! Svegliati! urlò.
Il russo si era alzato bruscamente, stropicciandosi gli occhi. Vedendo Rokoff fermo dinanzi al letto, col viso sconvolto e gli occhi strabuzzati, fece un gesto di meraviglia.
Che coshai?
Poi, prima che lamico potesse rispondergli, gli sfuggì un grido.
E Sing-Sing?
Ucciso! Lo hanno ucciso! disse Rokoff facendo un gesto disperato.
Sing-Sing morto! Ah! Ma dove siamo noi? Ieri sera non eravamo in questa stanza! Rokoff! Che cosa è successo? Chi ci ha portati qui?
Non so non so nulla è tutto un mistero inesplicabile Vieni usciamo lhanno ucciso
Le grida, i pianti, i singhiozzi della numerosa servitù del ricco cinese, echeggiavano dovunque.
Fedoro e Rokoff, non essendo stati spogliati dai misteriosi nemici che li avevano trasportati in quella stanza, approfittando dellinesplicabile sonno che li aveva colpiti, si slanciarono verso la porta.
Nel corridoio sincontrarono col maggiordomo, il quale singhiozzava.
È vero che è morto il tuo padrone? chiese Fedoro, afferrandolo per le braccia.
Sì, signore assassinato assassinato!
E i suoi uccisori?
Scomparsi.
E non sai dirmi chi ci ha trasportati qui, mentre eravamo col tuo padrone?
Il maggiordomo li guardò con sorpresa.
Voi col padrone! esclamò.
Eravamo nella sua stanza per vegliare su di lui e ci siamo svegliati in questa, sui nostri letti.
È impossibile! Voi avete sognato!
Andiamo da Sing-Sing disse Rokoff. A più tardi le spiegazioni. Preceduti dal maggiordomo, il quale pareva inebetito, entrarono nella stanza del ricco cinese, che era guardata da quattro servi.
Sing-Sing giaceva sul letto, cogli occhi sbarrati esprimenti un terrore impossibile a descriversi, colle labbra aperte e lorde duna schiuma sanguigna, colle braccia penzolanti.
Una macchia di sangue si era allargata sopra la ricca casacca in direzione del cuore e altro sangue si vedeva sulle lenzuola di seta bianca.
Morto! esclamò Rokoff, indietreggiando.
Fedoro si curvò sullassassinato, aprì la casacca, strappò la camicia e mise allo scoperto il petto.
Una ferita, che pareva prodotta da un pugnale triangolare, a margini taglienti, si vedeva dal lato sinistro, un po sotto la mammella.
Il colpo, vibrato da una mano robusta e sicura, doveva aver spaccato il cuore del povero cinese e la morte era stata certo fulminante.
I miserabili hanno mantenuto la parola! esclamò. E da dove sono entrati? Rokoff, non eri appoggiato contro la porta tu?
Sì rispose il giovine.
Non lhai udita aprirsi?
No, almeno fino a che ero sveglio.
Ah! Sì, mi ricordo che un sonno irresistibile mi aveva preso. Anche tu?
Sì, Fedoro, ma prima di chiudere gli occhi ho veduto un lembo della parete aprirsi ed entrare degli uomini.
E non hai fatto fuoco?
Mi è mancato il tempo; un momento dopo cadevo addormentato.
Allora ci hanno dato qualche narcotico per ridurci allimpotenza!
E chi? Io non avevo bevuto nulla dopo il banchetto disse Rokoff.
Prima di addormentarti non hai notato alcun che di straordinario?
Assolutamente nulla.