Preferisco la testa: sarà un buon augurio per me, pessimo pel turco. A chi toccherà la croce sarà colui che si misurerà con quel cane.
Gettate.
Il polacco lanciò in aria lo zecchino e mandò una bestemmia.
Croce, disse giuocate voi.
Capitan Tempesta prese la moneta ed a sua volta la lanciò.
Testa disse colla sua solita voce fredda. Tocca a voi, capitano, affrontare pel primo il figlio del pascià di Damasco.
Lo infilerò come un gufo rispose il polacco, Se io sbaglierò, spero che voi mi vendicherete per lonore dei capitani di Famagosta e della cristianità, quantunque dubiti assai del vostro coraggio e del vostro braccio.
Ah! Davvero? esclamò Capitan Tempesta, con accento beffardo.
Non mi fido che della mia spada.
Ed io della mia: andiamo.
Il polacco montò sul suo cavallo, la saracinesca del bastione fu alzata per ordine del comandante degli artiglieri, ed i due valorosi uscirono, galoppando per la pianura.
Tutti i difensori di Famagosta e anche gli abitanti, già avvertiti che due capitani cristiani avevano deciso di raccogliere la sfida del turco, si erano affollati sulle diroccate mura, ansiosi di assistere a quel tragico duello.
Le donne pregavano a mezza voce, invocando dalla Madonna la vittoria per i due campioni cristiani, mentre i guerrieri veneziani e schiavoni alzavano i loro elmetti ed i loro morioni di ferro sulle punte delle spade e delle alabarde, gridando a piena voce:
Datele al turco!
Mostrate allinfedele il valore delle spade dei capitani veneti!
Infilzate quel prepotente!
Viva Capitan Tempesta!
Viva il capitano Laczinki!
Portateci la testa dellinfedele! Viva Venezia! Viva i figli della Repubblica!
La giovane duchessa e il polacco cavalcavano luno presso laltro, muovendo verso il figlio del pascià di Damasco, che li aspettava a pié fermo, provando il filo della sua scimitarra.
La prima serbava un sangue freddo ed una calma assolutamente meravigliosa in una donna. Il capitano di ventura, invece, malgrado le sue rodomontate, pareva più inquieto che mai e sagrava contro il cavallo che non gli pareva troppo ben bardato, nonostante le cure minuziose del signor Perpignano, nè sufficientemente scaldato con della biada per cimentarsi in un simile combattimento.
Sono sicuro che questo stupido animale mi giuocherà qualche brutto tiro, nel momento in cui infilerò il turco come un gufo. Che cosa ne dite, Capitan Tempesta?
Che mi sembra che il vostro cavallo si comporti come un vero destriero di battaglia rispose la giovine.
Voi non ve ne intendete di cavalli; non siete un polacco.
Può darsi rispose asciuttamente la duchessa. Io mintendo meglio di colpi di spada.
Uhm! Se io non vi sbarazzassi di quella testa di legno, non so come ve la cavereste. Tuttavia farò il possibile per mandarlo allaltro mondo, per salvare, insieme alla vostra, la mia pelle, tenendoci a conservarmela il più che mi sarà possibile.
Ah! fece semplicemente la duchessa.
Se però mi ferirà solamente
Allora?
Mi farò islamita e diverrò un capitano turco. Per quegli imbecilli basta rinnegare la Croce e per mio conto rinnegherei anche la mia patria, pur di continuare a menar le mani e giuocare zecchini.
Bel capitano della cristianità! disse Capitan Tempesta, gettandogli uno sguardo pieno di disprezzo.
Sono un uomo di ventura, io e battermi per la Croce o per Maometto è tuttuno. La mia coscienza non ci soffrirebbe affatto, disse il polacco cinicamente, sbozzando un sorriso. Non è così per voi, è vero, signora?
Avete detto? chiese Capitan Tempesta, frenando il cavallo e aggrottando le sopracciglia.
Signora ribattè il polacco. Vivaddio, non sono un imbecille come tutti gli altri, per non essermi accorto che questo famoso Capitan Tempesta è un capitano in gonnelle.
Volevo appunto impegnare un duello con voi per squarciarvi con un buon colpo di spada, sia pure senza ferirvi, la vostra cotta dacciaio e mostrare agli altri quale realmente siete, mia signora. Allora sì che avrebbero riso.
O pianto? chiese la giovane duchessa con voce sibilante. Io so uccidere e forse meglio di voi.
Uh! Una donna?
Ebbene, giacchè avete indovinato il mio segreto, capitano Laczinki, se il turco non vi ucciderà, dopo la tenzone noi daremo alle genti di Famagosta un altro spettacolo.
Quale?
Quello di due capitani cristiani che si batteranno fra di loro, come due mortali nemici rispose freddamente la duchessa.
Sia pure, ma vi prometto, da parte mia, che essendo voi una donna, cercherò di farvi il minor male che mi sarà possibile. Mi basterà squarciarvi la cotta dacciaio.
Ed io farò il possibile per trafiggervi la gola, affinchè non possiate più mai divulgare il segreto sul mio vero essere e che appartiene a me sola.
Riprenderemo più tardi questa conversazione, signora, giacchè il turco sembra impazientirsi.
Poi, dopo un momento di esitazione, aggiunse, con un sospiro:
Eppure sarei stato felice di dare il mio nome ad una donna così audace.
La duchessa non si degnò nemmeno di rispondere e trattenne il cavallo.
Il figlio del pascià di Damasco non si trovava che a dieci passi da loro e osservava attentamente i due capitani, come per giudicare la loro forza.
Chi è il primo che si misurerà col giovane Leone di Damasco? chiese.
LOrso delle Foreste della Polonia rispose Laczinki. Se tu hai le unghie lunghe e robuste come le belve che abitano i deserti o le selve del tuo paese, io ho la forza poderosa dei plantigradi delle mie paludi. Ti taglierò in due con un sol colpo del mio spadone.
Parve che il turco trovasse lo scherzo di suo gusto, perchè proruppe in una risata, quindi alzando la scimitarra ed estraendo colla sinistra ljatagan che portava alla cintura disse:
Le mie armi vi aspettano: vedremo se il vecchio Orso della Polonia avrà ragione del giovane Leone di Damasco.
Più di centomila occhi erano fissi sui due combattenti, perchè anche le immense falangi degli infedeli si erano radunate sul margine del campo, ansiose di veder la fine di quel duello cavalleresco.
Il polacco strinse colla sinistra le briglie del suo destriero, mentre il giovane turco si metteva fra i denti le sue, avendo le mani impedite, ed i due rivali si guardarono per alcuni istanti fissi, come se avessero cercato di ipnotizzarsi a vicenda.
Giacchè il Leone non attacca, assalirà lOrso disse finalmente il capitano Laczinki, facendo colla spada tre o quattro mulinelli. Non mi piace aspettare troppo.
Spronò vivamente il cavallo, strappandogli un nitrito di dolore e savventò sul turco che lo aspettava, fermo come una rupe, coprendosi il petto e la testa colla ricurva scimitarra e con il jatagan.
Appena però si vide piombare addosso lavventuriero, con una semplice pressione delle ginocchia fece fare al suo bianco arabo uno scarto improvviso e avventò un colpo di scimitarra così terribile che guai se avesse colto lavversario.
Il polacco, che forse si aspettava quella sorpresa, fu pronto a parare con rapidità meravigliosa e lo incalzò subito, vibrando stoccate su stoccate.
I due cavalieri lottavano con pari bravura, coprendo nel medesimo tempo le teste dei loro destrieri, per non trovarsi, da un momento allaltro, scavalcati.
Il capitano di ventura assaliva impetuosamente, con ferocia, sagrando come era sua abitudine, per spaventare o per lo meno impressionare il turco e giurando che lavrebbe spàccato in due come un semplice ranocchio.
La sua spada batteva con furore la scimitarra, cercando di spezzarla e qualche volta toccava la corazza; ma anche Muley-el-Kadel non risparmiava le botte ed a sua volta la sua arma scrosciava su quella dellavversario, facendo sprizzare scintille.
Gli spettatori, di quando in quando, prorompevano in altissime grida, per incoraggiare i combattenti.
Sotto, capitano Laczinki! gridavano dagli spalti i guerrieri veneti, quando vedevano il turco indietreggiare sotto i furibondi attacchi dellavventuriero.
Ammazza il giaurro! urlavano dal canto loro le sterminate falangi degli infedeli, quando Muley a sua volta incalzava, facendo fare al suo arabo dei salti da gazzella.
Capitan Tempesta rimaneva silenzioso, immobile sul suo cavallo. Seguiva attentamente le botte e le parate, studiando soprattutto il giuoco del giovane leone di Damasco, per poterlo sorprendere nel caso che fosse stato costretto a misurarsi con lui.
Allieva di suo padre, che godeva fama di essere stata la prima lama di Napoli, città che in quei tempi contava i più famosi spadaccini e che aveva una scuola stimata da tutta lEuropa, si sentiva in grado di affrontare fermamente il turco, e di vincerlo, senza correre troppi rischi.
Intanto il duello continuava fra i due campioni, con maggior rabbia. Il polacco che contava sulla propria forza più che sulla propria abilità, accortosi finalmente che il Leone di Damasco possedeva dei muscoli dacciaio duna resistenza incredibile, tentò una delle tante botte segrete che sinsegnavano in quei tempi.
Fu la sua perdita. Il turco, che forse non la ignorava, fu lesto alla parata e rispose con un colpo di scimitarra così fulmineo che il disgraziato avventuriero non fu in tempo di parare. La lama lo colpì al di sopra della corazza, toccandolo alla parte destra del collo e producendogli una larga ferita.
Il Leone ha vinto lOrso! urlò il turco mentre centomila voci salutavano quella inaspettata vittoria con un clamore assordante.
Il polacco si era lasciata sfuggire la spada. Stette un momento ritto sulla sella, portandosi una mano alla ferita, come per arrestare il sangue che gli sfuggiva in gran copia, arrossandogli la corazza, poi rovinò pesantemente al suolo con un cupo fragor di ferraccio, rimanendo steso ed immobile accanto al cavallo che si era subito fermato.
Capitan Tempesta non aveva battuto ciglio. Levò la spada e mosse incontro al vincitore dicendogli freddamente:
A noi due ora, signore.
Il turco guardò la giovane duchessa, con un misto di stupore e di simpatia, poi disse:
Voi! Un fanciullo!
Che vi darà da fare, signore. Volete riposarvi qualche istante?
Non vi è bisogno. Mi sbrigherò presto con voi. Siete troppo debole per misurarvi col Leone di Damasco.
Sarà pesante la spada rispose la duchessa. Guardatevi: vi uccido!
Sareste voi un lioncello più pericoloso dellOrso della Polonia?
Può darsi.
Ditemi almeno prima il vostro nome.
Mi chiamano Capitan Tempesta.
Non giunge nuovo ai miei orecchi, disse Muley-el-Kadel.
Ed ai miei nemmeno il vostro.
Siete un prode.
Non lo so. Guardatevi: vi attacco.
Vi aspetto, quantunque mi rincresca uccidere un così bel fanciullo, che ha tanta lealtà e tanta audacia.
Vi dico di guardarvi dalla punta della mia spada. Per San Marco.
Pel Profeta!
La duchessa, che oltre ad essere una spadaccina formidabile, era pure una amazzone impareggiabile, allentò le briglie del suo cavallo e caricò risolutamente, colla spada in linea, passando come un uragano accanto al turco.
Nel momento in cui questi si preparava a coprirsi colla scimitarra gli vibrò una stoccata in direzione della gola, onde non smussare la spada contro la corazza.
Muley-el-Kadel, che già stava in guardia, parò rapidamente, ma non interamente. La spada della intrepida fanciulla, rialzata bruscamente, lo colpì nel cimiero, il quale gli fu levato di colpo e gettato a dieci passi di distanza.
Ecco una stoccata magnifica disse il Leone di Damasco, stupito da quella botta fulminea. Questo fanciullo vale meglio dellOrso della Polonia.
Capitan Tempesta continuò la sua corsa per una ventina di metri, poi, facendo fare al suo cavallo un rapido volteggio, tornò contro il turco colla spada sempre in linea, pronta a colpire.
Gli passò a sinistra, parando un colpo di scimitarra e si mise a volteggiargli intorno, spronando sempre il cavallo per imprimergli maggior velocità.
Muley-el-Kadel, sorpreso da quella manovra, aveva un gran da fare a tener fronte a quellagile nemico. Il suo cavallo arabo, semistordito, girava sulle zampe deretane, inalberandosi, onde poter far fronte a quello del giovane capitano che pareva avesse il fuoco nel ventre.
I turchi ed i cristiani prorompevano in altissime grida, incoraggiando i loro campioni.
Addosso, Capitan Tempesta!
Viva il difensore della Croce.
Uccidi il giaurro!
Allah! Allah!
La duchessa, che conservava sempre una calma meravigliosa, a poco a poco si stringeva addosso al turco, I suoi grandi occhi neri mandavano lampi ed il suo viso si coloriva di roseo. Le sue labbra vermiglie fremevano e le sue narici si dilatavano, come aspirassero lodore acre della polvere.
I giri diventavano sempre più stretti, mentre il cavallo arabo del turco, girando sempre su se stesso, si esauriva rapidamente.
Badate, Muley-el-Kadel! gridò ad un tratto.
Aveva appena terminato lavvertimento, quando la sua spada colpì il turco sotto lascella destra, là dove la corazza non riparava più il petto.
Muley-el-Kadel aveva mandato un grido di rabbia ed insieme di dolore, mentre fra le orde barbare salzava un muggito formidabile, simile al fragore che produce la marea della Manica in una notte duragano.
Sugli spalti di Famagosta invece, i guerrieri veneti sventolavano le bandiere ed i fazzoletti ed alzavano sulle picche e sulle alabarde i loro elmi, urlando a squarciagola:
Viva il nostro giovane capitano! Laczinki è vendicato!
La duchessa, invece di piombare sul ferito e di finirlo come ne avrebbe avuto il diritto, aveva arrestato il cavallo, guardando con un misto di orgoglio e di compassione il giovane Leone di Damasco che faceva sforzi supremi per mantenersi in sella.
Vi dichiarate vinto? chiese, facendo avanzare il cavallo. Muley-el-Kadel fece atto di alzare la scimitarra per riprendere la lotta, quando le forze improvvisamente gli vennero meno.
Vacillò, saggrappò alla criniera del cavallo, poi cadde come era caduto il polacco, con un cupo fragore di ferraglia.
Uccidetelo! urlarono i guerrieri di Famagosta Nessuna compassione per quel cane, Capitan Tempesta!
La duchessa scese da cavallo, tenendo in mano la spada, la cui punta era insanguinata e savvicinò al turco che si era alzato sulle ginocchia.
Vi ho vinto, disse.
Uccidetemi rispose Muley-el-Kadel. È vostro diritto.
Capitan Tempesta non uccide chi non può difendersi rispose la duchessa. Siete un valoroso e vi dono la vita.
Non credevo che i cristiani fossero così buoni rispose il Leone di Damasco, con voce fioca. Grazie: non mi dimenticherò mai della generosità di Capitan Tempesta.
Addio, signore e vi auguro di guarire presto.
La duchessa stava per dirigersi verso il proprio cavallo, quando delle urla selvagge la fermarono.
Morte al giaurro! urlavano parecchie voci.
Otto o dieci cavalieri turchi giungevano a corsa sfrenata, colle scimitarre alzate, per piombare addosso a Capitan Tempesta e vendicare la sconfitta del Leone di Damasco.