Gli ultimi flibustieri - Emilio Salgari 3 стр.


 Ed hai indovinato subito! esclamò don Barrejo. Lho sempre detto io che tu eri un uomo meraviglioso.

Ora dammi le spiegazioni promessemi. Sono curioso di sapere il perché siete venuti a trovarmi e vi siete ricordati che in America esisteva un bravo guascone e fedelissimo amico.

In questa faccenda deve entrarci il figlio del Corsaro Rosso.

 O meglio sua sorella, disse Mendoza.

 Chi? La figlia del Gran Cacico del Darien!

 Labbiamo condotta qui, noi.

 È qui la señorita! Quale imprudenza! Se il marchese di Montelimar riuscisse a scoprirla, non la lascerebbe piú libera.

 Oh! Abbiamo prese le nostre precauzioni, amico, Labbiamo nascosta in una posada tenuta da un amico del signor Buttafuoco, un vecchio bucaniere anche lui, che trova piú utile ora fare lalbergatore anziché uccidere buoi selvaggi a Sandomingo od a Cuba.

 E perché è venuta qui, mentre doveva trovarsi presso il conte di Ventimiglia, suo fratello e la Marchesa di Montelimar sua cognata?

 Non si sa dunque nulla a Panama che il vecchio Cacico è morto quattro o cinque mesi fa e che ha lasciato erede delle sue favolose ricchezze la figlia del Corsaro Rosso?

 Il Gran Cacico è morto! esclamò don Barrejo, picchiando un pugno sulla tavola. Allora il marchese di Montelimar, che ha sempre aspirato dimpadronirsi di quei tesori deve essersi già messo in campagna.

 Invece non pare, rispose Mendoza. Tre giorni fa era ancora qui.

 Infatti quel Pfiffero lha detto. E come ha fatto a saperlo il conte di Ventimiglia?

Abita sempre in Italia, mi pare.

 Lo seppe da un vecchio bucaniere che aveva trovato asilo presso il Gran Cacico e che si recò appositamente al castello del conte per avvertire sua sorella che la tribú laspettava per proclamarla regina, non essendovi altri eredi.

 Fu quel bucaniere che vi condusse la señorita?

 Si, rispose Mendoza.

 E dovè quelluomo?

 Veglia sulla señorita nella posada dellamico del signor Buttafuoco.

 E che cosa volete dunque da me? chiese don Barrejo.

 Sei sempre in relazione coi filibustieri del Pacifico?

 Ne giungono spesso da me.

 Si trovano sempre allisola Taroga?

 Sempre, malgrado i molti tentativi fatti dagli spagnuoli per sloggiarli.

 Chi li comanda?

 Sempre Raveneau de Lussan.

 E David?

 Si è diretto verso il capo Horn e non si è piú saputo nulla di lui.

 Sono molti quei filibustieri?

 Si dice che siano circa in trecento.

 Allora, signor Buttafuoco, è necessario che noi andiamo a rivedere Raveneau de Lussan. Senza lappoggio di quegli uomini sarebbe impossibile condurre in porto una cosí grossa impresa.

Se non sarà oggi, domani per lo meno gli spagnuoli sapranno che il Grande Cacico è morto e, sapendolo ricchissimo, si affretteranno ad impadronirsi del paese.

 Di questo puoi essere certo, rispose Buttafuoco. Il marchese di Montelimar da anni ed anni sospira il momento di mettere le mani su quei tesori, tanto piú che si dice che il re di Spagna abbia affidato a lui la conquista di quel paese.

In quel momento, fra lo scrosciare della pioggia ed il rombare dei tuoni, udirono picchiare fortemente alla porta.

Don Barrejo, il quale da qualche momento si era seduto, era subito balzato in piedi, dicendo a Panchita, la quale agucchiava dietro limmenso banco:

 Abbassa la lampada, amica.

 Chi può essere? chiese Buttafuoco. Sono quasi le dieci e la notte è pessima.

 Se fosse la ronda? disse il guascone.

 Viene qualche volta?

 Si, signor Buttafuoco.

 Eccoci in un bellimpiccio.

 Niente affatto, disse Mendoza, il quale da vero basco sapeva sempre trovare un pronto rimedio a tutto. Prendiamo compare Arnoldo Pfiffer e portiamolo in cantina.

 Ed in caso di pericolo annegatelo dentro la grossa botte di Xeres, aggiunse il feroce guascone.

Un secondo colpo, piú formidabile del primo, che per poco non mandò in frantumi i vetri della contro-porta, si fece udire.

 Presto, andate e spengete il lume che illumina la cantina, disse don Barrejo.

Poi, voltandosi verso la moglie, aggiunse subito:

 Porta sopra un paniere pieno di bottiglie, le piú vecchie che noi possediamo.

Mendoza e Buttafuoco presero il fiammingo, lo avvolsero nel suo mantellone ancora bagnato e scesero a precipizio nella cantina, preceduti dalla bella castigliana, mentre don Barrejo si avvicinava alla porta, chiedendo con voce formidabile:

 Chi vive? È tardi, corpo del diavolo, e la taverna dEl Moro non è un asilo notturno.

 La ronda, rispose una voce imperiosa.

 Che cosa venite a fare qui, a questora? Ho chiuso a tempo.

 Aprite.

 Aspettate che mi metta i calzoni e che mia moglie indossi la sottana. Che diavolo! Non si può dormire dunque a Panama?

Panchita era ritornata, portando unaltra cesta piena di bottiglie coperte di venerande ragnatele e laveva deposta sul banco.

Il guascone attese un momento ancora per prendersi il gusto di far ben bagnare la ronda, poi si decise finalmente ad aprire, non senza aver prima nascosta dietro il banco la sua formidabile draghinassa.

Aperta la porta, tre uomini comparvero. Erano un ufficiale della polizia e due alabardieri delle guardie notturne.

 Buena noche, caballeros, disse il guascone, facendo buon viso a cattiva fortuna. Stavo per andarmene a letto. La notte è pessima è vero?

 Siete solo? disse lufficiale, facendo un gesto di stupore.

 No, signor ufficiale, stavo dicendo delle galanterie a mia moglie. È castigliana, sapete.

 E voi? chiese lufficiale.

 Dei Pirenei.

 Il paese dei contrabbandieri.

 Signore, sono sempre stato un galantuomo e la mia rispettabile famiglia da trecentanni vende vino in Spagna ed in America, disse il guascone, fingendosi offeso.

Lufficiale gli volse le spalle e scambiò alcune parole a voce bassa con i suoi due alabardieri, poi, volgendosi verso don Barrejo, il quale cominciava a mostrarsi inquieto di quella visita inaspettata, gli chiese:

 Oggi in questa taverna è entrato un signore, che poi non è piú uscito.

 Dalla mia taverna! Esclamò il guascone, fingendo di cadere dalle nuvole. Che sia rotolato sotto qualche tavolino e si sia addormentato? Panchita, hai guardato bene se non vi sono ubbriachi accucciati in qualche angolo?

 Io non ho veduto nessuno, rispose la bella castigliana.

 Eppure quel signore non è piú uscito di qui, insistette lufficiale.

 Misericordia! esclamò don Barrejo. Che si sia ammazzato nelle stanze di sopra?

 Ma no, marito mio, sono scesa or ora, dopo aver preparato il nostro letto.

 Carrai! esclamò lufficiale un po impazientito. Come va questa faccenda?

 Sí, come va questa faccenda? ripeté don Barrejo.

Lufficiale scambiò ancora due parole coi suoi alabardieri, accompagnandole con dei larghi gesti, poi prese il partito di sedersi ad un tavolo, dicendo:

 Portaci qualche cosa da bere, taverniere. Siamo inzuppati fino alla camicia e non si starebbe male, questa sera, dinanzi ad un buon fuoco.

Poi riprenderemo il nostro discorso, poiché io devo assolutamente sapere dovè andato a finire quel signore.

Poi riprenderemo il nostro discorso, poiché io devo assolutamente sapere dovè andato a finire quel signore.

 Se non era uno spirito, io sono sicuro che voi, signor ufficiale, lo scoverete fuori in qualche luogo.

Non si sarà cacciato, a mia insaputa, dentro qualche botte o una bottiglia Ah! Panchita mia, noi volevamo assaggiare quella cassa di bottiglie che mio zio mi ha spedito da Alicante.

Approfittiamo per berne qualcuna insieme alla ronda.

 Ve nè un paniere pieno, disse la castigliana.

 Stura, stura, amica mia: offro al signor ufficiale ed alle sue brave guardie.

Fare una bevuta senza sborsare un quattrino, specialmente per un soldato, non era cosa che toccava tutti i giorni, perciò la ronda fece buona accoglienza alla proposta del furbo guascone.

Cinque o sei bottiglie di diversa qualità furono portate e le tazze furono riempite a vuotate parecchie volte di seguito, facendo i piú vivi elogi di quello zio lontano, che non si scordava del nipote taverniere.

 Un magnifico regalo, povero zio! diceva il guascone. Sessanta bottiglie, una migliore dellaltra e regalate veh, perché mio zio ama suo nipote.

Bevete liberamente, signori miei, già non costa nulla a me.

 Beviamo pure, taverniere, però non dimentichiamo quel signore che non è piú uscito dalla vostra taverna.

 Mi supporreste capace di assassinare le persone che vengono a bere nella mia taverna! chiese don Barrejo, con accento piccato.

 Non vi credo capace di commettere cosí orrendi delitti, rispose lufficiale. Io però devo trovare qual gentiluomo.

 Ah! Era un gentiluomo?

 Credo. Sentiamo un po taverniere: chi è venuto a bere oggi qui?

 Quindici o venti persone, fra europei e meticci, poiché io tengo anche delleccellente mezcal, che vi farò assaggiare se lo desiderate.

 Lasciate il mezcal, per ora. Fra quelle persone non avete notato un signore alto, vestito interamente di nero, colla pelle molto bianca ed i capelli biondissimi, anzi quasi bianchi?

Don Barrejo si mise ad accarezzarsi il mento e guardare in alto come se chiedesse alle travi annerite del soffitto qualche ispirazione.

 Alto magro coi capelli quasi bianchi tutto vestito di nero certo deve essere quel signore che ha bevuto insieme con quei due sconosciuti.

 Lavevate veduto dunque? chiese lufficiale.

 Me lo ricordo benissimo, perché lho servito io. Era in compagnia di due uomini entrati un po prima di lui e che io non ho mai veduti prima doggi.

 Uno di mezza età e laltro piú attempato, colla barba brizzolata?

 Precisamente, rispose don Barrejo. Hanno vuotato in buona compagnia un bel numero di bottiglie a quel tavolino là, che è ancora ingombro di vetri, poi, approfittando del momento in cui la pioggia accennava a diminuire, se ne sono andati.

 Tutti insieme?

 Si reggevano tra loro, perché le loro gambe non erano troppo ferme. Diavolo! Si beve vino squisito nella mia taverna.

Lufficiale si era voltato verso uno dei due alabardieri, dicendogli:

 Hai udito, José?

 Sí, signore.

 Allora tu non eri al tuo posto in quel momento.

 Eppure, signore, vi giuro che io non mi sono mai allontanato da quel portone, il quale o bene o male mi riparava dalla pioggia.

 Forse in un momento di distrazione.

 Lo escludo assolutamente, rispose lalabardiere, con voce recisa.

 Eh! Qualche volta, quando si scambia unocchiata con qualche bella fanciulla, non si vede piú nulla, insinuò il taverniere.

 Non ho veduto altro che dellacqua.

 Ed allora, taverniere? chiese lufficiale.

 Panchita, chiamò don Barrejo.

La bella taverniera fu pronta ad accorrere.

 Hai veduto anche tu quei tre signori che hanno vuotato a quel tavolino almeno sette od otto bottiglie?

 Sí, Pepito mio.

 Sono usciti di qui, sí o no?

 Se non ci sono piú seduti intorno al tavolino, vuol dire che se ne sono andati.

 Avete capito, signor ufficiale? chiese il guascone. Erano in tre e io non son uomo da ammazzare come cani tre cristiani, per poi gettare i loro cadaveri dove? Non abbiamo nemmeno il pozzo in questa casaccia. Mi pare quindi impossibile che tre uomini di carne ed ossa siano scomparsi senza lasciare traccia di sé. Che fossero dei diavoletti? Si dice che se ne trovino fra quei cani dei filibustieri, almeno cosí affermano i frati della cattedrale.

 Luomo biondo non era di certo un diavolo, poiché era troppo buono cattolico, rispose lufficiale, il quale pareva preoccupato.

 Vuotiamo alcuni bicchieri ancora, poi procederemo ad una visita rigorosa alla mia casa. Oh! Aspettate! Ho in cantina una bottiglia che conta venticinque anni e quattordici giorni, lo so ci certo, perché lho presa in mano questoggi.

Volete che lassaggiamo, signor ufficiale?

 Vada pure la bottiglia vecchia, rispose il capo della ronda. Avremo sempre tempo di visitare la vostra casa.

 Panchita, un lume! gridò il guascone. Dammi anche la mia draghinassa, perché questa istoria di uomini scomparsi mi ha un po guastato il sangue.

Prese luno e laltra e, mentre lufficiale, approfittando della sua assenza, faceva gli occhietti dolci alla bella taverniera, scese la scala che conduceva in una profonda e molto spaziosa cantina, occupata in buona parte da botti e da barilotti.

Nel passare dietro il banco però, il furbo compare si era impadronito di un fascio di tovaglie.

Aveva appena messo i piedi sullultimo gradino, quando si vide precipitare addosso Buttafuoco e Mendoza.

 Dunque? chiesero ad una voce alta i due avventurieri.

 La va male, amici. Quel Pfiffero era sorvegliato e la ronda è venuta a chiedermi che cosa ne ho fatto.

 Bisogna farlo sparire, disse Mendoza.

 Cacciarlo dentro la botte di Xeres?

 Almeno là non andranno a cercarlo.

 Io ho trovato di meglio, rispose il guascone.

 Di su.

 Voglio farvi fare la parte dei fantasmi.

 Sei pazzo, don Barrejo?

 Vi dico che se non riusciamo a spaventare quei tre poliziotti, le nostre faccende finiranno male, poiché intendono di fare una visita minuziosa alla mia casa ed alla cantina, per cercare quel maledetto Pfiffero.

 Che cosa vuoi che facciamo? chiese Mendoza, a cui sorrideva lidea di far la parte dello spauracchio.

 Vi ho portato qui delle tovaglie che indosserete quando lufficiale e gli alabardieri scenderanno. Allestremità della cantina poi vi sono dei ferrivecchi e vi troverete anche delle catene.

Fingetevi spettri o diavoli e vedrete che corsa prenderà la ronda!

 Risali? chiese Mendoza.

 Devo portare sopra un paio di bottiglie ancora, che faranno girare completamente la testa a quei bravuomini.

Fra un quarto dora cominciate a rumoreggiare. Io rispondo di tutto.

 E se quei tre poliziotti non credessero affatto ai fantasmi? chiese Buttafuoco.

 Tonnerre! Allora impegneremo risolutamente la lotta e nessuno di loro uscirà vivo dalla cantina, rispose il guascone. Vi lascio il lume che vi raccomando di spegnere dopo che avrete ben nascosto dietro le botti quel Pfiffero ubbriacone.

Il bravo taverniere passò in rivista la sua biblioteca, formata di bottiglie di prima marca, almeno cosí assicurava lui, ne prese due che sembravano molto venerande e risalí la scala, impugnando la draghinassa.

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