Sono scappati come lepri, rispose don Barrejo. Ah! Che commedia, amici! Io non so come abbia fatto a trattenere fino a questo momento le risa. Non ne potevo proprio piú.
Che ritornino? chiese Mendoza.
Ecco quello che temo. Sono capaci di venire ancora qui accompagnati forse da una mezza dozzina di frati. Ecco quello che io temo, amici.
Lavventura non finirà certamente qui, anche perché il marchese di Montelimar vorrà sapere che cosa è successo del corpo o dellanima di compare Pfiffero.
Questo fiammingo comincia a diventare pericolosissimo, anche se è ubbriaco morto. Vi pare signor Buttafuoco?
Purtroppo prevedo dei grossi guai ora che il marchese ha dei sospetti su di noi e che ci fa pedinare dovunque dalle sue spie, rispose il bucaniere.
Allora io ritorno sulla mia prima idea, disse il guascone. Scendo in cantina, scoperchio la botte e ve lo getto dentro.
Per un ubbriaco deve essere una morte dolcissima quella di finire affogato dentro dieci ettolitri di Xeres.
Che poi dovresti gettar via, disse Mendoza.
Ma che! Domani lo ripesco, scavo una buca e lo seppellisco in qualche angolo della cantina. In quanto al vino vedrai che saprò venderlo egualmente, anche se ha conservato un morto per dodici ore.
Ah! Canaglia!
Oh! I meticci e glindiani non hanno il palato raffinato.
No, ripeté per la seconda volta Buttafuoco. Io penso che quelluomo potrebbe diventare per noi preziosissimo.
Se è, come sembra, il confidente del marchese di Montelimar, noi potremo sapere da lui molte cose preziosissime.
E se domani il marchese manda altre persone a cercarlo? Se lo scoprono, mi appiccano, signor Buttafuoco.
Che non vi sia qualche nascondiglio nella tua cantina? chiese Mendoza. In casa non hai qualche granaio?
Don Barrejo stette un momento silenzioso, poi picchiò un pugno sulla tavola, esclamando:
Ho trovato! Anchio ho scoperto lAmerica!
Ehi, guascone, hai il cervello guasto? chiese Mendoza. Che i fantasmi abbiano fatta anche a te troppa impressione?
I cervelli dei guasconi sono chiusi dentro il cranio con due file di viti, amico, e non si rovinano cosí facilmente. Io ti dico che ho trovato un magnifico nascondiglio.
Udiamo, disse Buttafuoco.
Giorni fa ho acquistata una botte nuovissima, cosí ampia da contenerci tutti insieme e che io contavo di empire di mezcal. Prendo compare Pfiffero e lo caccio là dentro, cosí almeno non correrà piú il pericolo di morire gonfio di Xeres come un otre.
Lhai proprio colle botti tu! esclamò Mendoza.
Non sono forse diventato un taverniere?
E se le guardie tornano non vi sarà pericolo che compare Pfiffero, come lo chiami tu, si metta ad urlare anche dentro la sua botte e ti tradisca?
Mai piú!
E perché?
Perché appena mi accorgo che si sveglia, invece di dargli un bicchiere dacqua zuccherata gli vuoto in gola una bottiglia intera di aguardiente e torno ad ubbriacarlo.
Tu sei diventato piú feroce dun caimano, dopo il tuo matrimonio, disse Mendoza.
Ma no, signor mio, protestò la bella castigliana, anzi è diventato piú mansueto dun agnello, il mio Pepito, dopo che si è sposato.
Lasciamo stare Pepito, che qui non centra affatto, ed occupiamoci subito di quel Pfiffero.
Approvate la mia idea?
Se non cè di meglio, cacciamolo pur dentro la botte per ora, disse Buttafuoco. Ve lo faremo rimanere daltronde il meno che sarà possibile, poiché avremo noleggiata una scialuppa e fileremo in cerca di Raveneau de Lussan.
Bada di non ubbriacarlo troppo, quel povero diavolo, desse Mendoza. Non vogliamo che muoia.
Per chi mi prendi? rispose il guascone, per lultimo taverniere che esiste in tutte e due le Americhe? Gli darò da bere solamente dellaguardiente finissimo, che costa a me non meno di quattro piastre la bottiglia.
Sbrighiamo allora questo affare e poi andiamocene, disse Buttafuoco. La señorita Ines di Ventimiglia sarà molto inquieta e non si sarà certamente ancora coricata.
Come! Vi riceve di notte? chiese don Barrejo.
Non osiamo farci vedere di giorno. Le precauzioni non sono mai troppe quando si è impegnata una partita con un Montelimar.
Presero i lumi e scesero nella cantina, giungendo ben presto allestremità delle due file di botti.
Colà si trovava un enorme recipiente che pareva una piccola torre messa a guardia dei Xeres, degli Alicanti e dei Malaga, capace di contenere nel suo interno, e senza alcuna difficoltà, almeno quattro uomini.
Come vedete la botte è proprio nuova, disse don Barrejo, quindi il Pfiffero non correrà alcun pericolo di asfissiarsi.
Prese un martello e assalí i cerchi superiori, per smuovere le doghe e levare il coperchio. Mendoza e Buttafuoco lo aiutavano alla meglio, non essendo pratici in quel mestiere che il guascone invece conosceva ormai a fondo, forse meglio dun bottaio.
Il nido è pronto a ricevere il merlotto, disse don Barrejo, dopo alcuni minuti. Andatemi a cercare il Pfiffero mentre levo il coperchio.
Il disgraziato fiammingo russava beatamente sotto le botti come se si trovasse nel suo letto.
Buttafuoco e Mendoza presero quel corpo inerte e lo passarono al guascone, il quale lo lasciò cadere, senza troppi riguardi, in fondo al monumentale recipiente, mettendo poi subito a posto il coperchio in modo però che non combaciasse perfettamente, onde laria potesse liberamente circolare.
Sfido chiunque ad andarlo a scovare, disse don Barrejo, quandebbe finito.
Si ode però che qualche cosa respira o russa li dentro, disse Mendoza, il quale aveva appoggiato un orecchio alle doghe.
Tinganni, amico, rispose il guascone. È il vino buono che bolle. Forse che non borbotta quando comincia a fermentare?
Sei meraviglioso, don Barrejo, disse Buttafuoco. Io sono certo che con laiuto di voi due non sarà cosa difficile a me di condurre la señorita di Ventimiglia nel paese di sua madre a raccogliere leredità lasciatale dal Gran Cacico.
Volete dire, signor Buttafuoco, che voi contate fin dora sulla mia draghinassa, disse don Barrejo.
Siamo venuti qui per portarvi via con noi. Non ne avete abbastanza di fare il taverniere, voi che siete un gentiluomo piú atto a maneggiare le armi che le bottiglie?
Cominciavo infatti ad annoiarmi mortalmente ed a rimpiangere i bei tempi passati, quando sotto il figlio del Corsaro Rosso si montava allassalto di qualche nave o di qualche casa almeno una volta alla settimana.
E mia moglie?
Lasciala qui a condurre la taverna, disse Mendoza. Quando noi torneremo non avrai piú bisogno di vendere vino e Panchita potrà sfoggiare gioielli e bei vestiti finché vorrà.
Signor Buttafuoco, andiamo.
Risalirono in fretta, si gettarono addosso i loro mantelloni, provarono a far scorrere le spade ed i pugnali, e dopo daver accarezzato il mento alla bella castigliana senza che don Barrejo trovasse di che dire, il filibustiere ed il bucaniere uscirono cautamente in istrada.
Pioveva sempre a dirotto ed un ventaccio impetuoso e quasi freddo sbatacchiava le finestre delle case e le monumentali insegne dei negozi.
In lontananza si udiva loceano Pacifico muggire sinistramente e rompersi contro le calate del porto.
Quando ci rivedremo? chiese don Barrejo.
Se domani avremo bisogno di te, segui il ragazzetto indiano che ti ha portata la nostra lettera, rispose Buttafuoco. Intanto noi cercheremo il modo di sbarazzarti al piú presto del fiammingo per non comprometterti e
Il bucaniere si era bruscamente interrotto, mettendo mano alla spada.
Chi si avanza? si chiese con inquietudine.
Degli uomini, cinque o sei, tutti chiusi in cappe grigie e che tenevano in mano delle lanterne, savanzavano verso la taverna, borbottando delle preghiere.
Un funerale a questora? si domandò Mendoza.
Subito però ruppe in uno scroscio di risa. Aveva capito di che cosa si trattava.
La polizia ha avvertito il Padre Superiore del vicino convento che la tua cantina è infestata dagli spiriti ed ecco i frati che giungono solleciti per benedire le tue botti dacqua santa.
Fa loro buona accoglienza e cavatela come puoi. Signor Buttafuoco, filiamo!
I due avventurieri si allontanarono velocemente, mentre i sei frati, preceduti da un sagrestano zoppo, che reggeva un grosso recipiente di acqua santa, si fermavano dinanzi alla taverna.
Avevano appena svoltato langolo della via, quando un uomo, che fino allora era rimasto confuso colla fitta ombra proiettata da un vecchio porticato, si slanciò sulle loro tracce.
Capitolo IV. LA SCOMPARSA DELLA CONTESSA DI VENTIMIGLIA
Il bucaniere ed il filibustiere, messi in buono umore dai vini tracannati alla cantina dEl Moro, se ne andavano tranquillamente per la loro via, prendendosi filosoficamente la pioggia torrenziale, la quale si ostinava a non cessare.
Né luno né laltro si erano accorti delluomo che si era lanciato sulle loro tracce e che, passando attraverso a delle viuzze note a lui solo, cercava di sopravanzarli.
Il ventaccio rumoreggiava sui tetti delle case, facendo, di quando in quando, volare delle tegole e rovinare il comignolo di qualche camino. I tuoni ed i lampi si univano alle raffiche che loceano Pacifico, diventato oceano rabbioso, scaraventava con inaudita violenza sulla città addormentata.
Avevano percorse già una decina di vie fangose e sfondate, poiché in quellepoca gli spagnuoli non si curavano gran che della viabilità, occupati come erano a difendersi dai continui attacchi dei filibustieri, che interrompevano i loro fiorenti commerci, quando giunsero dinanzi ad una casetta a due piani, di bellaspetto, sulla cui porta si leggeva, su una insegna monumentale, il seguente titolo:
Posada del Rio Verde
Ci siamo, disse Mendoza. Che la señorita Ines di Ventimiglia ci aspetti ancora?
Ha nelle sue vene sangue indiano, rispose Buttafuoco. Abbiamo fatto però tardi.
Vedo brillare un lume attraverso le persiane duna finestra. O la señorita o il mio fido bucaniere Wandoe, vegliano:
Stavano per avvicinarsi alla porta dellalbergo, quando un uomo tutto avvolto in un ampio ferraiolo, sbucò da una via laterale e con tanta furia da urtare malamente Mendoza.
Ehi, amico, avete bevuto? esclamò il basco. Girate al largo perché io ho labitudine di non farmi urtare due volte dal primo mascalzone che incontro di notte.
Lo sconosciuto aveva fatto tre o quattro passi indietro e si era aperto il mantellone, dicendo:
Mi pare, caballero, che mi abbiate chiamato mascalzone, se non sono diventato sordo.
Ciò che vi auguro, di tutto cuore, rispose il basco, ironicamente.
Giacché dunque non sono sordo, riprese lo sconosciuto, ho potuto raccogliere benissimo la vostra offesa.
E cosí?
Vorrei sapere con chi potrei incrociare la mia spada per vedere se sarà degno di me.
Chi siete voi dunque?
Don Ramon de los Montes, figlio dun grande di Spagna.
Ah! Figlio di papà!
Scherzate meno e ditemi chi siete.
Io non sarò indegno di voi, don Ramon de los Montes, poiché io sono il conte don Diego de Alcalà y Veragrua e duca di Sabalioz.
E laltro? chiese il figlio del grande di Spagna, o almeno quello che si spacciava per tale.
Non avendovi dato del mascalzone, signor de los Montes, preferisco per ora serbare lincognito. Vorrei invece pregarvi se non sarebbe meglio rimettere a domani questa questione, che mi pare molto sospetta, poiché io credo voi figlio dun grande di Spagna, quanto io sono figlio di Montezuma, il disgraziato imperatore del Messico.
Come! gridò lo sconosciuto, gettando a terra il mantellone e snudando rapidamente la spada. Mi si dà del mascalzone, e poi si pongono anche in dubbio i miei titoli? ah! Caramba! Questo è troppo!
Si direbbe che voi andate in cerca di questioni, disse Buttafuoco, a cui era sorto un sospetto.
Canarios! io sono luomo piú tranquillo del mondo, ma quando mi simportuna allora divento anche uno dei piú terribili.
Qui si è insultato il figlio dun grande di Spagna e qui il sangue scorrerà, signori miei, perché io sono ben risoluto a non lasciarvi andare indisturbati.
Se non volete battervi, seguitemi al piú vicino posto di polizia.
Tu non sei altro che un miserabile avventuriero in cerca di colpi di spada, pessima canaglia, disse Mendoza, estraendo a sua volta la spada.
O meglio pagato da qualcuno per darci delle noie, aggiunse Buttafuoco. Quante piastre ti hanno fissato per ognuna delle nostre pelli?
Canarios! Questo è troppo! gridò lo sconosciuto, facendo un salto contro il muro della posada per non farsi sorprendere alle spalle.
Allora finiamola alla lesta, disse Mendoza. Voi state a guardarmi, per ora; se cadrò mi vendicherete.
Lo inchioderò contro la parete come una lucertola, rispose Buttafuoco, mettendo pur mano alla spada.
Mendoza, come già sappiamo, era uno spadaccino di primo ordine, che valeva non meno del terribile guascone don Barrejo.
Desideroso di sbrigare presto la faccenda, pel timore che sopraggiungesse qualche ronda, attaccò risolutamente lavversario vibrandogli una dietro laltra tre o quattro fulminee stoccate, parate appena in tempo.
Canarios! esclamò lo sconosciuto, un po sconcertato. Chi è stato il vostro maestro?
È inutile che ve lo dica, rispose Mendoza, il quale non gli lasciava quasi nemmeno il tempo di rimettersi in guardia. Quando vi avrò vibrata la stoccata dei Tre Corsari, voi rimarrete inchiodato contro la parete, quindi non avrete piú il bisogno dellindirizzo del mio maestro, bensí di un passaporto per laltro mondo.
Ehi, correte troppo, mio signore.
Aspettate un po e vedrete un colpo meraviglioso, lultimo però per voi.
I due spadaccini, non curanti della pioggia che non cessava di cadere, si scambiavano stoccate con grande accanimento. Il fragore delle spade non si udiva, poiché il tuono continuava a rumoreggiare ed il vento ad ululare fra i comignoli delle case.
Lo sconosciuto, dopo qualche minuto, si trovò obbligato a rompere ed appoggiarsi quasi alla parete. Sembrava molto sorpreso di aver trovato un avversario cosí formidabile, mentre forse aveva sperato di sbarazzarsi di entrambi con pochi colpi di spada.
Signor figlio dun grande di Spagna, disse Mendoza, mentre una folgore attraversava la piazza, seguita da uno schianto terribile. Preparatevi alla partenza che non ha ritorno.