Dun tratto si chinò, come se volesse ascoltare meglio lo strepito delle onde, poi scoppiò in una risata argentina, esclamando:
Il Mangal!
Che cosa dice? chiesero ad una voce Sandokan e Yanez.
Credo che scambi il mare per il fiume Mangal che bagna lisola dei thugs.
Povera giovane! esclamò Sandokan sospirando.
Speri di farla ritornare in sé? chiese Yanez.
Sì, lo spero rispose Sandokan.
In qual modo?
Te lo dirò quando avremo liberato Tremal-Naik.
Verrà con noi quella disgraziata?
Sì, Yanez. Durante la nostra assenza gli Inglesi potrebbero gettarsi su Mompracem e portarcela via.
Quando si partirà? chiese Kammamuri.
Subito disse Sandokan. Abbiamo molta strada da percorrere e lHelgoland forse non è molto lontano.
Kammamuri prese per mano Ada e scese la scaletta, seguito dalla Tigre della Malesia e da Yanez.
Che impressione ti ha fatto quella sventurata? chiese il portoghese a Sandokan.
Unimpressione dolorosa, Yanez disse il pirata. Ah, potessi un giorno farla felice!
Somiglia alla defunta Marianna?
Sì, sì, Yanez! esclamò Sandokan con voce commossa. Ha gli stessi lineamenti della mia povera Marianna! Basta, Yanez, non parliamo più di quella morta. Ciò mi fa soffrire, immensamente soffrire!
Erano allora giunti alle prime capanne del villaggio. Proprio in quel momento i prahos, carichi del bottino tolto alla Young-India, entravano nella baia.
Gli equipaggi, scorgendo il loro capo, lo salutarono con evviva entusiastici, agitando freneticamente le armi.
Viva linvincibile Tigre della Malesia! urlavano.
Viva il nostro valoroso capitano! rispondevano i pirati del villaggio.
Sandokan, con un solo gesto della mano, chiamò attorno a sé tutti i pirati, i quali non erano meno di duecento, la maggior parte malesi e dayachi del Borneo, uomini coraggiosi come leoni, feroci come tigri, pronti a farsi uccidere per il loro capo che adoravano come una divinità.
Ognuno mi ascolti dissegli. La Tigre della Malesia sta per intraprendere una spedizione che forse costerà la vita a gran numero di noi.
Tigrotti di Mompracem, sulle coste del Borneo regna un uomo, figlio duna stirpe che tanto male ci inflisse e che noi odiamo, un inglese, tiene in sua mano un mio amico, il fidanzato di questa povera pazza che è cugina della defunta regina di Mompracem.
Un urlo immenso salzò attorno a Sandokan.
Lo si salvi! lo si salvi!
Tigrotti di Mompracem, io voglio salvare il fidanzato di questa infelice.
Lo salveremo, Tigre della Malesia, lo salveremo! Chi lo tiene prigioniero?
Il rajah James Brooke, lo sterminatore dei pirati.
Questa volta non fu un urlo quello che irruppe dai petti dei pirati, fu un ruggito dira da far fremere:
Morte a James Brooke!
Morte allo sterminatore dei pirati!
A Sarawak! tutti a Sarawak!
Vendetta, Tigre della Malesia!
Silenzio! tuonò la Tigre della Malesia. Karà-Olò, fatti innanzi.
Un uomo gigantesco, dalla pelle giallastra, le membra cariche di anelli di rame e il petto adorno di perle di vetro, di denti di tigre, di conchiglie e di ciuffi di capelli, gli si avvicinò, impugnando un pesante sciabolone che si allargava verso lestremità.
Quanti uomini conta la tua banda? gli chiese Sandokan.
Ottanta rispose il pirata.
Hai paura di James Brooke?
Non ho mai avuto paura di nessuno. Quando la Tigre della Malesia mi ordinerà di gettarmi su Sarawak, io lassalirò e dietro a me verranno tutti i miei uomini.
Timbarcherai con lintera banda sulla Perla di Labuan. Non occorre che ti dica che il praho deve essere zeppo di palle e di polvere.
Sta bene, capitano.
Ed io, che cosa dovrò fare, capitano? chiese un vecchio malese, sfigurato da più di venti cicatrici.
Tu, Nayala, rimarrai a Mompracem con le altre bande; lascia che vadano i giovani a Sarawak!
Rimarrò qui, giacché me lordinate, e difenderò lisola finché avrò una goccia di sangue nelle vene.
Sandokan e Yanez si intrattennero ancora a parlare coi capitani delle bande, indi salirono nella grande capanna.
I loro preparativi furono brevi. Nascoste sotto le vesti alcune borse contenenti grossi diamanti, per un valore di forse due milioni, e scelte le carabine, le pistole, le scimitarre ed i kriss dalla punta acuta e avvelenata, ridiscesero verso la costa.
La Perla di Labuan, coperta di vele, ondeggiava nella piccola rada, impaziente di uscire in mare. Sul ponte stavano schierati gli ottanta dayachi di Karà-Olò, pronti a manovrare.
Tigrotti disse Sandokan, volgendosi verso i pirati affollati sulla spiaggia, difendete la mia isola. La difenderemo risposero in coro i tigrotti di Mompracem, agitando le armi.
Sandokan, Yanez, Kammamuri e la vergine della pagoda dOriente salirono in una imbarcazione e raggiunsero la nave, la quale, sciolte le gomene, navigò verso lalto mare salutata da urla di:
Evviva la Perla di Labuan!Evviva la Tigre della Malesia! Evviva i tigrotti di Mompracem!
6. Da Mompracem a Sarawak
La Perla di Labuan, con la quale il capo dei pirati di Mompracem stava per intraprendere laudace spedizione, era uno dei più grandi, dei più bei prahos che solcassero gli ampi mari della Malesia.
Stazzava centocinquanta o centosessanta tonnellate, il triplo dei prahos ordinari.
Strettissima aveva la carena, svelte le forme, alta e solida la prua, fortissimi gli alberi e amplissime le vele, i cui pennoni non misuravano meno di sessanta metri.
A vento largo, doveva filare come una rondine marinara e lasciarsi di gran lunga indietro i più rapidi steamers e i più veloci velieri dAsia e dAustralia.
Non aveva nulla che potesse farla credere un legno corsaro. Né cannoni in vista, né equipaggio numeroso, né sabordi. Pareva un elegante praho mercantile con un carico prezioso nella stiva, in rotta per la Cina o per le Indie. Il più astuto lupo di mare si sarebbe ingannato.
Chi però fosse sceso nella stiva avrebbe potuto vedere di che merci il praho era carico. Non erano né tappeti, né ori, né spezie, né thè: erano bombe, fucili, pugnali, sciaboloni darrembaggio e barili di polvere in quantità sufficiente per far saltare due fregate di alto bordo.
Chi poi fosse entrato sotto il gran casotto (attap), avrebbe potuto vedere sei cannoni di lunga portata, posti sulle loro carrette, pronti a vomitare uragani di mitraglia e di palle, nonché due mortai da grosse bombe, grappini darrembaggio, asce, scuri e pesanti parangs, le armi favorite dei dayachi del Borneo. Girate le innumerevoli rocce e scogliere madreporiche, che rendevano inaccessibile lentrata della piccola baia alle grosse navi, la svelta Perla di Labuan mise la prua verso la costa del Borneo, e precisamente verso il capo Sirik, che chiude ad occidente la vasta insenatura di Sarawak.
Il tempo era splendido e il mare tranquillo: in cielo pochi cirri color di fuoco: in mare nulla. Non una vela, non una traccia di fumo che segnalasse uno steamer allorizzonte, non onde. La immensa distesa dacqua color piombo era perfettamente tranquilla, quantunque soffiasse un leggero venticello fresco.
In meno di venti minuti, il veloce legno raggiunse lestrema punta sud dellisola, dietro la quale finiva di sfasciarsi lo scheletro dellYoung-India e prese il largo, inclinato civettuolamente a babordo, lasciando dietro la poppa una linea perfetta. Yanez e Kammamuri, condotta la vergine della pagoda nella più vasta e bella cabina di poppa, erano risaliti in coperta, dove Sandokan passeggiava con le braccia incrociate sul petto e il capo chino, immerso in profondi pensieri.
In meno di venti minuti, il veloce legno raggiunse lestrema punta sud dellisola, dietro la quale finiva di sfasciarsi lo scheletro dellYoung-India e prese il largo, inclinato civettuolamente a babordo, lasciando dietro la poppa una linea perfetta. Yanez e Kammamuri, condotta la vergine della pagoda nella più vasta e bella cabina di poppa, erano risaliti in coperta, dove Sandokan passeggiava con le braccia incrociate sul petto e il capo chino, immerso in profondi pensieri.
Che ti pare del nostro legno? chiese Yanez al maharatto, il quale, appoggiato al coronamento di poppa, guardava attentamente le coste dirupate di Mompracem che rapidamente svanivano in lontananza.
Non mi ricordo di aver navigato su di un legno rapido come questo, signor Yanez rispose il maharatto. I pirati, a quanto pare, sanno scegliere i loro navigli.
Hai ragione, mio caro. Non cè piroscafo che tenga testa a questa valorosa Perla di Labuan. In pochi giorni, se questo vento non diminuisce, noi saremo in vista delle coste di Sarawak.
Senza combattimenti?
Ciò non si può sapere. In questo mare si conosce la Perla di Labuan e molti sono gli incrociatori che battono le coste del Borneo. Potrebbe darsi il caso che a qualcuno di loro saltasse il ticchio di misurarsi con la Tigre della Malesia.
E se ciò accadesse?
Perbacco, accetteremmo la sfida. La Tigre della Malesia, amico mio, non rifiuta mai un combattimento.
Non vorrei che ci assalisse qualche grosso vascello.
Non ci farebbe paura. Abbiamo nella stiva tante sciabole e tanti fucili da armare la popolazione di una città, tante bombe da affondare una flotta intera e tanta polvere da far saltare mille case.
Ma solo ottanta uomini!
Ma sai tu quali uomini sono i nostri?
So che sono coraggiosi, ma
Sono dayachi, mio caro.
Che cosa vuol dire?
Gente che non ha paura di gettarsi contro una muraglia di ferro difesa da cento cannoni, quando sanno che al di là vi sono teste da tagliare.
Danno la caccia alle teste, questi dayachi?
Sì, giovanotto mio. I dayachi, che vivono per lo più nelle grandi foreste del Borneo, si chiamano head-hunters, ossia cacciatori di teste.
Sono terribili compagni, allora.
Formidabili.
E anche pericolosi. Se una notte saltasse loro la brutta idea di decapitarci?
Non aver paura, giovanotto. Rispettano e temono più noi che le loro divinità. Basta una parola, una sola occhiata della Tigre per farli diventare mansueti.
E quando arriveremo a Sarawak?
Fra cinque giorni, se non sopraggiungono accidenti.
Burrasche, forse?
Peuh fece il portoghese alzando le spalle. La Perla di Labuan, guidata da un lupo di mare come Sandokan, si ride dei più formidabili cicloni. Sono gli incrociatori, ti ripeto, che di quando in quando vengono a seccarci.
Ve ne sono molti, dunque?
Pullulano come le piante velenose. Portoghesi, Inglesi, Olandesi e Spagnoli hanno giurato una guerra a morte contro la pirateria.
Sicché un bel giorno i pirati scompariranno.
Oh, mai più! -esclamò Yanez, con profonda convinzione.
La pirateria durerà finché vi sarà un solo malese.
E perché?
Perché la razza malese non si sente inclinata per la civiltà europea. Non conosce che il furto, lincendio, il saccheggio, lassassinio, terribili mezzi che le somministrano da vivere in abbondanza. La pirateria malese conta parecchi secoli di vita e continuerà per molti secoli ancora. È una eredità sanguinosa che si trasmette di padre in figlio.
Ma non scema questa razza?? I continui combattimenti devono fare dei grandi vuoti.
Poca cosa, Kammamuri, poca cosa! La stirpe malese è feconda come le piante velenose, come gli insetti nocivi. Morto uno, un altro ne nasce e il figlio non è meno valoroso né meno sanguinario del padre.
La Tigre della Malesia è malese?
No, è bornese e di una casta elevata.
Ditemi, signor Yanez, come mai un uomo terribile che assalta vascelli, che trucida interi equipaggi, che saccheggia e incendia villaggi, che, infine, sparge ovunque il terrore, si è generosamente offerto di salvare il mio padrone che non ha mai conosciuto?
Perché il tuo padrone fu il fidanzato di Ada Corishant.
Conosceva, forse, Ada Corishant? chiese Kammamuri, con sorpresa.
Non lha mai veduta.
Non capisco allora
Lo capirai subito, Kammamuri. Nel 1852, cioè cinque anni or sono, la Tigre della Malesia aveva raggiunto il culmine della sua potenza. Aveva molti e ferocissimi tigrotti, molti prahos, parecchi cannoni. Con una sola parola faceva tremare tutti i popoli della Malesia.
Eravate anche allora insieme con la Tigre?
Sì e da parecchi anni. Un giorno Sandokan fu informato che a Labuan viveva una fanciulla incantevole, bellissima, e si sentì vinto dal desiderio di contemplarla. Si recò a Labuan, ma fu scoperto da un incrociatore, vinto e ferito. Con infinite pene e affatto solo poté riparare sotto i boschi e di là giungere ad una casa abitata da indovina da chi?
Non lo saprei.
Dalla fanciulla che voleva vedere.
Oh! quale strana combinazione!
La Tigre della Malesia non aveva amato fino allora che le lotte, le stragi, le tempeste. Ma, vista la fanciulla, se ne innamorò alla follia.
Chi? La Tigre? E impossibile! esclamò Kammamuri.
Ti narro dei fatti veri disse Yanez. Amò la fanciulla, la fanciulla amò ardentemente il pirata e si accordarono per fuggire assieme.
Perché fuggire?
La fanciulla aveva uno zio capitano di marina, uomo ruvido, violento, nemico acerrimo della Tigre della Malesia. Passo sopra alle pugne tremende accadute fra inglesi e pirati, sulle disgrazie che toccarono alla Tigre, sul bombardamento di Mompracem, alle fughe. Ti dirò solo che Sandokan finalmente poté far sua la fanciulla e rifugiarsi a Batavia. Io e una trentina di tigrotti lo seguimmo.
E gli altri?
Erano tutti morti.
E perché la Tigre tornò a Mompracem?
Yanez non rispose e il maharatto, sorpreso di non ricevere risposta, alzò gli occhi e lo vide asciugarsi rapidamente una lacrima.
Ma voi piangete! esclamò.
Non è vero disse Yanez.
Perché negarlo?
Hai ragione, Kammamuri. Anche la Tigre della Malesia, che non aveva mai pianto, vidi scoppiare in lacrime. Il cuore mi si stringe e un nodo mi serra la gola tutte le volte che io penso a Marianna Guillonk.
Marianna Guillonk! esclamò il maharatto. Chi è questa Guillonk?
Era la giovinetta fuggita con la Tigre della Malesia.
Parente di Ada Corishant?
Cugina, Kammamuri.
Ecco perché la Tigre ha promesso di salvare Tremal-Naik e la sua fidanzata. Ditemi, signor Yanez, è viva Marianna Guillonk?
No, Kammamuri disse Yanez con tristezza. Sono due anni che dorme in una tomba.
Morta?
Morta!
E suo zio?
Vive ed è sempre in cerca di Sandokan. Lord James Guillonk ha giurato di farlo appiccare assieme a me.
E dove si trova ora?
Non lo sappiamo.
Temete dincontrarlo?
Ti dirò che ho un presentimento. Ma ai presentimenti già io non credo più. Accese una sigaretta e si mise a passeggiare sul ponte. Il maharatto notò che quelluomo, di solito così ilare, era diventato triste.
Forse sono i ricordi che lhanno reso malinconico mormorò, e scese nella cabina della pazza.