Purché non arrivi prima don Ramirez, osservò Pedro, che era diventato pensieroso. Quello ha del coraggio da vendere e non ha scrupoli.
Lo so, rispose il capitano.
Come vedere, don Josè, dobbiamo sbarcare il più presto possibile.
Se quel maledetto uragano non ci avesse sorpresi, questa sera avremmo potuto dormire tranquillamente nella baia di Bualabea, al sicuro fra lisola e la costa della Nuova Caledonia. Non è però il caso di guastarci il sangue per ora. Forse quel galeotto di Ramirez è ancora lontano. Possiede una buona goletta, mi avete detto?
La migliore di tutte quelle che navigano fra Iquique e Valparaiso.
Anche la mia Andalusia filava come una rondine. Lavete vista alla prova Lasciamo per il momento il tesoro della Montagna Azzurra e don Ramirez e occupiamoci della zattera.
Veramente non ce nera bisogno, poiché il galleggiante filava discretamente bene, nonostante dovesse rimorchiare una dozzina di grossi barili. Però andava alla deriva verso settentrione, malgrado gli sforzi del bosmano, a causa della velatura imperfetta e della sua mole. Il mare fortunatamente era tranquillo. Solo di quando in quando una lunga ondata, piuttosto violenta, giungeva da levante e scuoteva il galleggiante facendolo scricchiolare minacciosamente e mandando a gambe allaria i marinai, specialmente quelli che stavano lungo lorlo della zattera con la speranza di sorprendere qualche pesce, muniti di fiocine che potevano servire benissimo contro gli sword-fish che abbondano in quei mari. Nessuna terra e nessuna nave appariva in vista, nemmeno una di quelle doppie piroghe delle quali si servono gli isolani del Pacifico e che si allontanano spesso dalle isole per parecchie centinaia di miglia. Solamente pochi uccelli marini svolazzavano rapidissimi e tenendosi anche ben lontani dal galleggiante, come se si fossero accorti che la loro vita era in pericolo. Poiché il caldo si era fatto intensissimo, don Josè, che non si era dimenticato di far imbarcare alcuni pennoncini, delle manovelle, dei cordami e dei velacci, aveva fatto innalzare verso poppa una piccola tenda destinata a Mina. La fanciulla non sembrava preoccuparsi un gran che dei gravi rischi che correvano i naufraghi. Forse non aveva ancora ben compresa la gravità della situazione e credeva si trattasse semplicemente di una breve passeggiata su quel galleggiante, che per lei non differiva molto dalla tolda dellAndalusia. Seduta davanti alla tenda, chiacchierava tranquillamente con Emanuel, per il quale aveva una predilezione per il suo inalterabile buonumore. A mezzogiorno don Josè, dopo aver fatto il punto e avere verificato che la zattera aveva guadagnato nella mattinata undici miglia verso ponente, marcia sufficiente se si tiene conto della forte deriva, procedette alla prima distribuzione dei viveri: dodici biscotti divisi fra diciassette persone con pochi grammi di formaggio salato per ciascuno. La razione dacqua però fu abbondante, essendo stati imbarcati cinque barili ben pieni e quella fu forse meglio accolta dei viveri, perché il caldo era molto forte. Durante il pomeriggio la marcia della zattera si ridusse quasi a zero, dato che era sopraggiunta una calma assoluta, che non doveva cessare che dopo il calar del sole e che il capitano, pratico di quelle regioni, aveva già previsto. I marinai tentarono di rifarsi di quellozio forzato pescando, ma con completo insuccesso. Nessun sword-fish si era fatto vedere, nemmeno un pesce veliero. Parere che perfino gli abitanti del mare, come quelli dellaria, si tenessero ben lontani da quella zattera della fame. Dopo il tramonto il vento tornò a farsi sentire, ma non soffiava più da sud-est, ma da settentrione, ciò che richiedeva una manovra faticosissima e con nessun vantaggio per i naviganti.
Si direbbe che il cielo congiura contro di noi, disse don Josè a don Pedro. E pensare che non abbiamo viveri che fino a domani!
E che siamo destinati a provare le torture della fame se non quelle della sete?
Sono sempre preferibili, don Pedro, rispose il capitano. Alla fame, per un certo tempo, si può resistere. Alla mancanza dacqua, sotto questi climi infuocati, assolutamente no.
E nulla da pescare!
I pescicani non tarderanno a mostrarsi nelle nostre acque. Quei dannati fiutano i naufraghi a distanze incredibili: purtroppo non si lasciano accostare. Bah! Chissà che domani le cose non cambino.
Poiché erano tutti molto stanchi e avevano rinunciato alla manovra delle bordate per non affaticarsi inutilmente, si coricarono in mezzo alle tele e ai barili, dopo aver messo quattro uomini di guardia sotto il comando del bosmano, dato che poteva accadere che qualche nave in rotta per lAustralia settentrionale passasse in vista della zattera. Fra gli uomini di guardia era stato scelto anche il mozzo, che godeva fama di avere una vista meravigliosa. Il chiquiyo, come lo chiamava Reton, a cui non si sa per quale motivo era sempre stato antipatico, si era seduto sullestrema sponda tenendo i piedi immersi nellacqua, senza curarsi dei pescicani che potevano emergere da un momento allaltro e troncarglieli. Guardava attentamente in tutte le direzioni, non dimenticandosi di volgersi di quando in quando indietro per non perdere di vista i suoi camerati che stavano a poppa, presso il lungo remo che serviva da timone, discutendo con il bosmano. Ogni tanto canterellava sottovoce, poi bruscamente si interrompeva per dare una rapida occhiata dietro le spalle. Era una buona mezzora che si trovava in osservazione, quando sollevò una tavola della piattaforma traendone sette o otto pezzi di sughero, di forma piatta, simili a quelli che i balenieri chiamano doghe, e che nel mezzo portavano, segnata rozzamente con un ferro infuocato unA.
Le correnti e i venti le disperderanno, mormorò. Ne ho gettate già più di duecento in quindici giorni. Possibile che nessuna sua stata raccolta? Oh, mio caro bosmano, il chiquiyo, sebbene giovane, è più chiquiyo di quello che tu credi!
Gettò uno di quei pezzi di sughero, osservando la direzione che prendeva, poi ne gettò, a intervalli di cinque o sei minuti, altri quattro. Stava per lanciare il sesto, quando una mano pesante gli piombò su una spalla mentre una voce rauca, quella del bosmano, gli domandava con tono minaccioso:
Ehi, mozo cocido, che lavoro misterioso, stai facendo?
Oh, siete voi, Reton? rispose il giovane marinaio senza voltarsi. Come vedete, getto in mare dei pezzi di sughero.
Perché?
Per vedere se qualche sword-fish li abbocca. Ho una fiocina presso di me e vi assicuro che so servirmene.
Dove hai trovato quelle doghe?
In mezzo alle vele e ai cordami.
Non sapevo che ce ne fossero a bordo.
Il mozzo alzò le spalle.
Ciò non mi riguarda. Io non cerco altro che di sprofondare la mia lancia nel ventre di quei pesci deliziosi.
Il bosmano, soddisfatto di quella risposta, riaccese la pipa e tornò verso i camerati che stavano accoccolati presso il timone, consumando anche loro le ultime foglie di tabacco. Non aveva così potuto notare né il lampo maligno, né il sorriso ironico di Emanuel. La zattera intanto continuava ad avanzare lentamente, o meglio, a spostarsi verso settentrione, essendo la brezza irregolare e debole. Di quando in quando giungeva la solita ondata, il cavallone eterno del Pacifico che si ripercuote incessantemente sulle coste dei due continenti: lAsiatico e lAmericano, e che più che altro sembra causato dal flusso e riflusso. Il galleggiante si scuoteva bruscamente, obbligando gli uomini di guardia ad aggrapparsi alla piccola murata poppiera o ai cordami dellalbero, poi ritornava ad acquistare il suo equilibrio più o meno perfetto. Alle undici la luna sorse, ma invano il bosmano e i suoi compagni aguzzarono lo sguardo con la speranza di scorgere qualche nave o qualche isola. Limmensità deserta avvolgeva i naufraghi come se fossero lontani molte migliaia di miglia dalle terre abitate.
Amici, disse Reton, scotendo più volte la testa, come era sua abitudine. Se per domani sera non incontriamo qualche isola o qualche veliero, domani laltro saremo costretti a stringerci per bene la cintura.
Che la Nuova Caledonia sia scomparsa? chiese un marinaio.
Eppure il capitano aveva affermato che solo qualche centinaio di miglia ci dividevano da quella terra!
Siamo zoppicanti, mio caro, e questa carcassa preferisce riposarsi invece che navigare.
Che siamo destinati a far la fine dellequipaggio della Medusa?
Non mi fare accapponare la pelle, amico.
Non ne ho alcuna intenzione. Dico solo che se continua così, chissà come finiremo?
In quellistante un grido strano, che sembrava una nota metallica, echeggiò sul mare, giungendo distintamente agli orecchi degli uomini di guardia. I marinai erano balzati in piedi, spingendo lo sguardo in tutte le direzioni, mentre a prora si faceva udire la voce beffarda di Emanuel che diceva:
Ehi, bosmano, avete udito il diavolo?
La luna, che si era alzata già molto sullorizzonte, illuminava lOceano quasi come fosse lalba, eppure nessun essere vivente si vedeva galleggiare sulla superficie argentea.
Che ci siamo ingannati? aveva chiesto finalmente il bosmano. O che quel furfante di Emanuel abbia detto il vero?
Il grido labbiamo udito tutti, è vero, compagni? chiese un marinaio.
Sì, sì, Alonzo, risposero gli altri.
Zitti, disse il bosmano.
Trascorse qualche minuto, poi il grido di prima, più tagliente, più vibrante, si fece nuovamente sentire.
Un dugongo! esclamò il bosmano, facendo un salto. Ecco la nostra salvezza!
Purché possiamo catturarlo, disse Alonzo.
Quattro o cinquecento chilogrammi di carne squisita, continuò il bosmano.
Da mangiarsi cruda, se non vorremo bruciare la zattera.
Basta non morire di fame.
Per la terza volta il grido si ripeté, poi un fiotto dargento si sollevò a circa quattrocento metri dalla prora della zattera e tutti poterono scorgere un grosso corpo nero mostrarsi per un istante alla luce lunare, quindi scomparire.
Amici, le carabine! gridò il bosmano. Doppia razione a chi lo colpisce.
Un marinaio si precipitò dietro la piccola tenda dove riposavano il capitano, don Pedro e Mina, e da una cassa aveva levato quattro fucili dalla canna lunghissima e dal calcio pesante, laminato in ferro.
Sono carichi, disse, distribuendoli ai compagni.
Aspettiamo che si mostri, rispose il bosmano. Io, per mio conto, sono quasi sicuro del mio colpo, quantunque quel mammifero si trovi a una bella distanza. Certo che se avessi un paio di palle incatenate sarei più sicuro di colpirlo.
Tutti e quattro in piedi sullorlo della zattera, spiavano attentamente la comparsa del mostro marino. È una specie di balenottero per le dimensioni, con una testa strana, che finisce come una specie di tubo. A differenza degli altri pesci allatta i piccoli e si incontra non di rado nei mari equatoriali. La sua cattura, come aveva giustamente detto il mastro, sarebbe stata la salvezza dei naufraghi. Seicento chili di carne, squisita quanto quella di un vitello. Pareva però che il mammifero si fosse accorto che quegli affamati contavano sulla sua morte per rifarsi dei primi patimenti, poiché si manteneva ostinatamente sommerso. Non mostrava che lestremità del muso e solo per qualche istante, rendendo la mira impossibile. Quando sporgeva le narici e la bocca, lanciava, e sempre con maggior vigore, quelle note stridenti che avevano impressionato gli uomini di guardia.
To! esclamò il bosmano, dopo cinque o sei minuti di attesa. Io non ho mai udito in vita mia un dugongo urlare tanto. Che sia ferito o innamorato?
Innamorato? chiese Alonzo.
Tu non hai mai udito i capodogli quando sono in cerca della femmina, rispose il bosmano. Urlano come belve feroci e anche i dugonghi manifestano a quel modo il loro amore.
O che sia invece ferito, come hai detto? chiese un altro marinaio. Io credo bosmano, che tu abbia indovinato.
Perché?
Ho visto or ora delle scie apparire e scomparire là dove nuota il dugongo.
Se ci sono dei pescicani laggiù non contate sulla colazione, amici, rispose Reton. La faranno loro invece di noi.
Eppure non devono essere squali quelli che danno la caccia al dugongo! esclamò Alonzo che osservava attentamente, tenendosi ritto su un barile. Si vedrebbero le bocche fosforescenti di quegli animalacci, mentre non vedo che i raggi della luna riflessi sullacqua.
Ragione di più per ingannarsi, disse Reton.
In quellistante il dugongo lanciò un urlo così acuto da svegliare perfino il capitano, il quale fu pronto ad accorrere armato di un paio di pistole.
Il povero mammifero è stato colpito, osservò il bosmano.
Il capitano, informato di quanto accadeva, mandò a svegliare lequipaggio per spingere la zattera là dove si svolgeva di certo qualche dramma marino. Voleva arrivare sul posto prima che i pescicani, ammesso che si trattasse di un assalto di quegli squali, avessero divorata interamente la gigantesca preda. I quattordici marinai, armatisi di manovelle e remi, si misero ad arrancare furiosamente, spingendo avanti, molto lentamente però, il pesantissimo galleggiante. Le urla del dugongo si ripetevano, ma sempre più deboli. Certo il disgraziato mammifero si esauriva. Si vedeva distintamente il luogo dove si trovava, poiché là si sollevavano di tanto in tanto delle ondate spumeggianti che si allontanavano in semicerchio. Don Pedro e Mina, avvertiti che lequipaggio stava per assicurarsi una buona provvista di viveri, erano usciti dalla tenda per assistere alla cattura del mostro. Non doveva avvenire però tanto presto, poiché la zattera, malgrado gli sforzi disperati dei rematori, non riusciva a guadagnare che pochi metri ogni tanto. Sarebbe stato necessario un equipaggio triplo per spingere quella carcassa. Le grida del dugongo erano cessate e anche i fiotti di spuma non si scorgevano quasi più.
Deve essere morto, disse il capitano a don Pedro e a Mina che lo interrogavano.
Lo troveremo? chiese il primo.
Almeno lo spero.
Da chi sarà stato ucciso?
Don Josè invece di rispondere si curvò in avanti, fissando lo sguardo su parecchi scie luminose che solcavano il mare intorno al luogo dove doveva galleggiare il dugongo.
Gli sword-fish! esclamò.
Che cosa sono? chiese Mina.
Specie di pescispada pericolosissimi e eccellenti da mangiare.
Che siano stati loro a uccidere il dugongo?
Certo! Assalgono perfino le grosse balene affondando nel loro ventre la loro spada ossea. Fanno il paio con i pescicani, quantunque assalgano molto difficilmente gli uomini che cadono in mare. Se giungiamo in tempo in mezzo a loro, poiché viaggiano sempre in buon numero, aumenteremo le nostre provviste Ma tò! Che cosa succede ancora laggiù? Non vedete, ragazzi?
Sembrava che ci fosse qualche battaglia intorno al dugongo. Si vedeva lacqua alzarsi qua e là e spumeggiare furiosamente e di quando in quando apparivano delle grosse code nerastre che si agitavano rabbiosamente. Anche il bosmano si era accorto di quel fatto.
Si battono, disse, accostandosi al capitano.
E chi hanno assalito gli sword-fish? si domandò don Josè.
Scommetto di indovinarlo.
Spiegati dunque.
Scommetterei la mia pipa, che mi è più preziosa in questo momento di quattro once doro, che dei pescicani hanno dato addosso al cadavere del dugongo e che si sono incontrati con gli sword-fish.