Si battono, disse, accostandosi al capitano.
E chi hanno assalito gli sword-fish? si domandò don Josè.
Scommetto di indovinarlo.
Spiegati dunque.
Scommetterei la mia pipa, che mi è più preziosa in questo momento di quattro once doro, che dei pescicani hanno dato addosso al cadavere del dugongo e che si sono incontrati con gli sword-fish.
Purché lascino a noi qualcosa, che si distruggano pure a vicenda, rispose il capitano. Gli uni non sono migliori degli altri. Forza, ragazzi! Ancora cinque minuti e arriveremo.
I marinai facevano sforzi disperati, ben sapendo che dalla cattura del dugongo, dipendeva la loro salvezza, poiché se fossero riusciti a prenderlo prima che i pescicani avessero potuto divorarlo, la carne non sarebbe certamente mancata per parecchie settimane. Intorno alle coste della Nuova Caledonia, non è raro incontrare questi cetacei, che hanno una lunghezza da cinque a sei metri e una circonferenza di tre. Anzi gli indigeni, pur essendo non meno antropofagi di quelli del gruppo delle isole Salomone e della Nuova Islanda e della Nuova Bretagna, danno loro una caccia accanita, essendo ghiottissimi della loro carne. Preferiscono prenderli vivi per dimostrare alle loro donne la loro bravura come nuotatori. Non si servono perciò né di piroghe, né di arpioni. Lo circondano, costringendolo a salire alla superficie, lo spaventano con urla selvagge, si aggrappano alle sue larghe pinne ed alla coda e lo spingono verso la riva dove lo finiscono a colpi delle loro scuri di pietra. Dopo cinque minuti, la zattera, che procedeva a balzi, rompendo fragorosamente le onde, arrivava sul luogo del combattimento. Il bosmano non si era ingannato e avrebbe vinta la scommessa e conservata la sua cara pipa. Una vera battaglia accadeva in quel tratto di mare, ed erano enormi pescicani che lottavano ferocemente contro una grossa banda di sword-fish. Del dugongo invece nessuna traccia. Era stato divorato dagli squali in pochi minuti? Era molto probabile, poiché quei mostruosi pesci possono inghiottire in due bocconi anche un uomo. I marinai, furiosi di non aver potuto raccogliere la preda tanto sospirata, avevano afferrato i remi menando colpi tremendi sulle code, sulle teste e sui dorsi dei combattenti.
Prendiamone almeno uno! gridavano tutti.
Alcuni marinai si erano armati di ramponi e scagliavano colpi in tutte le direzioni, con la speranza di colpire qualche pescecane. Le mosse però degli squali e soprattutto degli sword-fish erano così fulminee che riusciva impossibile toccarli. A un tratto un marinaio, che si trovava sullorlo della zattera, mandò un urlo terribile e fu visto stramazzare allindietro, mentre sul suo corpo si dibatteva disperatamente una massa bruno argentea. Tre o quattro uomini, che si trovavano a poca distanza, erano balzati avanti brandendo i coltelli e urlando a squarciagola.
Cardozo! Cardozo!
Don Josè che si trovava in quel momento a poppa, accanto al bosmano che teneva il remo, udendo quelle urla si era precipitato verso la prora, seguito subito da don Pedro, il quale si era impadronito di una scure. Il marinaio si dibatteva sempre, mandando grida disperate che diventavano di momento in momento più fioche. Sul suo petto si agitava ancora la massa bruno-argentea, malgrado i colpi di coltello che le vibravano i compagni del ferito.
Che cosa succede? chiese il capitano, precipitandosi avanti con una pistola in pugno. Chi uccidete, miserabili?
È uno sword, signore, che ha piantato la sua spada nel petto di Cardozo, rispose un marinaio, alzando il coltello grondante di sangue. Il maledetto pesce lo ha ferito e forse mortalmente muori cane!
Lo sword-fish, crivellato da numerose coltellate, aveva cessato di agitarsi. Era uno dei più grossi della specie, poiché misurava non meno di tre metri e doveva pesare duecento chili. Era morto, ma la sua spada acuta era rimasta piantata profondamente nel petto del disgraziato marinaio, spezzandogli la colonna vertebrale e producendo terribili lesioni interne che dovevano cagionarne la morte a breve distanza. Non cera da stupirsi di un simile fatto. Lo sword-fish, quando è irritato, può diventare pericolosissimo per i pescicani. Si scaglia allimpazzata perfino contro le scialuppe che attraversa con la sua solidissima spada, che raggiunge talvolta perfino i due metri di lunghezza. Don Josè, addoloratissimo per la disgrazia, dopo aver fatto scostare il terribile pesce, si era curvato sul povero marinaio, un bel giovane di venticinque anni tentando di frenare il sangue che sgorgava dalla ferita. Don Pedro e il bosmano cercavano di aiutarlo.
È inutile capitano, balbettò il moribondo. La mia vita se ne va: solo Dio potrebbe fermarla. Possa almeno la mia morte aver servito di qualche aiuto ai miei camerati. Poiché se lo sword non mi colpiva non avreste potuto prenderlo, e allora
Si era interrotto, guardando il comandante con gli occhi già vitrei, poi un fiotto di sangue gli irruppe dalle labbra contorte dagli ultimi spasimi dellagonia, macchiandogli la casacca di tela bianca. Allargò le braccia e cadde dolcemente fra le braccia del bosmano che gli si era inginocchiato accanto, senza mandare un gemito.
Morto? chiese don Pedro che aveva le lacrime agli occhi.
Don Josè fece con il capo un cenno affermativo.
Era uno dei migliori! esclamò il bosmano con voce triste. Prese un velaccio e lo stese sul morto, borbottando una preghiera a cui risposero sottovoce i marinai che si erano raccolti intorno al cadavere.
Dopo lo spuntare del sole, la sepoltura, disse don Josè, allontanandosi con don Pedro.
Triste principio del nostro viaggio, osservò il giovane.
Sono disgrazie che toccano agli uomini di mare, rispose il comandante il quale nondimeno appariva preoccupato. Non fate cattivi auguri per la morte di quel disgraziato giovane. Noi abbiamo bisogno di coraggio in questi terribili momenti.
Eppure mi sembra che con la scomparsa dellAndalusia tutto ormai debba finire male. Che il tesoro della Montagna Azzurra porti sfortuna?
La Nuova Caledonia non è molto lontana, ve lo ripeto A mezzogiorno farò il punto e accerterò la posizione della zattera. Può darsi che ci siamo spostati di venti o trenta miglia verso settentrione, una distanza però che non deve spaventarci e che possiamo riconquistare in poche ore se i venti di levante cominceranno a soffiare.
E se don Ramirez nel frattempo arrivasse alla baia?
Siamo in buon numero per tenere testa ai suoi uomini e per disputargli il tesoro, disse il capitano. Voi avete il talismano?
Lo porto sempre addosso, insieme al documento.
Vi ripeto, perdete pure tutto, fuorché quello, poiché la sua scomparsa segnerebbe la rovina della nostra impresa.
Si erano avvicinati alla tenda davanti alla quale stava seduta Mina con la fronte pensierosa e con il viso appoggiato alle mani.
Morto, è vero? chiese la giovane.
Una disgrazia, señorita, che poteva toccare a me, a voi o a qualunque altro e che non deve impressionarvi, rispose il capitano. Don Pedro, tenete compagnia a vostra sorella. Poiché il sole sta per sorgere, voglio vedere se riesco a scoprire le montagne dellisola.
Stava per allungare la mano verso il cannocchiale, quando gli sfuggì una sorda imprecazione mentre il suo volto diventava rapidamente pallidissimo e livido.
Il cronometro non batte più! esclamò con accento di terrore. È impossibile che si sia fermato da sé. Lho caricato dodici giorni fa.
Il cronometro non batte più! esclamò con accento di terrore. È impossibile che si sia fermato da sé. Lho caricato dodici giorni fa.
Prese lorologio e se lo accostò a un orecchio. I battiti non si udivano più. Il capitano rimase muto per alcuni istanti, guardando con smarrimento la cassetta di vetro che racchiudeva il delicato strumento, senza cui non poteva ormai fare più il punto per conoscere esattamente la latitudine e la longitudine; poi lo depose e si impadronì del sestante. Unaltra imprecazione, che parve un ruggito, gli proruppe dalle labbra. Tre specchietti dello strumento erano spezzati e i loro frammenti giacevano in fondo alla cassa. Il capitano gettò intorno uno sguardo di furore. Tutti i marinai erano inginocchiati presso il cadavere di Cardozo. Solo Emanuel, il mozzo, se ne stava a poppa, seduto presso lorlo della zattera e occupato, a quanto pareva, a sorprendere qualche pesce.
Qui è stato commesso un infame tradimento! esclamò. il sestante e il cronometro sono stati guastati da qualche mano nemica. Ma da chi? Da chi? Io non ho mai dubitato della lealtà dei miei uomini che conosco da molti anni. E poi perché privarmi di questi strumenti? Reton! A me!
Il bosmano, che stava in quel momento attraversando la zattera per riprendere il suo posto al lungo revoche serviva da timone, si fermò.
Vieni qui insieme a don Pedro, gli disse il capitano con voce alterata.
Che cosa avete, signore? Mi sembrate atterrito.
Taci, fa presto.
Il bosmano corse verso la tenda, chiamando il giovane che stava discorrendo con Mina, poi entrambi raggiunsero il comandante il quale teneva lindice della mano destra puntato verso la sfera piccola del cronometro, ripetendo:
Le undici e venti! Le undici e venti! Non un secondo!
V. UN TRADIMENTO MISTERIOSO
I lineamenti del comandante dellAndalusia erano così alterati, che don Pedro e il bosmano si erano subito chiesti se qualche altra terribile disgrazia stava per colpire i superstiti del naufragio.
Siete spaventato o incollerito, don Josè? chiese don Pedro. Che cosa vi è accaduto dunque per essere così agitato voi che ho sempre visto così calmo e freddo?
Un momento, don Pedro, disse il capitano. Reton, chi vegliava questa notte, alle undici e venti minuti?
Io, signore
Chi cera con te?
I quattro marinai dIquique e il mozzo.
Doveri tu?
Al timone.
E gli altri?
Tutti intorno a me.
Sei ben sicuro?
Sì, comandante. Solo Emanuel era a prora.
Di quel ragazzo non mi occupo, soggiunse il capitano, alzando le spalle. Hai visto nessuno accostarsi a questa cassa.?
No, nessuno.
Pensa bene, Reton, poiché si tratta di scoprire un traditore.
Il vecchio frugò e rifrugò nel suo cervello poi rispose senza alcuna esitazione:
Sono sicurissimo che nessuno dei marinai di guardia si è accostato alla tenda.
Quando hai lasciato il timone?
Verso le undici, nel momento in cui il dugongo aveva mandato il primo grido.
E sei andato a prora solo?
No: tutti mi avevano seguito perché speravano di poter sorprendere e catturare il cetaceo.
Allora qualcuno deve aver approfittato di quellistante per commettere linfame tradimento.
Ma quale tradimento? chiesero ad una voce Reton e don Pedro, vivamente impressionati dalle parole del comandante.
Un miserabile ci ha guastato il sestante e anche il cronometro per impedirmi di fare il punto.
Il bosmano e don Pedro si erano guardati lun laltro con stupore. Ci fu fra i tre un lungo silenzio. Si sarebbe detto che non osavano più parlare.
È uninfamia! proruppe finalmente il giovane. Ignora dunque quello sciagurato che cercando di perdere noi perde anche se stesso? Non sospettate di nessuno dei vostri uomini?
Io ho sempre trovato in loro dei bravi marinai e non ho mai avuto a dolermene, è vero, Reton?
No, mai, sono stati scelti con cura da me, rispose il bosmano.
Eppure il traditore deve nascondersi tra di loro.
Certo, don Pedro, soggiunse il capitano. Siamo in pieno Oceano e nessun altro avrebbe potuto abbordare inosservato la zattera.
Di chi sospettare? brontolava con ira. Se potessi trovarlo, parola di Reton che lo butto ai pescicani E non poter fare più il punto! Miserabile assassino! Guai se ti prendo!
Don Josè, che cosa farete ora? chiese don Pedro dopo un altro momento di silenzio.
Abbiamo ancora le bussole e con quelle possiamo dirigerci, rispose il capitano. Non potremo certamente trovare lì per lì la baia di Bualabea, tuttavia, presto o tardi, le coste della Caledonia le raggiungeremo. Quello che vi raccomando per ora è di mantenere il più scrupoloso silenzio per non scoraggiare i marinai. Sorvegliamo attentamente tutti, senza darlo a vedere, e non perdiamo di vista le bussole. La mano infame che ha guastato il sestante e il cronometro potrebbe rovinare anche quelle e allora sarebbe finita per noi.
Una domanda ancora, don Josè, disse il giovane. Vedete in questo tradimento la mano di Ramirez?
Non ne dubito. Quel furfante deve aver comperato, forse a peso doro, qualcuno dei nostri uomini. Giuro però su Dio, che se io riuscirò a sorprendere il traditore lo ucciderò.
Anchio, aggiunse il bosmano. Gli pianterò il coltello nel cuore.
Al timone, Reton. La brezza si alza a levante: cerca di dirigerti sempre verso nord-ovest.
Contate su di me, capitano.
Don Josè prese il cannocchiale e si diresse verso prora seguito da don Pedro. I marinai erano ancora inginocchiati intorno alla salma del povero Cardozo, borbottando di quando in quando qualche preghiera. Solo uno di loro era occupato a fare a pezzi, non senza un certo disgusto, lo sword-fish per preparare la colazione. Da ventiquattro ore quei disgraziati non avevano avuto per razione che poche briciole di biscotto e la fame tormentava ferocemente i loro stomaci. Il capitano giunto sullorlo della zattera si appoggiò a un barile, essendo il mare un po mosso, e puntò il cannocchiale verso ponente, scrutando attentamente lorizzonte.
Nulla? chiese dopo qualche tempo don Pedro.
Ho scoperto una leggera sfumatura laggiù, che potrebbe essere una nube lontanissima, ma anche una montagna.
Ce ne sono di alte nella Nuova Caledonia?
Tre o quattro che pare spingano le loro vette oltre i quattro e i cinquemila piedi: però quelle si trovano tutte verso sud. Può darsi che ce ne sia qualcuna anche a nord, essendo questisola poco esplorata.
Potrebbe essere anche una costa?
No, è impossibile, rispose il capitano. Sono troppo basse e poi dobbiamo tener conto della curva della terra. Cercheremo di non perdere di vista quella sfumatura e intanto ci dirigeremo, per quanto ci sarà possibile in quella direzione. Andiamo a far colazione, don Pedro.
Con carne cruda?
Chi oserebbe accendere il fuoco su una zattera? Che cosa accadrebbe di noi se si sviluppasse un incendio? Daltronde vi abituerete più presto di quanto credete.
E Mina?
Abbiamo ancora un po di prosciutto e lo conserveremo per vostra sorella, ma poi? Dovrà adattarsi, don Pedro, se non vorrà morire di fame.
Mezzo sword-fish era stato già tagliato in fette sottile dal cuoco di bordo; laltro era stato messo da parte in un barile. Il capitano radunò lequipaggio e procedette alla distribuzione avvertendo tutti di economizzare la razione, poiché fino al giorno seguente non avrebbe dato altro. Della provvista non erano rimasti che due unici biscotti, e per consenso comune furono offerti alla señorita, la sola che potesse far eccezione alla legge comune. La colazione fu triste. Lidea di nutrirsi con quel pesce che aveva causata la morte al disgraziato marinaio, aveva frenato perfino lappetito formidabile di quei robustissimi uomini. La fame feroce però non tardò a vincere gli scrupoli, e le fette di pesce, crude, ancora sanguinanti, scomparvero totalmente nei loro stomaci. Terminata la colazione, il capitano fece cucire dentro un pezzo di vela il morto, e dopo aver recitato una breve preghiera lo fece scivolare dolcemente in mare. La salma era appena sprofondata che un largo cerchio di sangue salì alla superficie. Qualche pescecane, che stava in agguato sotto la zattera, non meno affamato forse dellequipaggio, aveva a sua volta fatta la sua colazione.