Il re del mare - Emilio Salgari 3 стр.


 Lhai ucciso! esclamò Yanez.

 No, signore, rispose Sambigliong. Lho addormentato e prima di dodici o quindici ore non si sveglierà.

 Dici davvero?

 Lo vedrete più tardi.

 Gettalo su qualche branda e saliamo subito. Il cannoneggiamento diventa vivissimo.

Sambigliong alzò il pilota, che pareva non desse più alcun segno di vita, e lo adagiò su un tappeto, poi tutti e due salirono rapidamente sulla tolda, nel momento in cui i due cannoni da caccia tornavano a tuonare con tale fragore da far tremare tutto il veliero.

Il combattimento fra la Marianna e la flottiglia si era impegnato con grande ardore.

Le scialuppe doppie, che, come abbiamo detto, erano armate di lilà, si erano disposte su una fronte piuttosto larga, a destra e a sinistra del praho, onde dividere maggiormente il fuoco del veliero e si erano impegnate risolutamente a proteggere le altre imbarcazioni che, quantunque più piccole, portavano equipaggi più numerosi, riserbati certamente per lattacco finale.

Gli spari si succedevano agli spari e le palle, quantunque tutte di piccolo calibro, fischiavano in gran numero sulla Marianna, smussando qualche pennone, forando le vele, maltrattando il sartiame e scheggiando le murate. Alcuni uomini erano stati già feriti e qualcuno ucciso, nondimeno gli artiglieri di Mompracem facevano freddamente il loro dovere, con una calma ed un sangue freddo meraviglioso.

Le spingarde, essendo ormai la distanza diminuita, avevano pure cominciato a tuonare, lanciando sulla flottiglia bordate di mitraglia, composta per la maggior parte di chiodi, che si piantavano nella pelle dei dayaki, facendoli urlare come scimmie rosse.

Nonostante quelle scariche formidabili, la flottiglia non cessava di avanzare. I dayaki, che sono generalmente coraggiosi non meno dei malesi e che non temono la morte, davano dentro ai remi furiosamente, mentre quelli che erano armati di fucile, mantenevano un fuoco vivissimo, quantunque poco efficace, non avendo molta pratica di quelle armi, che forse adoperavano per la prima volta.

Erano già giunte le scialuppe a cinquecento passi, quando il praho su cui si era concentrato il fuoco dei pezzi da caccia della Marianna, si coricò su un fianco.

Aveva ormai perduto i suoi due alberi, il bilanciere era stato fracassato di colpo da una palla tiratagli da Yanez e le sue murate erano state ridotte in così cattivo stato, che non esistevano quasi più.

 Smonta il mirim, Sambigliong! gridò Yanez, vedendo una doppia scialuppa accostarsi al praho collevidente intenzione dimpadronirsi del pezzo dartiglieria, prima che il piccolo veliero affondasse.

 Sì, comandante, rispose il malese, che serviva al pezzo da caccia di babordo.

 E voi altri mitragliate lequipaggio prima che venga raccolto, aggiunse il portoghese, che dallalto del cassero seguiva attentamente le mosse della flottiglia, senza levarsi dalle labbra la sigaretta.

Una bordata colpì il praho, bordata di pezzi da caccia e di spingarde, smontando il mirim il cui carrello fu fracassato di colpo e spazzando il ponte da prora a poppa, con un uragano di mitraglia che storpiò e ferì la maggior parte dellequipaggio.

 Bel colpo! esclamò il portoghese, colla sua flemma abituale. Eccone uno che non ci darà più fastidio.

Il piccolo veliero non era ormai che un rottame che si empiva rapidamente dacqua. Gli uomini che erano sfuggiti a quella tremenda bordata, si erano gettati in mare e nuotavano verso le scialuppe, mentre i pontoni tiravano furiosamente coi lilà con non troppa fortuna, quantunque la Marianna, colla sua mole ed immobilizzata come era, offrisse un ottimo bersaglio.

Ad un tratto il legno si capovolse bruscamente, rovesciando in acqua morti e feriti e rimase colla chiglia in aria.

Urla feroci salzarono dalle scialuppe, vedendo il praho andarsene alla deriva in quello stato.

 Gridate come oche, disse Yanez. Ci vuole ben altro per vincere le tigri di Mompracem, miei cari. Fuoco sulle scialuppe! Avanti, fucilieri! Laffare diventa caldo.

Sebbene privati del praho che col suo pezzo poteva contrabbattere i cannoni da caccia, la flottiglia aveva ripreso la corsa e savvicinava rapidamente alla Marianna.

Le tigri di Mompracem non facevano economia nè di palle nè di polvere. Colpi di cannone e di spingarda si alternavano a nutrite scariche di fucileria che facevano dei larghi vuoti fra gli equipaggi delle scialuppe e dei pontoni.

Quei vecchi guerrieri, che un giorno avevano fatto tremare gli inglesi di Labuan, che avevano vinto e rovesciato James Booke, il rajah di Sarawak, e che avevano distrutti, dopo formidabili combattimenti, i terribili thugs indiani, si difendevano con accanimento ammirabile, senza nemmeno prendersi la briga di ripararsi dietro i bordi.

Anzi, sprezzanti dogni pericolo, nonostante i consigli del portoghese che ci teneva a conservare i suoi uomini, erano saliti tutti sulle murate per mirare meglio e di là, e anche dalle coffe, facevano un fuoco infernale sulle scialuppe, decimando crudelmente i loro equipaggi.

Gli assalitori però erano così numerosi, che quelle gravi perdite non li scoraggiavano. Altre scialuppe, uscite dal fiume, avevano raggiunta la flottiglia e anche quelle cariche di guerrieri. Erano almeno trecento selvaggi, sufficientemente armati, che muovevano allabbordaggio della Marianna, risoluti, a quanto pareva, ad espugnarla e massacrare i suoi difensori fino allultimo, non potendosi sperare quartiere da quei barbari sanguinari che non hanno che un solo desiderio: quello di fare raccolta di crani umani.

 La faccenda minaccia di diventare seria, mormorò Yanez, vedendo quelle nuove scialuppe. Tigrotti miei, date dentro più che potete o noi finiremo per lasciare qui le nostre teste. Quel cane dun pellegrino li ha fanatizzati per bene e li ha fatti diventare idrofobi.

Saccostò al pezzo da caccia di tribordo, che in quel momento era stato scaricato e allontanò Sambigliong che stava pigliando la mira.

 Lascia che mi scaldi un po anchio, disse. Se non sfasciamo i pontoni e mandiamo in acqua i loro lilà, fra tre minuti saranno qui.

 Le spine li tratterranno, capitano.

 Eh, non so, mio caro. I loro kampilang avranno buon gioco.

 Ed i nostri gabbieri non ne avranno meno colle loro granate.

 Sia, ma preferisco che non giungano qui.

Diede fuoco al pezzo e, come al solito, non mancò il colpo. Uno dei pontoni, formati da due scialuppe riunite da un ponte, andò a catafascio. Le prore, spaccate a livello dacqua, in un momento si riempirono ed il galleggiante affondò.

Un secondo fu pure gravemente maltrattato, ma al terzo colpo di cannone sparato da Yanez le scialuppe erano già quasi sotto.

 Impugnate i parangs e portate le spingarde a poppa! gridò, abbandonando il pezzo che ormai diventava inutile. Sgombrate la prora!

In un baleno quei comandi furono eseguiti. I fucilieri si ammassarono sul cassero, lasciando soli i gabbieri nelle coffe, mentre Sambigliong con alcuni uomini sfondava a colpi di scure due casse lasciando scorrere per la coperta una infinità di pallottoline dacciaio irte di punte sottilissime.

I dayaki, resi furiosi dalle gravi perdite subite, avevano circondata la Marianna urlando spaventosamente e cercavano di arrampicarsi, aggrappandosi alle bancazze, alle sartie, ai paterazzi ed alla dolfiniera del bompresso.

Yanez aveva impugnata una scimitarra e si era messo in mezzo ai suoi uomini.

 Stringete le file attorno alle spingarde! gridò.

I fucilieri che stavano presso le murate non avevano cessato il fuoco, fulminando a bruciapelo i dayaki dei pontoni e quelli che cercavano di montare allabbordaggio.

I dayaki, resi furiosi dalle gravi perdite subite, avevano circondata la Marianna urlando spaventosamente e cercavano di arrampicarsi, aggrappandosi alle bancazze, alle sartie, ai paterazzi ed alla dolfiniera del bompresso.

Yanez aveva impugnata una scimitarra e si era messo in mezzo ai suoi uomini.

 Stringete le file attorno alle spingarde! gridò.

I fucilieri che stavano presso le murate non avevano cessato il fuoco, fulminando a bruciapelo i dayaki dei pontoni e quelli che cercavano di montare allabbordaggio.

Le canne dei fucili e delle carabine indiane erano diventate così ardenti che scottavano le mani dei tiratori.

I dayaki arrivavano, inerpicandosi come scimmie. Ad un tratto atroci urla di dolore scoppiarono fra gli assalitori.

Avevano posate le mani sui fasci di spine che coprivano le murate e che erano dissimulati dalle brande stese sopra i bastingaggi, straziandosi orribilmente le dita e non reggendo a così atroce dolore si erano lasciati cadere addosso ai compagni, travolgendoli nella loro caduta.

Se non erano pel momento riusciti a scavalcare le murate di babordo e di tribordo, quelli che si erano issati sulle trinche del bompresso, erano stati invece più fortunati, avendo trovato subito un appoggio sullalbero istesso.

Accortisi delle spine, a gran colpi di kampilang staccarono i fasci gettandoli in mare, ed in dieci o dodici irruppero sul castello di prora mandando urla di vittoria.

 Dentro colle spingarde! gridò Yanez che li aveva lasciati fare.

Le quattro bocche da fuoco lanciarono una bordata di chiodi su quel gruppo, spazzando tutto il castello.

Fu una scarica terribile. Nessuno degli assalitori era rimasto in piedi, quantunque non vi fosse nemmeno un morto.

Quei disgraziati, che avevano ricevuto in pieno quella bordata, si rotolavano pel castello, dibattendosi e mandando urla spaventevoli e gemiti strazianti.

I loro corpi, foracchiati in cento luoghi dai chiodi, parevano schiumarole gocciolanti sangue.

La vittoria era nondimeno ancora ben lungi. Altri dayaki salivano da tutte le parti, disperdendo prima le spine coi kampilang e rovesciandosi in coperta, malgrado il fuoco vivissimo delle tigri di Mompracem.

Là un altro ostacolo però, non meno duro delle spine, attendeva gli assalitori: erano le pallottole dacciaio che coprivano tutta la tolda e le cui punte non si potevano sfidare senza i pesanti stivali di mare.

Per di più, i gabbieri delle coffe avevano cominciato a lanciare le granate che scoppiavano con fragore, lanciando intorno frammenti di metallo.

I dayaki, presi fra due fuochi, impossibilitati ad avanzare, si erano arrestati; poi un subitaneo terrore, accresciuto da unaltra bordata di mitraglia che ne gettò a terra parecchi, li prese e si precipitarono confusamente in acqua, nuotando disperatamente verso i pontoni e le scialuppe.

 Pare che ne abbiano finalmente abbastanza, disse Yanez, che durante la lotta non aveva perduto un atomo della sua flemma. Ciò vinsegnerà a temere le vecchie tigri di Mompracem.

La disfatta degli isolani era completa. Pontoni e scialuppe fuggivano a forza di remi verso le isolette che si estendevano dinanzi al fiume, senza più rispondere al fuoco del veliero, fuoco che ben presto fu fatto cessare dal portoghese, ripugnandogli di massacrare delle persone che ormai non si difendevano più.

Dieci minuti dopo, la flottiglia, le cui scialuppe facevano per la maggior parte acqua, scompariva entro il fiume.

 Se ne sono andati, disse Yanez. Speriamo che ci lascino tranquilli.

 Ci aspetteranno nel fiume, signore, disse Sambigliong.

 E vi daranno nuovamente battaglia, aggiunse Tangusa, che ai primi colpi di cannone era pure salito in coperta per prendere parte alla difesa, quantunque esausto di forze.

 Lo credi? chiese il portoghese.

 Ne sono certo, signore.

 Daremo loro unaltra lezione che leverà loro, e per sempre, la voglia dimportunarci. Troveremo acqua sufficiente per spingerci fino alle scale del kampong?

 Il fiume è profondo per un tratto lunghissimo e purchè il vento sia favorevole non troverete difficoltà a salirlo.

 Quanti uomini abbiamo perduto? chiese Yanez a Kickatany, il malese che funzionava da medico a bordo.

 Ve ne sono otto nellinfermeria, signore, fra cui due gravemente feriti e quattro morti.

 Che il diavolo si porti quei maledetti selvaggi ed il loro pellegrino! esclamò Yanez. Orsù, così è la guerra, aggiunse poi con un sospiro.

Quindi volgendosi verso Sambigliong che pareva aspettasse qualche ordine:

 La marea sta per raggiungere la sua massima altezza. Cerchiamo di trarci da questo maledetto banco.

3. Sul Kabatuan

Lacqua già da cinque ore continuava a montare nella baia e a poco a poco aveva coperto interamente il banco, su cui la Marianna si era incagliata.

Era quindi quello il buon momento per cercare di liberarsi e la cosa non sembrava dovesse essere molto difficile, poichè i marinai avevano rimarcato un leggero spostamento della ruota di prua. Il veliero non galleggiava ancora; tuttavia nessuno disperava di riuscire a levarlo da quel cattivo passo, aiutandolo con qualche sforzo.

Sbarazzata la coperta dei cadaveri che la ingombravano, essendo molti dayaki caduti sul castello di prora sotto le micidiali scariche delle spingarde ed a mezza nave, e, ricollocate nelle casse le pericolosissime palle dacciaio, che avevano arrestato così bene lattacco dei bellicosi isolani, i Tigrotti di Mompracem si misero alacremente allopera sotto la direzione di Yanez e di Sambigliong.

Furono gettati due ancorotti a sessanta passi dalla poppa, su un buon fondo e le gomene passate allargano onde trarre indietro la nave ed aiutare lazione della marea, poi le vele furono girate in modo che la spinta del vento avvenisse non più verso la prora.

 Allargano, ragazzi! gridò Yanez, quando tutto fu pronto. Noi ci leveremo presto di qui.

Già qualche scricchiolo si era udito sotto la ruota, segno evidente che lacqua tendeva, aumentando sempre, a sollevare la carena.

Dodici uomini si erano precipitati verso largano, mentre altrettanti si erano gettati sulle funi collegate ai due ancorotti, affinchè lo sforzo fosse maggiore, e, al comando del portoghese, i primi avevano cominciato a spingere energicamente le aspe.

Avevano dato appena quattro o cinque giri allargano, quando la Marianna scivolò, per modo di dire, sul banco su cui sappoggiava, virando lentamente sul tribordo, per lazione del vento che gonfiava fortemente le due immense vele.

 Eccoci liberi! aveva esclamato Yanez, con voce giuliva. Forse sarebbe bastata la sola marea a trarci di qui. Che bella sorpresa pel pilota, quando si risveglierà. Salpate gli ancorotti, contrabbracciate le vele e avanti, diritti verso il fiume.

 Lo imboccheremo senza attendere lalba? chiese Sambigliong.

 È largo e profondo, mi ha detto Tangusa, e non è interrotto da banchi, rispose Yanez. Preferisco attraversare la foce ora e sorprendere i dayaki, che non saspettano di certo di vederci così presto.

Con uno sforzo poderoso i marinai dellargano avevano strappati dal fondo i due ancorotti, mentre i gabbieri avevano orientato rapidamente le due vele e i fiocchi del bompresso. Tangusa, che non aveva lasciata la tolda, si era messo alla barra del timone, essendo il solo che conoscesse la foce del Kabatuan.

 Conducici solamente entro il fiume, mio bravo ragazzo, gli aveva detto Yanez. Poi penseremo noi a guidare la Marianna e tu andrai a riposarti.

 Oh signore, non sono già un fanciullo, aveva risposto il meticcio, per aver bisogno dun immediato riposo. Quel balsamo prodigioso, sparso sulle mie ferite da Kickatany, mi ha calmato i dolori.

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