Solo?
Lo credo.
E che cosa ha fatto poi?
Si è presentato ai capi tribù, i quali lo ricevettero con deferenza, avendo in testa il turbante verde dei pellegrini che hanno visitato il sepolcro del Profeta. Che cosa poi abbia narrato loro e promesso, io lo ignoro. So solo che pochi giorni dopo, i dayaki erano tutti in armi e che chiedevano la testa di Tremal-Naik, che fino allora era stato il loro protettore.
Ha regalato a quei fanatici imbecilli le armi?
E anche molto denaro.
È vero che un giorno una nave inglese è giunta alla foce del Kabatuan e che quel pellegrino si è abboccato col comandante? chiese Yanez.
Sì, signore, anzi aggiungerò che durante la notte lequipaggio sbarcò altre casse piene darmi.
Non sai a che razza appartiene quelluomo?
No, signore: quello che vi posso dire è che la sua pelle è oscura assai e che parla il bornese con difficoltà.
Che mistero impenetrabile! mormorò Yanez. Mi romperò il capo senza riuscire a schiarirlo.
Stette un momento silenzioso, come se si fosse immerso in un profondo pensiero, poi chiese:
Come avevano fatto a sapere che la Marianna giungeva in soccorso di Tremal-Naik?
Pare che sia stato un servo dellindiano a informare i capi dayaki ed il pellegrino.
Quale incarico ti avevano dato?
Il malese ebbe una breve esitazione, poi rispose:
Di arenare la vostra nave, innanzi tutto.
Non mi ero dunque ingannato, dubitando di te. E poi?
Lasciate che non confessi il resto.
Parla liberamente: ti ho promesso di lasciarti la vita ed io non manco alla mia parola.
Di approfittare dellassalto dei dayaki per incendiarvi la nave.
Grazie della tua franchezza, disse Yanez, ridendo. Sicchè avevano deciso la nostra morte?
Sì, signore. Pare che il pellegrino abbia avuto qualche motivo di dolersi delle tigri di Mompracem.
Anche di noi! esclamò Yanez, che cadeva di sorpresa in sorpresa.
Chi può essere costui? Noi non abbiamo mai avuto a che fare con dei fanatici mussulmani.
Non so che cosa dirvi, signore.
Se è vero quello che ci hai narrato, quel miserabile ci insidierà dovunque?
Non vi lascerà tranquilli, badate a me e farà di tutto per massacrarvi dal primo allultimo, disse il pilota. Io so che ha fatto giurare ai capi dayaki di non risparmiarvi.
E noi faremo il possibile per ucciderne più che potremo, è vero, Tangusa?
Sì, signor Yanez, rispose il meticcio.
Padada, disse il portoghese, sai tu che la fattoria di Pangutaran sia già assediata?
Non lo credo, signore, avendo il pellegrino radunate quasi tutte le sue forze per schiacciare prima voi.
Dunque la via che va dallimbarcadero al kampong di Tremal-Naik può essere libera.
O almeno poco guardata.
Quanto ti ha dato il pellegrino perchè tu mandassi la mia nave sui banchi e me la incendiassi?
Cinquanta fiorini e due carabine.
Io te ne darò duecento se tu mi guidi al kampong.
Accetto, signore, rispose il malese, e avrei accettato anche senza alcun compenso, dovendovi la vita.
Siamo ancora lontani dallimbarcadero?
Fra un paio dore vi giungeremo, è vero? disse Tangusa guardando il malese.
Forsanche prima.
Yanez sciolse le corde che stringevano le mani del prigioniero e uscì, dicendo:
Saliamo in coperta.
Sul fiume regnava ancora una gran calma e le acque si svolgevano tranquille, fra due rive coperte di superbe felci arborescenti, di belle piante di cycas, di pandanus, di casuarine e di palme, che spiegavano a ventaglio le loro gigantesche foglie piumate.
Fra i rotangs che cadevano in festoni lungo i tronchi degli alberi, vi erano delle siamang, quelle orride scimmie nere che hanno la fronte bassissima, gli occhi infossati, la bocca enorme, il naso piatto e sotto la gola un lungo gozzo che pende come una vescica gonfia, le quali saltellavano di ramo in ramo, senza dimostrare alcuna preoccupazione. In acqua invece nuotavano fra le erbe, numerose bewah, quelle gigantesche lucertole semi-acquatiche che raggiungono sovente i due metri di lunghezza. Dei dayaki nessun indizio. Se fossero stati vicini, i quadrumani non avrebbero mostrato tanta tranquillità, essendo in generale estremamente diffidenti.
La Marianna, che savanzava assai lentamente aiutata anche dai remi, non potendo il vento soffiare troppo liberamente fra quelle due immense muraglie di verzura, continuò a salire indisturbata fino al mezzodì, poi si arrestò dinanzi ad una specie di piattaforma che savanzava nellacqua sorretta da alcune file di pali.
Limbarcadero del kampong di Pangutaran, avevano esclamato simultaneamente il pilota e Tangusa.
Giù le àncore e accosta, aveva comandato subito il portoghese. Alle spingarde gli artiglieri.
Due ancorotti furono affondati e il veliero, spinto dalla corrente, andò ad appoggiarsi allimbarcadero ai cui pali fu legato.
Yanez era salito sulla murata, per accertarsi meglio che nessun dayako si trovava imboscato su quella riva.
Che qui crudeli selvaggi vi fossero passati non vi era dubbio, potendosi scorgere a breve distanza dallimbarcadero gli avanzi di parecchie capanne distrutte dal fuoco e una vasta tettoia semi-scoperchiata, coi pilastri anneriti dal fumo e dalle fiamme.
Pare che non vi sia nessuno qui, disse Yanez, volgendosi verso il meticcio che si era pure rizzato sulla murata.
Non si aspettavano che noi giungessimo fino qui, rispose Tangusa. Erano troppo sicuri di poterci fermare e massacrare alla foce del fiume.
Quanto distiamo dal kampong!
Un paio dore, signor Yanez.
Facendo tuonare i cannoni da caccia, Tremal-Naik potrebbe udirci?
È probabile. Contate di partire subito?
Sarebbe imprudenza. Aspettiamo la notte; passeremo più facilmente e forse senza essere veduti.
Quanti uomini prenderemo?
Non più di venti. Mi preme che la Marianna non rimanga troppo sprovvista. Se la perdessimo sarebbe finita, per tutti, anche per Tremal-Naik e per Darma.
Frattanto noi faremo una breve esplorazione nei dintorni, per accertarci che non ci si tenda qualche agguato. Questa tranquillità non mi rassicura affatto.
Fece mettere in batteria le spingarde e i pezzi, volgendoli verso limbarcadero, rizzando delle barricate formate con barili pieni di ferraccio, onde meglio riparare gli artiglieri, quindi comandò di ammainare le vele sul ponte, senza levarle dai pennoni onde la nave fosse pronta a salpare in pochi minuti.
Terminati quei preparativi, Yanez, il meticcio ed il pilota, scortati da quattro malesi dellequipaggio, armati fino ai denti, scesero sullimbarcadero per fare una ricognizione nei dintorni, prima di avventurarsi col grosso sotto le folte foreste che si estendevano fra la riva del fiume ed il kampong di Pangutaran.
6. La carica degli elefanti
Una piccola radura, malamente dissodata, scorgendosi ancora i tronchi degli alberi spuntare dal suolo, si estendeva dinanzi allimbarcadero e dietro agli avanzi di capanne e di tettoie risparmiate dallincendio.
Al di là cominciava la grande e fitta foresta, composta per la maggior parte dimmense felci arboree, di cycas, di durion e di casuarine, e ingombra di rotangs di lunghezza smisurata che formavano delle vere reti.
Nessun rumore turbava il silenzio che regnava sotto quei maestosi alberi. Solo, di quando in quando, fra il fogliame udivasi un debole grido lanciato da qualche gek-kò, la lucertola cantatrice, o il pispiglio di qualche chalcostetha, quei piccolissimi uccelli dai colori brillanti a riflessi metallici che, in quelle isole malesi, tengono il posto dei tronchilichi americani.
Nessun rumore turbava il silenzio che regnava sotto quei maestosi alberi. Solo, di quando in quando, fra il fogliame udivasi un debole grido lanciato da qualche gek-kò, la lucertola cantatrice, o il pispiglio di qualche chalcostetha, quei piccolissimi uccelli dai colori brillanti a riflessi metallici che, in quelle isole malesi, tengono il posto dei tronchilichi americani.
Yanez ed i suoi uomini, dopo essere rimasti qualche tempo in ascolto, un po rassicurati da quella calma e dal contegno pacifico duna coppia di scimmie buto sopra un banano, dopo aver fatto un giro intorno alle capanne, si inoltrarono verso la foresta, esplorandone i margini per una larghezza dun mezzo miglio, senza trovare alcuna traccia dei loro implacabili nemici.
Pare impossibile che siano scomparsi, disse Yanez, a cui riusciva inesplicabile quellimprovvisa tregua dopo tanto accanimento. Che abbiano rinunciato a tormentarci, dopo le batoste che hanno preso?
Uhm! fece il pilota. Se il pellegrino aveva giurato la vostra perdita, ritengo che farà il possibile per avere le vostre teste.
Mettici anche la tua nel numero, disse il portoghese. Torniamo a bordo e aspettiamo la notte.
Il ritorno lo compirono senza essere stati molestati, confermandosi vieppiù nella supposizione che i dayaki non fossero ancora giunti in quei dintorni.
Appena calato il sole, Yanez fece subito i preparativi della partenza. Vi erano ancora a bordo trentasei uomini, compresi i feriti.
Ne scelse quindici, non volendo indebolire troppo lequipaggio il quale poteva, durante la sua assenza, venire assalito, e verso le nove, dopo aver raccomandato a Sambigliong la più attiva sorveglianza onde non si facesse sorprendere, ridiscendeva a terra con Tangusa, il pilota e la scorta.
Erano tutti formidabilmente armati, con carabine indiane di lungo tiro e parangs, quelle terribili sciabole che con un solo colpo decapitano un uomo, e ampiamente provvisti di munizioni, ignorando se Tremal-Naik ne avesse tante da poter reggere anche ad un assedio.
Avanti e soprattutto fate meno rumore che sia possibile, disse Yanez, nel momento in cui si cacciavano sotto i boschi. Noi non siamo ancora sicuri di trovare la via sgombra.
Si volse indietro per dare un ultimo sguardo al veliero, la cui massa spiccava vivamente sulle acque del fiume, semi-confusa fra i vegetali che crescevano sulla riva e senza sapere il perchè, provò una stretta al cuore.
Si direbbe che ho un brutto presentimento, mormorò con inquietudine. Che lo perda?
Scacciò limportuno pensiero e si mise alla testa della scorta, preceduto di pochi passi dal meticcio e dal pilota, i soli che potessero orientarsi in mezzo a quel caos di enormi vegetali e fra le reti immense formate dai nepentes, dai gomuti e dai rotangs.
Come al mattino un silenzio profondo regnava sotto quella infinita volta di verzura, come se quella foresta fosse assolutamente priva di animali feroci e di selvaggina. Persino gli uccelli notturni, quei grossi pipistrelli pelosi, che sono così comuni nelle isole malesi, mancavano. Solo le lucertole cantanti, che sono per lo più notturne, facevano udire di tratto in tratto il loro lieve grido stridente.
Essendo il cielo coperto, unafa pesante regnava sotto le immense foglie, incrociantisi strettamente a trenta o quaranta metri dal suolo.
Si direbbe che minaccia un uragano, disse Yanez che respirava con grande fatica.
E scoppierà presto, signore, rispose il meticcio. Ho veduto il sole tramontare fra una nuvola nerastra e giungeremo appena a tempo al kampong.
Se nessuno ci arresterà.
Finora, signore, i dayaki non si sono mostrati.
Purchè non li troviamo presso il kampong. Speriamo che abbiano levato lassedio.
Non saranno tanti da opporre una seria resistenza, almeno pel momento. Quelli che ci hanno aspettati alla foce del fiume forse non sono ancora tornati.
Se tardassero solo ventiquattro ore, non li temerei più, rispose Yanez. La Marianna, con equipaggio rinforzato, diverrebbe imprendibile. Avrà molti difensori Tremal-Naik?
Suppongo che abbia potuto raccogliere una ventina di malesi, signor Yanez.
Avremo così un piccolo esercito che darà da fare a quel maledetto pellegrino. Affrettiamo il passo e cerchiamo di giungere al kampong prima che lalba sorga.
La foresta non permetteva però che si avanzassero così rapidamente come avrebbero desiderato, essendo caduti in mezzo ad una antica piantagione di pepe che avvolgeva gli alberi in una rete assolutamente inestricabile.
Le grosse piante non erano riuscite a soffocare i sarmenti altissimi i quali, ripiegandosi verso il suolo e collegandosi coi rotangs ed i calamus o avvolgendosi intorno alle mostruose radici uscite dal suolo per mancanza di spazio, formavano un intrecciamento colossale che opponeva una solida resistenza.
Mano ai parangs, disse Yanez, vedendo che le due guide non riuscivano a passare.
Faremo rumore, osservò il pilota.
Non ho già alcuna voglia di tornarmene indietro.
I dayaki possono udirci, signore.
Se ci assalgono li riceveremo come si meritano. Affrettiamoci.
A colpi di sciabola riuscirono ad aprirsi un varco e sempre sciabolando a destra ed a manca, continuarono ad inoltrarsi nellinterminabile foresta.
Marciavano da unora, lottando ostinatamente contro le piante, quando il pilota sarrestò bruscamente, dicendo:
Fermi tutti.
I dayachì? chiese sotto voce Yanez, che lo aveva subito raggiunto.
Non lo so, signore.
Hai udito qualche cosa?
Dei rami scricchiolare dinanzi a noi.
Andiamo a vedere, Tangusa, e voi tutti rimanete qui e non fate fuoco se io non vi do il segnale.
Si gettò a terra trovandosi dinanzi a un caos di radici e di sarmenti e si mise a strisciare verso il luogo dove il malese asseriva daver udito i rami scricchiolare.
Il meticcio gli si era messo dietro cercando di non far rumore.
Percorsero così una cinquantina di metri e sarrestarono sotto le enormi corolle dun fiore mostruoso, un crubul che aveva una circonferenza di oltre tre metri, e che tramandava un odore poco piacevole.
Essendovi intorno a quel fiore un po di spazio libero, era facile scoprire degli uomini che si avanzassero attraverso la foresta.
Padada non si era ingannato, disse Yanez, dopo essere rimasto qualche po in ascolto.
Sì, qualcuno si avvicina, confermò il meticcio.
E questo cosè? chiese a un tratto Yanez.
In lontananza si udì in quel momento un rombo strano che pareva prodotto dallavanzarsi di qualche furgone o dun treno ferroviario.
Non è il tuono, disse il portoghese.
Non lampeggia ancora, disse Tangusa.
Si direbbe che un fiume ha rotto gli argini e straripa.
Non è caduta ancora una goccia dacqua e poi il Kabatuan è lontano.
Che cosa sarà?
E sapprossima rapidamente, signore.
Verso di noi?
Sì.
Taci!
Appoggiò un orecchio al suolo ed ascoltò nuovamente, trattenendo il respiro.
La terra trasmetteva nettamente quel rombo inesplicabile che pareva prodotto dal rapido avanzarsi di masse enormi.
Non comprendo assolutamente nulla, disse finalmente Yanez, rialzandosi. È meglio che ci ripieghiamo verso la scorta; chissà che il pilota non ci spieghi questo mistero.
Sgusciarono sotto i giganteschi petali del crubul e rifecero il cammino percorso, scivolando fra gli infinti sarmenti.
Quando raggiunsero il luogo ove avevano lasciati i loro uomini, savvidero che anche la scorta era in preda ad una viva agitazione, udendosi anche là quel fragore. Solo Padada pareva tranquillo.