Siamo diventati falchi, camerata.
Meglio falchi che gente da appiccare, mio caro Mendoza rispose il conte.
Non dico di no, signore. Ai baschi come me non è mai piaciuta la corda, specialmente quando è stata intrecciata dagli spagnuoli, perché è la piú pericolosa, almeno per le persone della nostra specie.
Eppure sei uno stretto parente degli spagnuoli.
È vero, capitano, ma non sono mai andato daccordo con loro.
E questo è forse un male rispose il conte. Avresti almeno potuto pregarli di lasciarci libero il passo per raggiungere la fregata.
Uhm! fece Mendoza, strappandosi tre o quattro capelli I castigliani non sono cosí ingenui. Mi avrebbero senzaltro preso ed appiccato al piú alto pennone dei loro galeoni, come un pirataccio qualunque.
Cosí, dovremo rimanere in questo nido di avvoltoi o di gufi, come tu hai detto, finché la marchesa non avrà trovato un modo qualunque per farci scappare.
Voi non avete pensato, signor conte, che tre metri sotto di noi vi sono dei tetti.
Che cosa vuoi dire, Mendoza? chiese il figlio del Corsaro Rosso, colpito da quella risposta.
Che si potrebbe spiccare un salto e andarcene tranquillamente, prima che quei dannati alabardieri ci facciano vedere i loro elmetti.
E andarsene come ladri, senza nemmeno avvertire la generosa donna che ha cercato di salvarci? Dovè la galanteria, Mendoza?
Quando si tratta di salvare la pelle, io non mi occupo mai della galanteria, signor conte. Io non sono che un marinaio.
Allora serba i tetti per piú tardi rispose il figlio del Corsaro Rosso.
Io e Martin aspetteremo finché voi vorrete, signor conte. Sapete bene che siamo uomini darme e che non ci è mai spiaciuto menar le mani. Quanti colpi di spada ho dato, quando navigavo agli ordini di vostro padre!
Taci Mendoza gridò il conte con voce alterata.
Avete ragione, capitano: io sono un bestione grosso come una balena, rispose il vecchio marinaio.
Il conte si era appoggiato al davanzale della finestra e, spingendo ansiosamente lontano gli sguardi, attraverso limmensa selva di campanili e di torricelle, cercò di scoprire la sua fregata, ancorata presso la bocca del porto, ma senza riuscirvi.
Unansietà indescrivibile laveva preso e tendeva gli orecchi, temendo sempre di udire una bordata di cannonate, annuncianti il principio della lotta contro la sua nave. Si trovava in osservazione da una mezzora, quando udí Mendoza che esclamava:
La signora marchesa!
Il figlio del Corsaro Rosso si voltò bruscamente e vide la bella vedova entrare nella soffitta, pallidissima, sconvolta.
Voi, marchesa? esclamò il conte, con meno strepito dei suoi uomini. Che cosa venite ad annunciarci?
Che siete presi! rispose la signora di Montelimar con voce rotta.
Hanno dunque scoperto il nostro rifugio? chiese il conte estraendo la spada.
Il mio maggiordomo mi ha avvertito che il capitano degli alabardieri ha dato lordine di visitare il tetto e anche le torricelle. Se vi trovasse, vi arresterebbe.
Non sarebbe una cosa facile, signora, rispose il corsaro con voce tranquilla.
Voi non mi avete capito, conte
Anzi, ho capito benissimo.
E vorreste impegnare la lotta su un tetto, contro venti alabardieri e un capitano che gode fama di essere coraggiosissimo?
Ma no, marchesa. Cè sempre tempo a batterci.
E allora? chiese la bella vedova con grande ansietà
Si fugge prima che giungano rispose il conte.
E dove?
Buon Dio, è una cosa semplicissima, marchesa. Si salta sul tetto del palazzo, si cerca il primo abbaino e si discende.
Cosí vestito?
Cambierò costume rispose il corsaro sorridendo. Diventerò momentaneamente piantatore, contadino, facchino del porto, marinaio o qualche cosa di simile.
E andrete?
Che ne so io? Certo non a bordo della mia fregata. Sarebbe come gettarsi in bocca al lupo.
Credete di poter uscire dalla città, signor conte?
Io non ne dubito.
Ho una tenuta a S. Pedro, a sei leghe dalla città.
Benissimo.
Manderò immediatamente il mio maggiordomo, perché avverta il mio intendente di ricevervi.
Volete ospitarci nella vostra villa?
Voglio salvarvi disse la marchesa con voce commossa.
E noi, marchesa, giacché cinvitate in campagna, accettiamo disse il figlio del Corsaro Rosso con voce perfettamente tranquilla. Cosí ci riposeremo delle fatiche del mare.
E la vostra nave?
Se la caverà meglio di quello che crediate, signora. Ho a bordo un luogotenente che non ha paura di affrontare il fuoco. Potremo rivederci, marchesa, almeno per ringraziarvi di quanto avete fatto per noi?
Ve lo prometto.
A S. Pedro?
Sí, conte.
Addio, signora: noi fuggiamo. Il conte si levò il cappello di feltro per salutarla, poi balzò sul davanzale e spiccò risolutamente un salto, fracassando tre o quattro tegole. Mendoza e Martin lo seguirono.
Saldi in gamba, amici disse il conte, salutando una seconda volta la marchesa che si era affacciata alla finestra. E soprattutto non fate rumore.
Sguainarono le spade e si misero in marcia, tenendosi curvi per non farsi troppo notare dalle persone che potevano affacciarsi alle finestre delle case. Fortunatamente il palazzo era unito nella parte posteriore ad una lunga fila di fabbricati, sicché i fuggiaschi poterono continuare la loro fuga per piú di seicento o settecento metri.
Toh! esclamò ad un certo momento il conte, fermandosi. Mi hanno raccontato molte volte che anche a mio zio, il Corsaro Nero, era toccato una volta di dover fuggire su pei tetti e che era riuscito a cavarsela magnificamente. Perché non avrà altrettanta fortuna il nipote? Bah, vedremo!
Erano discesi sul tetto di unaltra casa ed avevano ripreso la marcia. Continuarono cosí per circa cinquecento metri, senza alcun allarme né alcun incidente spiacevole; poi si fermarono dinanzi ad un abbaino, la cui finestra era chiusa solamente da una grata di legno.
Ecco un bellissimo nascondiglio disse il conte.
Purché non diventi invece una trappola, capitano! esclamò Mendoza. E poi non sappiamo dove metta.
Mette in una casa.
Lo credo benissimo, signor conte; ma la casa sarà abitata e non so come ci accoglieranno gli abitanti.
Vedendomi vestito di rosso mi prenderanno per il diavolo in persona rispose il fiero giovane ridendo e scapperanno, ne sono certissimo. Martin, strappa quella grata.
Subito, capitano rispose il robusto mulatto. Non sarà un affare né lungo, né difficile.
Afferrò con le due mani la sbarra centrale, appoggiò le ginocchia contro il muro e tirò violentemente a sé. Fu un vero miracolo se non rotolò giú dal tetto insieme alla grata. Buon per lui che Mendoza gli si era posto dietro, sicché fu pronto ad afferrarlo e a fermarlo.
Volevi fare un salto nella strada? chiese il basco. Hai dei brutti gusti, amico.
Silenzio! disse il conte, il quale aveva cacciato la testa dentro labbaino. Mi pare che qualcuno russi.
Ah, diavolo! borbottò Mendoza, grattandosi la nuca. Ecco che la faccenda comincia a diventare seria.
Seguitemi.
No, capitano, lasciate prima passare me.
Era troppo tardi. Il corsaro era già sceso in una stanzetta semioscura, ammobiliata miseramente, poiché non vi erano che un letto, un tavolino sgangherato ed un paio di sedie, sulle quali stavano una corazza e dei vestiti da soldato.
Avrei preferito che abitasse questo bugigattolo una bella fanciulla, mormorò il basco.
Il conte si era accostato al letto con la spada alzata, pronto a colpire. Il proprietario della stanzetta russava beatamente, quasi interamente nascosto sotto le lenzuola.
Se si potesse scappare senza svegliarlo! mormorò il conte. Mendoza, vi è la chiave nella toppa della porta?
Non la vedo.
Devo buttarla giú? chiese Martin, facendosi innanzi sulle punte dei piedi.
Allora si sveglierà.
In quel momento il proprietario del bugigattolo, il quale aveva forse, da buon soldato, il sonno leggero, si alzò di colpo a sedere, poi, scorgendo gli intrusi, si gettò rapidamente dallaltra parte del letto, impugnando una draghinassa e urlando:
Ah, bricconi! Derubare un soldato? Mai!
Stava per slanciarsi coraggiosamente addosso ai tre corsari, quando un grido di spavento gli sfuggí:
Il diavolo! Sogno o sono desto?
Aveva scorto il figlio del Corsaro Rosso e, vedendolo vestito in quel modo, non cè da stupirsi che lo avesse preso per un demonio, specialmente in quellepoca in cui tutti erano, e specialmente gli spagnuoli, superstiziosissimi.
Non sono il diavolo disse il conte bensí un suo stretto parente.
Allora siete un uomo come me, entrato qui per spaventarmi e per derubarmi disse il soldato, agitando minacciosamente la sua draghinassa. Fuori, o vi uccido tutti come polli.
Ehi, non gridate troppo forte, perché potreste perdere la lingua disse il conte. Vi avverto prima di tutto che io non sono un ladro, ma un gentiluomo e che non ho affatto bisogno dei vostri stracci.
Che cosa volete, allora?
Nientaltro che il vostro vestito, pagandolo, sintende. Quanto lo stimate?
Per che cosa farne?
Alto là, amico! Io non ho labitudine di raccontare i miei segreti al primo che incontro.
E poi? Volete qualche altra cosa?
Sí, la chiave della porta per poter uscire di qui.
Rifarete la via che avete percorso per venire, signor parente del diavolo rispose il soldato. Non si canzona un Barrejo!
Non ho ancora finito proseguí il conte, con la sua solita calma.
Ah, desiderate qualche altra cosa? Siete incontentabile, mio bel signore!
Non vi chiedo altro che di lasciarvi legare e imbavagliare per impedirvi di seguirci o di gridare.
Per tutti i pescicani della Biscaglia, questo è troppo! urlò il soldato. Ora vi mostrerò come un guascone infila i ladri!
Ah, siete guascone? disse il conte. Si dice che i vostri compatrioti siano valorosi e anche molto spacconi.
Vi farò vedere io come si spaccano le teste! urlò il soldato furiosamente.
Infilatevi prima i calzoni disse ironicamente il corsaro. Non vedete che avete indosso le sole mutande?
Anche in camicia i guasconi sanno uccidere!
Con unagilità da pantera aveva saltato il letto, piombando sul corsaro con impeto feroce, ma aveva dovuto subito fermarsi, vedendo i compagni del conte levare le pistole.
Volete assassinarmi? chiese, facendo sollecitamente due passi indietro.
Amico disse il corsaro In altri momenti vi avrei fata la proposta di uscire, di fare una passeggiata fino alle mura del cimitero e là misurarvi con me. Disgraziatamente, o meglio, fortunatamente per voi, non ho tempo da perdere. O mi vendete il vostro vestito, o sul mio onore vi faccio uccidere con un colpo di pistola. Orsú, accomodiamoci e lasciamoci da buoni amici. Vi offro venti dobloni.
Il soldato spiccò un salto.
Siete qualche principe per pagare cosí bene un miserabile vestito, o avete fatto fortuna al Messico?
Non sono altro che un conte e non ho mai veduto le miniere di quel paese. Accettate o rifiutate?
Per tutti i tuoni di Biscaglia! Sarei un gran cretino se rinunciassi a una tal somma. Con venti dobloni compro due uniformi fiammanti e faccio crepare di rabbia i miei camerati.
Il conte trasse una borsa ben gonfia e depose sullorlo della tavola le venti monete doro.
Vi regalo anche la mia draghinassa, signor conte, disse il guascone che pareva volesse divorarle con gli occhi.
Preferisco tenermi la mia spada.
Cerca di regalarci qualche bottiglia invece, se lhai disse Mendoza,
Ho dellaguardiente che non si beve nemmeno a Vera-Cruz.
Tirala fuori, camerata. Noi abbiamo il pessimo vizio di aver sempre sete, forse perché respiriamo troppa aria salata.
Lho anchio quel vizio: eccomi subito!
Lasciò cadere in un vecchio cassone i venti dobloni, facendoli saltare luno sullaltro, per udire meglio il suono delloro; poi tirò fuori una bottiglia e dei bicchieri. Mentre versava, il conte, che aveva quasi la medesima statura del guascone, si spogliava rapidamente, per indossare il vestito del soldato. Quandebbe finito di abbigliarsi, vuotò a sua volta un bicchiere di aguardiente, poi, volgendosi verso il guascone, gli disse:
Ed ora lasciatevi legare ed imbavagliare. Scendendo avvertiremo qualcuno che è toccato un accidente al signor Barrejo, cosí verranno a liberarvi.
Siete gentile, signor conte, ma preferirei non sentirmi un fazzoletto sopra i baffi.
Le tentazioni sono pericolose per tutti. Potreste pentirvi dellaffare concluso e mettervi a gridare dietro di noi: al ladro!
Il guascone fece un superbo gesto di diniego, poi si voltò per lasciarsi legare. Mendoza e Martin che, come tutti i marinai, non mancavano mai di corde, in pochi momenti ridussero il soldato allimpotenza; lo imbavagliarono per bene e lo gettarono sul letto.
Buona fortuna disse il basco un po ironicamente.
Il guascone si agitò un po tentando di rispondere, poi restò immobile come se si fosse addormentato di colpo. Il figlio del Corsaro Rosso si calò lelmetto sul viso per non essere riconosciuto, aprí la porta con la chiave che il guascone gli aveva data e scese tranquillamente da una lunghissima scala, seguito dai suoi due uomini. Erano entrati in una vecchia casa a tre piani che aveva i gradini ormai consumati e le pareti annerite, abitata certamente da popolani. Stavano per uscire sulla via, quando sulla porta sincontrarono con una vecchia negra, la quale portava sulla testa lanuta un gran canestro pieno di banane.
Buon giorno, signor Barrejo disse vedendo il corsaro.
Vingannate, buona donna rispose il conte. Sono un suo amico. Anzi, appena potrete, salite nella sua soffitta, perché pare che quel povero uomo non stia troppo bene.
Ciò detto varcò la soglia e si allontanò velocemente, sempre accompagnato dai due filibustieri, i quali potevano benissimo essere scambiati per due marinai frettolosi dimbarcarsi. La via era quasi deserta, poiché gli abitanti di tutte le città spagnuole del Golfo del Messico hanno labitudine di sospendere da mezzogiorno alle quattro i loro affari per schiacciare un sonnellino.
Martin, tu che conosci a menadito la città, guidaci verso il porto disse il conte, quando si trovarono in mezzo a degli orti.
Non ne siamo lontani che due tiri darchibugio rispose il mulatto.
Mi preme di vedere come hanno circondato la mia fregata.
Ma non potremo raggiungerla senza destare dei gravi sospetti osservò il prudente Mendoza.
Lo so, ed è questo che mi dà noia. Come potremo noi metterci in relazione col mio luogotenente? Ecco la gran questione. Io non dubito che egli possa aprirsi un varco fra i galeoni, le caravelle e rifugiarsi tranquillamente alla Tortue. Eppure è necessario che io mimbarchi, prima che il segretario del signor di Montelimar si rechi nei Messico.