Wan Stiller, dal canto suo aveva girato lostacolo, piombando addosso al soldato, il quale era stato costretto a lasciare il riparo per non farsi prendere alle spalle.
I quattro duellanti mostravano di conoscere a fondo tutte le sottigliezze della scherma e di essere spadaccini di vaglia.
I due corsari però, avendo fatte le loro prime armi sotto il Corsaro Nero, che fu il più famoso schermitore del suo tempo, fino dai primi colpi avevano gettato un po di timore negli animi dei due spagnoli, i quali si erano illusi di sbrigare presto la partita, non essendo generalmente i filibustieri che dei bravi tiratori darchibugio.
Carmaux incalzava furiosamente il capitano, senza concedergli un istante di tregua. Laveva costretto a lasciare il riparo ed a rompere tre o quattro volte, ed ora combattevano presso un angolo della sala.
Wan Stiller tempestava il soldato di botte. Già due volte laveva toccato, ma avendo lo spagnolo il petto coperto dalla corazza, non ne aveva avuto alcun danno.
Si capiva però che il suo avversario, assai meno destro del capitano, non poteva durarla a lungo e si vedeva che si esauriva rapidamente vibrando stoccate inutili.
«Ti arrendi?» chiese ad un certo momento lamburghese, accorgendosi che non parava più colla rapidità di prima.
«Mai» rispose il soldato. «I Bardabo muoiono, ma non si arrendono».
«Non vedi che sto per ucciderti, e che non ne puoi più?»
«Allora prendi questa!»
Il soldato che si trovava quasi addosso al muro, con uno scatto improvviso si era gettato sullamburghese e, mentre glimpegnava la spada guardia contro guardia, aveva allungata una gamba, tentando di dargli uno sgambetto e di farlo cadere.
«Ah! Traditore!» urlò lamburghese. «Non è leale ciò. Muori dunque!»
Si gettò bruscamente da una parte per disimpegnare meglio la lama, poi andò a fondo, spingendo il ferro con velocità fulminea.
La punta, entrata sotto lascella destra del soldato, che la corazza non difendeva, era scomparsa nel corpo del disgraziato.
«Toccato» brontolò lo spagnolo, con voce semi-spenta.
Si appoggiò alla parete, lasciandosi sfuggire la spada, stravolse gli occhi, mormorò qualche parola, poi stramazzò al suolo vomitando sangue.
«Lhai voluto» disse lamburghese.
Poi si slanciò verso Carmaux, dicendo:
«Vengo in tuo aiuto, compare».
Il capitano teneva ancora testa al filibustiere, ma si trovava quasi addosso al muro e appariva assai affaticato.
Aveva passata la spada dalla destra alla sinistra, per cercare di imbrogliare vieppiù Carmaux, il quale, non essendo mancino, non doveva trovare quel cambiamento di suo gusto.
«Pensate anche a me» disse Wan Stiller, piombandogli addosso.
«No, compare, non sarebbe leale» disse Carmaux. «Lascia a me sbrigare la faccenda».
Il capitano, udendo quelle parole aveva fatto un ultimo salto indietro ed aveva abbassata la spada.
«Vi credevo un ladrone del mare» disse, «capace di assassinarmi anche a tradimento, e ritrovo invece in voi un gentiluomo. Al vostro posto, un altro non avrebbe rifiutato il concorso dun compagno».
«Il Corsaro Nero mi ha insegnato a essere leale» rispose Carmaux. «Vi arrendete?»
Il capitano prese la spada con ambe le mani, lappoggiò su un ginocchio e la spezzò in due, dicendo:
«Sono vostro prigioniero».
«Non sappiamo che cosa farne dei prigionieri» rispose Carmaux. «Morgan a questora ne ha perfino troppi. Noi siamo venuti qui a cercare la figlia del Corsaro Nero»
«Mi è stata affidata dal governatore e senza un suo ordine io non posso cederla».
«È fuggito dopo le prime cannonate e non sappiamo dove sia. Quindi non potrebbe, in questo momento, darvi il permesso».
«È presa adunque la città?»
«È in nostra mano da tre ore».
«Allora, signori, ogni resistenza da parte mia sarebbe inutile, da che tutti sono fuggiti, compreso il governatore».
«Dovè la signorina di Ventimiglia?»
Il capitano ebbe unultima esitazione, poi disse:
«Io ve la cederò, se voi mi promettete di ottenere dal vostro capitano il permesso di lasciare la città indisturbato».
«Il signor Morgan ve lo accorderà» disse Carmaux. «Impegniamo la nostra parola».
«Prendete la torcia e seguitemi».
Wan Stiller obbedì. Lo spagnolo si trasse dalla cintura di pelle, che portava ai fianchi, una chiave e si diresse verso una porta che si vedeva allestremità della sala sotterranea.
«Adagio, signore» disse Carmaux che era sempre diffidente. «Eravate soli qui?»
«Non vi è nessun altro» rispose il capitano. «Al fracasso sarebbero già accorsi e allora le sorti del duello sarebbero forse cambiate».
«Infatti avete ragione» disse Carmaux.
Il capitano introdusse la chiave nella toppa e aprì la porta, avanzandosi in unaltra sala illuminata da un lampadario di stile veneziano, colle pareti rivestite di pannelli, il pavimento riparato da un tappeto assai fitto e arredata con una certa eleganza.
Allestremità si vedeva unalcova, le cui tende rosse, con ricami doro sbiadito dal tempo e dallumidità, erano abbassate.
«Signora» disse il capitano. «Vi prego dalzarvi. Delle persone che hanno conosciuto vostro padre sono venute qui e vi aspettano».
Un grido si udì dietro alle tende, un grido di stupore e anche di gioia; poi una fanciulla con una mossa fulminea erasi slanciata fuori dallalcova, fissando i suoi occhi sui due filibustieri che si erano levati i berretti.
Era una bellissima fanciulla, di quindici o sedici anni, alta e flessibile come un giunco, dalla pelle pallidissima, quasi alabastrina, con la tinta che ricordava suo padre il Corsaro Nero; aveva due occhi grandi, dun nero intenso, e lunghe ciglia che lasciavano cadere sul suo viso la loro ombra.
I suoi capelli, neri come lala di un corvo, li teneva sciolti sulle spalle, legati solamente presso la nuca da una piccola fila di perle.
Indossava una semplice cappa bianco, con guarnizioni di trine e un sottile ricamo doro sulle larghe maniche.
Vedendo i due corsari, si lasciò sfuggire un secondo grido e rimase colla bocca aperta, mostrando due file di denti piccoli come granelli di riso e più splendenti dellopale.
«Signorina di Ventimiglia» disse Carmaux, inchinandosi goffamente e con un certo imbarazzo, «noi siamo due fedeli marinai di vostro padre, qui mandati dal suo antico luogotenente, il capitano Morgan»
«Morgan!» esclamò la fanciulla. «Morgan! Il comandante in seconda della Folgore?»
«Sì, signorina. Avete udito a parlare di lui?»
«Mio padre è morto troppo presto perché me ne parlasse» disse la fanciulla con profonda tristezza, «ma, nelle sue memorie, ho trovato molte volte il nome di quel fedele e valoroso corsaro, che lo seguì sui mari e che lo aiutò a compiere le sue vendette. Dovè ora?»
«Qui, in Maracaybo, signorina».
«Morgan qui? Allora i filibustieri della Tortue hanno preso la città!»
«Da stamane».
«E potrò vederlo?»
«Quando vorrete».
«E voi, capitano, me lo permetterete?» chiese volgendosi verso lo spagnolo.
«Voi siete libera, signora, dal momento che il governatore è fuggito».
«Ah!» fece la giovane, con accento un po ironico. «Il conte di Medina è scappato dinanzi ai filibustieri della Tortue? Lo credevo più valoroso».
«Meglio la fuga che la prigionia».
«Già, per coloro che non sanno morire combattendo. Sicché io sono libera?»
«E sotto la nostra protezione, signorina» disse Carmaux.
«Voi siete»
«Eravamo due devoti servitori di vostro padre, il Corsaro Nero».
«I vostri nomi».
«I vostri nomi».
«Carmaux e Wan Stiller».
La giovane si passò una mano sulla fronte, come per risvegliare delle lontane memorie, poi disse:
«Carmaux Wan Stiller voi dovete aver accompagnato mio padre nella Florida dopo lesplosione del vascello di mio nonno il duca Nelle memorie scritte e lasciate a me da mio padre io ho trovato molte volte i vostri nomi»
Fece alcuni passi innanzi e tese le sue belle mani dalle dita affusolate verso i due filibustieri, dicendo:
«Una stretta, eroi del mare, fedeli compagni di mio padre nella sua triste vita avventurosa».
I due corsari, confusi, impacciati, chiusero le due manine fra le loro dita ruvide e callose, borbottando qualche parola.
«Ed ora» disse la fanciulla «sono con voi, se il capitano non si oppone».
Si gettò sulle spalle una lunga mantiglia di seta nera con pizzi di Venezia, prese un grazioso cappello di feltro oscuro adorno duna piuma nera e si mise fra i due corsari, dicendo al capitano con accento ironico:
«I miei saluti al signor conte di Medina e Torres, e ditegli che se mi vorrà, bisognerà che venga a prendermi alla Tortue, se ne avrà il coraggio».
Il capitano non rispose; ma appena Carmaux e Wan Stiller furono usciti colla fanciulla, disse:
«Stupidi! Non mi avete ucciso! Miei cari, avrete ben presto mie nuove. Ed ora cerchiamo di raggiungere il governatore, senza attendere il loro salvacondotto».
Capitolo nono. Jolanda di Ventimiglia
Quando i due filibustieri e la figlia del Corsaro Nero uscirono dal convento dei Carmelitani, trovarono sulla porta don Raffaele.
Lonesto piantatore se lera svignata, per paura che i due corsari avessero la peggio in quel combattimento e che il capitano Valera gli facesse pagare ben caro il tradimento, ma non aveva osato lanciarsi attraverso le vie della città, che erano percorse dagli uomini di Morgan, i quali potevano fargli passare un brutto quarto dora.
Si era perciò tenuto nascosto dietro la porta del monastero, in attesa che il capitano od i corsari comparissero, pronto a mettersi sotto la protezione delluno o degli altri.
«Ah! Siete qui, don Raffaele?» disse Carmaux, scorgendolo raggomitolato dietro la porta. «Non avete dato una bella prova del vostro coraggio, lasciando noi soli alle prese coi vostri compatrioti».
«Voi sapete che io non sono mai stato un uomo di guerra» rispose il piantatore. «Che cosa volete che facessi per voi, non possedendo nessuna arma per di più?
«Ah! La signora di Ventimiglia! Che uomini siete voi! Riuscite in tutte le vostre imprese. Li avete uccisi gli altri?»
«Uno solo, il soldato» rispose Carmaux. «Basta, conduceteci al palazzo del governo per vie fuori di mano, se è possibile».
«Attraverseremo le ortaglie» rispose don Raffaele.
«Vi fidate di costui?» chiese la fanciulla a Carmaux.
«È una nostra vecchia conoscenza» rispose il filibustiere, ridendo. «Non temete di quel coniglio».
Si misero in cammino, inoltrandosi attraverso a delle piccole piantagioni dindaco e di cotone, che si stendevano dietro i sobborghi.
Non si scorgeva nessuno. Spagnoli e schiavi negri erano fuggiti o erano stati già catturati dai filibustieri di Morgan, che avevano spinto fino là le loro scorrerie, a giudicarlo dalle porte sfondate o sgangherate delle abitazioni e dagli ammassi di mobili fracassati, che si scorgevano sulle vie e che dovevano essere stati gettati dalle finestre.
Dopo un lungo giro, il piccolo drappello giunse sulla Plaza Mayor, dove gran parte dei corsari di Morgan vi si erano radunati.
Montagne di barili, di balle di cotone, di botti di zucchero, di farina e di altre derrate, ingombravano la piazza, che pareva fosse stata tramutata in un immenso mercato.
Parecchie centinaia di prigionieri spagnoli, scelti fra le persone più cospicue della città, si trovavano ammassati in un angolo, guardati da drappelli di corsari, armati fino ai denti.
Vedendo comparire Carmaux e Wan Stiller colla fanciulla e col piantatore, parecchi filibustieri erano mossi loro incontro gridando:
«Buona presa, Carmaux?»
«Corna di toro! Il vecchio marinaio ha scelta una vera perla! Dove hai scovata quella bellezza, furbone?»
«E questi è il traditore che ha fatto impiccare i nostri camerati» urlarono parecchi, circondando don Raffaele. Facciamolo ballare con una buona corda al collo!»
«Oh! Canaglia, non scappi più».
Venti mani si erano allungate verso il disgraziato piantatore, che pareva più morto che vivo, e stavano per afferrarlo, quando Carmaux si gettò in mezzo a loro colla spada in mano, urlando:
«Largo! È preda mia e guai a chi la tocca!»
«Impicchiamolo! Lascia fare, camerata. Te lo pagheremo egualmente».
«È del capitano» ribatté Carmaux. «Me lo ha già pagato. Sgombrate! E questa fanciulla è la figlia del Corsaro Nero»
Un grido di stupore ed insieme dammirazione sfuggì da tutti i petti. Tutti lasciarono cadere le spade e le sciabole, e si levarono i berretti ed i cappellacci.
«La signora di Ventimiglia!» esclamarono.
La fanciulla era rimasta impassibile, e guardava fieramente quei ruvidi uomini del mare, colle ciglia aggrottate.
Fece solamente un lieve cenno col capo, vedendo i filibustieri scoprirsi rispettosamente.
«Andiamo, signora» disse Carmaux, ringuainando la spada. «Il capitano ci aspetta».
Il circolo si aperse. Carmaux e Wan Stiller si diressero verso il palazzo del governatore, dove Morgan aveva preso alloggio.
Anche colà i filibustieri avevano, secondo la loro abitudine, tutto devastato, colla speranza di trovare oro e denaro nascosti.
I mobili erano stati fracassati, le tappezzerie lacerate, i soffitti sfondati e sgretolati, e sollevate perfino le lastre di pietra dei pavimenti.
Carmaux, che conosceva il palazzo, avendo preso parte al saccheggio compiuto ventanni prima dai filibustieri dellOlonese, del Corsaro Nero e di Michele il Basco, condusse la fanciulla in una delle sale superiori, dicendole:
«Aspettatemi qui, signora, e tu Wan Stiller, mettiti di guardia alla porta e impedisci a tutti lentrata. Vado a cercare il capitano».
Morgan si trovava nellampia sala del Consiglio coi suoi ufficiali, tutti occupati a far chiudere in casse il denaro, loro e le pietre preziose, frutto del saccheggio.
Vedendo entrare Carmaux, che non aveva più veduto dal mattino, ma che era stato avvertito come si trovasse sulle traccie della figlia del Corsaro Nero, gli mosse sollecitamente incontro, chiedendogli premurosamente:
«Nulla, è vero?»
«Labbiamo trovata».
«Jolanda di Ventimiglia!» esclamò Morgan trasalendo.
«È qui».
«Tu sei un uomo meraviglioso, Carmaux. Avrai doppia parte nella ripartizione del bottino e altrettanto avrà lamburghese.
«Conducimi da lei».
«Un momento, mio capitano. Ho appreso un segreto sul conto del governatore di Maracaybo, che la figlia del Corsaro Nero probabilmente ignora, ma che voi dovete conoscere prima di vederla».
Morgan lo condusse in un gabinetto attiguo alla sala, chiudendo la porta.
Quando Carmaux gli ebbe narrato tutto ciò che aveva appreso da don Raffaele, lo stupore dellalmirante non ebbe più limiti.
«Il conte di Medina, figlio di Wan Guld!» esclamò. «Ecco un nemico che se somiglia a suo padre, ci darà del filo da torcere e che bisogna che cada nelle nostre mani prima che noi lasciamo Maracaybo. Quella razza è implacabile nei suoi odii. Sai dove si è rifugiato?»
«Tutti lo ignorano, capitano».
«Finché egli è libero, Jolanda di Ventimiglia avrà tutto da temere da lui, se è vero che suo padre lo ha incaricato di vendicarlo anche sui discendenti del Corsaro Nero».