Si tratta duna vera frusta formata da nove strisce di corde guernite di piccole palle di piombo, ognuna delle quali traccia, sul dorso del condannato, un vero solco sanguinoso. Cinquanta colpi bastano per produrre la morte, talvolta anche meno; perciò a quelle barbare esecuzioni si usava far assistere un medico, onde le facesse interrompere se la vita del paziente sembrava in pericolo. Ciò però non graziava il poveretto dai colpi che gli erano stati assegnati: si attendeva che le ferite si fossero ben rimarginate per somministrargli i rimanenti.
«Come stai, mio povero Palicur?» chiese il quartiermastro, commosso dalla figura spettrale del malabaro.
«Non bene di certo, signor Will, rispose il pescatore di perle, sforzandosi di sorridere. Non mi hanno graziato nemmeno un colpo. Fortunatamente sono robusto e noi indiani abbiamo la pelle un po dura.»
«Per quanto ne avrai?»
«Per otto giorni almeno, signor Will.»
«Ti hanno fasciato bene le piaghe?»
«Sì e le hanno anche disinfettate. Ma come vi trovate voi qui?»
«Ho litterizia.»
«Vera?»
«Si, come le gote gonfie di Jody,» rispose il quartiermastro.
Il malabaro, che si era un po alzato, guardò laltro ammalato e, nonostante i dolori acuti che lo tormentavano, scoppiò in una risata.
«Anche il mulatto ammalato! esclamò. Chi farà funzionare ora la macchina del battello a vapore?»
«Nessuno per ora, rispose Jody. Bisogna che attendano la mia guarigione se vorranno servirsene, non essendovi alcuno che possa surrogarmi. La mia malattia non guarirà se non quando voi sarete in piedi.»
«Come hai fatto, Jody, a gonfiare le gote in quel modo? chiese Will. Sei mostruoso.»
«Una cosa da nulla, signor Will. Mi sono graffiato profondamente, con uno spillo, le mucose della bocca e da un forzato compiacente mi sono fatto soffiare dentro con una paglia, finché le gote sono diventate grosse come palloni. Tenete bene in mente questa ricetta; potrebbe esservi utile un giorno per farvi mandare allospedale.»
«Non ne avremo più bisogno, spero, disse il quartiermastro, con voce grave. Tutto è pronto, vero?»
«Non mi trovereste qui, signor Will, se fosse altrimenti. Vi avevo avvertito che mi sarei dato per ammalato appena terminato il cilindro. Lho finito ieri sera ed avendo saputo poco fa che vi si voleva far provare il gatto a nove code, mi sono prontamente ammalato per essere qui insieme a voi.»
«Ah! Tu credevi che infliggessero anche a me quellatroce supplizio?»
«Sì, signor Will, avendovi veduto chiudere nella cella assieme a Palicur. Sono lieto che vi abbiano risparmiato.»
«Dunque?» chiese sotto voce il pescatore di perle, che li aveva ascoltati attentamente, cogli occhi ardenti.
«Non aspetto che voi,» disse Jody.
«Sei riuscito a sottrarre dei viveri?» chiese il quartiermastro.
«Sono tre settimane che nascondo un paio di gallette al giorno e che accumulo noci di cocco.»
«Dove?»
«In una cavità della scogliera.»
«E armi?»
«Ho potuto sottrarre un paio di pistole e duecento cartucce dallarmeria, senza che i guardiani se ne siano accorti. Daltronde nessuno avrebbe sospettato di me.»
«Vi è carbone nella scialuppa?»
«Ne avremo per un paio di giorni, signor Will. Poca cosa davvero, che cimpedirà di andare molto lontano, ma ho preparato un albero e nascosto due coperte che ci serviranno da vela.»
«Armerò io la scialuppa e la faremo egualmente filare,» disse il quartiermastro.
«E dove andremo?» chiese Palicur con una certa inquietudine.
«Per me, purché si vada, non mimporta affatto del luogo, rispose il mulatto. LIndia o la Birmania fa lo stesso.»
«Non temere, Palicur, disse il quartiermastro, che sera accorto della profonda angoscia che torturava il cuore del pescatore. Noi andremo a Ceylon, prima di tutto, se non verremo catturati in alto mare.»
«Vi sono delle isole sul nostro itinerario ed in caso di pericolo ci getteremo alla costa. Io conosco le Nicobar, signor Will, rispose il malabaro. Ciò che deve preoccuparci è il modo di potercene andare.»
«Da queste finestre alla spiaggia non vi sono che duecento passi,» disse Jody.
«E quattro sentinelle, mio caro.»
«La sera che voi prenderete il largo esse saranno ubriache, signore. Voi sapete che sono amico di tutti i guardiani e che nella mia qualità di macchinista addetto alla scialuppa del governatore, godo di favori speciali e di una certa libertà, oltre che di una paga che voi non avete e che mi permette di acquistare qualche bottiglia di gin.»
«Sappiamo che tu sei un uomo fortunato.»
«Sì, a paragone degli altri, signor Will, rispose il mulatto. Non si tratta quindi, per voi, che di segare un paio di sbarre delle inferriate e di calarvi sul tetto del magazzino che sta sotto di noi.»
«E chi le segherà?»
«Voi, signor Will. Vi ho costruito una macchinetta che taglierà il ferro come se fosse legno e senza produrre rumore; un giocattolo meraviglioso, ve lo assicuro.»
«Se tu sei riuscito a fabbricare il cilindro della macchina, non dubito che tu sia stato capace dinventare qualche congegno straordinario. Sei un meccanico di prima forza.»
«Bene, grazie! Continuo, disse il mulatto. Io sarò sulla riva ad attendervi e vindicherò il luogo ove dovrete rifugiarvi.»
«E tu?» chiesero ad una voce Will e Palicur.
«Io non posso lasciare subito il penitenziario. Come potrei accendere la macchina senza che i guardiani se ne accorgano? Devo aspettare che il sole sia alzato.»
«È vero, disse il quartiermastro, dopo un momento di riflessione. Continua.»
«Se anche mi vedono accendere la macchina di giorno, nessuno se ne preoccuperà, non avendo essa il cilindro che, come sapete, tolgono sempre per paura che io scappi. Appena ho la pressione, metto il mio, corro a raccogliervi e via in alto mare. Ci daranno la caccia, lo so, ma noi saremo lontani allora, forse alla piccola Andamana.»
«Senza di te noi non riusciremo mai a darcela a gambe,» disse Will.
«Ed io senza di voi, signore, finirei chissà dove non essendo mai stato marinaio,» rispose il mulatto.
«Tieni docchio il Guercio.»
«Quel maledetto cingalese?»
«Egli deve aver udito qualche cosa di quanto abbiamo detto stamane io e Palicur. Sospetta la nostra fuga, quel cane duno spione, e ci sorveglierà strettamente.»
«Mi guarderò da lui, signor Will. lo credo che non dubiti di me almeno finora. Se vorrà poi darmi qualche noia, gli scucirò il ventre con un colpo di coltello.»
«Zitto, disse il quartiermastro. Ecco il medico che viene. Cacciamoci sotto le coltri e fingiamo di essere più ammalati di quello che siamo realmente.»
4. Le manovre sospette del Guercio
Cinque giorni dopo, il mulatto, le cui gote si erano ormai completamente sgonfiate pel semplice motivo che aveva lasciato chiudersi la leggera ferita senza farvi più soffiare dentro, lasciava linfermeria per riprendere il suo posto nella scialuppa a vapore del penitenziario.
Pienamente daccordo col quartiermastro della Britannia che era lanima della fuga, perché senza di lui sarebbe stata una vera follia slanciarsi alla ventura attraverso lOceano Indiano, pericolo che solo un uomo di mare esperimentato può affrontare, il mulatto aveva affrettato la guarigione per ultimare gli ultimi preparativi e possibilmente ingrossare la provvista di viveri, onde non farsi cogliere dalla fame in pieno oceano.
Come abbiamo detto, il mulatto, nella sua qualità di macchinista, godeva duna certa libertà. Poteva verso il tramonto recarsi a pescare i grossi crostacei che sono così numerosi sulle scogliere delle isole Andamane, usando della grossa scialuppa a vapore del direttore del penitenziario, a fuochi spenti però onde non ne approfittasse per prendere il largo.
Dichiaratosi guarito, aveva ripreso senzaltro le sue consuete abitudini, in attesa che il malabaro si rimettesse a sua volta completamente in gamba.
Con infinite precauzioni era riuscito a sottrarre dei viveri dal magazzino, nel quale aveva libero accesso, dovendo sovente imbarcare delle piccole partite di generi alimentari per portarle ai forzati che lavoravano nei cantieri un po lontani, e in tal modo aveva ingrossato la provvista, nascosta in un profondo cavo della scogliera che si estendeva dinanzi al penitenziario, dove egli soleva recarsi a pescare. Una mezza cassa di biscotto, alcuni chilogrammi di pesce secco e dei legumi erano andati ad impinguare la provvista senza che nessuno, fino allora, se ne fosse accorto.
La sera del terzo giorno della sua uscita dallinfermeria però, mentre tornava dal mare e spingeva faticosamente innanzi la scialuppa, avendo la macchina spenta perché priva del cilindro, fu non poco sorpreso nel vedere seduto sulla spiaggia il Guercio, che egli credeva si trovasse in uno dei cantieri stabiliti in mezzo alla foresta.
«Buona sera, Jody, gli disse il cingalese, con un accento leggermente beffardo, che non sfuggì al mulatto. Che cosa hai pescato di buono lungo la scogliera?»
«Un bel granchio pel direttore,» rispose il macchinista.
«Tu sei un pescatore fortunato. Io non riesco mai a prenderne uno lungo la spiaggia, mentre mi piacciono tanto.»
«Non si mostrano qui; preferiscono passeggiare su quelle scogliere.»
«Conducimi con te una sera. Voglio vedere come fai tu a sorprenderli.»
«Ci vuole colpo docchio e mano lesta, mio caro.»
«Insegnami allora, se sei un buon camerata, e conducimi con te domani sera.»
«Tu non hai il permesso di recarti alla pesca e non voglio avere dei grattacapi. Se sapesse che ti ho portato con me, il governatore sarebbe capace di mandarmi in cella con doppia catena.»
«Non ti preoccupare di ciò. Nessuno ti darà fastidio, anche se venisse a sapere che tu mi hai preso a bordo.»
Il mulatto lo guardò fisso, con una certa apprensione. Quellinsistenza cominciava a mettergli delle spine nel cuore.
«Che abbia sospettato qualche cosa? pensò. Stiamo in guardia.» Poi, alzando la voce, disse: «Se ciò ti fa piacere e mi assicuri che nessuno mi farà delle osservazioni, vieni pure. Domani sera ti aspetto qui, prima del tramonto.»
«Tu sei un bravo ragazzo», rispose il cingalese, con una sottile punta dironia.
«Dove lavori domani?»
«In nessun luogo. Mi hanno accordato due giorni di riposo perché ho la febbre.»
«Invece di darti una parte del gatto a nove code che hanno inflitto a quel povero diavolo di Palicur.»
«Era stato lui ad insultarmi,» disse il Guercio.
«Già, è vero, rispose Jody, ma credo che tu sia nato sotto una buona stella e che nessuno sia più fortunato di te. Hai portato qualche talismano da Ceylon?»
«Sì, un frammento duna falange di Godama, disse il Guercio, ridendo. Buona notte, Jody: a domani sera.»
Il cingalese, che voleva tagliar corto, avendo capito a che cosa alludeva il mulatto, volse le spalle e se ne andò verso una delle tettoie dove già entravano i forzati dei cantieri per lappello serale.
Jody invece rimase sulla spiaggia, con un piede sul bordo della scialuppa che aveva legato a un palo, seguendo con uno sguardo di profonda preoccupazione la spia.
«Non sono i granchi che lo hanno indotto a chiedermi di condurlo alla scogliera, mormorò ad un tratto. Che il quartiermastro avesse ragione di dubitare di quel furfante? Già, tutti affermano che egli è la spia dei sorveglianti.
«Ha forse saputo che noi ci prepariamo a filarcela? E le gite che io faccio ogni sera alla scogliera lo hanno allarmato? Noi corriamo il pericolo di finire in cella a doppia catena, se non ci affrettiamo ad andarcene.
«È necessario che io veda il quartiermastro e che domani sera tentiamo il colpo, checché debba succedere. Andiamo innanzi tutto ad informarci chi è di guardia allinfermeria.»
Prese il granchio che aveva pescato sulla scogliera, un mostruoso ragno di mare pesante parecchi chilogrammi, e andò a consegnarlo a uno dei guardiani della casa del governatore, poi sinformò chi era di guardia quella notte allinfermeria.
«Foster, si sentì rispondere, quando ebbe interrogato uno dei sorveglianti, coi quali aveva ormai una certa famigliarità nella sua qualità di macchinista del direttore e di bravo ragazzo che regalava di frequente i frutti delle sue pesche. Foster? disse fra sé. È amante dei liquori costui e non rifiuterà di vuotare con me una mezza bottiglia.»
Si recò nella sua capanna, costruita dietro la casa del governatore, si cacciò nelle tasche un paio di bicchieri e una bottiglia di ginepro, poi savviò verso linfermeria.
Godendo egli di privilegi speciali, nessuno glimpedì il passo, sicché poté giungere indisturbato nel corridoio che conduceva allinfermeria, dove vegliava il guardiano Foster, un brutto irlandese con una foresta di capelli rossi e il naso grosso e cremisi, tipico dei bevitori impenitenti.
«Oh, Jody, disse il guardiano, vedendolo avanzarsi. Torni allinfermeria di già? Giovanotto mio, hai avuto troppa fretta a uscire.»
«Non ho affatto lintenzione di andarmi a cucinare sotto le coltri, rispose il mulatto. Preferisco correre sul mare e respirare la fresca brezza.»
«Perché vieni qui, dunque?»
«Volevo pregarvi di permettermi di far assaggiare a quei due poveri diavoli che si trovano nellinfermeria un po di ginepro del governatore. Ciò li rimetterà forse più in gamba di tutte le medicine che fa loro inghiottire il dottore. Non vi pare, signor Foster?»
«Le medicine! Da noi, in Irlanda, si guariscono i malati con del buon gin o del brandy, e se vedessi come saltano dopo una sbornia! Le medicine! Non si conoscono nel nostro paese. Ma, ehi, giovanotto, ed io dovrò starmene qui a bocca asciutta, mentre gli altri bevono? Tu sai che gli irlandesi hanno sempre sete. Bedah! Harrah! È il nostro grido di guerra!»
«Non sono un così cattivo ragazzo da non aver pensato anche a voi, signor Foster. Basta un bicchiere per gli ammalati; il resto è per voi.» Gli occhi dellirlandese si erano fissati, con ardente bramosia, sulla bottiglia quadrangolare che il mulatto aveva tratto dalla tasca.
«Bedah! ginepro dellOlanda! esclamò. È munifico con te il governatore! Questo deve bruciare bene la gola! Non deve valere meno duna mezza sterlina quella bottiglia. Dammene un sorso, mio bravo Jody.»
«Dieci, venti sorsi, signor Foster. Lasciate che empia questi due bicchieri; il resto è per voi.»
«E tu?»
«Bah! Non ci tengo ai liquori,» rispose il mulatto.
«Tu non saprai mai apprezzare la suprema felicità duna bella sbornia, ragazzo mio, e mi rincresce per te. Da la bottiglia, che io lassaggi.»
Jody, che rideva in cuor suo, empì i due bicchieri, poi passò la bottiglia allirlandese che se la portò subito alle labbra.
«Harrah! esclamò il beone, dopo la prima sorsata. È roba fina! Si capisce che è del governatore. Se potesse mettere un piede solo nella sua cantina, Foster sarebbe luomo più felice del mondo.»
«Permettete dunque che porti questi due bicchieri ai due ammalati?»
«Va, figlio mio. Tu sei un gran bravo ragazzo. Dar da bere agli assetati, insegna la dottrina, e Dio ti sarà riconoscente: sono un buon cristiano io e me ne intendo, neh! Apri ed entra, mentre io ti trinco questo sangue delizioso di messer Belzebù, re del fuoco.»
«E compare tuo,» aggiunse fra sé il mulatto, entrando nellinfermeria e chiudendo per precauzione la porta, quantunque fosse più che sicuro che lirlandese non lavrebbe disturbato finché vera ginepro nella bottiglia.