La belva, che doveva aver capito di che cosa si trattava, invece di muovere direttamente contro lavversario che laspettava ben piantato sulle zampe e colla testa bassa, si accovacciò al suolo lanciando un secondo a-ou-ug non meno impressionante del primo.
Urla feroci partivano dai dieci o quindicimila spettatori.
Paurosa!
Il toro ti guata!
Saltagli addosso e provati a mangiarlo, se sei capace.
La tigre riceveva filosoficamente le più atroci ingiurie e si guardava bene dallassalire il poderoso avversario, il quale invece cominciava a dare segni dimpazienza.
Attento, milord disse il Sultano cacciandosi fra i denti, neri come i chiodi di garofano, un miscuglio dareca, di betel e di calce viva. Lo spettacolo diventerà interessante.
Mi pare per altro che la tigre abbia poca premura di provare le corna del toro rispose Yanez.
Al momento opportuno assalirà, ve lo dico io. Guardate! Guardate!
Non era la tigre che muoveva allattacco bensì il toro, il quale pareva che fosse impaziente di finirla.
Fece a corsa sfrenata due volte il giro del recinto, sollevando un nuvolone di polvere, poi si arrestò dietro la belva, obbligandola a cambiar fronte.
Le grida e le invettive erano cessate. Tutti gli spettatori, in piedi sui banchi, assistevano allimpressionante lotta, senza quasi più respirare.
Il toro sincolleriva.
Batté parecchie volte i larghi zoccoli, come per provocare uno scatto da parte dellavversario, poi non avendo ottenuto alcun effetto, caricò allimpazzata colla testa quasi rasente al suolo.
La tigre, sorpresa nellagguato, spiccò quattro o cinque salti, poi con una magnifica volata piombò fra le corna dellavversario, mordendogli ferocemente la testa e strappandogli le spalle.
Il povero animale che perdeva sangue in gran copia, era partito a galoppo furioso, tentando di schiacciare la belva contro le palizzate del recinto.
Un nuvolone di polvere li aveva avvolti, togliendoli agli occhi degli spettatori, i quali apparivano in preda ad un entusiasmo veramente delirante.
Compì due volte il giro dellaloun-aloun, poi si arrestò bruscamente sotto il palco reale e con una scossa irresistibile scagliò in aria lavversario.
Un grande urlo di spavento si alzò fra gli spettatori.
La tigre non era più ricaduta al suolo, ma si teneva fortemente aggrappata ai bambù che si piegavano verso il palco, minacciando di scagliarsi addosso ai grandi dignitari del sultanato.
Lattacco pareva quasi certo, poiché la bestia maligna aveva già posate le zampe anteriori sul palco, quando Yanez dun balzo si alzò e si gettò dinanzi al Sultano.
Impugnava le sue magnifiche pistole indiane. Rintronarono quattro spari e la belva, fulminata dallinfallibile bersagliere, stramazzò nellarena, mandando un urlo spaventevole.
Il toro, vedendola cadere le si era scagliato prontamente sopra, piantandole nel petto le sue aguzze corna. La sollevò di peso e la trascinò fra la polvere sfondandole il petto.
Il Sultano, che era diventato grigiastro per lo spavento, ossia pallido, si era voltato verso Yanez, il quale teneva ancora in mano le pistole fumanti.
Milord, gli disse con voce tremante voi mi avete salvata la vita.
Non mi dovete nulla, Altezza, perché ho salvata anche la mia rispose il portoghese.
Che polso fermo avete!
Ah, ba! A venti passi colle mie pistole posso spengere delle candele.
Dovete essere anche un gran tiratore di carabina.
Certo, Altezza. Volete una prova dellabilità deglinglesi? Fatemi portare qui due fucili dai vostri rajaputi e preparatevi a gettare in aria una rupia.
A quale scopo?
Per bucarla al volo.
Il Sultano fece segno ad uno dei suoi segretari, e pochi istanti dopo il portoghese si trovava in possesso di due bellissime carabine di fabbrica indiana, colle canne abbronzate ed il calcio pesantissimo perché laminato in ferro.
Quando volete, Altezza disse, dopo daver provato i grilletti.
Il Sultano aveva tratto da una borsa a maglia doro una rupia e si era alzato in piedi per lanciarla più lontana che fosse stato possibile.
Il disco argenteo brillò per qualche istante fra i raggi del sole, poi fu portato via e scaraventato allopposta estremità del recinto.
Yanez aveva fatto il suo primo colpo, ma aspettava loccasione di farne un altro più strabiliante.
Aveva lasciata cadere la carabina scarica ed aveva presa laltra, puntandola verso il centro del recinto.
Si udì un altro sparo ed il toro cadde sulle ginocchia, colla testa attraversata da una palla conica.
Un gran grido dentusiasmo si alzò fra gli spettatori, i quali non si aspettavano quellaggiunta al programma.
Milord, fate paura disse il Sultano. Se tutti glinglesi tirano così, non sarò certamente io che impegnerò i miei rajaputi.
Cadrebbero falcidiati come spighe mature rispose Yanez sorridendo.
Volete che continuiamo lo spettacolo?
Se può far piacere a Vostra Altezza, sia pure.
Ad un segnale di tromba, venti uomini armate di lance si erano avanzati nellarena su una fila compatta, mentre dallaltra parte si scagliavano fuori dalla capanna unaltra tigre ed una superba pantera nera, dal pelame leggermente chiazzato con delle sfumature magnifiche.
I due animali, appena liberi, si guardarono lun laltro come per chiedersi perché li avevano rimessi in libertà; poi la pantera, meno paziente della compagna ed anche più sanguinaria, si mise a strisciare verso gli uomini i quali aspettavano a piè fermo lattacco, tenendo una linea di lance in direzione obliqua ed unaltra verticale.
Abituati, come i lottatori indiani, a quegli spettacoli sanguinari, non manifestavano nessuna apprensione.
Il Sultano daltronde era là sempre, pronto ad incoraggiarli con un gesto.
La tigre, vedendo la compagna muovere allattacco, dopo una breve esitazione a sua volta si mise in moto, spiccando una serie di balzi altissimi, come per ben assicurarsi prima della elasticità dei muscoli.
Un grandurlo di gioia aveva accolto la decisione della fiera.
Lo spettacolo doveva diventare estremamente interessante e anche pericoloso pei lanceri.
Per qualche minuto la pantera savanzò a zig-zag, come se fosse indecisa sulla via da scegliere, poi si scagliò allattacco con velocità fulminea, mandando un grido sordo.
I lanceri avevano fatto un passo innanzi, mostrando le lunghissime ed aguzze punte delle loro armi.
La belva, vedendo balenare dinanzi ai suoi occhi tutte quelle punte minacciose, tentò di arrestarsi, ma ormai era troppo tardi.
I lanceri si erano a loro volta gettati innanzi e lavevano ricevuta sulle estremità delle terribili aste, bucandola in diverse parti del corpo.
Una pioggia di sangue fumante cadde su di loro, ma tennero fermo finché il corpo cessò di agitarsi.
La tigre, vedendo laccoglienza fatta alla sua compagna, quantunque spaventata da urli e da oltraggi dogni specie, aveva battuto in ritirata, scattando come se tutta larena fosse coperta di molle.
Pezzi di banchi, bastoni, frutta, le piovevano addosso, ma senza deciderla.
È una paurosa, disse il Sultano, volgendosi verso Yanez. Volete mostrarmi uno dei vostri meravigliosi tiri, milord?
Se lo desiderate sarò ben contento di soddisfarvi ancora, Altezza, rispose il portoghese.
Date un fucile a milord.
Un sergente dei rajaputi portò un paio di carabine.
Yanez ne prese una, guardò se era carica, fece cenno ai lanceri di ritirarsi e mirò la belva che non cessava di scattare, rifiutandosi ostinatamente di venire ad un corpo a corpo.
Yanez ne prese una, guardò se era carica, fece cenno ai lanceri di ritirarsi e mirò la belva che non cessava di scattare, rifiutandosi ostinatamente di venire ad un corpo a corpo.
Un gran silenzio si era fatto. Si sarebbe detto che tutte quelle migliaia e migliaia di spettatori trattenevano perfino il respiro, per non perdere nulla di quella caccia di nuovo genere.
Yanez cambiò posizione tre o quattro volte, poi, vedendo la tigre presentarglisi di fronte, sparò.
Un uragano di applausi salutò labile bersagliere, il quale dopo aver freddato il toro fulminò la figlia sanguinaria delle jungle.
Milord, disse il Sultano, domani vi aspetto al mio palazzo. Lo spettacolo ormai è finito.
4. Lattacco alla cannoniera
Da tre giorni Yanez si godeva gli ozi di Varauni, dividendo il suo tempo fra la corte, dove il Sultano non mancava mai di far danzare qualche centinaio di bajadere fatte venire dallIndia con grandi spese, e fra le feste.
Nel suo palazzotto aveva dato già ricevimenti, invitando anche i pochi europei che si trovavano nella capitale del Sultanato, quantunque potessero costituire per lui un pericolo.
Già trovava che tutto andava per il meglio, che il Sultano era abbastanza grazioso, che i vini della corte erano eccellenti, quando una notizia fulminea interruppe la sua vita beata.
Aveva già dato ordine, la mattina del quarto giorno, che lo yacht accendesse i fuochi per fare una escursione intorno alla vasta baia, quando vide entrare nel suo gabinetto da lavoro Padar, il mastro del piccolo praho da corsa, che aveva da qualche tempo inviato verso Mangalum, perché linformasse della sorte toccata ai naufraghi.
Quantunque fosse un uomo non facile ad impressionarsi, il mastro appariva in preda ad una vivissima agitazione.
Ebbene, che cosa cè? chiese Yanez, riaccendendo la sigaretta che aveva lasciata spegnere. Sta per cadere la luna o il sole?
State per essere sorpreso e dentro il porto, capitano, rispose il mastro.
Da chi?
Una cannoniera olandese ha incontrato le scialuppe dei naufraghi e le rimorchia qui.
Per Giove!
Il portoghese gettò via la sigaretta, e si mise a camminare a grandi passi per il gabinetto.
Fuma lo yacht? chiese a Padar.
Le sue macchine sono accese.
Qui bisogna tentare un colpo di testa disperato. Una cannoniera non è già un incrociatore e coi miei grossi pezzi da caccia non dubito di metterla presto fuori combattimento.
È lontana?
Non sarà qui prima dun paio dore.
Allora salviamo subito lo yacht. Troverò poi qualche scusa per persuadere quellimbecille di Sultano che io dovevo difendermi.
Una storia! Chi me la dà? Lho bellè trovata.
Andiamo, Padar, perché qui si corre il pericolo di naufragare tutti.
Si mise in testa lelmo di tela, prese le sue famose pistole e lasciò il palazzotto, seguito dal mastro e da una mezza dozzina di malesi, equipaggiati perfettamente per la guerra e che indossavano il pittoresco costume dei cipay indiani.
Essendo giorno di mercato, le vie attigue al porto erano quasi deserte, così Yanez e la sua scorta poterono imbarcarsi senza quasi essere stati notati.
Lo yacht era sotto pressione e dietro di lui stava ancorato il praho di Padar, il quale poteva, colle sue due grosse spingarde ed i suoi trenta uomini dequipaggio, dare molto filo da torcere ai salvatori dei naufraghi.
Yanez, come sempre, aveva fatto rapidamente il suo piano: inseguire al largo ed offrire agli olandesi, senza nessuna testimonianza, una vera battaglia.
Si sentiva forte coi suoi due cannoni da caccia che lanciavano una palla a mille e cinquecento metri, distanza allora sconosciuta fra le flotte anglo-indiane. E poi sapeva di poter contare assolutamente sui suoi malesi ed i suoi dayachi. Al primo comando, nessuno si sarebbe rifiutato di montare allabbordaggio coi parangs in pugno.
Lo yacht, che filava a tutto vapore, passò a cento braccia dalla cannoniera, quasi sfidandola, poi si slanciò innanzi, seguìto dal praho da corsa.
Vedendolo passare, i passeggeri che affollavano le scialuppe a rimorchio della cannoniera, erano saltati in piedi, agitando forsennatamente le mani e lanciando clamori minacciosi:
Eccolo, il pirata!
Fate fuoco su di lui, se avete del sangue nelle vene.
Montate allabbordaggio ed impiccate tutte quelle canaglie allalberatura dello yacht.
Su via, se avete del fegato!
La cannoniera si era bruscamente arrestata, poi aveva compiuto un mezzo giro verso tribordo e siccome, per un caso straordinario, non aveva tutte le sue macchine completamente sgangherate, il suo equipaggio tagliò gli ormeggi delle scialuppe e si mise valorosamente in caccia.
Aveva per altro dinanzi a sé un vero corridore del mare, capace di farsi inseguire fino a Calcutta senza permetterle di sparare una sola volta il suo pezzo poppiero.
Yanez, sempre tranquillo, sempre calmo, era salito sul ponte di comando ed aveva lanciato in macchina un ordine:
A tiraggio forzato, finché potrete resistere. Posso contare su di voi?
Sì! aveva risposto il capo-macchinista.
A me, Mati!
Il gigantesco dayaco sorse come un diavolo a sorpresa dal boccaporto del quadro e si slanciò verso il portoghese, chiedendogli:
Che cosa desiderate, signor Yanez?
Sei sempre sicuro del tiro dei tuoi pezzi?
Scommetterei di portare via con una palla la sigaretta che in questo momento sta fumando il capitano.
È una pipa.
Niente di meglio, signor Yanez. Nello spezzarsi farà più fracasso.
Ma non rispondo dei baffi.
Non occuparti di quelli. A Varauni vi sono ancora dei bravi barbieri indù che glieli rimetteranno a posto.
Allora non chiedo altro. Mi date carta bianca?
Sì, ma più tardi, quando avremo fatto correre la cannoniera al largo. Abbassa la bandiera inglese ed innalza sul picco la gloriosa bandiera delle invincibili tigri di Mompracem.
Il vessillo inglese cadde, svolazzando sul quadro, mentre al suo posto veniva innalzata una bandiera tutta rossa che portava nel mezzo una testa di tigre.
I malesi dellequipaggio salutarono quel vessillo, che ricordava le loro glorie passate, con un urlo altissimo.
Guai se Yanez in quel momento li avesse scagliati allabbordaggio!
I figli delle vecchie tigri, incanutiti fra il fumo delle artiglierie e lo strepitar dellacciaio, non avevano tralignato.
La cannoniera, abbandonate le sei scialuppe ai loro remi, aveva cominciato a forzare le macchine.
Invece di carbone doveva bruciare qualche altra sostanza più ardente, poiché dopo cinquecento passi aveva cominciato a guadagnare via.
Il fumo che il vento spingeva fino sullo yacht era fortemente impregnato dalcool.
Per accelerare la corsa gli olandesi gettavano dentro i forni casse di ginepro, con grande disperazione dei macchinisti che avrebbero preferito vuotarle nel loro sacco, anziché innaffiare il carbone.
A quattrocento metri la cannoniera sparò un colpo in bianco per invitare la nave fuggiasca ad arrestarsi, sotto minaccia di subire un bombardamento in piena regola.
Mati si era avvicinato a Yanez, il quale passeggiava tranquillamente sul quadro colla sua eterna sigaretta fra le labbra.
Ma doveva essere un po preoccupato, perché laveva lasciata spegnere.
Signor Yanez, che cosa dobbiamo fare? gli chiese.
Salutarli colla bandiera delle tigri di Mompracem.
Ci prenderanno a palle.
E con palle risponderemo. Va a collocarti al pezzo da caccia di poppa. Quando sarà giunto il momento verrò io a rettificare la mira. Caccia dentro una buona granata da trentadue pollici e mandala fra le tambure di quel vecchio corvaccio di mare. Lo arresteremo in piena volata.