La favorita del Mahdi - Emilio Salgari 8 стр.


Abd-el-Kerim si chinò sulla riva, ma loscurità era così profonda, accresciuta anche dagli alberi che stendevano i loro rami al disopra delle acque, che non vide più nulla. Hassarn fu lesto ad avvicinarglisi.

Si vede? chiese questi.

No, rispose con voce sorda larabo.

Lhai ucciso sul colpo?

Lignoro. Mi parve che la scimitarra incontrasse qualche costola.

Che il diavolo lo accolga nel suo inferno.

Taci, Hassarn, disse Abd-el-Kerim con emozione. Mi pare di aver commesso un assassinio.

Bah! fe il turco alzando le spalle. Un rivale di meno.

Era il fratello di Elenka.

Che importa, dal momento che tu hai spezzato il nodo che ti univa ad Elenka? Ora sei libero di far tua Fathma senza che Notis abbia a disputartela e che abbia ad invocare lamore che tu avevi per sua sorella. Buona notte ai morti e buona fortuna ai vivi.

Scendiamo nello stagno, Hassarn. Forse non lho ucciso sul colpo e respira ancora.

Se tu non gli hai attraversato il cuore, a questa ora si è annegato. Lasciamolo lì e ritorniamo allaccampamento dove Fathma li aspetta con viva impazienza. Allàh penserà al morto.

Larabo approvò con un cenno del capo, ma non si mosse. Cercò di scendere nello stagno ma lacqua pareva profonda e loscurità non permetteva di vedere dove si appoggiavano i piedi. Egli dovette in breve convincersi che era impossibile pescare il corpo di Notis, nascosto fra il loto e fra i canneti.

Infine lha voluto, mormorò egli sospirando. Povera Elenka, che dirà mai quando gli si narrerà che suo fratello è stato ucciso e che luccisore fui io, il suo amante. Ah! sento come un rimorso!

E Fathma? Hai dimenticato così presto quella adorabile creatura?

Hai ragione, Hassarn. Ho giurato di dare la mia vita a Fathma e Fathma lavrà! Vieni, Hassarn questo bosco mi fa paura.

Il turco raccolse la carabina, passò un braccio sotto quello del compagno e tutti e due, a lenti passi sallontanarono.

Erano appena scomparsi dietro gli alberi, che le grandi foglie di loto dello stagno si sollevarono silenziosamente e la faccia di Notis apparve. I suoi occhi, animati da una tremenda collera, si fissarono, sul luogo appena lasciato dallarabo e dal turco, nè si staccarono per un bel pezzo.

Ah! tu mi credi morto, dissegli, cacciando fuori le pugna con gesto minaccioso.

«Tu credevi che fosse così facile ammazzare un greco della mia tempra che sera giurato dinfrangerti come una canna e che sera giurato di conquistare il cuore duna bella donna, qualè Fathma. Ti mostrerò io ora, quanto sei imprudente a non cacciarmi due dita di ferro di più in petto. Uscirò vivo di qui e guarirò presto e allora a me la vendetta. Ho da vendicare Elenka e la frustata che tu mi hai dato in volto e di più ho da far mia quellalmea che tanto mi abborre. Ti schianterò il cuore in modo tale che non abbia a guarire mai più!

Tese lorecchio: non si udiva che il riso smodato delle iene che vagavano sulle rive del Nilo cercando cadaveri e il sibilo del vento che scuoteva i rami dei tamarindi e le foglie delle palme. Egli sorrise stranamente.

Si sbarazzò delle foglie di loto che lo circondavano lacerando i gambi che si appiccicavano al suo corpo e savanzò verso la riva tasteggiando prudentemente il fondo limaccioso dello stagno. In pochi minuti guadagnò il pendìo, e si issò, senza rumore, fino a che si trovò completamente fuori dellacqua.

Un acuto dolore che provò al fianco sinistro larrestò. Si stracciò la casacca a mise allo scoperto la ferita infertagli da Abd-el-Kerim, esaminandola attentamente.

La scimitarra eragli penetrata sotto la quinta costola, dopo di aver urtata la quarta ed aveva lacerato le carni per una lunghezza di sette od otto centimetri, ma senza che avesse toccato alcuna parte delicata. Capì subito che la ferita era dolorosa ma niente affatto mortale e respirò.

Credeva che mavesse ferito più pericolosamente, mormorò egli. Tanto meglio per me e tanto peggio pel mio rivale. Sta cheto, Abd-el-Kerim, che questo duello ti costerà caro, oh sì, assai caro! E ora, fingiamo di essere morto per tutti eccettuati Elenka e il mio fedele Takir. A proposito dove si è cacciato il nubiano? Non è possibile supporre che egli si sia allontanato nel mentre che io mi battevo.

Accostò le mani alle labbra e imitò il riso sgangherato della iena, che ripetè per tre volte. Pochi minuti dopo udì lurlo lamentevole del sciacallo che si ripetè pure tre volte.

Bene, il nubiano è qui, disse Notis, sforzandosi a sorridere. Aspettiamo.

I cespugli si mossero di lì a poco e la atletica figura di Takir si mostrò. Egli accorse subito accanto a Notis, gettando un vero grido di gioia.

Ah! padrone, vi credeva morto con una scimitarra attraverso il petto, dissegli. Per qual fortuna quel dannato dAbd-el-Kerim vi risparmiò?

Mi risparmiò! esclamò Notis con furore. Il maledetto non è così generoso da risparmiare un rivale par mio che è per di più il fratello di Elenka. Guarda qui che mi fece.

Egli sapri la camicia e gli mostrò la ferita che sanguinava abbondantemente.

Vi ha ferito mortalmente?

No, per buona ventura, disse Notis. Ho qui poi in faccia il segno lasciatomi dalla sua frusta e una scalfittura al disotto dellocchio che mi rammenteranno sempre del traditore Abd-el-Kerim.

Ma come siete stato risparmiato adunque?

Gettandomi nello stagno e fingendomi morto.

Sicchè vi credono

Allinferno, interruppe, Notis ironicamente. Tanto meglio, se mi credono bello e morto. Avrò agio di vendicarmi più facilmente.

Voi nutrite, adunque, la speranza di restituire quel colpo di scimitarra?

Non solo, ma di far mia Fathma, disse con aria feroce il greco. Ora che lei mi aborre, sento damarla ancor più, e tanto che senza Fathma mi sarebbe impossibile il vivere. Mi comprendi tu, Takir?

Perfettamente, padrone, rispose il nubiano, ed io vi aiuterò, poichè

Zitto Takir. Afferrami fra le tue braccia e portami.

Dove? Al campo forse?

I morti non ritornano più fra i vivi, è giusto adunque che io non ricomparisca al campo. Non conosci tu qualche luogo deserto dove possiamo ricoverarci senzessere veduti?

Sulla cima delle colline che si estendono al settentrione dOssanieh, mi ricordo di aver veduto una bella caverna che potrebbe servirci di abitazione. e che è abbastanza vicina al campo, disse il nubiano

Andremo ad abitarla, Takir, e poi penseremo alla vendetta. Orsù, prendimi fra le tue braccia e portami. Io sono debole per ora.

Il nubiano lo prese, se lo gettò in ispalla e partì correndo colla stessa facilità come se portasse un fanciullo. Attraversò come unantilope la foresta e sbucò nella pianura senza rallentare un solo istante la corsa. Notis gli guizzò fra le braccia mandando una orribile bestemmia.

Guarda laggiù, dissegli, mugolando come una belva. Guarda, Takir, guarda.

Guarda laggiù, dissegli, mugolando come una belva. Guarda, Takir, guarda.

Il nubiano vide due persone che salivano le colline sabbiose a meno di quattrocento passi di distanza. Riconobbe subito chi erano.

Quello là col cofatan bianco è Hassarn, disse. Laltro col fez è larabo Abd-el-Kerim: io li conosco tutti e due.

Sì, sono i due maledetti. Essi si dirigono al campo dove li aspetta Fathma.

Calma, padrone, che verrà il dì che lalmea aspetterà voi.

Puoi star sicuro che verrà quel giorno e mi aspetterà allora in ginocchio. Se tu potessi ammazzarne almeno uno con un colpo di carabina!

È pericoloso, padrone. Ho il braccio dritto ferito e mi trema, e di più la notte è troppo oscura per mandare una palla a buon segno. Pazientate, li piglieremo entrambi e fra non molto, ve lo giuro.

Cammina, adunque, e più presto che puoi. Bisogna che tu ti rechi al campo e che mi porti tutto il denaro che trovasi nella mia tenda. Potrebbe darsi che mi occorresse per prezzolare qualche arabo poco scrupoloso.

Il nubiano riprese la corsa, tenendosi dietro le colline sabbiose per non essere scorto dallarabo e dal turco. Era mezzanotte passata, quando giunse in vista dei primi tugul dHossanieh dinanzi ai quali bivaccavano, al chiaro di numerosi fuochi, alcune compagnie di basci-bozuk e di negri dEtiopia.

Si riposò alcuni istanti, poi sinternò tra i campi di durah e giunse ai piedi di alcune colline aridissime: esitò un momento, poi sarrampicò su pei dirupati fianchi di una delle più alte, aggrappandosi agli sterpi e ai crepacci e raggiunse quasi la vetta, dove sarrestò dinanzi a una gran caverna.

Ci siamo, dissegli, deponendo il greco a terra.

È qui che noi pianteremo il nostro nido?

Sì, padrone, e da questa cima si domina Hossanieh e il campo. Ci sarà facile vedere chi entra e chi esce.

Sta bene, accendi qualche pezzo di legno per vedere dove si va. Ho paura che abbiamo a incontrare parecchi serpenti.

Il nubiano accese un pezzo di torcia resinosa e tutti e due entrarono con precauzione. Ben presto si trovarono in un ampio stanzone, la cui vòlta era sostenuta da parecchie colonne trasparenti che riflettevano magnificamente la luce. Le pareti, scavate bizzarramente, erano umidiccie ma il terreno, eccettuato un angolo dove raccoglievansi gli scoli che formavano un fossatello, era asciutto e cosparso di una sabbia bianchiccia in mezzo alla quale brillavano pezzi di salgemma. Il nubiano, ammazzati tutti gli scorpioni grigi che labitavano, i cui morsi sono pericolosissimi, saccinse a correre al campo, prima che la notizia della morte di Notis si spargesse e che il pascià Dhafar simpadronisse di tuttociò che conteneva la tenda.

Alto là, disse Notis, che seduto su di un macigno si fasciava la ferita. Se tu vai laggiù, non dimenticare dinformarti dove sia Fathma e come vadano le faccende.

Il nubiano sorrise mostrando i candidi denti e scese in fretta la collina correndo verso il campo. Notis, che aveva finito di fasciare la ferita, uscì e andò a sedersi sul limitare della caverna, guardando attentamente il villaggio dHossanieh e le tende del piccolo esercito egiziano.

Essi sono là, dìssegli con gioia feroce, tutti e due là, a portata della mia mano, a portata della mia vendetta. Parlatevi di felicità, di amori, di immense gioie, ma io schianterò il cuore di entrambi, e in modo che non abbiate a guarire più mai. Non si conosce fino a qual punto sappia odiare il greco Notis.

«Non ho forze ora, mè impossibile assalirvi di fronte poichè io sono morto, ma troverò io i mezzi per colpirvi e farvi cadere luno nelle mani di Elenka e laltra nelle mie. Io sarò il leone e mia sorella la iena! Oh! allora

Egli interruppe bruscamente il monologo e si drizzò come spinto da una molla. Al chiaror di un raggio lunare che cadeva sul campo, aveva scorto un mahari dal mantello nero lasciare la tenda dellarabo Abd-el-Kerim e dirigersi a rapidi passi verso gli avamposti.

Guardando con maggiore attenzione, vide sul dorso dellanimale un uomo avvolto in un gran taub bianco. Impallidì e le sue mani cercarono unarma.

Dio mi punisca, se quelluomo là non è lo Amr, lo schiavo dHassarn. Dove può mai recarsi, che lascia il campo a questora?

Notis rimase un istante indeciso, poi si levò e ritornò in furia alla grotta, dalla quale uscì armato della carabina di Takir. Una cupa fiamma brillava nei suoi occhi e il suo volto tradiva un feroce proponimento.

Quantunque le ferite lo tormentassero crudelmente dopo mille sforzi che gli costarono cento bestemmie e cento lamenti dolorosi, scese la erta collina e guadagnò la pianura cosparsa qua e là di intristiti alfèh e di pochi tamarischi. Egli strisciò silenziosamente fino a raggiungere un misero tugul diroccato, una capannuccia di paglia di forma conica. Si nascose lì dietro colla carabina armata e gli occhi fissi sullo schiavo dHassarn che si avvicinava rapidamente, aizzando con un fischio, il mahari.

Bisogna che sappia ciò che quelluomo porta, mormorò Notis. Con un colpo di carabina gli farò scoppiare la testa come fosse una zucca.

Alcuni minuti dopo il mahari giungeva a centocinquanta passi dal tugul. Amr continuava a fischiare tranquillamente, senza darsi la pena di guardarsi dattorno, più che sicuro che il luogo era deserto.

Notis credette giunto il momento opportuno per mandarlo nel paradiso di Maometto. Puntò la carabina, mirò per qualche tempo con mano ferma, poi premette il grilletto.

La detonazione non era ancor finita che Amr precipitava di sella, contorcendosi disperatamente fra le erbe.

Allarmi! sudirono gridare le sentinelle dellaccampamento.

Notis non si sgomentò. Raggiunse lagonizzante che emetteva rantoli strazianti, cercando di sollevarsi, e latterrò spezzandogli la testa col calcio della carabina.

Sta cheto, disse lassassino, sogghignando.

Si curvò sul poveretto che non dava più segno di vita, e lo frugò ben bene rovesciandogli tutte le saccoccie. Trovò una lettera accuratamente suggellata che saffrettò a leggere, valendosi del chiaro di luna, Ecco il contenuto:

«Elenka,

Non pensate più a me. Il nodo che univa i nostri cuori si è spezzato per sempre sotto il destino e i voleri del Profeta. Non indagate le cause che mi spinsero a lasciarvi, nè cercate di raggiungermi che ormai ogni altro nodo è impossibile. Che Allàh vi conservi e il Profeta vi protegga.

Abd-el-Kerim.»

Il greco, nel leggerla, vacillò come fosse stato côlto da improvviso malore. Una bestemmia gli uscì dalle labbra contratte.

Ira di Dio! tuonò egli, tenendo il pugno chiuso verso il campo dHossanieh. Che i fulmini del cielo minceneriscano, se io non vendicherò mia sorella e poi me. Sta bene, Abd-el-Kerim, a noi due ora!

CAPITOLO VII. Fit-Debbeud

Spuntava lalba quando il greco, dopo di aver nascosto fra le alte erbe il povero Amr e il mahari che aveva sventrato con una coltellata, giungeva alla grotta.

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