La favorita del Mahdi - Emilio Salgari 9 стр.


Una collera senza limiti alterava il suo volto già per sè stesso abbastanza truce e una smania terribile, una sete di vendetta ardevagli in petto. Egli comprendeva ormai che tutto era terminato e che le speranze che Abd-el-Kerim avesse finito per ravvedersi e ritornare ad Elenka, erano troncate, come pure comprendeva che Fathma per lui era definitivamente perduta a meno di un miracolo o di un tradimento.

Ah! esclamò egli coi denti stretti, lasciandosi cadere su di un macigno e prendendosi la testa fra le mani, È proprio vero che quel traditore di Abd-el-Kerim lha definitivamente rotta con mia sorella Elenka? Eppure mi pareva innamorato alla follia; eppure aveva giurato di farla sua e giurato non su Allah, ma sul Corano. Traditore e spergiuro adunque, questarabo del demonio!.. Maledetta Fathma, sei stata la causa di tutte le mie disgrazie!

«Ma Notis è forte e tremendo nelle sue ire e nelle sue vendette, e per quanto io ami quellalmea, mi vendicherò, ma ben terribilmente. Va, Fathma, abbandonati nelle braccia di quello spergiuro che ingannò mia sorella; disprezzami fin che vuoi, ma io ti schianterò il cuore, oh sì, te lo schianterò. Se non fosse un barlume di speranza che ancor mi trattiene, la speranza che Abd-el-Kerim abbia a tornare ai piedi di Elenka, lo assassinerei questo mio rivale!

Egli si assise dinanzi lapertura della grotta spiando attentamente il campo egiziano per rendersi conto di quanto succedeva.

Di quando in quando uscivano lunghe file di egiziani carichi dei loro sansemieh di pelle di capra che andavano a empire ai pozzi dHossanieh e dietro a loro schiere di asini coi boricchieri che trottavano ai loro fianchi emettendo il lamentevole loro haaahh per animarli, squadroni di basci-bozuk che si esercitavano a manovrare sui terreni malagevoli e compagnie di soldati che marciavano in qua e in là formando di spesso i quadrati, come se si trattasse di sostenere una canea di arabi Abu-Rof.

Mille rumori venivano dal campo in mezzo ai quali risuonava la stridula voce degli acquaiuoli che gridavano incessantemente, moja! moja! (acqua! acqua!) e quella nasale dei muezzin.

Dimprovviso Notis si levò in piedi come spinto da una molla, emettendo una bestemmia.

Aveva visto un ufficiale uscire dal campo e dirigersi verso Hossanieh e precisamente verso la casupola di Fathma.

Ah! esclamò con indefinibile accento dodio. Sei tu Abd-el-Kerim! Va a trovarla pure quellaltera almea, ma ti giuro che la vedrai per lultima volta. Cadrai nelle mie mani e quando ti avrò spezzato il cuore ti getterò in quelle dellantica tua fidanzata, in quelle di mia sorella Elenka. Ira di Dio! Ti farà uscire il sangue a goccia a goccia, se tu non ti piegherai dinanzi a lei. So quanto sia vendicativa mia sorella che ha nelle vene puro sangue greco.

Egli si tacque nello scorgere il nubiano che montato su di un mahari carico doggetti, galoppava furiosamente verso la collina. Sorrise di gioia e si stropicciò le mani mormorando più volte:

A me ora la vendetta.

Takir in pochissimo tempo giunse ai piedi della collina e salì subito alla grotta carico di viveri, di coperte e di talleri.

Avete udito, poco fa, un colpo di fucile sparato qui vicino? chiese il nubiano, gettando a terra tutta quella roba.

Non inquietarti Takir, disse Notis. Lho sparato io contro uno schiavo di Hassarn.

Avete ammazzato Amr? Lho veduto unora fa uscire dalla tenda dellarabo.

Gli ho fatto scoppiare la testa e poi lho seppellito. Ma lasciamo lì i morti e parliamo dei vivi, ora. Che notizie rechi dal campo?

Novità eccellenti, padrone.

Fathma, trovasi ancora nella sua casupola?

Trovasi sempre là.

Come mai Abd-el-Kerim commette simili imprudenze?

Non so di chi dovrebbe aver paura, ora che vi crede morto.

Hai ragione, Takir, disse Notis sorridendo. Credo che questa mia morte abbia a giovarmi assai per condurre a buon fine i miei progetti. Tira innanzi, negro mio.

Ho veduto larabo recarsi alla casupola ed entrare.

Lho scorto pure io. Parlami dHassarn, quel maledetto turco che odio quasi al pari di Abd-el-Kerim. Che fa egli?

Per quanto lo cercassi non potei vederlo ma suppongo che si trovasse nella tenda di Dhafar pascià.

Sia bene, ora faremo i nostri piani per colpirli proprio in mezzo al cuore tutti quanti.

Stette un momento silenzioso immergendosi in tristi pensieri, poi, fattosi versare un bicchiere di bilbel, specie di birra fatta con maiz e dòkòn, di sapore dolcigno, e tracannatala, salzò, piantandosi dinanzi al nubiano.

Takir, disse con voce grave. Se tu fosti nei miei panni che faresti?

Assassinerei tutti e tre quei miserabili, rispose il negro senza esitare.

Sarebbe una vendetta troppo dolce, eppoi, bisogna che serbi Fathma per me ed Abd-el-Kerim per mia sorella.

Allora che fare? È una gran disgrazia che vi siate innamorato di quellaltera almea.

Taci, Takir; io lamo alla follia, lamo furiosamente. È tanto bella e tanto giovane che sarebbe un peccato farla morire. Ma non credere che lami solamente, no, ira di Dio! Lamo tremendamente, ma nel medesimo tempo lodio ferocemente.

E dunque che volete fare?

Innanzi a tutto bisogna che abbia in mano uno dei due, meglio se avrò prima Abd-el-Kerim.

Abd-el-Kerim! esclamò Takir sorpreso. E per che farne?

Una volta in mia mano penseremo a strappargli quella passione che ha per Fathma e a gettarlo nelle braccia di mia sorella. Coi tormenti a tutto si riesce.

Si capisce che volete tormentarlo per bene.

Sì, e terribilmente. Odimi ora, Takir.

Tornò a sedersi, vuotò la fiaschetta del bilbel, e facendo cenno al nubiano di avvicinarglisi:

Tu comprendi, che senza aiuti sarà difficilissimo se non impossibile, dimpadronirsi di Abd-el-Kerim. Conosci tu qualche hossanieh poco scrupoloso che si possa comperare con un bel pugno doro?

So che alle ruine di El-Garch sta accampato lo sceicco Fit Debbeud con un seguito abbastanza numeroso. Questo beduino, che io conosco a fondo, per un bel gruzzolo doro potrebbe mettersi ai vostri servigi. È un uomo forte, coraggioso, capace di pugnalare cento uomini senza commuoversi.

È quello che io cercava, Takir. Tu ti recherai nelle foreste e gli parlerai, poi monterai sul tuo mahari e trotterai verso Chartum. Ho bisogno assoluto di mia sorella Elenka per vincere Abd-el-Kerim.

Oh! fe il nubiano, Elenka qui, al campo?

Sicuro, la condurrai a Hossanieh ed ella non indugierà a venire quando tu le avrai raccontato come stanno qui le cose. Orsù, mettiti in cammino e recati a parlare con Fit Debbeud.

E voi?

Io verrò con mio comodo, quando tu avrai spianata la via e messo al corrente di tutto lo sceicco.

Il nubiano riprese gli oggetti che aveva deposti a terra e tornò a partire. Notis, dopo daverlo visto a correr come unantilope, verso le foreste, esaminò la sua ferita, vi sovrappose un cataplasma di erbe medicinali e si sedette dinanzi a un vaso ripieno di ebrèk, cibo assai appetitoso e rinfrescante composto di durah ridotto in pasta sottile e un po agro per meglio conservarsi.

Finito il pasto che inaffiò con un abbondante sorso di merissak, sorta di birra inebriante fatta con durah fermentato, e fumato un sigaretto, discese la collina e salì sul mahari di Takir, spingendolo a lento passo verso le foreste che chiudevano, allest, lorizzonte.

Alle tre dopo il mezzodì giunse ai primi alberi e incontrò il nubiano che veniva in cerca di lui, accompagnato da un beduino avvolto in un gran taub, armato duna lunga harba (lancia) e munito di una daraga, grande scudo di legno coperto di pelle di elefante.

Tutto va bene, gli disse Takir. Lo sceicco Fit Debbeud è a secco di talleri e purchè voi riempiate le sue tasche vi ammazzerà dieci volte Abd-el-Kerim. Siate prudente, col danaro, so non volete venire assassinato sulla porta della tenda.

Non temere, Tahir; rispose Notis. So cosa è il beduino.

Allora in marcia e che Allàh ci protegga.

Sinternarono tutti e tre sotto la foresta seguendo un sentiero ombreggiato da magnifici tamarindi e giunsero, dopo una mezzora, dinanzi a una gran spianata cosparsa di colonne infrante, darcate cadenti ornate di mille ghirigori in mezzo ai quali spiccava libis religiosa degli antichi nubiani e seminata da grandi sfingi, di statue colossali semi-coperte dalle piante arrampicanti e da ammassi di rottami.

In mezzo a quelle ruine, chiamate dEl-Gareh, salzavano otto tende dun color bruno sporco a striscie gialle, alte appena da potersi tenere in piedi, ma vastissime, sostenute da pali piantati irregolarmente, e gli orli rovesciati allinsù, di maniera che laria vi potesse circolare liberamente.

Dispersi qua e là, fra una mandria di mahari e di cammelle, alcuni seduti e altri sdraiati sui tappeti laceri, se ne stavano due dozzine di beduini avvolti nei loro mantelli bianchi forniti di cappuccio infioccato, occupati a fumare pacificamente nei loro scibouk o nei loro narghilek. Essi inviarono al greco un saluto e si recarono a baciargli la mano a lo condussero nella tenda del loro capo, che era più elevata e più vasta delle altre.

Nel mezzo di essa, Notis scorse, sdraiato indolentemente su di un mucchio di tappeti di kiki di tessuto di pelo di cammello, Fit Debbeud, il capo o meglio lo sceicco della piccola banda beduina.

Era questi un uomo sui trentanni, di mezzana statura ma di forme vigorose ed elastiche. La sua pelle, di color pan bigio, portava numerose cicatrici bianche ricevute in diverse battaglie; aveva naso acquilino, labbra sottili, zigomi poco salienti, occhi neri, tetri, che brillavano stranamente e una barba arruffata, ancora più nera, che dava alla sua faccia unaria cupa, selvaggia, poco rassicurante. Il suo costume componevasi di un paio di calzoncini corti fino al ginocchio, attillati in modo di mostrare il rilievo dei muscoli, di un taub, sorta di mantello orlato di rosso, duna cintura di cuoio nella quale eranvi passate una lunga sciabola, specie di jatagan collelsa di ferro in forma di croce, alcuni pistoloni a pietra, un sacchetto di marocchino rosso pieno di preziosi amuleti e una corona di chicchi di vetro giallo de Mussulmani. Sul capo portava una calotta rossa, una specie di fez turco.

Appena vide Notis, salzò, senza troppo scomporsi, e secondo lusanza gli baciò la mano dicendogli colla più squisita cortesia:

Salem alek (la pace sia teco) frase sacramentale la cui abitudine risale a più secoli.

Allàh ybarèk fik: (Dio ti benedica) rispose Notis non meno cortesemente.

Sceicco e greco si guardarono per alcuni istanti in silenzio, con reciproca curiosità, poi il primo fece cenno al secondo di accomodarsi su di un tappeto, il migliore che si trovasse nella tenda.

Quasi subito entrò uno schiavo portando un vecchio vassoio di lamiera di ferro, su cui stavano numerose tazze collorlo rotto, fesse, abbominevoli, vecchie chi sa da quanti anni e comperate chi sa mai in quale bazar di Cairo, di Costantinopoli o forse anche di Bagdad. Ve nerano di tutte le grandezze e di tutte le forme; di porcellana europea, di finta porcellana chinese, di ferro o di argilla, un campionario infine di quanto di triviale e orrendo, si fabbricano in tutto il mondo. Un bricco indescrivibile, di piombo, tutto sformato e coperto dammaccature, conteneva il caffè mescolato con unabbondante porzione dambra grigia.

La bevanda confortante e veramente eccellente fu sorseggiata nel più profondo silenzio, dopo di che lo sceicco, acceso automaticamente il suo annerito scibouk e aspirate alcune boccate di fumo odoroso, si volse verso Notis dicendogli sempre colla più squisita cortesia:

E ora, mio caro amico, sono a tua disposizione.

Sai di che si tratta? chiese Notis.

Takir tutto mi disse.

Sei tanto coraggioso da imprendere questa guerra contro Abd-el-Kerim.

Odimi, amico, disse lo sceicco con orgoglio. Un giorno dodici Egiziani mi assalirono e io li ammazzai dal primo allultimo portando le loro teste al mio marabuto che le mostrò allintera tribù; un altro giorno sorpresi una famiglia di Arabi miei nemici, addormentata nel deserto. Strappai a loro gli occhi, tagliai le orecchie, il naso, le gambe e le braccia e frastagliai minutamente, col mio jatagan, i corpi dei loro bambini. Sono coraggioso e feroce!

Troppo feroce per ammazzare degli inoffensivi ragazzi.

È il costume delle nostre tribù sì del Sahara che del Mar Rosso.

Ti senti, adunque, capace di affrontare il mio rivale.

Se tu vuoi che io cacci il mio jatagan fra le spalle di quellarabo e tronchi dun sol colpo la vita, io la troncherò. Vuoi che io lo passi da parte a parte colla mia hàrba? Io lo trapasserò e poi gli caverò gli occhi, gli taglierò il naso, le gambe e le braccia. Vuoi che io rapisca la tua bella che si mostra verso di te tanto ritrosa? Io la rapirò per quanti urli e per quanto mi maledica. Allàh, da qualche tempo non mi manda carovane da depredare ed io e la mia banda siamo a secco di talleri: paga come un sceicco che nuota nellargento e io e i miei uomini siamo ai tuoi comandi.

Notis estrasse dalla saccoccia una grassa borsa di talleri di Maria Teresa, e la gettò allo sceicco che la prese al volo.

Questo per cominciare, disse.

Ne hai molte con te di queste borse? chiese il beduino, i cui occhi saccesero di cupidigia.

No, disse il greco.

Dove troverai gli altri talleri?

Al campo egiziano.

Sta bene, me li darai quando me li meriterò. Parla ora.

Bisogna che noi ci impadroniamo del mio rivale.

Назад Дальше