La rivicità di Yanez - Emilio Salgari 3 стр.


 Voi siete olandese? chiese Yanez, dopo avergli dato una stretta di mano.

 Sí, Altezza.

 Un professore forse?

 Un medico che ha dedicato tutta la sua esistenza allo studio dei bacilli.

 E perché siete venuto insieme col mio amico?

 Per aiutarvi, Altezza, rispose lolandese con voce pacata. Esperimenterò la potenza dei miei bacilli sui vostri avversari.

 Veramente non capisco bene, signor Wan Horn.

 Lo credo: non avete ancora veduto le mie bottiglie entro le quali coltivo quei microscopici animaletti cosí terribili da scatenare la peste, il colera, il tifo ed altre malattie.

 Yanez disse Sandokan interrompendo tu credi proprio che la volta non cadrà anche se calcinata dal fuoco?

 Ti ho detto che non vi è alcun pericolo.

 Allora, finché voi discuterete di cose che io, uomo quasi selvaggio, non posso comprendere, vi lascio per recarmi verso la foce del fiume fangoso. Voglio vedere coi miei occhi come vanno le cose laggiú.

«Pare che gli sciacalli di Sindhia si siano fitti in capo di entrare qui malgrado il fuoco delle mitragliatrici. Ah, la vedremo!»

Chiamò due malesi, prese unaltra torcia e si allontanò rapidamente seguendo la larga banchina, mentre dei colpi di fuoco continuavano a rimbombare verso lestremità della grandarcata.

 Dunque vi dicevo riprese lolandese, a cui piaceva assai parlare, a quanto pareva, quantunque sia cosa piuttosto rara in un olandese che io sono riuscito a coltivare una quantità enorme di bacilli, bastanti per distruggere anche cento milioni di persone in pochi giorni.

 Possibile? Sareste voi il fratello del Demonio della guerra? esclamò il Maharajah.

 No, Altezza rispose lolandese, sorridendo. Conosco già la storia di quel disgraziato inventore.

E poi io non sono un inventore. Non sono che un coltivatore, ma invece di piantare fagiuoli e patate, racchiudo i bacilli piú terribili dentro delle bottiglie che invece di acqua pura contengono un brodo assai nutriente, ottenuto con siero di vitello e di fegato glicerinato.

 È un po difficile capirvi, signor Wan Horn. Io non sono uno scienziato.

 Capirete subito, Altezza.

Quantunque verso il fondo della grande cloaca continuassero a rombare le grosse carabine, lolandese si arrampicò agilmente sullhauda, aprí una cassa, prese a casaccio qualche cosa e ridiscese con infinite precauzioni.

 Che cosè questa? chiese a Yanez.

 Una bottiglia che mi pare piena dun liquido color dellambra, ma che io non vuoterei, ve lo assicuro, dottore.

 No, è un vivaio. Entro questo vetro ho coltivato i bacilli della tubercolosi.

 Ma io non vedo alcun insetto agitarsi dentro quel brodo!

 Come sarebbe possibile? I vostri occhi non sono dei microscopi. Pensate, Altezza, che i bacilli della tubercolosi, per esempio, che hanno la forma di asticciuole rosse, sono cosí piccoli, che mille, messi luno dietro laltro, raggiungono appena la lunghezza dun millimetro.

Calcolate poi che occorre un milione di quei terribili esseri per coprire solamente un millimetro quadrato.

 Sicché io non posso vederli.

 Nemmeno se possedeste gli occhi delle aquile.

 E quanti ve ne sono rinchiusi in quel vivaio?

 Tanti da poter inoculare la tisi a cento o duecentomila uomini -rispose lolandese.

 Voi mi spaventate. Se le vostre bottiglie si spezzassero?

 Morremmo tutti ed in poco tempo, perché ho tre vivai di bacilli virgola del colera.

 Mi stupisco come Sandokan vi abbia permesso di portare con voi degli oggetti cosí pericolosi disse Yanez. Una disgrazia può sempre avvenire.

 Quale?

 Una palla di cannone potrebbe frantumare la vostra cassa ed allora saremmo noi alle prese col tifo, colla peste, col colera ed altri malanni ancora.

 Speriamo, Altezza, che la palla non giunga fino alle mie preziose bottiglie. Sarebbe per me una perdita incalcolabile.

 Che avreste ben poco tempo per rimpiangere, dottore. Il colera vi prende e vi spazza via in poche ore

 Anche meno, Altezza. Ho un vivaio che contiene dei bacilli virgola che fulminano luomo appena attaccato.

 Signor Wan Horn, rimettete a posto la vostra bottiglia. Una palla potrebbe entrare nella grande cloaca e spezzarvela fra le mani E dite un po soggiunse Yanez come vi servireste di questi chiamiamoli i proiettili della morte sicura?

 Si va a gettare una bottiglia nel campo nemico, la si rompe, e si lascia che i microbi si sviluppino e compiano il loro dovere.

 Ah, dovere lo chiamate!

 Il loro compito, allora. Dopo poche ore ecco il colera dichiarato nel campo, ed ecco gli uomini cadere piú o meno fulminati.

 E chi sarà luomo che avrà tanto coraggio da andare a spezzare il vivaio proprio in mezzo ai nemici?

 Ci penso io rispose lolandese colla sua solita flemma. Io sono immune completamente contro tutte le malattie che potrebbero sviluppare le mie care bestioline.

 Sta bene; e vi recherete fra le truppe di Sindhia?

 Sí, Altezza, con due bottiglie ben nascoste in due tasche speciali cucite dentro la mia ampia giacca.

 Non vi fidate di quella gente.

 Sono un europeo; e vedrete, Altezza, come io giuocherò quella gente ed il loro rajah.

 Da solo?

 Da solo rispose lolandese. Ho avvicinato i dayaki che nelle selve del Borneo usano ancora fare raccolte di teste umane, eppure nessuno ha tagliato la mia. Le genti di Sindhia, che sono poi degli assamesi, che io sappia, non sono mai stati tagliatori di zucche umane.

 Dovete aver del fegato, signor Wan Horn disse Yanez. Vi vedremo alla prova.

 Quando vorrete, Altezza. Il calore che regna nel Borneo e nellIndia si confà assai ai miei microscopici animaletti.

«Se fossi rimasto in Olanda, malgrado le mie cure, sarebbero a questora morti tutti.

«Fa un po freddo nel mio paese, e molta umidità vi regna in tutto il tempo dellanno e»

Un crepitio di mitragliatrici lo interruppe bruscamente. Si combatteva dunque verso lultima arcata della gigantesca cloaca?

Yanez afferrò la carabina che aveva appoggiata contro la parete, e dopo daver fatto due o tre passi disse al dottore, che teneva sempre fra le mani la sua pericolosa bottiglia:

 Vado a vedere come stanno le cose: riprenderemo piú tardi la nostra interessante conversazione. Vi consiglio, per ora, di mandare a dormire i vostri bacilli.

E scappò via seguíto da Tremal-Naik e da Kammamuri che si era munito duna torcia e la roteava continuamente onde ravvivare la fiamma. Tutti e tre, seguiti a breve distanza da una mezza dozzina di malesi i quali, udendo le fucilate non avevan piú potuto trattenersi, si erano slanciati a gran corsa lungo la riva del fiume nero.

Le mitragliatrici stridevano, segno evidente che gli sciacalli di Sindhia, come li chiamava ormai Sandokan, tentavano dintrodursi nella grande cloaca in buon numero.

Dopo una corsa velocissima di dieci e piú minuti, Yanez ed i suoi compagni raggiunsero la Tigre della Malesia.

Le palle sibilavano in aria, scrostando ora le pareti ed ora la grande volta.

Dal di fuori della cloaca della gente sparava allimpazzata, credendo di spaventare col fracasso di cinquecento o mille fucili i pirati di Mompracem. Ah, ci voleva ben altro per quei vecchi guerrieri incanutiti fra il fumo di tante battaglie terrestri e marittime!

 Dunque, un vero assalto? chiese Yanez avvicinandosi a Sandokan, il quale scatenava una delle cinque mitragliatrici, seduto su un masso presso il quale ardeva una fiaccola.

 Pare rispose il formidabile uomo. Ma finché questi giocattoli funzioneranno, gli sciacalli di Sindhia non metteranno piede qui dentro. Il difficile sarà poi luscire da questa specie di trappola.

 Vi è il dottore olandese che penserà ad aprirci la via disse Yanez un po ironicamente.

 E tu credi?

 Chi lo sa?

 Io te lho portato perché lui mi assicurava di poter distruggere anche tutta la popolazione dellAssam in pochi giorni colle sue famose bottiglie piene di non so quali bestioline. Io peraltro conto piú sulle mie mitragliatrici e sulle carabine della mia gente Oh, il fuoco è cessato, e si ode un ramsinga sonare insieme con una campana.

«Guarda bene, Yanez! Non vedi tu una grossa lampada avvicinarsi? Che Sindhia ci mandi qualche parlamentario?»

 Sí rispose il Maharajah. È un parlamentario. Fa cessare il fuoco.

Sandokan levò un fischietto doro e lanciò tre note acute. Subito le mitragliatrici e le carabine diventarono silenziose.

Nella notte tenebrosa una voce echeggiò al di fuori della grande cloaca:

 Porto con me la bandiera bianca!

 Chi sei? chiese Yanez.

 Un parlamentario.

 Chi ti manda?

 Sindhia.

 Avànzati.

Poi volgendosi verso Sandokan gli disse:

 Io questa voce lho udita ancora e non molto tempo fa.

Tremal-Naik, che stava osservando le mitragliatrici, disse:

 Io conosco luomo che ha parlato.

 Chi può essere?

 È luomo che tu avevi legato al cannone sul bastione di Marundia, e che invece di farlo saltare in aria, come ne avevi il diritto, lhai graziato.

 Kiltar! Il bramino!

 Sí, quelluomo ti disse di chiamarsi Kiltar e di non dimenticare il suo nome.

 Ecco un uomo che ci porterà delle notizie preziose disse Yanez.

 Crederai tu alle sue parole? chiese Sandokan, sempre diffidente.

 Mi deve la vita, e gli indiani sono riconoscenti.

 Vedremo.

Otto malesi colle carabine spianate, preceduti da un dayako che portava una torcia, erano andati incontro al parlamentario, il quale si era avanzato solo, facendo ondeggiare una bandiera bianca.

Era un uomo di statura alta, magro come tutti i bramini ed i fakiri, dalla tinta piuttosto fosca ed i lineamenti energici, resi piú duri da una lunga e folta barba nera.

Era tutto vestito di bianco. Solamente alle reni portava una larga fascia di seta gialla, abbastanza in cattive condizioni.

I malesi lo afferrarono e lo spinsero, assai brutalmente, verso Yanez, il quale era illuminato da unaltra torcia tenuta da un dayako armato dun kampilang luccicante.

 Gran sahib, disse mi riconosci? Io spero che tu non avrai dimenticato il mio nome.

 Tu sei Kiltar, luomo che io ho graziato rispose il Maharajah. Ti ho riconosciuto perfettamente.

«È la seconda volta che ti presenti a me come parlamentario. Che cosa vuoi? È Sindhia che ti manda?»

 Sí, gran sahib rispose il bramino, fissando cogli occhi il luccicante kampilang del dayako che reggeva la torcia.

 Che cosa vuole quelluomo?

 Che tu ti arrenda, gran sahib.

 Ah! fece Yanez, prendendo a Sandokan una sigaretta. Quelluomo è pazzo.

 Lo credo anchio, gran sahib rispose il bramino. A Calcutta non lo hanno curato bene.

 Spiegati meglio, Kiltar.

 Ti consiglio, gran sahib, di non cedere. Dopo che tu hai ricevuto quei terribili uomini i quali hanno fatto una vera strage fra i rajaputi che un giorno erano al tuo servizio, il rajah è spaventato.

 Buono a sapersi disse Sandokan, il quale, seduto su una mitragliatrice, guardava con viva curiosità il parlamentario.

 Tu mi sei debitore della vita disse Yanez. Te lo ricordi?

 Sempre, gran sahib. Si dice che i morti stanno benissimo nel nirvana che è tanto largo da accogliere tutte le anime degli indú, ma io sono contento di non esservi andato.

 Ti credo rispose Yanez ridendo. Almeno quando siamo vivi si può sapere quello che succede nel mondo.

 Non so che cosa sia il mondo rispose il bramino. Io non conosco che lIndia.

 Insomma, che cosa vuoi? Noi non abbiamo tempo da perdere.

 Potremo riprendere questo discorso domani o fra una settimana, gran sahib, se cosí ti aggrada.

 Ritornerai qui?

 No, io non tornerò piú, perché se portassi a Sindhia la notizia che tutti voi vi rifiutate di arrendervi, mi farebbe schiacciare la testa da uno dei suoi elefanti.

 Suoi? Miei! urlò Yanez.

 È vero. I rajaputi te li hanno rubati tutti.

 Vile gentaglia! esclamò Sandokan. Risparmierò dei paria, risparmierò dei bramini, dei fakiri, ma non quei mercenari. Quanti cadranno nelle nostre mani li fucileremo, e le nostre grosse carabine di mare non sbaglieranno.

 Ne ha perduti nessuno? chiese Yanez con un impeto di rabbia.

 Tre o quattro nellassalto di Gauhati rispose il bramino.

 Quanti uomini ha?

 Forse quindicimila, perché la colonna, che è corsa in tuo aiuto, ha fatto dei veri massacri con certe armi che non conoscevamo prima. Era un fuoco infernale che si succedeva senza tregua e rovesciava gli assalitori a centinaia e centinaia.

 Ha paura anche Sindhia di quelle armi?

 Trema quando ode quel sinistro crepitío.

 Anche questo è buono a sapersi disse Sandokan, il quale aveva accesa la sua pipa, incrostata di zaffiri orientali e col bocchino doro. Questuomo è veramente prezioso.

Yanez continuava a fumare la sua sigaretta, colla fronte aggrottata, accarezzandosi la barba. Pareva che pensasse intensamente.

 Tu non vuoi ritornare? chiese finalmente.

 No, gran sahib, questa volta mi ucciderebbe.

 Eppure tu dovrai rivedere Sindhia.

Il bramino divenne livido ed i suoi occhi si allargarono di spavento.

 Tu vuoi la mia morte, gran sahib, disse. È vero che mi hai donata la vita.

 Tu non tornerai al campo di Sindhia solo disse Yanez. Ti darò un compagno e sarà un uomo bianco.

 Un uomo bianco! esclamò il bramino.

Sandokan si era alzato ed aveva vuotata la pipa.

 Che cosa mediti tu, fratellino! chiese a Yanez, il quale conservava sempre il suo sangue freddo meraviglioso.

 Tu mi hai portato un uomo bianco che si propone di distruggere tutte le bande di Sindhia in pochi giorni.

«Ebbene, io lo metterò alla prova.»

 Chi? il signor Wan Horn?

 Sí, e ci farà provare la potenza delle sue bottiglie.

 E ci credi tu?

 Io ho piú fiducia nella mia carabina rispose il portoghese. Pure a certi scienziati si deve credere.

 Se lo dici tu è affare finito. E vuoi mandarlo da Sindhia?

 Certamente.

 Ti ha detto che voleva andarci?

 Sí, con un paio di bottiglie piene di bacilli di colera.

 Che cosa sono?

 Sono delle piccole bestie che tu non conosci.

 E se Sindhia lo fucilasse?

 Un uomo bianco? Oh, non loserebbe di certo!

 Che cosa dici, tu, bramino? chiese Sandokan a Kiltar.

 Che accompagnato da un uomo bianco tornerei nel campo di Sindhia.

 Che cosa decidi allora, Yanez? chiese la Tigre della Malesia.

 Di mettere alla prova i famosi microbi del tuo amico olandese. Credi che accetterà di recarsi al campo di Sindhia come parlamentario?

 È un uomo che ha del coraggio e perciò non si rifiuterà. E che cosa vuoi che vada a dire a quel rajah?

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