La tigre della Malesia - Emilio Salgari 2 стр.


 Hai veduto alcun pirata delle coste del Borneo?

 Sì, ho veduto Akamba rispose il Portoghese.

 Che nuove di Labuan? Quegli avvelenatori di popoli, quei rubaterre, quei cani di Inglesi, sono sempre là accampati sullisola?

 Credi tu, Sandokan, che il capitano Rodney Mundy avesse fatto una inutile comparsa a bordo dellIris? Quei ladroni, dove gettano locchio, si fanno padroni.

 Hai ragione Yanez. Ma di a loro, che muovan un dito contro Mompracem! La Tigre della Malesia, se losassero, saprebbe bere tutto il sangue delle loro vene!

 Lo so, Sandokan. Ascoltami ora.

 Ti ascolto.

 Sai che ho udito ancora parlare della Perla di Labuan?

 Ah! fe il pirata scattando in piedi. Ecco la seconda volta che questo nome mi giunge agli orecchi e che tocca stranamente una corda sconosciuta del mio cuore. Sai, Yanez, che questo nome mi colpisce singolarmente? Sai almeno che cosa sia questa Perla di Labuan?

 No. Non so ancora se animale o donna. Ad ogni modo mi mette curiosità.

 In tal caso, ti dirò che è una donna.

 Una donna? Non lavrei mai sospettato.

 Sì, fratellino mio, una giovanetta dai capelli castani profumati, dalle carni lattee, dagli occhi incantevoli. Akamba, non so ancora in qual modo, la poté vedere una volta, e mi disse che per dimenticarla, gli occorrono fiumi di sangue, e almen cinquanta abbordaggi.

 Ah! fe il pirata con voce leggermente agitata. Akamba ha detto questo?

 Sicuro.

 Deve essere, questa Perla, una creatura celeste per toccare il cuore di quel selvaggio.

 È quello che penso pur io, Sandokan. Sai, che io darei il meglio del mio bottino della settimana scorsa per vederla?

Sandokan non rispose. Solo le sue labbra si contrassero in istrana maniera, lasciando a nudo i denti, bianchi come lavorio e accuminati come quelli di una tigre.

 Vivaddio! esclamò il Portoghese. Te lo confesso sinceramente, Sandokan, che mi sento scottare dalla voglia di fare un giretto verso quella dannata isola. So, so bene che non sono che idee, ma

 E perché non sono che idee? chiese con tono beffardo Sandokan.

 Chi di noi, andrà a gettar lâncora sulle coste di Labuan? Sono troppo pericolose oggi.

 Ah! esclamò Sandokan. Nol sai chi sarà laudace, che spiccherà il volo per Labuan?

 In fede mia, nol saprei.

 Ebbene, fratello mio, questaudace sarò io, la Tigre della Malesia!

 Sandokan! esclamò il Portoghese spaventato. Tu ti vuoi perdere!

La fronte della Tigre sannebbiò e lo sguardo si fece fosco.

 Guarda, Sandokan continuò Yanez. Tu sei valoroso fra i valorosi, che fai mordere la polvere ai più valenti campioni di Borneo. Le tue braccia accerchiano potentemente questi mari che possono chiamarsi tuoi. Tu devii le palle dirette sul tuo petto e spunti le armi, ma la forza talvolta cede al numero, e potrebbe darsi che a Labuan incontrassi un nemico potente e forte quanto te e forsanche più, che potrebbe accerchiarti, avvilupparti, soffocarti. Che ne dici, Sandokan?

Il pirata non disse verbo; solo la sua fronte sottenebrò ancor più e le labbra semi-aperte lasciarono sfuggire un rauco sospiro che sembrava un lontano ruggito.

 Vedi ripigliò Yanez, tutti han giurato in questi mari la tua perdita. Il tuo nome suona troppo alto fra queste isole ed insolita è la tua audacia. Credi tu che laffamata Inghilterra non abbia gettato lo sguardo sulla nostra Mompracem e non abbia teso delle reti a Labuan? Se puoi, domanda che fa quel fumante incrociatore, di cui tu me ne hai parlato. Non può essere che una spia, non può essere che un leone silenzioso nel deserto che saggira attorno la tenda dellArabo, aspettando il momento opportuno per precipitarvisi contro. Se tu vai a Labuan, ti piomberà addosso prima che tu tocchi le coste dellisola maledetta.

 Ma incontrerà la Tigre! esclamò Sandokan che tramutavasi tutto.

 E sia. Il leone perirà nella lotta, ma il suo ruggito giungerà fino alle spiaggie delloccidente. Cento nuovi leoni si slancieranno sulle traccie della Tigre, fino a che verrà un dì che la incontreranno intavolando una suprema pugna. Morranno dei leoni, ma morrà anche la Tigre!

 Io?

Sandokan si era alzato mugolando come la Tigre della Malesia. Un sinistro sorriso sfiorava le labbra contratte pel furore, mentre gli occhi lanciavano lampi e le mani raggrinzate brandivano fremendo unarma immaginaria. Fu un lampo. Tornò a sedere vuotando fino allultima goccia il contenuto del suo bicchiere.

 Hai ragione dissegli perfettamente calmo.

 Credi tu che abbiamo parlato bene?

 Troppo bene, fratello mio.

 E che recarsi a Labuan sia la massima delle imprudenze?

 Sì.

 Ebbene, che hai deciso?

Sandokan stette un momento sopra pensiero, poi con voce vibrante, metallica, irrevocabile:

 Andrò a Labuan a vedere la Perla, dovessi abbordare lincrociatore e misurarmi con tutti glInglesi dellisola!

E siccome il Portoghese stava per ribattere la parola, stizzito:

 Silenzio disse con gesto imperioso. Silenzio, fratello mio. Così voglio!

CAPITOLO II. I pirati di Mompracem

Allindomani, ancor prima che le sei fossero suonate, Sandokan e il Portoghese erano in piedi, sorseggiando una tazza di the, che un garzone dalla tinta giallognola aveva loro preparato.

 Ebbene, Sandokan disse il Portoghese, sei ancora fermo nella tua idea?

 Fermissimo, fratello mio rispose il pirata.

 E lasciarti tu sfuggire una sì bella occasione, dabbordare dei prahos carichi di mercanzie preziose, pel capriccio di recarti a Labuan?

 Oibò! Non aver paura, Yanez. Linteresse innanzi tutto.

 Sicché, daremo la caccia ai due legni?

 Certamente. Dove vedo sangue, e dove cè occasione di fiutare polvere, ci corro.

 Per poi andarti a far assassinare a Labuan? Ah! Sandokan, tu tronchi il mio sogno di andar a finire la mia vita in una città delloriente.

 Pueh! fe il pirata alzando sdegnosamente le spalle. Che belle idee davventuriero.

 Cospetto! Vorresti tu che una volta tanto ricco da sfidare la miseria, me ne restassi ancora a Mompracem, come un sorcio in trappola?

 In tal caso, non prenderai parte alla spedizione. Non vedrai questa Perla, e potrai continuare i tuoi sogni.

 Eh! Non lo pensare nemmeno, Sandokan.

 La Perla ti attira adunque?

 Niente affatto. Ma lasciarti partire senza di me, sarebbe metterti la corda al collo per appiccarti. Senza la mia prudenza a questora saresti morto le cento volte.

 Lo credi? chiese la Tigre con tono incredulo.

 Sì, perdio, che lo credo.

 Ed io niente affatto.

 Perché, di grazia?

 Perché? Perché io sono invulnerabile!

 Tu vuoi burlarmi, Sandokan.

 Zitto là, fratello mio. I prahos, non sono dumore di aspettare che tu finisca i tuoi discorsi. Prendi la tua carabina e scendiamo al villaggio. I nostri tigrotti, mi pare di vederli, simpazientano. Hanno sete e sete di sangue.

Il Portoghese cacciò fuori un sospirone, e maledicendo in cuor suo la Perla di Labuan, staccata dalla parete una pesante carabina, seguì la Tigre di già uscita.

Luragano era del tutto cessato, lasciando solo qualche nube sullorizzonte e le traccie del suo passaggio nelle foreste dellisola. Il sole, sciolti gli ultimi vapori, brillava alloriente colla solita fulgidezza, versando torrenti di fuoco nel mare ancor agitato dai soffi della notte, e sulle verdeggianti pianure, in mezzo alle quali scorrevano numerosi ruscelli e torrenti, che parevan filoni dargento liquido, scesi da miniere inesauribili.

I due pirati scesero la tortuosa scala, e si diressero verso la spiaggia, presso la quale prahos dogni dimensione e in completo armamento da guerra, danzavano allâncora.

La loro comparsa fece uscire dalle capanne del villaggio tutti i pirati che le abitavano. Essi corsero come un sol uomo a schierarsi dinanzi ai due capi presentando colle loro cento divise e le loro cento tinte, uno spettacolo bizzarro.

Vi si vedevano in mezzo dei Cinesi dalla tinta gialla come poponi col pen-sse() nazionale; Indiani dal capo rasato, cui una continua vita di pericoli aveva dato loro una certa dose di coraggio del quale mancano generalmente i loro compatrioti; dei Malesi dalla statura bassa, ma membruti e robusti, dalla faccia quadra, piatta, ossuta, a tinta fosca; dei Battiassi di una carnagione fuliggine chiara e ancor più piccoli ma forse più robusti e che al coraggio aggiungevano ferocia dantropofagi; dei Lampunghi non molto dissimili dai Cinesi; dei Negritos dorribile struttura e dalle teste enormi, e un miscuglio di Giavanesi dai piacevoli lineamenti, di Daiassi del Borneo sanguinarissimi, dei Bughisi, di Macassaresi e infine dei Tagali delle Filippine.

Erano più di duecento uomini, duecento tigrotti raccozzati in tutte le terre della Malesia, senza scrupoli e senza religione, ciechi istrumenti della terribile Tigre della Malesia, cui una parola sola bastava per magnetizzarli, e una sola minaccia per farli tremare, mentre che dinanzi alla mitraglia e ai moschetti non avevano mai tremato!

Sandokan gettò uno sguardo di compiacenza sui suoi tigrotti, come amava chiamarli.

 Ehi! Patau, salta innanzi dissegli.

Un uomo di bassa statura, ma dalle forme di una robustezza eccezionale, un Malese che fino dai primi anni aveva fiutato la polvere di cannone sui prahos pirateschi, si staccò dalla banda e si fece innanzi con un dondolamento di lupo di mare.

 Sei tu, se non minganno, che vorresti vedere la Perla di Labuan? chiese la Tigre.

 Sì, capitano rispose il Malese.

 Sei tu, che ti lagni sempre di aver sete di sangue?

 Sì, Tigre della Malesia. Il tuo tigrotto ha sempre sete.

 Sta bene. Armerai due dei più rapidi prahos. Ti voglio accontentare.

Il Malese non aveva ancora ascoltato lultima parola che già volava, tirandosi dietro con un fischio mezza banda. In meno che non si dica i due più rapidi legni si trovavano pronti a sciogliere le vele.

 Bene disse la Tigre, che non faceva a meno dammirare con legittimo orgoglio i suoi uomini. Tutti sono smaniosi di andare a Labuan a vedere questa Perla; per Allah! danzeranno tutti al tuonar dei cannoni! Vieni, Yanez.

Nel momento che i due capi stavano per dirigersi alle imbarcazioni amarrate sulle sabbie, un indigeno dalla tinta nera come linchiostro, dalle labbra grosse come quelle degli africani, il naso stiacciato, gli occhi torvi e brillanti come quelli di una civetta, sbucando dalle foreste circostanti, avvicinossi a loro.

 Oh! lorribile mostro! esclamò Yanez segnalandolo al suo compagno.

 Ah! sei tu, Nini Balu? disse Sandokan arrestandosi. Mi hai laria, di portarci qualche novità. Su, cattiva creatura, sciogli la tua lingua da vipera.

 Un sospiratore affannato fuma in vista dellisola rispose il selvaggio.

Sandokan aggrottò la fronte, e portò involontariamente una mano sullimpugnatura del kriss.

 Tu vuoi dirmi che un incrociatore bordeggia al largo?

Il selvaggio fece un cenno affermativo col capo.

 Che fa questo vascello? chiese la Tigre con voce rauca.

 Ci spia. Non fidarti, Tigre, di quella bestia nera. Ha un malefizio nel ventre.

Sandokan non rispose. Egli mirò distrattamente e per alcuni istanti londa che veniva a morire quasi ai suoi piedi, poi volgendosi bruscamente verso Yanez:

 Hai udito, fratello? domandò egli.

 A meno di non essere sordo, sicuramente rispose il Portoghese.

 Yanez disse gravemente il pirata, quel fumante incrociatore non mi dà a pensare, finché io batto il mare. Ma tu sai quanto il mare sia ampio, e quanto sia facile perdere di vista il nemico; finché io lo cerco, potrebbe piombare sullisola e dar fuoco al nostro covo. Ora occorre un uomo di ferro per impedire che si bombardi il villaggio. Tu rimarrai.

 E tu? domandò il Portoghese.

 In quanto a me proseguo la via che mi son fissato di tenere. Andrò, se mi si offre il destro dopo la presa dei legni, non solo a veder la Perla, ma a bombardare Vittoria, la città di Labuan.

 Ti occorrono venti prahos per lo meno, Sandokan.

 Alla Tigre della Malesia basta il suo ruggito per ispaventare il leone disse Sandokan fieramente.

Poi si volse e fece un gesto a Patau, che avvicinossi come un lampo.

 Quaranta tigrotti a bordo dei prahos disse. Bada che sieno tutti assetati.

 Attaccheremo lincrociatore? chiese imprudentemente il Malese.

 Ciò non ti riguarda, rettile. Spicciati, per Cristo!

Il Malese si allontanò senza fiatare. Scelse quaranta dei più coraggiosi uomini, la maggior parte Daiassi, Malesi e Battiassi e li fece imbarcare a bordo dei due legni assieme a due cannoni di rinforzo.

Sandokan tornò a volgersi verso il Portoghese, che sembrava pensieroso e di cattivo umore.

 Suvvia! A che tenermi il broncio? gli disse. Avrai la tua parte di bottino lo stesso, lo sai bene. Vorrai dei prigionieri? Te li porterò. Vorrai sangue da bere? Te ne porterò una nave carica. Che vuoi di più?

 Ah! Sandokan! Ho il presentimento che questa spedizione ti sia fatale.

 Lascia i presentimenti alle femmine, Yanez. Orsù, i prahos mercantili non mi aspettano, lo sai. Addio, fratello.

 Addio, Sandokan. Che la buona stella ti guidi.

I due pirati si abbracciarono, come solevano far sempre quando intraprendevano una spedizione, dove non erano sicuri di tornar sempre. Poi la Tigre, colla testa alta, la carabina in mano, locchio acceso e le labbra contratte a un feroce sorriso, sallontanò. Salì in una ricca imbarcazione, e in pochi colpi di remo raggiunse il suo prahos.

Le âncore, in meno che nol si dica, furono strappate dal fondo e le grandi vele furono sciolte al vento da una squadra di diavoli color verde-oliva o nero fuliggine, che parevano dotati della potente agilità delle scimie.

 Rotta per le Romades! si accontentò di dire Sandokan, poi andò sedersi a prua sulla culatta del suo cannone favorito, con lo sguardo acuto, che avrebbe sfidato quello dunaquila, rivolto al sud.

I due legni, coi quali la Tigre stava con la sua solita intrepidezza per intraprendere la caccia dei mercantili e di poi la spedizione sulle pericolose coste di Labuan, appartenevano a quella specie conosciuta nella Malesia sotto il nome di prahos o di pralì.

Erano due legni bassi di scafo, di forma allungata e snella, più alti a poppa che a prua, e provvisti sottovento di bilanciere per impedire che una raffica improvvisa li rovesciasse e sopravento di un largo sostegno di bambù per la zavorra.

Portavano vele della lunghezza di quaranta e più metri di forme allungate, composte di striscie di grossa tela di cotone dipinta, con pennoni tesi obliquamente, fatti di bambù strettamente legati con fibre di rotang, e alberi triangolari, grossi, un lato dei quali veniva formato dalla coperta del prahos. Avevano doppi timoni per meglio dirigerli, un casotto sul ponte chiamato attap, lattrezzatura tutta di bambù, di rotang e di fibre di gamuti, e grossi cannoni a prua e spingarde dal lungo tiro, per poter gareggiare colle navi meglio armate.

Al comando di Sandokan, i due legni pirateschi si affrettarono a prendere il largo descrivendo curve con matematica precisione per evitare le scogliere che fanno pericolosa corona allisola, e bruschi angoli per non urtare contro le secche e i banchi madreporici.

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