Le palle ricominciarono a grandinare fitte fitte sui due poveri prahos, facendoli a brani. Lopera di distruzione ricominciò più tremenda di prima.
Ah! ricominci adunque, nave maledetta! esclamò Sandokan con indicibile accento. Seguimi sino alla costa, vieni assalirmi laggiù al fiume se hai del coraggio, lancia i tuoi uomini a terra. Darei tutto il mio sangue per misurarmi petto a petto coi tuoi marinai.
Egli volse uno sguardo attorno e misurò la distanza che lo separava dalla costa. Vi erano quattrocento metri ancora da percorrere, distanza sufficente per venire completamente schiacciati prima di giungere alle prime scogliere.
Egli mandò una bestemmia, fece un salto da tigre e scartando col rovescio della scimitarra tre uomini avventossi sul cannone di prua ancor fumante.
Tutti a bordo del mio prahos! gridò con voce tonante. Taglia le corde! Tutti ai remi! Se si vuol giungere salvi alla costa bisogna raggiungerla in meno di quaranta secondi.
I pirati sparsi sui due ponti si slanciarono su quello di Sandokan che pareva essere in miglior stato dellaltro. Le corde furono tagliate, la carcassa abbandonata alle onde coi suoi cadaveri e coi suoi due pezzi smontati, e gli uomini che ancor avevano delle braccia scesero nella stiva affollandosi ai remi. Sandokan e tre artiglieri rimasero soli sul ponte a rispondere al fuoco del nemico.
Orsù, figli miei, del coraggio! disse Sandokan, acquistando quella calma che occorre a un artigliere. Siamo stati respinti se non battuti; la danza continua e noi danzeremo!
Quelluomo singolare, senza curarsi delle scariche tremende del nemico che fulminava il prahos, si accostò con tutta calma al suo unico pezzo soffiando sulla miccia, con locchio in fiamme che tradiva la collera. Egli si curvò sul pezzo mentre il legno volava verso la costa.
Aspetta, miserabile, ti fracasserò il tuo pezzo di prua!
Lo scoppio accompagnò lultima parola. Sandokan fece un salto innanzi in mezzo al fumo quasi volesse seguire collocchio linvisibile palla, cui egli avea saputo dare una direzione infallibile. Un momento dopo una nube di fumo si alzò da prua dellincrociatore, e le tavole del castello saltarono assieme al pezzo designato ed agli uomini che lo manovravano. Egli sorrise.
Colpo per colpo mormorò egli mentre i suoi uomini caricavano il cannone.
Una palla partita dal legno nemico sibilò alle sue orecchie. Gli mancò il respiro, mentre una seconda rimbalzava sullancorotto e scoppiava rumorosamente nella stiva al di sotto del cassero.
Oh! Oh! La cosa diventa seria. Aspetta un po, aspetta! muggì egli.
Il suo secondo colpo partì fortunato come il primo. La maistra spaccata a due piedi sopra il ponte precipitò attraverso la prua con tutti i suoi uomini delle coffe e dei pennoni. Una ventina di marinai caddero in mare. Il fuoco della nave si arrestò quasi subito per dar tempo ai suoi di cominciare lopera di salvataggio. Quel momento di tregua bastò per salvare il prahos, che a tutta forza dei suoi quindici remi guadagnò la costa cacciandosi nelle paludi del fiumicello.
Era tempo. Il povero legno corsaro empito a metà dacqua non si sosteneva più; affondava lentamente sotto il peso, gemeva come un morente che non sa decidersi abbandonare la vita. Sandokan, che abbandonato il cannone aveva ripreso la ribolla, dovette arenarlo per impedire di andarsene completamente a picco. I suoi uomini uscivano allora dalla stiva dove lacqua giungeva fino ai loro fianchi. Avevano abbandonato i remi per impugnare le armi pronti a ricominciare la lotta sempre con leguale coraggio e collegual ferocia. Sandokan li arrestò con un gesto e li chiamò intorno a sé, mentre che sul mare il cannone continuava a tuonare contro il prahos abbandonato che a poco a poco sprofondava.
Non una parola disse Sandokan quando li ebbero contati. Quindici uomini perduti, quindici di meno che rivedranno Mompracem e nulla di più. Siamo ancora forti, e il vascello, in non miglior stato di noi, è ancora là ad aspettarci. Noi andremo ancora in mare ad attaccarlo.
Nessuno di quegli uomini disse verbo, tanto erano obbedienti e tanto credevano alla voce del capo. Solo Sabau si fece innanzi, non per fare osservazioni e meno ancora per lamentarsi benché avesse un braccio ferito da una scheggia di mitraglia, ma per reclamare il suo diritto.
Patau è morto disse il Malese. Debbo prendere il suo posto?
È giusto rispose Sandokan. Vedi, mio bravo Malese, siamo stati respinti, ma non battuti, da un nemico che si nasconde dietro il ferro, che rugge più di noi e che ha più denti. Non possiamo rimanere noi, i pirati di Mompracem, prigionieri su questisola che è terra di loro. Il nemico ci spia, ci taglia la ritirata perché è forte. Ci faremo ammazzare ma è duopo che abbandoniamo oggi queste coste che domani saranno nostre. Mi comprendi tu, Sabau?
Si tratta di sforzare il passo, ecco tutto rispose il Malese. Giacché lordinate, si farà.
Sì, lo si farà risposero in coro, ma con truce espressione i pirati affollati attorno il capo.
Sono le sei continuò Sandokan guardando il sole. Fra tre ore tutto sarà oscuro, non vi sarà lume di sorta, le tenebre saranno con noi. Usciremo in pieno mare e senza trar cannonate in silenzio come ombre, e quando il nemico si accorgerà della gherminella noi saremo a Mompracem.
E poi? E poi? domandarono i pirati, le cui dita fremevano stringendo le armi.
Sandokan si mise a sogghignare:
Poi dissegli con voce cupa, vi farò vedere Labuan rischiarata dagli incendi, vi farò vedere ruscelli di sangue umano scorrere pei boschi, e vi farò vedere una montagna di scheletri!
Volse le spalle alla sua banda che applaudiva freneticamente e andò a sedersi con Sabau a prua, puntando il cannone verso lingresso della foce, in maniera da poter difendere lentrata contro un possibile attacco.
I suoi uomini, curati in furia i feriti, senza che questi emettessero il più piccolo lamento quantunque ve ne fossero di quelli ai quali la mitraglia aveva scarnato orrendamente braccia e gambe, si rimisero a lavorare con un ardore che giungeva al delirio.
Bisognava nelle tre o quattro ore che rimanevano rendere quel prahos sconquassato e sdruscito, navigabile se si voleva sfuggire la notte stessa alla crociera. Il lavoro fu subito cominciato da quei pirati, in mezzo ai quali trovavansi dei carpentieri che avrebbero dato dei punti a carpentieri europei e marinai cui nulla era impossibile.
Cominciarono a turare i fori fatti dalle palle con tappi di diverse grossezze, turare le lacerature fatte dalla mitraglia, mediante lamine di rame, e ribattere le tavole schiantate, e raddrizzare le murate abbattute.
Lacqua della stiva venne vuotata a furia di mastelli mancando di pompa, i timoni vennero rimontati e gli alberi rialzati assicurandoli colle manovre vecchie e coprendoli con nuove vele di ricambio.
Vennero prese anche misure contro un nuovo attacco potendosi dare che quantunque la notte fosse oscura la fuga venisse scoperta, ricominciando così la battaglia che né il prahos né lequipaggio sarebbero stati capaci di sostenere.
Non avendo che un solo cannone, essendo stato laltro smontato assieme alle spingarde, venne rizzata dinanzi una barricata con tronchi dalbero e botti ripiene di terra onde proteggerlo. Alle otto, nel momento che il sole precipitava allorizzonte, tutto era pronto per la fuga; non restava che spingere il prahos nellacqua. La nave da guerra aveva da unora cessato il fuoco che non otteneva altro vantaggio che quello di bombardare le foreste e si era portata al largo sicura che in quella notte i pirati non avrebbero tentata la fuga.
Alle nove un pirata fu mandato da Sandokan fino alla costa. Attraversò le foreste e ritornò assicurando che lincrociatore dormiva allâncora. Era il momento scelto senza aspettar la mezzanotte in cui di solito si tentano le fughe o gli attacchi e il nemico veglia forse più attentamente dogni altra ora.
Andiamo disse Sandokan abbandonando il suo posto. Silenzio assoluto, soprattutto.
Egli fece un leggero cenno a Sabau. Bastò.
Quindici pirati entrarono nellacqua e con una scossa spinsero il prahos nel fiume.
CAPITOLO V. Il ferito
La notte, come aveva predetto Sandokan, era più oscura della bocca di un forno spento. Non si vedeva a venti passi lontano, tanto erano fitte le tenebre che parevano scese appositamente a favorire la fuga del prahos.
Non luna in cielo, non stelle che si riflettessero sulle acque, non quel chiarore che proiettano le nubi quando lastro delle notti risplende sopra di esse. Appena appena si distinguevano i tronchi dalbero della foresta lontana al più dieci metri sulle due rive. Confusi gli uni cogli altri, curvi o raddrizzati, messi là come tanti muti spettatori, formavano colla massa del cupo fogliame una oscurità ancor più densa, in mezzo alla quale il prahos scivolava silenziosamente seguendo il filo dellacqua.
I soli rumori che si udissero erano i lievi cigolii dei timoni giranti sui cardini, il tremolar delle alte frondi appena, appena agitate da un soffio profumato dellest, il gorgoglio dellacqua che si frangeva dolcemente sulle sponde, il grido rauco degli animali notturni vaganti sotto le foreste in cerca di preda e il respiro degli uomini che se ne stavano sdraiati sulle tavole del ponte, collocchio fisso verso il mare, lorecchio attento per raccogliere i minimi rumori del largo e le mani raggrinzate anziché tese sulle armi, che avevano finito di scintillare dopo lultimo lume spento a bordo.
Il prahos scendeva la corrente lentamente, ma tanto da bastare per guadagnare in meno di cinque minuti il mare e per non far il minimo rumore che potesse svelar la silenziosa fuga. Si teneva sulla riva destra, rasentando colle cime degli alberi le frondi sporgenti della foresta.
Sandokan e Sabau, entrambi ai timoni, confusi fra tre o quattro tronchi dalbero che servivano di difesa a quel punto sì importante, rattenendo il respiro, guidavano la silenziosa navicella con mille precauzioni, cogli occhi dilatati come cercassero una preda nascosta fra i giunchi della riva.
Il prahos che continuava a scendere, dun tratto si arrestò, dopo un breve strofinio. Sandokan, indovinando che lostacolo non poteva essere che una secca, non batté ciglio.
Arrestati? domandò Sabau, con un fil di voce. Vè il nemico alla foce?
Non è nulla; lascieremo subito la secca rispose Sandokan.
Lequipaggio, quantunque ignorasse la causa, non si mosse. Solo si udì che armavano le carabine, mentre gli uomini di prua, camminando come fantasmi, si curvavano sul cannone di già belle carico.
La marea monta disse Sandokan dopo qualche minuto di silenzio occupato a osservare le acque.
Il tempo passa. Non si potrebbe por mano ai remi? mormorò il Malese.
È inutile, il rumore è pericoloso nel luogo ove ci troviamo. Non vedi tu nulla sulla sponda opposta?
Nulla, fuorché la massa nera della foresta. Il nemico non sospetta di nulla.
Bene, aspettiamo! E Sandokan senza dire una sillaba di più, aspettò che la marea montasse.
Passò un quarto dora, poi si udirono dei fremiti a prua, qualche scricchiolio sotto la chiglia, poi il prahos, sempre in silenzio, tornò a galleggiare. A una parola gettata sottovoce da Sandokan agli uomini della manovra, una piccola vela dipinta a nero come le tenebre, un fiocco, fu spiegato sul bompresso. Il legno filando appena qualche miglio allora, superata la barra delle scogliere e glisolotti di sabbia visibili sol per londa che ci gorgogliava attorno, uscì tacitamente in pieno mare.
Il vascello? domandò Sandokan, cacciando la barra un po allorza.
Eccolo laggiù, a mezzo miglio sopravvento. Dorme allâncora mormorò Sabau.
Ah, il furfante ha preso il largo adunque? Bene, peggio per lui; il campo sarà più vasto.
Il legno da guerra aveva cautamente frapposto più di mezzo miglio fra sé ed i pirati, pei quali pareva avere le sue paure, quantunque li avesse completamente fiaccati. Dormiva allâncora ma non del tutto; i fanali di posizione brillavano al loro posto e dalla ciminiera usciva qualche scintilla, che andava perdendosi fra lalberatura seminascosta in un pennacchio di fumo appena visibile. Vi era da credere che la fuga riuscisse.
Il campo era vasto; si poteva scendere al sud, o salire per qualche miglio al nord, e per quanto i cannocchiali da notte fossero puntati, si poteva sfuggire alle indagini e anche a un inseguimento.
Tutto va bene mormorò Sandokan sogghignando. Il diavolo è con noi, come direbbe il mio buon fratello Portoghese. Saremo a Mompracem ancor prima che il miserabile se ne accorga.
Si può gettare da un lato la prudenza? domandò il Malese che si rodeva dallimpazienza.
Oibò! Coprirsi di vele potrebbe essere pericoloso. Il bianco col nero contrasta.
Il vento era debole, ma il mare perfettamente tranquillo e oscuro come fosse un mare dinchiostro; il prahos sotto la sua piccola vela, si mise a filare direttamente allovest, tenendosi un mezzo miglio al sud dal vascello, la cui macchina brontolava.
Pareva che tutto dovesse andare a meraviglia, grazie laudace manovra del corsaro e limprudenza del nemico che nel momento in cui si doveva maggiormente vegliare, abbandonava il posto. La distanza fra Labuan e Mompracem non è molta, tutta riducendosi a 60 miglia, che con vento e con remi manovrati dalle braccia di ferro dei fuggiaschi, dovevansi fare in una notte o poco più. Si poteva al mattino trovarsi in vista della costa amica, che equivaleva alla completa riuscita; che montava se lincrociatore dava la caccia alle spalle?
Al primo colpo di cannone tutti i pirati di Mompracem sarebbero usciti sui loro prahos in mare e per quanto filasse il piroscafo e facesse ruggire le bocche dei cannoni, non avrebbe certamente potuto sfuggire a quel formidabile assalto dei più arditi pirati dellintera Malesia.
Sandokan, sempre al timone accanto a Sabau, misurava la distanza che lo separava dallincrociatore visibile solo pei suoi fanali di posizione e per la sua mole. Contava metro per metro, cercava di poter scorgere ciò che succedeva sul legno nemico, fremeva dimpazienza e di collera, e allontanandosi ruggiva in cuor suo di dover abbandonare quella preda colossale. Quel singolar uomo quasi quasi dolevasi di fuggirsene così silenziosamente come un ladro notturno. Avrebbe desiderato qualche colpo di cannone, un abbordaggio e infine una pugna corpo a corpo, una vendetta soddisfatta, quando avesse pur da ricevere una scheggia di mitraglia attraverso il corpo. In quei momenti, egli credeva di essere tanto forte da poter distruggere da solo quellequipaggio sei volte più numeroso e i suoi uomini dividevano i medesimi pareri. Un allarme non sarebbe stato accolto che con un urlo di gioia.
Il prahos a poco a poco sotto nuovi soffi di vento, che spiravano dalla costa, accelerò sensibilmente la corsa lasciandosi dietro una scia che talvolta scintillava quasi da credere alla vicinanza di un lembo di mare fosforescente. Sabau notò quel scintillio che poteva attirare lattenzione degli uomini di guardia del piroscafo e sorridendo, anziché spaventarsi, ne fece osservazione a Sandokan.
Vedete voi la scia che diventa talvolta luminosa? mormorò il Malese.