Straordinarie avventure di Testa di Pietra - Emilio Salgari 5 стр.


«Avete ragione. Perdonatemi, ma, vivendo isolato in mezzo alle grandi foreste canadesi, avevo il diritto di sapere chi erano le persone che dovevo ospitare.»

«Non dico che abbiate tutti i torti.»

«Se non minganno, voi siete bretone.»

«È vero, sono di Batz.»

«Lo era anche mio padre. Seguitemi: se è vero che i miei segnali e il mio fuoco vi hanno fatti naufragare, cercherò di riparare al male fattovi involontariamente. Avete nulla da raccogliere sulla zattera?»

«I barili e le casse le ritireremo domani, se le onde non le sfasceranno.»

«Venite: comincia a piovere.»

I cinque uomini salirono la costa, si cacciarono sotto i grandi alberi che si piegavano furiosamente sotto i colpi di vento e, dopo aver percorsi cinquecento passi, si trovarono dinanzi ad una vasta capanna, costruita con grossi tronchi che le davano quasi laspetto dun fortino e che internamente era vivamente illuminata.

«La mia dimora,» disse lo sconosciuto. «Entrate, asciugatevi e contate di essere come in una casa della vostra Bretagna.»

«Dove lospitalità è sacra,» disse Testa di Pietra.

Attraversarono un piccolo ponte levatoio gettato su un piccolo corso dacqua ed entrarono nella vasta capanna.

3  Jor il canadese

Lo sconosciuto si avvicinò ad un fuoco che ardeva su un grosso fornello fabbricato tutto in mattoni, riattizzò la legna e si mostrò in piena luce.

Come abbiamo detto era di forme massicce e pareva che avesse una cinquantina danni. I suoi capelli erano assai brizzolati, la sua barba piuttosto lunga pure e il suo viso aveva dei lineamenti duri ed energici animati da un paio docchi che sprigionavano ancora un vivo splendore.

Indossava un vestito di grosso panno azzurro cupo che lo faceva rassomigliare ad un marinaio, però calzava mocassini indiani di pelle gialla con svariati disegni sulle costure, al posto dove gli Irochesi e gli Algonchini appendono le capigliature dei nemici vinti.

Malgrado letà piuttosto avanzata, non doveva aver perduto né la sua forza né la sua agilità.

Testa di Pietra e i suoi compagni si guardarono intorno e si accorsero di essere entrati in uno di quei depositi che i coloni canadesi tengono in buon numero sul Champlain, per esercitare il traffico delle pelli con glindiani.

Infatti la capanna era ingombra di pellicce dogni genere: ve ne erano di lupi, di volpi, di alci, di raccoon od orsi lavoratori, di caribou che somigliano assai alle renne e non mancavano anche delle pelli di bisonte accuratamente conciate daglindiani i quali sono veri maestri nel conservare e rendere pieghevoli le loro pellicce, con dei processi semplicissimi e che sono tutti a base di cervelli diluiti con acqua e ben sbattuti.

Vi erano poi casse, barili e barilotti dogni tinta che dovevano contenere probabilmente dei viveri e degli oggetti di scambio per gli indiani. Formavano unenorme catasta in fondo alla sala, ammonticchiati alla rinfusa.

«Voi siete un trafficante, è vero?» chiese Testa di Pietra allo sconosciuto.

«Traffico con i pellerossa.»

«Mestiere pericoloso, signor»

«Riberac.»

«Ecco un bel nome francese.»

Il trafficante alzò le spalle, sorrise, poi trascinò una tavola nel centro del deposito accendendo un grosso fanale da marina, quantunque veramente il camino proiettasse una luce abbastanza viva.

«Non ho sedie,» disse. «Prendetevi dei barili e asciugatevi come meglio potete al fuoco. Con questo freddo non fa piacere portare indosso tanta acqua.»

«Siamo veramente intirizziti, ma qui dentro regna una bella temperatura e fra qualche ora noi saremo asciutti,» rispose Testa di Pietra.

«Siete stati dunque molto in acqua?»

«Qualche ora e la risacca era pessima.»

«Voi tutti siete gente robusta e non soffrirete per ciò.»

Aprì una cassa, levò alcune bottiglie e parecchi bicchieri e cominciò a versare.

«È gin del migliore, che non vendo aglindiani. Lo serbo solamente per me e per qualche raro amico. Bevete pure, perché ne sono ben provvisto.»

Aprì poi una seconda cassa e trasse fuori pacchi di tabacco e mazzi di grossi sigari del Maryland, delle gallette e della frutta secca.

«Servitevi,» disse. «Da questo momento vi considero come miei ospiti, anzi come degli amici. Rimarrete qui finché vorrete poiché io solo sono stato la causa del naufragio della vostra fusta, facendo quei segnali.»

Stette un momento silenzioso, poi, guardando Testa di Pietra che si arrosolava dinanzi al braciere e che era tutto occupato ad asciugare la sua famosa pipa, gli chiese a bruciapelo:

«Non eravate in maggior numero?»

«Come fate a saperlo?»

«Perché la vostra barca lho veduta navigare un po prima che tramontasse il sole. Devessere successo qualche combattimento fra di voi poiché più tardi ho udito parecchi colpi di fucile e delle grida furiose.»

«Una parte del mio equipaggio, formato da canadesi, capitanati da un meticcio che era incaricato di guidarci attraverso il lago, si era ribellato e non so ancora come siamo sfuggiti ad un vero massacro poiché non avevamo che delle scuri.»

«E li avete respinti o costretti a sbarcare?» chiese il trafficante il quale pareva sinteressasse vivamente.

«Sono state le onde che li hanno portati via durante il primo scoppio della bufera. Si trovavano sulla prora, che era assai bassa, e uno ad uno li abbiamo veduti sparire.»

«Che siano annegati?»

«Il lago era pessimo in quel momento e per di più i quattro canadesi indossavano vesti pesantissime.»

«Certo. nessuno di quei disgraziati sarà riuscito a raggiungere la costa.»

«Disgraziati! Canaglie e fior di canaglie!» gridò Testa di Pietra. «Avevano preparata una vera mina nel ventre della fusta per farci saltare in aria. Fortunatamente avevamo fatto a tempo a gettare in acqua una piccola zattera.»

«Quella che si è arenata alla foce del fiume. Così cattivi erano quegli uomini? Eravate voi il loro comandante?»

«Sì, ed avevo trattato quei bricconi come se fossero dei veri marinai bretoni, e li avevo pagati bene!»

«Voi o qualche altro?»

Testa di Pietra staccò il bicchiere dalle labbra e guardò con diffidenza il trafficante. «Perché da qualche altro?» chiese poi. «Vorreste spiegarvi, signor Riberac?»

«Da qualche generale americano per esempio.»

«A bordo della mia fusta non ve nera nessuno.»

«In conclusione dove eravate diretti?»

«Verso il forte di Ticonderoga.»

«Ah! Quello che glinglesi ora si preparano, con grandi sforzi, ad espugnare? Si dice che vogliano prendersi una strepitosa rivincita contro Arnold che è il braccio destro di Washington.»

«Mi permettete una domanda?»

«Dite pure.»

«Parteggiate per gli americani o per glinglesi?» chiese Testa di Pietra.

«Per nessuno,» rispose con voce secca il trafficante. «Io non mi occupo che dei miei commerci e se vi sono delle persone che sentono il desiderio di trucidarsi, non mi riguarda affatto. Io sono rimasto affatto estraneo a questa guerra maledetta.»

«Perché maledetta?»

«Perché glinglesi hanno assoldati gli Uroni e gli Algonchini impedendomi così ormai di vendere un vecchio fucile od un barilotto di polvere o della paccotiglia lucente a buon prezzo. Se si sono già messi sul sentiero di guerra, un giorno o laltro piomberanno anche qui e mi porteranno via tutto, compresa la capigliatura.»

«Non siete amico di quei terribili guerrieri?»

«Amico! Fidatevi di quella gente anche quando avete fumato con loro venti volte il calumet della pace! Mi hanno lasciato vivere perché avevano bisogno di vendermi le loro pelli in cambio di armi e liquori. Se non avessi avuto questo magazzino ben fornito, chissà da quanto tempo mi avrebbero scotennato.»

«Amico! Fidatevi di quella gente anche quando avete fumato con loro venti volte il calumet della pace! Mi hanno lasciato vivere perché avevano bisogno di vendermi le loro pelli in cambio di armi e liquori. Se non avessi avuto questo magazzino ben fornito, chissà da quanto tempo mi avrebbero scotennato.»

«E, sapendo ora che è ben pieno di ogni grazia di Dio, con la scusa di essersi messi sul sentiero della guerra vi svaligeranno.» disse Testa di Pietra.

«Oh, prevedo la mia rovina,» rispose il trafficante. «Non valeva la pena di passare dieci anni fra queste boscaglie battute da grossi orsi per poi rimanere senza un luigi. Bellaffare che ho fatto!»

«Venite con noi.»

«Dove?»

«Al forte.»

«Chi ci procurerà un canotto capace di affrontare le collere di questo lago che, se è piccolo, è troppo sovente di cattivo umore? Solamente glindiani ne posseggono, ma io non andrò certo ad espormi al pericolo di farmi spaccare la testa con un buon colpo di tomahawh.»

«Sicché saremo anche noi costretti a rimaner qui,» disse il bretone, impallidendo. «Siamo aspettati a Ticonderoga..»

«Affari urgenti?»

«Pressantissmi, mi pare di avervelo detto.»

«Può darsi, ma non ricordo. Io ho sempre il mio cervello occupato nei miei affari e non sempre presto attenzione a quello che mi si dice.»

«Che cosa ci consigliate di fare?»

«Di rimanere qui. Che cosa vi manca? Avete delle splendide e soffici pelli che vi serviranno benissimo da letto. Come ho detto, metto il mio magazzino a vostra disposizione.»

«Non si potrebbe giungere egualmente al forte facendo il giro del lago? Noi non siamo uomini da spaventarci per il freddo.»

«Vi occorrerebbero sette od otto settimane e cadreste fatalmente fra le braccia deglindiani.»

«Corpo dun cannone scoppiato!» esclamò Testa di Pietra con voce irata. «Che cosa siamo venuti allora a fare qui se non abbiamo più nessuna barca?»

«Io accetterei il consiglio del signor Riberac.» disse Piccolo Flocco. «Se non possiamo muoverci restiamo qui.»

«E glinglesi? Arnold non saprà della loro poderosa riscossa.»

«Vuoi che attraversiamo il lago a nuoto, col freddo cane che fa fuori? Siamo stati vigliaccamente traditi, ecco tutto.»

«E se glindiani vengono qui?»

«Ci difenderemo come orsi grigi, vecchio mastro. Qui i fucili e la polvere non mancano, e il magazzino è solido come un vero fortino. Come vedi non mancano nemmeno le feritoie.»

«Voi parlate bene,» disse il trafficante. «Mi terrete compagnia e chissà che non riesca a salvarvi dalle furie sanguinarie deglindiani, poiché ora che ci penso, godo la protezione della madre di uno dei più valorosi sackem degli Uroni ed essa potrebbe, se volesse, salvarci tutti.»

«Uhm! Fidatevi di quelle canaglie sempre assetate di sangue,» disse Testa di Pietra.

Si era alzato, essendosi ormai ben asciugato. e si era messo a girare come una bestia feroce per il magazzino, picchiandosi pugni su pugni sulla testa.

Girò tre o quattro volte intorno alla tavola, poi si fermò gridando:

«Cane dun Davis! Se il mio soldato non ti ha mandato a tener compagnia ai pesci del lago e dovessi incontrarti, non ti risparmierei di certo. Vile canaglia che hai tradito la causa americana!»

Proprio in quel momento nel magazzino risonò come un risolino soffocato.

Testa di Pietra aveva fatto un salto.

«Avete udito voi?» chiese con voce alterata.

«Io, nulla,» disse il trafficante, il cui volto era diventato subito oscuro.

«Ma io sì,» disse Piccolo Flocco, il quale si era alzato rapidamente, subito imitato dai due assiani.

«Un risolino, è vero?» chiese il mastro.

«Che mi parve provenisse da quella parte,» rispose il giovane, indicando la massa di pelli, di botti e di casse che occupavano tutto il fondo della capanna.

«E anche noi, patre,» dissero i due assiani.

«Che cosa dite voi, signor Riberac?» chiese il vecchio bretone il quale si era prontamente armato duna scure. «Che durante la vostra assenza sia entrato qui qualche animale?»

«Io non credo,» rispose il trafficante. «Nessuna bestia è mai entrata qui dentro.»

«Sarà meglio accertarcene.»

«Mi getterete tutto allaria.»

«Rimetteremo tutto a posto, non dubitate. E poi non potrebbe essersi nascosto qualche indiano per farci la tosatura sanguinosa durante il nostro sonno?»

«Non credo che i pellerossa abbiano già spinte le loro avanguardie fino su queste rive. Vi giungeranno, ma quando giungeranno le navi inglesi.»

«Dite quello che volete, noi vogliamo frugare tutta quella parte del magazzino,» disse Testa di Pietra con voce un po irritata. «Ci hanno tesi troppi agguati e non desideriamo affatto subirne ancora qualche altro.»

«Dubitereste di me?»

«Mai più, signor Riberac.»

«Se volete divertirvi a scombussolare tutto il mio magazzino. fate pure,» disse il trafficante un po piccato.

«Non vi guasteremo nulla. Voglio scovare la bestia o luomo che ha riso.»

«Tempo perduto.»

«Non importa. A me, amici.»

Il trafficante fece un gesto dimpazienza e si sedette dinanzi al fuoco accendendo un grosso sigaro del Maryland.

I due bretoni e i due tedeschi si erano messi alacremente al lavoro, spostando casse, cassoni, barili, grosse botti che prima non avevano osservate e giganteschi rotoli di pelli. Agivano rapidamente, aprendosi un passaggio onde giungere alla parete formata anche quella di grossi tronchi.

Erano quasi certi di trovare là qualche sorpresa.

Dopo una buona mezzora riuscirono finalmente nel loro intento e non poterono trattenere un grido di sorpresa.

Dietro le grosse botti esisteva un bel vuoto di cui il trafficante, chissà per quali motivi, aveva creduto bene di non servirsi.

Testa di Pietra che si era munito del grosso fanale di marina si guardò intorno e notò che il pavimento era abbondantemente bagnato.

«Eppure lacqua qui non deve entrare,» disse. «Come spiegare questo mistero?»

«E come spiegare quellapertura che deve immettere al di fuori? Possibile che il trafficante ne ignorasse lesistenza?» disse Piccolo Flocco.

«Vediamo! Vediamo!» rispose il vecchio bretone il quale cominciava ad inquietarsi.

Si avanzò verso la parete e vide subito un passaggio aperto fra i tronchi dalbero e così ampio da poter permettere di far entrare nel magazzino anche un orso grigio.

«Una galleria?» si chiese. «Perché non è stata turata? Ah, guarda, guarda, Piccolo Flocco, le tracce dellacqua giungono fino qui.»

I due bretoni si guardaron lun laltro, poi nello stesso tempo dissero:

«Andiamo a vedere.»

Sempre più inquieti entrarono nel passaggio, il quale si apriva quasi a fior di terra ed era sempre assai largo ed alto, e si spinsero risolutamente avanti impugnando le asce. I due tedeschi li seguivano pronti ad ogni sbaraglio.

Percorsi dieci o quindici metri, si trovarono improvvisamente in piena foresta.

«Lanimale o luomo che ha fatto udire quella specie di riso, deve essere uscito di qui,» disse il vecchio bretone.

Alzò il fanale e scrutò le tenebre. Lalba tardava poiché il cielo era coperto da immense nubi le quali, di quando in quando, si squarciavano per lasciar cadere delle grosse gocce dacqua.

«Vedi nulla?» chiese Piccolo Flocco.

«No,» rispose Testa di Pietra.

«Ritorniamo per domandare a quello strano trafficante se conosceva lesistenza di questo passaggio segreto?»

«Aspetta un po.»

Si era curvato proiettando sul terreno inzuppato dalla pioggia la luce vivissima del grosso fanale.

«Ah! Il brigante!» gridò.

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