Due. Dispari - Federico Montuschi 3 стр.


Arrivò a casa dopo una mezzora di passeggiata, durante la quale lasciò correre i suoi pensieri senza redini e senza meta, giusto in tempo per la cena; ma, accortasi dello smarrimento del telefono dopo aver sistemato la borsa in camera, non riuscì a gustarsi il picadillo di patate con carne, servito con la consueta maestria dalla signora Conchita.

Mangiò di corsa, quasi senza proferire parola; cosa non difficile, peraltro, quando al tavolo sedevano anche Mar e la signora Conchita, che potevano discutere amabilmente per ore anche del colore dellerba.

Papà giaceva a letto con una brutta influenza, fatto più unico che raro.

Senza di lui, la cena era sempre meno allegra.

Terminato il picadillo, Carmen lo raggiunse in camera per sincerarsi delle sue condizioni di salute.

«Papà ciao, come stai?».

Lispettore Castillo, voltato sul fianco verso la finestra da cui si intravedeva una luna pallida, velata da nubi variegate che vagavano indecise nel cielo scuro, fece non poca fatica per girarsi verso la figlia.

«Male, Carmen. Ho quasi quaranta di febbre e alla mia età, credimi, una temperatura così la senti, eccome».

«Influenza. Sai che il termine influenza deriva dalla forma latina medioevale influentia, che significa azione degli astri sul destino umano?».

Lispettore sembrò riprendersi.

Sentire sua figlia citare antiche forme latine lo riempiva dorgoglio.

«Beh e chi te lha detto?» chiese in modo volutamente provocatorio, con il solo obiettivo di proseguire quella conversazione.

«Mi hai obbligata o no a iscrivermi a Filosofia?».

Locchiolino strizzato da Carmen fece subito abbassare il livello di tensione al quale lispettore Castillo era arrivato pressoché istantaneamente: sulla scelta della facoltà universitaria aveva un nervo scoperto, frutto delle infinite discussioni avute al termine della scuola superiore con Carmen, che non voleva proseguire gli studi.

Laveva avuta vinta lui, alla fine.

«E quindi la mia influenza è dovuta a una congiunzione astrale negativa. Bella questa. Ma io, più che alla stella Sirio o alla stella Polare - che sono poi le uniche due che conosco - credo al maledetto vento gelido di questi giorni! Dillo ai tuoi insegnanti di filosofia!».

La risata fragorosa di Carmen fu accompagnata da una carezza alla mano del padre.

«È la prima volta che ti vedo a letto ammalato, papà».

«Prima o poi doveva succedere, sai, figlia mia? Ma non preoccuparti: con un po di riposo, tornerò più in forma di prima. Tu, piuttosto, raccontami della tua giornata».

Quella del racconto giornaliero era una consuetudine che lispettore Castillo era riuscito a mantenere con Carmen, mentre Mar se nera liberata da un paio di anni, stanca di dover rendicontare ogni aspetto della propria vita al padre ispettore.

«Ieri ho passato il mio primo esame universitario, papà!».

La voce di Carmen squillò nella stanza, fiera e felice.

«Ma come?!» disse lispettore «Io non ne sapevo nulla! Che esame era? Quanto hai preso? Cosa ti hanno chiesto? Raccontami tutto, subito!».

«Ti volevo fare una sorpresa!» rispose la ragazza sorridendo, descrivendo poi con dovizia di dettagli lesame di Storia della Filosofia, rendicontando puntualmente le domande ricevute, le precise risposte fornite, i commenti degli amici, la soddisfazione al momento della registrazione del voto.

Castillo rimase ad ascoltare con la bocca semiaperta e la mandibola sul punto di cascare da un momento allaltro.

Aveva la commozione facile, quando si trattava della figlia.

Ma lumore della serata ebbe un cambio repentino quando Carmen, terminato il racconto della giornata universitaria, passò alla cronaca del rientro a casa.

«Purtroppo in serata è successa una brutta cosa, invece».

«E cioè?».

Questa volta Castillo si raddrizzò faticosamente sul letto, puntellandosi sui gomiti, con aria preoccupata.

«Ho perso il telefono».

«Uff poteva andare peggio. Ma dovè adesso, porco cane?».

Carmen non poté non notare un principio di moto nervoso nella mano di suo padre.

«Papà, se lo sapessi, non lavrei perso. So per certo che quando sono scesa dallautobus ce lavevo con me».

Castillo iniziò a sudare.

«E poi? Che hai fatto? Ma parli del telefono quello bello, che ti abbiamo regalato a Natale, che fa le foto e i video e ha il navigatore e tutte quelle cose che a me non servono ma che a te piacciono tanto?».

«Esatto, papà. Purtroppo devo averlo perso durante la camminata che ho fatto attraversando il parco. Era così una bella giornata, accipicchia...».

«Senti Carmen, torna indietro, rifai il percorso al contrario, magari lo trovi in terra, no? Sai quanto ci è costato quel telefono?».

«Papà, la zona del parco della stazione la conosci, non è il massimo, sono le nove passate e fuori fa buio!».

Castillo si rigirò verso la finestra per verificare.

Lo spicchio di luna calante confermò laffermazione di Carmen.

Loscurità avvolgeva Burgos e, dalloscillare delle fronde dei pioppi che costeggiavano la strada di fronte alla camera dellispettore, si era anche alzato il vento.

«E va bene, Carmen, se proprio non te la senti, lascia stare. Ma non pensare che avrai un altro telefono così, con quello che ci è costato! E lo sai, vero, che» ma Carmen non lo lasciò terminare, interrompendolo cantilenando « che io e la mamma facciamo sempre tutto il possibile per voi ma non possiamo permetterci e non vogliamo comunque comprarvi ciò che non serve».

Gli sguardi di padre e figlia si incrociarono e Carmen percepì lo sforzo di suo padre per rimanere serio.

«Amen» aggiunse allora lei, dandogli il colpo di grazia e riuscendo a farlo sorridere, prima di sciogliersi in un abbraccio di saluto.

Tornò in cucina raccomandandogli un buon riposo, che non tardò più di dieci minuti ad arrivare: lispettore, febbricitante, si addormentò pesantemente.

«Tutto bene?» chiese distrattamente Mar, rimestando il caffè fumante che la signora Conchita aveva appena preparato.

La risposta di Carmen fu anticipata dallo squillo del telefono di casa.

Le ragazze si guardarono stupite: da quando tutti in famiglia avevano un cellulare, lapparecchio fisso era di fatto utilizzato solo da lontani parenti anziani per gli auguri di Pasqua e di Natale.

La signora Conchita sollevò la cornetta sotto lo sguardo attento delle sorelle.

«Sì, un attimo, gliela chiamo subito. Buona serata a lei, signore».

Carmen e Mar si guardarono per un attimo con aria reciprocamente canzonatoria, fino a che la voce della signora Conchita interruppe quella scena da spaghetti western.

«Carmen, è per te. Il signor Ronald, se non ho capito male».

Carmen si alzò di scatto dalla sedia, urtando con il ginocchio la gamba del tavolo, che per il contraccolpo fece cadere la tazzina di caffè caldo addosso a Mar, solo parzialmente protetta dal tovagliolo.

Il commento acido della sorella maggior non si fece attendere.

«Vedi, basta la telefonata di uno sfigato qualsiasi per farla uscire di testa. Che sorella rintronata mi ritrovo!».

Carmen era già volata al telefono, strappandolo dalle mani della madre, eccitata per quella telefonata inaspettata.

Era la prima volta che Ronald la chiamava, fino a quel momento si erano semplicemente frequentati alluniversità scambiandosi qualche messaggio Whatsapp e qualche like su Facebook, ma nessuno dei due aveva mai chiamato laltro.

Era la prima volta che Ronald la chiamava, fino a quel momento si erano semplicemente frequentati alluniversità scambiandosi qualche messaggio Whatsapp e qualche like su Facebook, ma nessuno dei due aveva mai chiamato laltro.

«Ciao, Carmen, come va? Scusa il disturbo, ma ti ho mandato un messaggio importante un paio di ore fa e mi aspettavo una risposta ho provato a cercarti sul cellulare ma suona sempre a vuoto, mi stavo quasi preoccupando. Alla fine mi sono deciso a chiamarti a casa, spero di non disturbare la tua famiglia, davvero».

«Ciao Ronald! Stai tranquillo, nessun problema. Non mi è successo nulla di grave, ho solo perso lo smartphone nel parco tornando a casa questa sera, porco cane. Per questo non ti ho risposto. Di cosa si tratta? È una cosa urgente?».

«Amo dare accezioni edulcorate al concetto di urgente, spesso abusato nelle nostra società, fanciulla mia».

Erano queste le risposte di Ronald che tanto piacevano a Carmen, quasi degli aforismi che lasciavano linterlocutore con la sensazione di dover accelerare i giri del proprio cervello per riuscire a seguire i percorsi mentali di quel tipo strano.

Perché strano, Ronald, lo era davvero.

Alto, magrissimo, laria perennemente trasandata con i capelli lisci raccolti in una lunga coda di cavallo, gli occhialini stile John Lennon e una barbetta incolta che cresceva in modo disordinato, tralasciando le guance e concentrandosi quasi esclusivamente su pizzo e basette.

Non passava inosservato, quel ragazzo.

Ronald riprese il filo della risposta.

«Nelly e Alejandra organizzano un party per questa notte, siamo invitati anche noi, hai voglia di venire?».

«Wow! Una festa questa sera? Bene! E dove lo fanno questo party?».

«I genitori di Nelly hanno una residenza estiva proprio a fianco del cimitero di Burgos, in campagna, ci si arriva in meno di venti minuti in macchina da casa tua».

«Mmm... in campagna? Questa sera? Senza cellulare? Con così poco preavviso? Con mio padre a letto con uninfluenza mai vista?».

«Esatto. In campagna. Questa sera. Con il mio cellulare. Con unora di preavviso. Con tuo padre a letto con una banale influenza».

La lucidità di Ronald era invidiabile, in quei frangenti.

Carmen si sforzò di valutare la situazione nel più breve tempo possibile; tutto sommato, non le sembrava che esistessero particolari controindicazioni allidea di partecipare alla festa e il fatto di essere accompagnata da Ronald rendeva il tutto ancora più stimolante.

Suo padre stava sicuramente già dormendo, debilitato dallinfluenza; sua madre si sarebbe messa a letto di lì a poco, stanca per la giornata e Mar stava iniziando giusto in quel momento il ripasso finale, che sarebbe durato quasi tutta la notte, prima dellesame del giorno successivo.

Via libera.

Rispose allamico illuminandosi con uno splendido sorriso.

«Va bene, Ronald, ci sono. Mi passi a prendere tu?».

«Certo, ti passo a prendere alle dieci. Ti faccio uno squillo quando sono sotto casa».

«Chissà chi ti risponde! Ti ho detto che ho perso il cellulare, lascia stare, non chiamarmi neanche sul fisso che qui saranno già tutti a letto o sui libri a ripassare. Io alle dieci scendo. A dopo!».

«Ah certo, è vero, me nero dimenticato. Allora ti aspetto e basta, alla vecchia maniera, eh? A dopo!».

Click.

Click.

Incamminandosi verso la doccia, Carmen sentì un piacevole calore salirle dalla pancia.

***

Alle dieci in punto Carmen scese rapidamente le scale antistanti alla porta di casa, passandosi una mano fra i capelli per tentare in extremis di sistemarsi il ciuffo ribelle che non era riuscita a domare con il phon in casa.

Il vento serale aveva spazzato via le nubi e i loro rovesci del pomeriggio; laria era frizzante e la luna piena, che sembrava verniciata con pittura fosforescente, dominava solitaria il cielo.

Ronald attendeva seduto in macchina, una Due Cavalli arancione, con una grossa ammaccatura sul paraurti anteriore, che aveva da tempo superato i propri anni migliori.

Teneva il braccio sinistro appoggiato al finestrino abbassato e fumava un cigarillo scuro di scarsa qualità, il cui odore (no, non lo si poteva chiamare profumo) aveva dopo poche boccate saturato laria dellabitacolo.

Indossava una camicia a quadri bianchi e blu, portata sopra una maglietta di cotone bianca con unimprobabile immagine di una bandiera strappata del Regno Unito, jeans strappati e, ai piedi, un paio di sneakers Converse verde militare.

Carmen lo baciò su entrambe le guance prima di salire in macchina e iniziare a tossire.

«Ma cosè sto schifo di odore?» chiese con tono volutamente acido, edulcorandolo subito con un sorriso che mise in bella evidenza le sue fossette.

«Roba di famiglia, Carmen, roba di famiglia. Di quella buona. È un cigarillo di mio nonno, lui ne ha fumati venti al giorno dai dodici anni in avanti».

«E quanti anni ha adesso?».

«Adesso? È morto. A quarantanni, di tumore ai polmoni. Non lho mai conosciuto».

Ci fu un attimo di silenzio, durante il quale Ronald aspirò profondamente una boccata di fumo.

«Scherzi, vero?» chiese Carmen quasi sottovoce.

«No, è vero che è morto, ma so per certo che ha vissuto felicemente, anche grazie a questi cigarillos che sono buonissimi... anzi, vuoi fare un tiro?».

«Non ci penso neanche, Ronald! Dai, parti che ho voglia di muovermi un po. E smettila di prendermi in giro, somaro che non sei altro...». Ronald mise in moto, fece manovra per uscire dal parcheggio e partì con calma, accendendo lo stereo.

La musica dei Coldplay avvolse i pensieri leggeri e paralleli dei due ragazzi, che non parlarono molto, durante il viaggio, entrambi rapiti dalle poesie di Chris Martin e dalla sua voce a volte baritonale, a volte in falsetto.

In meno di un quarto dora di macchina arrivarono alla festa.

Nelly, la padrona di casa, attendeva gli invitati ciondolando con un candelabro in mano di fronte al grande cancello della proprietà, alle cui spalle si intravedeva il maestoso giardino della residenza di campagna della famiglia.

Nel centro del giardino, gli zampilli di unantica fontana a base rotonda, illuminati dal basso da faretti colorati, si ergevano nel cielo, superando laltezza della statua posta al centro della fontana stessa, un improbabile Eros malamente copiato da quello di Piccadilly Circus.

Nella zona esterna, antistante al cancello, si estendeva uno spiazzo verde che gli invitati già arrivati non avevano esitato a utilizzare come parcheggio, cosa che fece anche Ronald, entrando di muso nellangusto spazio che restava fra una Clio amaranto e una Volvo Blu di grossa cilindrata.

«Grazie Ronald, ma così non riesco proprio a uscire» disse Carmen, dopo aver tentato di aprire la portiera con il massimo della delicatezza, per evitare di causare danni alla Volvo adiacente.

«Neanchio,» ribatté lui «ma non devi preoccuparti: la Due Cavalli è unauto a risorse infinite!».

Iniziò a girare una manovella che pendeva dal tettuccio, non distante dallo specchietto retrovisore, e piano piano fece decapottare la macchina.

«Grande! Questa sì che è unauto moderna!» esclamò Carmen che, senza farsi pregare, saltò con agilità sui sedili posteriori e da questi, in un battibaleno, atterrò sul prato, imitata da Ronald.

«Ingresso alla festa in grande stile, eh?».

Назад Дальше