Due. Dispari - Federico Montuschi 4 стр.


«Ingresso alla festa in grande stile, eh?».

Nelly si era avvicinata, sempre con il candelabro acceso fra le mani per illuminare il prato, mostrando un sorriso radioso che si era costruita con cinque anni di cure ortodontiche e una cifra non indifferente sborsata da suo padre.

«Ciao Nelly! Splendida idea la festa di questa sera! Possiamo già entrare?» chiese Carmen, baciando su entrambe le guance lamica e avviandosi verso il sentiero dingresso ancora prima della risposta.

«Certo, superate la fontana e tenete la destra. Seguite poi le luci, non potete sbagliare, ok?».

«No problem! Ho fatto cose più complicate nella mia vita» rispose Ronald con la consueta ironia.

Sincamminarono nel giardino seguendo, più che le luci, il suono della musica, sparata dal deejay a volume assordante; ladiacenza al camposanto, in fin dei conti, garantiva che gli unici vicini della tenuta non si sarebbero mai potuti lamentare del rumore.

Misjudged your limits

Pushed you too far

Took you for granted

I thought that you needed me more more more!

« Boys dont cry! Fantastica!».

Lemozione di Carmen sorprese Ronald, che per la musica aveva un semplice interesse superficiale.

«Ma come fai a riconoscere una canzone di trentanni fa da due strofe orecchiate in sottofondo?» chiese guardandola dritta negli occhi, quasi a sottolineare il suo sentimento di sorpresa.

Carmen rispose con nonchalance, senza girarsi verso di lui.

«È una passione che mi ha trasmesso mio padre. Lui ha una cultura musicale sterminata e ha educato me e mia sorella a pane e rock, fin da piccole. E fin da piccole ci diceva titolo e autore di ogni brano e lo canticchiava nel suo inglese stentato che però ci permetteva di seguire il testo molto più facilmente che ascoltando le versioni originali, capisci?».

«Certo. La paragonerei a una forma di bilinguismo. Avete assorbito quasi inconsciamente la sua cultura musicale, come i bambini figli di genitori di differenti nazionalità imparano gratuitamente le lingue di papà e mamma, senza alcuno sforzo. Una sorta di apprendimento per osmosi, via».

«Più o meno...» rispose Carmen senza troppa convinzione, giusto un attimo prima di scorgere, poco dopo una leggera curvatura del sentiero sulla destra, lingresso al salone della festa.

La musica era alta e limpianto diffondeva con particolare potenza i bassi, che sembravano rimbombare negli stomaci dei ragazzi.

Carmen e Ronald si buttarono in pista, illuminati da una strobo anni settanta che lanciava a intermittenza raggi fendenti di diverso colore, in pieno stile spade Jedi di Guerre Stellari.

Carmen prese al volo uno shot di vodka con limone appoggiato sul vassoio di un cameriere che si aggirava fra la folla e lo bevette in pochi sorsi veloci, senza smettere di ballare.

Le sembrò che la strobo aumentasse progressivamente la frequenza dei colpi Jedi e limmagine le provocò un sorriso che, con quel po di carica aggiuntiva di vodka, divenne subito una risata.

Un altro cameriere con due baffetti che sembravano dipinti passò velocemente fra i ragazzi e Carmen non si lasciò sfuggire lo shot di tequila, che tracannò senza pensarci.

«Vacci piano, Carmen, che non sei abituata a bere» gridò Ronald, senza smettere di seguire il ritmo al centro della pista, cercando di superare con la voce i decibel della musica.

Ma Carmen sembrò non sentire e, poco a poco, sparì nella bolgia danzante, fagocitata dallentusiasmo dei ragazzi festaioli.

***

Il taxi giunse nello spiazzo antistante al grande cancello della villa poco prima delle undici.

Il confuso andirivieni di persone nella zona dellingresso non era cessato, benché la maggior parte degli invitati fosse già stata dirottata verso il salone dei balli e nelladiacente zona bar, dove lalcool scorreva libero e, soprattutto, gratis.

La formula barra libre, nelle feste private, garantiva una percentuale di ubriachi ben superiore agli standard delle feste universitarie.

Un uomo di media corporatura scese dal taxi, pagò senza chiedere il resto e senza indugio si avvicinò al portone.

Sapeva, o forse temeva, che il suo arrivo sarebbe stato visto dai più come un fatto perlomeno anomalo, ma si sforzò di comportarsi nel modo più naturale possibile.

Indossava una maglietta di cotone azzurra con una piccola stella bianca sulla schiena, jeans scuri attillati e un paio di anfibi neri con le stringhe bianche.

In testa, portava un curioso cappellino rosso da baseball.

Nelly faticò non poco a nascondere la sorpresa.

«Padre Juan! Ma che piacere! Qual buon vento?».

Era certa di non averlo invitato, ci mancherebbe, invitare un prete a un party universitario in campagna.

Chissà comera venuto a sapere della festa, e chissà cosa gli era scattato in testa per decidere di parteciparvi.

Nelly notò un velo dimbarazzo nel suo interlocutore e per superare il momento dimpaccio preferì spiegargli subito la strada per arrivare al salone.

«Superi la fontana, segua il sentiero tenendo la destra, dopo poco troverà il posto, ok? Io arrivo fra pochissimo, sono già le undici, credo che gli invitati siano ormai tutti arrivati. E ho una voglia pazzesca di buttarmi in pista anchio!».

La ragazza ammiccò senza alcuna malizia, ricevendo come risposta un sorriso sfuggente, solo accennato.

Luomo si accese una sigaretta e sincamminò, leggermente ingobbito, sul sentiero illuminato da piccole candele profumate.

Larrivo al salone principale della festa fu per lui come un pugno dello stomaco.

Volume della musica altissimo.

Al centro della sala, ragazzi con capelli rasta che battevano violentemente tre bidoni di metallo amplificati, in completa simbiosi con il ritmo della musica sparata dai subwoofer a duemila watt, che sembrava volersi fare largo a gomitate fra le viscere di ognuno dei partecipanti.

Raggi di luce emanati dalla strobo che pendeva al centro del salone e profumi di dopobarba mescolati a odore di sudore nella calca.

Camerieri in tenuta apparentemente informale, ma tutti con cravattino bianco come segno distintivo, che giravano senza sosta nella sala brandendo su una mano tenuta alta, appena sopra le teste degli invitati, vassoi argentati colmi di alcolici e superalcolici, che venivano svuotati dopo meno di un minuto dalla preparazione.

Decise di restare ai margini della bolgia, appoggiato allo stipite della gigantesca porta finestra che in qualche meandro della sua memoria lo riportò a quanto studiato anni prima sulla concezione di architettura organica di Wright: garantiva la sostanziale continuità fra il grande salone e il parco antistante.

Osservando di sottecchi la situazione, notò che, ogni tanto, qualcuno usciva dal girone infernale per prendere un po daria nello sterminato parco della tenuta, dove capannelli di ragazzi e ragazze si formavano con sorprendente rapidità e con altrettanta velocità si scioglievano, sopraffatti dal richiamo della musica, troppo intenso per restare a lungo in giardino a chiacchierare.

Alzò gli occhi al cielo e notò come una lunga nuvola grigiastra stesse iniziando a velare la luna piena che, fino a quel momento, aveva dominato incontrastata la tiepida notte costaricana.

«Facciamoci un giretto» pensò, camminando a passi veloci verso la grande scalinata di marmo bianco che, partendo dal fondo del corridoio, si ergeva solenne alle spalle della sala da ballo.

La scalinata lo portò al primo piano, esattamente sopra il salone da ballo; nei momenti di maggior foga dei percussionisti, poteva sentire il pavimento vibrare.

Notò due porte di legno massiccio, una sulla destra e una sulla sinistra, mentre di fronte allo sbocco delle scale, attraversato il salone a base ovale, unaltra grande vetrata, del tutto simile a quella del pian terreno, permetteva di godersi una vista invidiabile sul giardino antistante.

La morbida moquette blu attutiva i suoi passi e questo gli diede la voglia di togliersi gli anfibi dai piedi, cosa che fece, proseguendo scalzo il suo giro esplorativo.

Attraversò la stanza e si godette per dieci buoni minuti il panorama, cullato dal buio, godendosi con calma la sigaretta accesa poco prima e divertendosi di tanto in tanto a osservare il fumo salire al soffitto bombato.

La nuvola sbiadita di qualche minuto prima, nel frattempo, stava completando la propria opera di copertura della luna.

Fu proprio durante uno di questi momenti di osservazione che, inaspettato, si verificò un black out; gli amplificatori del deejay erano degni di un concerto degli U2 e limpianto elettrico delledificio non poteva essere dimensionato per reggere un simile carico.

Il silenzio dirompente lo colse di sorpresa, ma ciò non gli impedì di percepire una specie di rantolo proveniente da una delle stanze che si affacciavano sul salone.

Doveva essere un suono emesso da una ragazza, sembrava gutturale ma lui non riuscì a capire se si trattasse di un gemito di piacere o di dolore.

Decise di restare immobile, tendendo solo le orecchie e non potendo evitare di sentirsi come un setter che cerca affannosamente di localizzare le fonti dei suoni percepiti.

Il silenzio si fece avvolgente e, accompagnato dal buio pesto, gli provocò una sensazione di scomodità.

Recuperò gli anfibi, si avvicinò alla porta di legno massiccio da cui aveva sentito i rumori e, delicatamente, abbassò la maniglia di ottone, che non oppose resistenza.

Aprì la porta e si trovò in unampia stanza, nella quale, in un letto matrimoniale a baldacchino, due tipi in mutande sembravano accanirsi su una ragazza imbavagliata, nuda, legata per le mani alla testiera e per le caviglie alle gambe del letto, ai cui piedi erano ammucchiati i vestiti dei ragazzi.

Uno dei due era chinato sullombelico della sventurata, mentre laltro sembrava accarezzarla con vigore sul viso.

Ebbe limpressione che, più che carezze, si trattasse di tentativi per farle girare il viso e baciarla.

Lei resisteva, pur sembrando totalmente senza forze, emettendo gemiti confusi in evidente stato di shock.

La stanza era debolmente illuminata da candele sparse che emanavano un profumo di vaniglia intenso, che si mescolava con laroma della marijuana che altri due ragazzi stavano fumando, stravaccati su due vecchie poltrone rivestite di velluto verde.

La corrente tornò dopo pochi minuti, inondando di musica la stanza, nella quale nessuno sembrò accorgersi del suo ingresso.

I due giovani seminudi continuarono le molestie, fra risatine e sguardi dintesa, mentre i due seduti, con gli occhi a mezzasta, si passarono la canna battendosi un «cinque» con la mano libera.

Incrociò lo sguardo della ragazza ed ebbe limpressione che lei fosse sul punto di piangere, benché la sua espressione fosse talmente vacua da risultare difficilmente intelligibile.

Non poté non ammirare il corpo nudo della giovane.

La sua pelle era bianchissima, le gambe muscolose.

I lunghi capelli lisci accarezzavano le spalle e le coprivano parzialmente il viso, scompigliati dalle mani dei due ragazzi sopra di lei.

Aspirò un ultimo tiro di sigaretta, gettò il mozzicone dalla finestra aperta e si sedette sul letto, accarezzandole le gambe.

Solo in quel momento i due che stavano fumando marijuana si resero conto del suo ingresso e, quasi stupiti da quellapproccio inatteso, iniziarono a battere a ritmo le mani, al grido di «Sesso, sesso!».

Gli altri due, senza fretta, si sfilarono le mutande, strusciandosi sulla ragazza a ritmo con i battiti di mani degli amici.

Togliendosi gli indumenti, si unì al coro degli stonati, iniziando ad accarezzare il corpo della malcapitata, dai cui occhi inumiditi iniziarono a scendere sottili lacrime salate.

Di fuori, la luna della notte costaricana si perse definitivamente, oscurata del tutto dalle nuvole.

Lorgia durò meno di dieci minuti ma, per lui, tanto bastò; leccitazione sfrenata, amplificata dalleffetto della marijuana, lo portò in brevissimo tempo a un orgasmo selvaggio e ansimante, che raggiunse mordendo le lenzuola sgualcite del letto a baldacchino e stringendo in estasi un lembo del cuscino.

Poi si rialzò, si sistemò i capelli, raccattò i vestiti dai piedi del letto, e fece un ultimo tiro di canna prima di uscire dalla stanza.

Stonato comera, e con la vista offuscata, il salone del primo piano della villa gli sembrò girare su se stesso; ciò nonostante intravide nella penombra, nei pressi della grande scalinata, un ragazzo che sorreggeva la testa di unamica, il cui corpo appariva abbandonato senza forze sulla moquette.

Si volse immediatamente dallaltra parte, per evitare impicci, sperando di non essere notato.

Ma il ragazzo, che appariva nervoso, gli chiese un aiuto, e i loro sguardi si incrociarono per un attimo fugace, impercettibile ma concreto, prima che lui, senza degnarlo di una risposta, scendesse le scale, diretto con andatura risoluta verso luscita della proprietà e passandosi di tanto in tanto le dita fra i capelli ancora sudati.

Si rese conto di aver dimenticato nella camera da letto il cappellino da baseball, che gli avrebbe fatto comodo per coprirsi maggiormente il volto, ma decise di non recuperarlo per evitare di intercettare nuovamente quel tipo e la sua bella addormentata, forse svenuta.

Attraversò il parco di fretta, con lo sguardo basso, facendo il possibile per evitare di incrociare gli sguardi della gente, arrivando al parcheggio con il cuore che batteva a ritmo superiore al solito, carico di adrenalina per lesperienza di poco prima.

Numerosi taxi attendevano i reduci della festa; lui si infilò nel primo disponibile e, una volta entrato nellabitacolo, si annusò le mani, impregnate di sesso della ragazza misto a marijuana, e finalmente si rilassò, sforzandosi di vergare nella propria memoria la memorabile orgia.

«Calle del Tesoro, grazie» disse con voce roca allautista, rimanendo così, con gli occhi chiusi e le dita vicine alle narici, per qualche minuto, seduto sul sedile posteriore e cullato dagli echi della musica della festa, ormai lontano sottofondo di una serata unica, lasciandosi portare verso il suo destino.

Era atteso a un appuntamento che, a breve, gli avrebbe cambiato la vita, ma non lo poteva sapere.

***

Dal momento del black out, al piano terra la confusione aveva regnato sovrana.

Nelly si sgolava per chiedere ai partecipanti di restare tranquilli, assicurando che entro breve il guasto sarebbe stato sistemato.

Gli invitati, sullonda delleuforia della festa, non avevano perso loccasione per intonare canti e balli, schiamazzando felici e incuranti dellinconveniente.

Ronald ne aveva approfittato per divincolarsi dallabbraccio verbalmente tentacolare di una sua ammiratrice che da quasi mezzora lo stava annoiando, impedendogli di cercare Carmen.

Si era fiondato nel giardino e aveva iniziato a chiamarla, tentando con scarso successo di sovrastare il volume dei cori dei festaioli ubriachi.

Aveva cercato di amplificare la propria voce aiutandosi con le mani, appoggiate a mo di megafono ai lati della bocca, ma i risultati non erano migliorati; aveva quindi provato a rintracciarla sul cellulare, dimenticandosi che era stato smarrito proprio quel pomeriggio.

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