«Le ho detto che è un giorno importante, per me e per mio marito. Vogliamo qualcosa di unico, di speciale. Non so, qualcosa che faccia dire agli altri clienti, vedendoci: Oh, che belli chissà quali sogni damore si stanno raccontando!. Capito?»
«Mi faccia capire, signora. Vuole avere un tavolo bellissimo, elegante, rivestito con stile e allestito a regola darte, per due, che faccia meravigliare gli altri clienti proprio stasera e che non sia nemmeno troppo dispendioso? Vuole anche qualcosaltro?» aggiunse, poi, esausto. Era abituato ai clienti e alle loro strambe, impossibili richieste. Dieci anni prima avrebbe senzaltro riagganciato il telefono, ora i tempi erano duri e si limitò solo a una lieve, impercettibile ironia. Sandi, dal canto suo, aveva capito il suo tono sarcastico, ma non le interessava: se lui avesse accettato, bene, nel caso contrario aveva altri dieci ristoranti da chiamare con le stesse surreali richieste.
«No, davvero. Nientaltro. Solo questo.»
«Ah menomale. Sarà fatto. Per stasera, giusto?»
«Sì, bene! A nome Bellavista.»
«Arrivederci!»
«Arrivederci a lei.»
Tom era questo il nome del capo-cameriere che aveva preso lordine si disperò solo un po. Il suo turno era finito, e dopo aver annotato le parole elegante e creare meraviglia accanto allordine del tavolo di Sandi ed Eddie, entrò in auto certo che anche quella notte avrebbe preso una bella, rovinosa sbronza. Sperava solo di non addormentarsi nella vasca da bagno: lultima volta aveva sofferto per un mese di mal di schiena. «Dio benedica le Aulin.» annunciò, a se stesso. E a chi altro poteva dirlo? Solo come un cane randagio e altrettanto avvicinabile, si apprestò ad arrivare a casa sua prima possibile.
«Sei soddisfatta, Sandi?» domandò ironico Eddie. Aveva assistito alla telefonata della mattina, e sapeva che le richieste erano un po troppo esagerate. Comunque era tutto perfetto; anche il prezzo non era stato troppo alto. Certo, proprio oggi non si sarebbe lamentato. Gli venne un sorriso, poi gli passò. Non sapeva ancora come prendere quella situazione surreale. Scosse la testa e attese la risposta.
«Be, sì alla fine va bene. Non vedo la meraviglia negli occhi degli altri clienti, però.»
«Ah, ci credo. Siamo gli unici nella stanza!»
«Appunto.» lo rimbeccò lei, seccamente.
La verità era che, quando ci si metteva, aveva un modo di fare totalmente egoista. Fosse stato per lei il mondo non sarebbe girato attorno al Sole, ma attorno al suo ego.
«In ufficio oggi si parlava di quello che è accaduto, me lha detto Sergio al telefono poco fa.» cambiò discorso Eddie.
«Cosa hai fatto?»
«Ho dovuto fare la voce meravigliata; è stato straziante.» si prese il viso tra le mani. Quando meno se lo aspettava qualcosa lo faceva precipitare nello sconforto più totale.
«Va be. Alla fine è andata. Brindiamo. A noi, al nostro amore, alle disgrazie che ci hanno unito.»
«E a oggi, che ci libererà da tutti i problemi e ci renderà uniti davvero e senza intoppi.»
Alzarono ambedue il calice che tenevano in mano e diedero vita a una di quelle scene da film che tutti, almeno una volta ella vita, sognano di mettere in piedi. Volti raggianti, sorrisi soddisfatti, espressione pacata e finalmente distesa.
Lei lo guardò, forse per la prima volta con attenzione da quando erano usciti da casa. A 47 anni era ancora piacente, con le spalle larghe e i capelli color miele. Gli occhi erano dolci era un dettaglio non trascurabile, visto quanto le avevano fatto paura quando, arrabbiato, si stringevano a fessura e dalla forma femminile. Si era sempre domandata come sarebbero sembrati belli con un po di mascara. Gli sorrise e lui ricambiò.
Lamore è questo pensò. Perdersi ma ritrovarsi per amarsi ancor più di prima. Rispettarsi ed essere capaci di fare di tutto pur di difendere quella scintilla che si accende quando due metà si uniscono. Io e Eddie siamo due metà, e ci siamo ritrovati. Dopo una tempesta, rovinosa e potente, e dopo piogge più o meno forti. Io e lui abbiamo scalato i monti, con la sola forza dellamore. Non ho mai avuto scelta, ho avuto lui che era il mio solo ed unico destino. Il mio scopo. La mia missione. Mi è andata bene così. Di lusso.
«A che pensi? Un soldo per i tuoi pensieri.» propose lui. Non gli piaceva vedere il suo sguardo perso nel vuoto. Trovava che lei riflettesse sempre troppo.
«A noi, Eddie. A quanto ci ha uniti una cosa che generalmente separa. A quanto siamo coraggiosi e forti. Laudacia non ci manca, non credi?»
«Sì, non ci manca no!»
Sandi era in lacrime, Eddie girava qua e là o passo veloce e nervoso. Un gufo cadde e si ruppe lala: si era ritrovato nella sua traiettoria. Sandi si spaventò: i gufi di suo marito erano sacri, preziosi affettivamente. Corse e lo rimise in piedi, ma per lala non si poteva più fare nulla. La disperazione nella stanza era palpabile.
«Sai cosa dobbiamo fare!» blaterò lei, mentre le lacrime le rigavano il viso stanco e smorto.
«Ma non so se voglio!»
«Non abbiamo scelta, Eddie. Ne abbiamo già parlato. Cosa ci capiterà? Che dovremmo affrontare, se non facessimo quello che ci siamo prefissati di fare?»
«Lo so, lo so.» concluse lui, rassegnato. Sapeva che lunica soluzione era quella. Per quanto fosse triste, non avevano scelta. Era così amareggiato che avrebbe potuto rompere tutti i soprammobili della casa. Poi si sarebbe accanito contro i mobili e magari avrebbe danneggiato i muri. Si sarebbe sentito meglio? Forse sì e forse no. Ma non lo fece. Sarà che la decisione era stata presa ancor prima che venisse detto sì da ambedue; sarà che lunica cosa che, nascosta dalla sopraffazione e dalla rabbia, produceva sollievo era quella; e sarà che sapevano che prima o poi si giunge al capolinea e quel giorno erano davanti al traguardo. Avevano vissuto a mille e provato a usare tutta lastuzia di cui disponevano, ma non era stato utile. Avevano fallito, e non potevano vivere con quel senso di rovina nel cuore.
«Eddie! Eddie! Mi senti? Terra chiama Eddie!»
«Oh, scusa, Sandi. Ero sovrappensiero.»
Un lungo sorso di champagne avrebbe lenito quel senso di frustrazione, o almeno lo sperava.
Mangiarono lentamente: si godevano le portate e latmosfera.
«Secondo te sono già arrivati a noi?» chiese lui, con tono sbrigativo. Lultima cosa che voleva era suscitare un caos. Sapeva che con lei non si era mai fuori pericolo da tuoni e lampi.
«Non lo so, e nemmeno minteressa.» rispose, lei, addentando una focaccina. «Che, poi, alla fine, abbiamo già capito che il mondo ci ringrazierà.»
Eddie era stranito: non credeva che il mondo avrebbe necessariamente inneggiato a loro due, comunque non era nemmeno del tutto certo che le colpe sarebbero confluite sulle loro azioni. Non sapeva che pensare. A volte le cose vanno a fortuna: lanci una moneta e ti tocca o testa o croce. La loro moneta era ancora in aria.
«Testa, fai testa» sussurrò, senza farsi sentire.
Bevvero e risero poi bevvero di nuovo. Nessuno avrebbe potuto biasimarli non quel giorno e non con tutto larsenale di ricordi che stavano cercando di seppellire in un angolo recondito della propria testa.
«Ma alla fine tu me le hai mai fatte le corna?» domandò lei, un po brilla.
«Nossignora. Mai. Una tipa mi ha quasi strappato di dosso le mutande, sembrava una mangiatrice di uomini»
«Carino.» commentò lei, un sopracciglio sollevato.
«Ma alla fine tu me le hai mai fatte le corna?» domandò lei, un po brilla.
«Nossignora. Mai. Una tipa mi ha quasi strappato di dosso le mutande, sembrava una mangiatrice di uomini»
«Carino.» commentò lei, un sopracciglio sollevato.
«Ma io non glielo ho lasciato fare.» aggiunse, con orgoglio. Ricordava ancora quel bel sedere con, annessa e connessa la sensazione di averlo tra le mani e quel completino in pizzo, ma questo non lavrebbe mai ammesso con sua moglie. «Lho respinta.»
«Che uomo» mormorò lei. «Era una bella donna?»
«Che centra?» sospirò lui, capendo al volo la trappola. «No, era una donna normale, un po grassoccia. Forse anche lievemente strabica. Capelli crespi e sedere grosso. Non il mio tipo, comunque.»
Il corpo di Giorgia era tuttaltro che normale era una gran figa, di quelle che si vedono nelle riviste mezze svestite e i suoi capelli sembravano fatti di seta, ma ora era il caso di aggiungere benzina sul fuoco.
«Piuttosto, tu? Mia dolce donna del mistero.»
«Io, no. Assolutamente.»
Sandi era calma e sicura di sé. Mai e poi mai si sarebbe rovinata.
«E il tuo libro? Lhai lasciato a Olivia? Il titolo?»
«Sì, è nelle sue mani, o, meglio, è quasi nella sue mani. Lo troverà domattina. Il titolo non lo so lo deciderà chi per me.»
Poco prima di dolce e caffè lei disse al cameriere, allorecchio, di aspettare un quarto dora prima di portare un tiramisù per entrambi.
«Sai cosa dobbiamo fare?» disse lei, gli occhi spalancati e accesi. «Vieni con me!»
Si alzò e lo prese per mano. Lui non capiva. Lei si guardò attorno, guardinga, e lo spinse dentro il bagno delle signore. Una volta dentro lo baciò con foga e gli ricordò per lultima volta chi fosse Sandra Alti e perché facesse perdere così tanto la testa a tutti, malgrado lui questa capacità non lavesse mai veramente dimenticata.
Uscirono poi dal locale, tirandosi per le mani, eccitati e felici come due adolescenti.
Mangiarono un gelato, poi corsero tra la folla cercandosi, trovandosi, rincorrendosi. Tutti ridevano, alla vista di quella coppia adulta che si faceva gli agguati, che urlava e si nascondeva. Nessuno capiva. Ma loro sapevano. A mano a mano che giungeva lora divenivano sempre più nervosi, inquieti. Era come se non vedessero lora che tutto avvenisse ma nel contempo che volessero prolungare quellora di libertà, di pace, di leggerezza.
Poi si guardarono. Un ultimo bacio fu scandito dalle campane che annunciavano la mezzanotte, e fu allora che camminarono mestamente verso la strada che avevano scelto con cura.
Stapparono unaltra bottiglia di champagne che Sandi aveva comprato in unenoteca proprio per quelloccasione e bevvero alla grande. Poi si presero per mano, presero un respiro e saltarono dallalto cavalcavia.
Qualcuno ha detto che tra il decidere di uccidersi e il farlo ci sia un momento un solo, impercettibile e svelto momento nel quale tutto si mette nuovamente in dubbio. Ecco perché spesso allultimo momento si chiede aiuto, o si fugge. È un ultimo barlume di speranza, di voglia di vivere e spesso è di vitale importanza. È la linea che divide lessere vivi dallessere morti. Sandi e Eddie avrebbero potuto pensare che a tutto cè una soluzione, che ogni cosa si può risolvere. Invece le loro menti non ebbero quel momento di riflessione. Poco prima di saltare Sandi pensava a quanto avrebbe desiderato sapere la sorte del libro e alleventuale titolo che avrebbe voluto dargli, mentre Eddie al fatto che quel cielo di mezzanotte venato di un rosso fuoco fosse fantastico.
E con i pensieri: Diario di una passione mortale e Lavrei voluto nella nostra stanza da letto finirono due vite, complesse e malate, in un certo senso, ma senza ombra di dubbio interessanti.
*
Ester e Miguel erano fatti, come al solito. Lei urlava per cambiare stazione alla radio e lui urlava perché non voleva che lei urlasse. Avevano un concetto di vita che oscillava dallillegale al dannoso. Tutte le cose pericolose o schifose o moralmente inaccettabili li affascinavano. Non ricordavano lultima volta che avevano fatto lamore da sobri e senza aver assunto droghe. Non lavevano comunque mai fatto in un letto. Quando finivano la grana per bucarsi di eroina si inventavano qualcosa; era più difficile se finivi a rota tutti potevano fare di te ciò che volevano, ed eri alla mercé di ogni idiota che passava ma erano sempre riusciti a tirare su qualche soldo. Lei aveva già venduto da tempo tutto il suo oro; lo aveva unito a quello rubato a sua madre ed era uscito un gran gruzzolo. Lui non aveva né oro né madre che avesse oro, quindi non aveva avuto nemmeno lopportunità di farlo. Insieme avevano messo su ebay gli elettrodomestici e i mobili. Ora vivevano in una catapecchia con un tavolo, un materasso maleodorante e scosciato e una televisione datata e polverosa. Da qualche mese lei doveva adescare gli uomini ricchi nelle stazioni di servizio; le faceva schifo e talvolta le veniva voglia di smettere di farsi solo per non vedere quelle facce eccitate, e sudate, e grasse. Ma poi si tornava al principio. Lui diceva di amarla, ma accettava di buon grado che vecchi pervertiti posassero le mani su di lei. «È per una buona causa.» si ripeteva. E non ci pensava. Se lavesse fatto sarebbe precipitato nella tristezza della sua miserabile esistenza e non ne sarebbe uscito vivo.
Non erano altro che due poveri miserabili che, per un fortuito caso del destino, si erano incontrati. Non avevano idee, né prospettive. Nemmeno i loro nomi erano quelli reali.
Lei veniva da una famiglia perbene; padre avvocato, madre professoressa di italiano e sorella biologa, ricercatrice alla Sapienza di Roma. Un futuro angelico era stato scritto anche per lei, o almeno finché, a quindici anni, fu chiaro a tutti che una pecora nera ci vuole in ogni nucleo familiare. Iniziò con roba leggera, poi entrò in brutti giri: solita storia. I suoi, troppo perfetti per tutta quellanormalità, con gli estranei non la nominavano neppure ma fra loro ne parlavano di continuo. Non sapevano quale fosse lerrore, cosa avessero fatto di male. Per fortuna laltra figlia, con i suoi scintillanti risultati, oscurava linsuccesso di avere una disgraziata in famiglia. Ogni tanto, tra un buffet di Natale e un Capodanno sempre con gli stessi facoltosi amici con la puzza sotto il naso, quando il senso di colpa si impadroniva del loro cuore di pietra la cercavano e le davano un paio di biglietti da cento euro; magra consolazione, dato che venivano usati solo per un ulteriore passetto verso la morte.
Lui era, invece, un bambino nato disagiato. Aveva assaggiato, fin da piccolo, il sapore del sangue nella bocca: non sempre i compagni della sua mamma erano capaci di amarlo. Era stata lei la sua mamma, la figura che dovrebbe, in genere, adempiere al faticoso compito di rendere lesistenza dei propri figli un incanto a iniziarlo alla droga. Daltronde lei stessa era stata indirizzata da suo padre, trafficante di droga noto in tutto il circondario. Nemmeno se si fosse impegnata avrebbe potuto fare di meglio. Aveva messo al mondo cinque figli tutti di padri differenti, e aveva fatto in modo che ognuno di loro fosse abbastanza capace di mettersi nei guai prima di schiaffarli alla porta. Lunica sorellastra con la quale avesse stretto legami e alla quale voleva un gran bene era sparita anni prima; questo di certo non laveva aiutato.
Lui se ne era fatto una ragione. «È la vita», diceva, con tono triste ma fermo.
Stavano insieme da anni; entrambi avevano altri amanti e spesso litigavano tanto da mettersi le mani addosso tuttavia erano luno il porto sicuro dellaltro. Cerano, e in quel tipo di vita era già tanto così.