«Fanculo, abbassa questa merda!»
«Muori, maiale!» disse lei. Era mezzanotte ma aveva gli occhiali da sole. Muoveva la testa a ritmo di canzone e aveva chiuso gli occhi. Quella canzone parlava di amore e speranza; ascoltarla portava un po di luce nel buio di una vita vuota, senza senso.
«Eccheccazzo, sei sempre la solita stronza!»
«Senti,» disse lei, poco convinta «ti ho procurato la dose, sai? Quindi che vuoi da me? Minimo mi fai sentire la canzone di che cazzo mi pare» concluse, perentoria.
Lui mise il muso, ma lei non se ne curò.
«Merda, cè un cazzo di animale nella strada!»
«Frena!» urlò lei, in preda al panico.
Ma non ci riuscirono. Investirono quella carcassa scura. Poi, con un botto, si fermarono e scesero dalla macchina per vedere.
Nessuno li avrebbe potuti preparare per quello che avevano davanti.
Ester vomitò lanima e litri di alcol su quei due corpi martoriati.
Gli occhi di Sandi erano aperti, vuoti, freddi e la testa, girata sul lato destro, era piena di sangue. Eddie era riuscito a chiudere gli occhi, prima di frantumarsi nellasfalto di quella strada poco trafficata. Gli arti di ambedue formavano angoli irregolari.
«Chia, chia Chiama Chiama qualcuno!»
«Ester, qui ci vuole un carro funebre.»
«Non mi importa chi diavolo vuoi chiamare, Miguel! Chiama qualcuno Oddio, oddio»
Pianse a dirotto, chinata su se stessa.
Ancora non sapeva che quellimmagine lavrebbe accompagnata per il resto della sua vita; non sapeva nemmeno che quella strada coincidenza degli eventi lavrebbe salvata.
*
Arrivò un mare di agenti, paramedici e medici. A Ester venne data una coperta mentre Miguel giaceva svenuto in unaltra ambulanza. Ma nessuno si stupì di quel macabro ritrovamento. I corpi vennero chiusi in un telo di plastica scura e spediti allobitorio.
Qualche giorno dopo Ester e Miguel si fecero una promessa: che quello fosse un nuovo inizio. Soprattutto dopo aver scoperto la verità.
PARTE PRIMA
Si dica ciò che si vuole! Il momento più felice di chi è felice è quando si addormenta, come il momento più infelice di chi è infelice è quando si risveglia.
Arthur Schopenhauer
1
Sandra Alti era una bella donna di quelle belle donne che rimangono impresse nella mente di chi le trova nel suo cammino. Non aveva quella bellezza perfetta stile Barbie, con capelli platino, occhi cielo e fisico asciutto ma sapeva produrre invidia nelle donne ed eccitamento negli uomini. Procace e seducente, maliziosa in sguardi e frasi, mai ingenua anche se sapeva fingere bene, il più delle volte, di esserlo se non altro per attirare su di sé ancora più ammirazione sapeva nascondere il suo egoismo dietro frasi di circostanza e finto interesse. Era sempre stata una prima donna, e mai e poi mai avrebbe ceduto trono, scettro e corona a qualcunaltra. Se non ti ascoltava non era mai perché era un po sorda come talvolta sosteneva, seppur con poca convinzione, al fine di rendere le cose meno evidenti ma perché semplicemente o non le interessavi tu o non si curava di ciò che avevi da dire. Le sue armi infallibili e precise erano unestrema autostima nessuno mai avrebbe potuto farle pensare che non valeva; chiunque ci avesse, in passato, provato, era finito in un bar malconcio a bere sulla sua stupidaggine e un Gucci sui polsi. Non aveva un lavoro molto soddisfacente faceva limballatrice presso una grossa azienda di giochi per bambini ma aspettava, di continuo e senza mai perdere di vista lobiettivo, la sua occasione come scrittrice. Erano anni che provava a scrivere; aveva iniziato una favola, un romanzo e un bel paio di racconti per bambini, tuttavia, puntualmente, si ritrovava a chiudere il PC e a tornare alle faccende domestiche. Le mancava quel non so che necessario per trovare lidea vincente. Non si sarebbe arresa «Mai!» aveva giurato a se stessa, qualche inverno prima ma per ora si limitava a svolgere una vita annoiata e disinteressata. Suo marito Edmund Bellavista, per tutti Eddie, del resto aveva smesso di prenderla sul serio: lei non avrebbe nemmeno saputo dire perché, ancora, dopo tutti quegli anni, fossero ancora sposati, visto che linteresse era finito da un pezzo.
Era proprio a questo che pensava, in quellumida mattina di fine aprile, mentre, in mano un bicchiere di vino bianco, faceva un bagno caldo nella vasca a idromassaggio.
Pensava a quanto fosse infelice la sua esistenza. Una grande casa e due estranei che vi abitavano. Nulla di nuovo, nulla di speciale nulla e basta. Il bagno, nei suoi colori tenui, era il luogo adatto per riflettere sul senso della vita. Un senso che, tuttavia, ora a lei sfuggiva: «Perché continuare a fingere?» concluse, stancamente. Poi pensò allo stipendio di lui di netto superiore al suo e tutte le soluzioni le giunsero al cervello annacquato di acqua e profumi per bagno.
«Sono a casa!» urlò Eddie, dal piano inferiore. Lanciò la borsa nella poltrona e si diresse in cucina. Nessuna risposta, ma ci era abituato. Solo cercava di avvisarla quando entrava in quella casa che era di entrambi; se non altro per non far succedere quello che era capitato qualche tempo prima.
Era stata una giornata faticosa in ufficio, ma era riuscito a terminarla in modo più indolore possibile. Non aveva avvisato Sandi che stava rientrando: solitamente quando faceva tardi dormiva da Sergio, suo amico e compare, ma questoggi, liquidata la sua solita proposta si era diretto verso casa. Aveva bisogno di un bel bagno e del suo letto.
Entrò in casa cercando di non fare rumore e si diresse verso il frigo bar. Prese una bottiglia di Montenegro e ne versò una quantità generosa in un bicchiere pesante di vetro, con quattro cubetti di ghiaccio. Poi si stravaccò nella poltrona verde del salotto, non prima di aver sbattuto sonoramente un ginocchio nel tavolino in vetro dinanzi a sé. Pochi minuti dopo fecero irruzione in casa sua due poliziotti. Fu allora che Sandi, pallida e nervosa, fece capolino dalla scala. Era furioso.
«Ora non posso nemmeno entrare quando mi pare in casa mia, Sandi? Vuoi sbattermi fuori?» domandò, stizzito.
«No, è che io», lei non riuscì a terminare la frase. Si sentiva sciocca, in quel momento. Ora capiva. Certo: un ladro non avrebbe fatto tutto quel trambusto.
«Agenti, è mio marito, potete andare» aggiunse, imbarazzata.
Uno degli agenti ci mise un secondo a digerire linformazione, e Eddie capì subito perché. Sandi aveva una vestaglia in pizzo e la biancheria, rosso fuoco, brillava al di sotto. Non si era struccata dalla sera precedente, e la sua bellezza rifulgeva di luce propria, in quella scala buia.
«Fuori, per favore vorrei discutere con mia moglie.» sbottò nervosamente enfatizzando, forse in modo eccessivo, la parola moglie.
«Ci scusi arrivederci.»
«Che diavolo hai indosso? Cè un altro uomo, su con te?»
«Che diavolo dici? La metto per sentirmi sexy, dato che tu non sei capace di darmi questa semplice soddisfazione.»
«Ok, come ti pare.» terminò scortesemente lui, girandole le spalle.
Si riprese da questa visione passata, e aprì lo stesso frigo bar di quella notte. Stesso bicchiere, stesso liquore e stessa quantità di ghiaccio. Persino stessa poltrona. Chiuse gli occhi, distese i piedi e li poggiò sul tavolino. Era una brava persona, pratica e sempre gentile. Passionale e coraggioso, era anche tenace, non mollava mai. Lunica cosa che non avrebbe mai potuto nemmeno con la forza dellintero universo migliorare era lo stato del suo matrimonio. Laveva amata, e tanto anche e ancora, seppur di rado perché la distanza metteva delle barriere invalicabili tra loro, si ritrovava a desiderarla. Aveva una moglie bellissima ma era più a portata di mano la Luna che il suo corpo.
Sarà che quando una cosa si rompe non si riaggiusta mai per bene; sarà che le sofferenze non avvicinano, checché se ne dica; e sarà anche che il matrimonio di due persone così differenti non era destinato, dal primo giorno, a finire bene.
O sarà che per tenere unito un filo che passa per due persone è necessario che entrambi lo tengano; nessuno dei due era più disposto a farlo, e quel filo giaceva, esanime, nel mezzo.
Si sganciò la cravatta, e il primo bottone dei pantaloni. Dopo aver guardato un po di televisione si diresse, esausto, verso la camera da letto al piano di sopra.
Dormivano ancora insieme, non sapeva perché. Quel gesto sciocco, considerata la situazione, gli dava tuttavia un senso di normalità in tutto quel caos.
Si tolse, lentamente e senza far rumore, i vestiti. Poi alzò un lembo di coperta e si infilò accanto alla donna che aveva sposato circa 15 anni prima. La guardò di sfuggita. Un raggio di luna che penetrava dalla finestra le illuminava il volto pacato, tranquillo. Lui sperò stesse sognando. Avvicinò la mano per sfiorarla e subito un ricordo lo travolse, come un camion.
«Metti la mano sulla pancia, Eddie!»
«Quando? Adesso?» rispose, nervoso, lui.
«Sì, ora. Sai! Accidenti, hai perso il momento.» si espresse, infine, lei. La bambina si era momentaneamente calmata.
«Porca miseria»
«Dai, tranquillo, fra un pochino si risveglia!»
«Come la chiameremo, Sa?»
«Ah, non so ho comperato un libro di nomi.»
Si alzò, goffamente. La pancia era bella grossa, mancava un mese e mezzo e già lei si sentiva una balena. Stare seduta le doleva: la bimba premeva sulle costole provocandole delle fitte atroci.
Gli porse un libretto arancione comprato da pochi giorni. Aveva annotato sui margini i nomi che lavevano colpita.
«Samantha?» disse lui, inarcando un sopracciglio. Non gli piaceva.
«Bello, Sara. Anche Denise mi piace. Ma è più bello Ginevra.»
«Sì, Ginevra è un gran nome.»
«Allora permettimi di fare due coccole alla mia piccola Ginevra» propose lui, con il sorriso sulle labbra.
Si distese accanto a lei e le posò la mano sulla pancia, massaggiando il punto dove sua figlia, beata e indisturbata, cresceva.
«Ma non sappiamo ancora se si chiamerà Ginevra» si lamentò la donna, che però era estasiata dallentusiasmo di suo marito.
«Ma dai, lasciami fare. Zitta, tesoro»
E si addormentarono così, con la luce gialla dellabat jour, un libro arancione accanto e un gran calore che li invadeva.
Tornò al presente, e lassenza di quel calore percepito pochi istanti prima nella sua mente scostante lo ferì tanto da fargli montare la rabbia.
«Fanculo.» disse, fra sé. Con le lacrime agli occhi le diede la schiena e cercò di dormire.
Sandi, che quando lui era salito ancora non era totalmente addormentata, percepì la mano di lui vicina al suo viso e sentì limprecazione. Immaginò il disagio, la frustrazione delluomo. Avrebbe potuto girarsi, posare una mano sulla sua fronte e dirgli che andava tutto bene. Sarebbe stata una bugia, è vero, ma una di quelle menzogne bianche. Invece non fece nulla. Sospirò, piano per non farsi sentire, e si addormentò. Era finita fra loro, bisognava solo prenderne atto.
2
Il sole era già alto nel cielo, in quella tiepida mattina di primavera. Sandi si svegliò di soprassalto e guardò accanto a sé. Suo marito era uscito, probabilmente era già a fare jogging. Al suo posto Ted, il loro cagnetto beige, russava sonoramente.
«Ted? Teddy?» si rivolse a lui la sua padroncina, tentando, invano, di attirare la sua attenzione. Ma dormiva, e sodo anche. Girò il musetto peloso dallaltra parte, e sospirò.
«Va bene, quando hai voglia scendi» finì brevemente lei, mentre si stiracchiava e usciva dalle calde coperte.
Una volta nella sala da pranzo bollì lacqua e preparò una tisana di the al caramello. Poi si sedette con lo sguardo rivolto verso la finestra che dava sul prato, a pochi metri da lì. Era assorta nei propri pensieri quando il telefono trillò. Si spaventò, posò la tisana rovente e si diresse verso il telefono di casa.
«Pronto?»
«Oh, Sandi! Meno male che ti ho trovata»
Sua madre. Bene, fantastico anzi. Trovava sempre il momento migliore, il più rilassante, e lo rovinava con le sua ciance inutili.
«Dimmi, mamma. Però sbrigati, sono pronta a uscire.»
«Mi dici sempre così! Sciagurata Una madre ha bisogno di parlare con la propria unica figlia, di tanto in tanto. E mai che tu sia disposta ad ascoltarmi. E se avessi un problema grave? Se stessi morendo?»
«Mamma, non vivrai per sempre.» concluse, perentoria e secca.
«E quindi?»
«E quindi ti seppelliremo, quando morirai. Certo non ti lasceremo a marcire in casa tua, e nemmeno ti imbalsameremo.»
Sandi era scocciata: possibile che dovesse fare, ogni santa volta, la melodrammatica?
«Ah, be se mi dici così. Io ti ho cresciuta»
La figliola prodiga, esasperata, piantò il telefono nel tavolino del soggiorno per poter andare a recuperare la tisana in cucina. Tanto si disse si sta solo lamentando della vita e di me. I suoi due argomenti preferiti. Ne avrà per molto.
Ciabattò flebilmente fino alla cucina, prese la tazza della Tour Eiffel ricordo di Parigi e di quella notte magica, dolce e ardente insieme e vi soffiò dentro.
«come al solito nessuno si cura di me! Ti ho cresciuta, quando quel disgraziato di tuo padre se ne è andato! Pensi sia stato facile pensare a cambiare i tuoi pannolini e a lavorare? Io ero unattrice! Una bellissima, talentuosa attrice di talento, sai, ne avevo da vendere!»
«Ah,» riprese Sandi, che nel frattempo aveva colto solo il senso generale di quel monologo infinito «quindi se non sei diventata famosa sarebbe colpa mia e dei pannolini che solevo sporcare? In questo caso, mi devi davvero scusare. Sono stata una figlia orribile; sporcarmi, mangiare, desiderare attenzioni: che ingrata!»
«Oh, Sandra, non fare la drammatica. Non ho detto questo!»
«Invece mi pare che tu labbia appena fatto. Che poi, perdonami se sbaglio, a quel che so io ti avevano già scartata quando ti venne su la pancia della gravidanza» asserì poi, non senza una punta di cattiveria.
«Bene, devo andare. Ciao.» tagliò corto lei.
Carlotta era stata una donna meravigliosa come la figlia, daltronde ma non aveva avuto molta fortuna né con la carriera né con la famiglia: il suo talento era stato presto smentito da numerosi agenti e luomo che allepoca si portava a letto e del quale si stava peraltro anche innamorando aveva tagliato la corda non appena lei aveva pronunciato le parole bebè, culla e biberon. Aveva cresciuto quella figlia non voluta allinsegna dellegoismo e della noncuranza, non mancando mai di sottolineare la sua frustrazione per quel ruolo, di ragazza madre lavoratrice, che così poco, secondo lei, le si confaceva.
La ragazzina, dopo le iniziali delusioni, si arrangiò; si creò una vita e sopravvisse, ma in cuor suo ammirava quella donna così elegante, fine, altera al punto che aveva finito per assomigliarle più di quanto avrebbe mai potuto ammettere. Ma adesso per mesi non si vedevano né si sentivano, e a Sandi stava bene così.
Si mise al PC. Anche quel giorno avrebbe provato a scrivere. Era, in fin dei conti, libera per il resto della giornata. Optò per una protagonista donna: si vantava di conoscere il mondo femminile in ogni sua sfumatura. Sbagliava, ovviamente: conosceva solo il versante cattivo delle donne quello maligno, malizioso, fatto di inganni e menzogne.