Fiamme Oscure - Amy Blankenship 6 стр.


“Pensavo che lo sapessi.” ammise Storm con un’espressione quasi scioccata. “I negromanti sono creature molto sensuali per un motivo...desiderano vivere.”

Zachary fece una smorfia. “E siccome Myra non ha mai scelto un compagno, ha deciso di sentirsi viva andando a letto con tutti.”

“Ha provato a resistere al desiderio, all’inizio, ma più si asteneva... più il suo corpo diventava debole. I negromanti si sono sempre nutriti della forza vitale del sesso... anche se la maggior parte di essi sceglie un compagno.” confermò Storm.

“E perché Myra non ne scelse uno?” chiese Zachary, ma la sua attenzione si posò su Guy, che stava scomparendo lungo lo stesso sentiero che Tiara aveva imboccato solo pochi minuti prima. Il tizio avrebbe potuto avere una maglietta con la parola ‘Stalker’ stampata sul davanti.

“Non importa, ne parliamo dopo.” disse Zachary da dietro mentre si affrettava verso l’oceano.

Storm sorrise tra sé...Zachary non era davvero felice se non combatteva per salvare qualcuno da se stesso. Se Tiara era come sua madre, Zachary avrebbe avuto mal di testa per molto, molto tempo. Si voltò per tornare indietro, ma si fermò vedendo Ren uscire dalle doppie porte.

Ren prese il cellulare e lesse il messaggio. Sorrise prima di girare attorno al castello, lì dove si trovava l’enorme garage, ma si fermò quando sentì qualcosa scricchiolare sotto i suoi piedi. Guardando giù, Ren notò che il bel vetro colorato che adornava le finestre superiori del castello era in frantumi sul prato.

Si accigliò... non potevano avere un castello con finestre rotte. Alzò leggermente la mano ed il vetro che era caduto durante il volo di Kamui e Toya levitò lentamente dall’erba, ricomponendosi come un puzzle di mille pezzi. Spingendo la mano verso l’alto, Ren osservò il vetro scintillante che saliva in alto, tornando di nuovo al proprio posto al terzo piano.

Seguendo Ren, Storm alzò un sopracciglio quando vide un carro attrezzi in arrivo, e si chiese se il conducente avesse visto la scena di pochi minuti prima. Sorrise quando vide che c’era Hunter al volante, e alzò una mano quando Hunter lo salutò.

Entrando nel garage, il sorriso di Storm si allargò. Ren stava girando attorno all’auto di Trevor, osservandola con occhio critico. Storm notò anche la scheda elettronica hi-tech che Ren aveva in mano.

Ren alzò lo sguardo all’arrivo di Storm e notò il suo sorriso, prima di rivolgere l’attenzione all’auto.

“Perché sorridi?” gli chiese Ren.

“A volte è bello non riuscire a vedere il futuro.” dichiarò Storm sinceramente.

“Che vuoi dire?” domandò Ren.

“Significa che almeno per ora...sono nella mia dimensione temporale.” rispose Storm.

Ren annuì, decidendo di non tentare neanche di elaborare quell’enigma, e continuò a scorrere la mano sull’auto come per sentirla.

“Cos’hai intenzione di fare con quello?” gli chiese Storm facendo un cenno verso il computer.

“Potenzierò l’auto di Trevor.” rispose Ren.

Storm si appoggiò ad una delle altre vetture. “D’accordo, e perché vuoi potenziare l’auto di Trevor?”

“Perché mi annoio.” Ren scrollò le spalle, ma lo sguardo sul suo volto diceva che si sarebbe divertito. “E perché ho bisogno di sfogare un po’ del mio potere prima di soffocare.”.

“Questa non posso perdermela.” rise Storm.

Ren sorrise mentre collocava la scheda elettronica sul parabrezza e fece un passo indietro per osservare la parte anteriore dell’auto. Alzò i palmi verso la macchina e fece un respiro profondo. I fari si illuminarono all’improvviso e i cavi strisciarono fuori dal cofano rovinato, attaccandosi alla scheda e tirandola dentro.

Il corpo dell’auto cominciò a scricchiolare e a rumoreggiare, cambiando forma, e un altro colore iniziò a comparire a piccole chiazze. Le ammaccature si raddrizzavano mentre il corpo si ridisegnava. Gli pneumatici si ripararono e si riempirono di aria mentre i cerchi si trasformavano. Il cofano si aprì e Storm vide il motore ricostruirsi da solo... l’olio vecchio scompariva lentamente e l’originario colore cromato prendeva il suo posto.

Le chiazze di colore aumentarono e presto un bellissimo nero brillante ricoprì tutto il corpo dell’auto. I finestrini si scurirono tanto che era quasi impossibile vedere all’interno e Storm fece un fischio mentre girava attorno all’auto. Aveva lo stesso aspetto di una classica Mustang. Storm non poté fare a meno di sorridere quando lesse il nome di Ren su un piccolo stemma cromato sul retro, al posto di quello della nota casa automobilistica.

“Almeno non sei egoista.” Storm rise.

Alla fine Ren abbassò le mani e sorrise orgoglioso alla nuova auto potenziata. “Ti presento... Evey.”.

Storm spostò lo sguardo verso Ren e alzò un sopracciglio. “Evey?”

Ren scrollò le spalle. “Quella di Stephen King si chiama Christine, quindi la mia può chiamarsi Evey. E poi, è il nome più simile ad Envy che ho trovato senza dover usare il suo nome.”.

Storm non poté fare a meno di ridere “Sei terribile.”.

“Mi piace pensarlo.” disse una voce femminile sexy.

Storm guardò la macchina. “Parla?”

“Certo che sì.” disse Evey, e la portiera si aprì lentamente. “Vuoi fare un giro?”

Storm scosse la testa, fidandosi soltanto del suo modo di viaggiare. “Mi dispiace, sei molto bella ma... temo di non poterlo fare.”.

Evey sospirò “Molto bene, ma un giorno siederai sul mio sedile posteriore.”.

Storm fissò Ren. “È molto...provocante.”

Ren mise le mani in tasca. “Le auto parlanti sono sexy.”

“Grazie, Ren.” Evey fece le fusa.

“Quello che la rende perfetta...” continuò Ren “... è che la voce di Evey è una copia esatta di quella di Envy.”.

Storm serrò le labbra per placare la risata e annuì energicamente. Ren non mostrava molto spesso questo lato della sua personalità ma, quando ciò accadeva, l’attesa valeva sempre la pena.

“Evey.” disse Ren.

“Sì, Ren?” rispose Evey.

“Tu appartieni a Trevor, è lui il tuo proprietario.”

Evey mormorò. “Trevor si è sempre preso cura di me... adesso mi prenderò io cura di lui.”.

Storm aprì la bocca per dire qualcosa...qualsiasi cosa, ma la sua vista iniziò ad offuscarsi e le guance gli facevano un male cane. Camminò rapidamente per cercare la porta più vicina, che era l’ingresso per il guardaroba, prima di ridere di nuovo.

“Stai bene, Storm?” sentì Evey chiedere la porta chiusa.

“Sto bene.” disse Storm. “Torno tra un attimo.”

Il labbro di Ren si contorse mentre lui ed Evey aspettavano che il capo ritrovasse il senno.

Capitolo 4

Guy seguì Tiara giù lungo i gradini, che erano stati scolpiti sul fianco della scogliera da una combinazione di mani umane e forze naturali. Seguì silenziosamente il proprio obiettivo verso la spiaggia privata.

La sagoma di Tiara tornò in vista sulla sabbia e lui si fermò a distanza, abbastanza a lungo per guardare la sua figura flessuosa. Quando i suoi piedi toccarono la sabbia, Guy rimase attonito per l’immagine che aveva davanti agli occhi. Con i suoi lunghi, setosi capelli bianchi e la pelle dorata... ... lei sembrava una bellissima ninfa dell’acqua che era arrivata sulla terraferma per fuorviare gli uomini.

La sagoma di Tiara tornò in vista sulla sabbia e lui si fermò a distanza, abbastanza a lungo per guardare la sua figura flessuosa. Quando i suoi piedi toccarono la sabbia, Guy rimase attonito per l’immagine che aveva davanti agli occhi. Con i suoi lunghi, setosi capelli bianchi e la pelle dorata... ... lei sembrava una bellissima ninfa dell’acqua che era arrivata sulla terraferma per fuorviare gli uomini.

Tiara se ne stava in piedi sulla battigia, lasciando che l’acqua lambisse i suoi sandali. Anche se la fredda oscurità la chiamava, lei amava la sensazione del sole caldo sulla pelle. Osservando l’oceano riusciva a sentire le vite che, nei millenni, l’acqua aveva preso e mai restituito.

La maggior parte degli umani che morivano entrava nella dimensione successiva...ma c’era sempre chi rifiutava la chiamata. Lei piegò la testa di lato e si chiese se quei fantasmi nuotassero con i pesci e fossero felici.

Sul suo volto apparve un lieve sorriso quando ricordò le tante storie che aveva sentito, negli anni, a proposito di uomini perduti in mare e dell’aver visto qualcuno in acqua con loro. Quella persona restava con loro fino al loro salvataggio. In ogni caso, la seconda persona non veniva mai trovata e Tiara capì che si trattava del fantasma di un morto che si rifiutava di lasciare la propria casa nell’oceano.

I fantasmi erano solitamente creature buone che non avevano poteri esterni. Lei lo sapeva... ...aveva anche giocato con loro da bambina. Il loro vero potere risiedeva nel loro spirito... era quel potere interiore ad attrarre i demoni. Una volta sotto il controllo dei demoni, i fantasmi diventavano poco più che burattini agli ordini del loro signore...vittime innocenti negli intrighi dei demoni.

I passi di Guy erano silenziosi mentre accorciava la distanza tra sé e Tiara, finché l’acqua salata non circondò le suole dei suoi stivali. La brezza era ancora calda, anche se mancavano solo un paio di settimane ad Halloween... la notte in cui gli uomini si travestono da mostri. Non voleva nemmeno pensare a cosa sarebbe successo quella notte.

“Tiara.” La sua voce era fredda perché sapeva che lei aveva mentito a Storm sul numero di persone di cui aveva bisogno in squadra solo per tenerlo a distanza. “Dobbiamo parlare.”

Tiara era così persa nei pensieri che sentire il proprio nome così vicino la fece sussultare. Sospirò dentro di sé, sapendo che stava per ferire Guy, e si voltò per guardarlo. Deglutì quando vide il dolore brillargli negli occhi.

“Guy, mi dispiace davvero.” Ogni parola era vera per lei.

Guy strinse i pugni lungo i fianchi. Lei stava per dirgli di no e lo sapevano entrambi. Lui cercò di scacciare il pensiero di costringerla ad obbedire, ma era proprio lì nella sua mente...e lo tentava.

“Carley era un membro del PIT ed è morta per salvare un’altra vita... la mia. Quindi merita una seconda occasione.” Lui insistette come se avessero già avuto una silenziosa discussione in tal proposito...e in un certo senso era così.

Tiara scosse lentamente la testa ma la sua espressione era piena di compassione. La sua voce rimase calma e tranquilla mentre cercava di spiegargli perché non poteva risuscitare sua sorella. “Destare qualcuno dalla morte è come riportare in vita uno zombie senz’anima. Sono in grado di parlare e di muoversi, ma sono vuoti...soltanto gusci in cui la loro anima abitava. Il mio compito è quello di liberare gli zombie dai loro creatori... non di crearli io stessa.”.

“Non dire stronzate.” Guy perse il flebile controllo che aveva sulla propria rabbia. “Tua madre era in grado di controllare le anime e adesso quel potere appartiene a te, quindi basta ordinare a Carley di tornare nel suo corpo. Quando sarà qui, potrai bloccarla al suo interno. Andiamo, sono passate solo un paio d’ore. Il suo corpo è ancora caldo, quasi.”.

“Tu la legheresti ad un corpo che è in condizioni peggiori di quando l’ha lasciato? Vorresti questo per tua sorella?” gli chiese Tiara, tristemente delusa. “Non hai pensato a questo, Guy. Che vita sarebbe per lei?”

Guy si mise improvvisamente di fronte a lei, afferrandole il polso e girandola verso di sé fin quando non furono solo ad un paio di centimetri di distanza. Guardando il volto spaventato di Tiara ringhiò “Io farò tutto il necessario per riportarla indietro. Mi prendevo cura di lei prima e posso farlo di nuovo.”.

“Se non vuoi più di una semplice scottatura, ti suggerisco di lasciarla andare.” La voce di Zachary era vicina e il suo tono era pieno di avvertimento.

Zachary era rimasto in disparte ad ascoltare la conversazione tra Tiara e Guy. Sapeva che Guy soffriva... cavolo, sapevano tutti cosa significasse Carley per lui. Tuttavia, quando Guy afferrò Tiara in modo quasi violento, Zachary si rifiutò di starsene in disparte e lasciare che la maltrattasse. Era così piccola e fragile in confronto a lui. Sembrava sul punto di rompersi.

Gli occhi di Guy si strinsero su Tiara, senza prestare attenzione alla minaccia di Zachary.

Continuava a fissare gli occhi luminosi di Tiara, troppo brillanti per un umano comune. Ancora una volta, il pensiero di costringerla a fare ciò che voleva affiorò nel suo subconscio. Che cosa aveva da perdere... aveva già perso tutto ciò per cui viveva.

“Non mi sta facendo male.” La voce di Tiara era calma, ma lei si rifiutò di interrompere il contatto visivo con Guy. Le stava facendo male, ma ciò che faceva più male era l’accenno di follia che stava prendendo forma nello sguardo furioso di Guy. Non era davvero arrabbiato con lei... stava provando il normale senso di colpa di chi sopravvive. Nella sua mente, sarebbe dovuto morire lui stesso invece di Carley.

“Guy, se mi lasci andare, userò la mia negromanzia per invocare Carley. Così potrai chiedere a tua sorella cosa desidera ora.”. Tiara non si dimenò. Voleva che si fidasse di lei.

Zachary scosse la testa e fece un passo verso di loro. “Non credo che sia una buona idea.” disse cupamente. Era un maestro nell’interpretare le persone e, anche se Tiara si stava sforzando di nasconderlo, lui sapeva che era spaventata. “Ti ho detto di lasciarla andare, Guy!”

“Non le sto facendo del male.” Guy quasi urlò in risposta.

Zachary strinse i denti e cercò di tenere a bada il proprio temperamento impetuoso che era affiorato di colpo. Sapeva che Guy era in lutto ed era ovvio che l’altro uomo non stesse gestendo molto bene la cosa. Ad ogni modo, ciò non significava che gli avrebbe permesso di sfogarsi su Tiara.

Senza neanche rendersene conto, l’aria attorno a Guy si riscaldò di parecchi gradi.

Guy lasciò andare il polso di Tiara e volse lo sguardo verso Zachary mentre iniziava a sudare. “Tu stanne fuori.”

“Oh, temo che sia troppo tardi.” Le labbra di Zachary accennarono un sorriso pericoloso.

Non volendo essere la causa delle ferite di qualcuno, Tiara allungò una mano e toccò il braccio di Guy per riportare la sua attenzione su di sé. “Invocherò l’anima di Carley... non il suo corpo.” sussurrò “E potrai parlare con lei.”. Ora che aveva la sua piena attenzione gli prese il viso tra le mani. “Avrò bisogno di qualcosa, prima.”

“Ti darò qualsiasi cosa.” disse Guy disperato. “E anche dopo che avrai finito...se ne hai bisogno.” Mise la mano su una delle sue e girò il viso, baciandole dolcemente il palmo ed inginocchiandosi per non essere troppo alto per lei. “Io ci sarò per te.”

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