Deve avere trattarsi di qualche riccone.
Kulu sorrise. Che apprendista ingenuo! Certo che si tratta di un riccone, ma non è tutto qui. Comunque, la cosa non ti riguarda. Lunica tua preoccupazione devessere di poter rispettare le scadenze che ti imporrò. Se non ne sei in grado, sta pur certo che ti manderò in rovina. Con la quantità di balsamo, vestiti e materiale con cui ti pago posso assumere anche una decina di kasi.
Spero che il mio lavoro valga la paga che mi date.
Laltro fece un cenno con la testa. Solo non pensare che io non possa farcela senza di te. Hai una mano esperta, ma Tarnek è grande. Nessuno è insostituibile.
Neanche tu, pensò Gihtar tenendosi losservazione per sé.
Farò tutto quel che mi ordinerete.
Allora ci siamo capiti. Ora ascoltami bene. Oggi tu e Lenora vi riposerete, vi lascio liberi fino a domani. Sirmiona pensa che sono troppo generoso, ma non posso andare contro la mia natura. Bada solo che questa non diventi unabitudine, perché il giorno successivo sarà molto impegnativo.
Desideroso di riposo, lapprendista non mosse alcuna obiezione a quanto proposto. Accetta tutto ciò che ti viene offerto, questa era la regola che aveva da tempo fatto sua durante il suo servizio.
Unaltra cosa. Sposterai immediatamente tutta la merce nello scantinato. Le porte della bottega devono essere costantemente chiuse a chiave, e non aprirai a nessun altro che a me. Nemmeno a Sirmiona. Se verrà a trovarti, fa finta di non sentirla. Non cedere neanche se alza la voce, e soprattutto non metterti a discutere con lei. Sta semplicemente zitto, e se facesse problemi come solo lei sa, fa appello alle mie istruzioni. Sono io quello che servi, non dimenticarlo.
Tutto chiaro, maestro.
Manderò via Lenora per qualche giorno, non voglio che neanche lei sia presente.
Questa volta Gihtar non poté nascondere il suo stupore. Non gli sembrava strano lavorare da solo, ma un ulteriore paio di mani rappresentava un sollievo a cui rinunciava a cuor pesante. Non guardarmi così, so bene quel che ti dico. Se tutto andrà secondo i piani, sarà un bene anche per te. Siamo alle porte di un affare molto serio, e non permetterò che niente ci minacci. Ho passato tutta la notte a trattare.
La luce nel padiglione. Pensavo che saresti venuto a controllarci. Sembrava che neanche Sirmiona godesse di fiducia illimitata. Probabilmente avrebbe escluso anche me, se non gli fossi tanto necessario.
Non vi deluderò.
Sarà ben meglio. E ora torna nella bottega e riferisci a Lenora che siete liberi. Dopo le spiegherò tutto, ma tu preparati bene per quanto ti aspetta. E non dimenticare, non una parola a nessuno su quel di cui abbiamo appena parlato.
»« »« »«
In quello spazio spartano che a lui spettava, meditò a lungo e profondamente. Un tempo Gihtar aveva avuto il diritto allintera baracca dietro la bottega, ma dopo larrivo di Lenora aveva avuto il compito di dividerla in due parti. Quel mattino, proprio come il maestro aveva promesso, lei non cera.
Grato per il riposo, non si era lasciato abbattere dallidea degli impegni che lo attendevano, ma si era un po stupito quando Kulu gli aveva riportato i suoi ordini e gli aveva mostrato due nuovi stampi comprati apposta per ciò che lo aspettava. Prima di allora, era già stata una novità il nuovo forno con un bacino per il combustibile più profondo e unimboccatura più stretta. Ciò a cui era destinato richiedeva una temperatura elevata e costante.
La produzione di coltelli, per la quale si prospettava un lavoro faticoso e delicato, era illegale, a meno che non si trattasse di una produzione appositamente commissionata. Non era il caso della bottega del maestro Kulu. Era perfettamente comprensibile perché fosse meglio evitare testimoni non voluti.
Gihtar non dubitava della propria abilità. Anche se non aveva mai forgiato nulla del genere, i bozzetti e le istruzioni che si era ritrovato davanti gli fornivano una risposta a tutte le incognite che avrebbero potuto causare qualche problema. Ciò che lo preoccupava era invece il tempo a sua disposizione. Dodici coltellacci, nel periodo previsto, non erano affatto un compito semplice. Sapeva che lo attendeva un lavoro come mai prima.
E in effetti, aveva proprio ragione.
I giorni alla forgia si fondevano in una lunga agonia piena di forti colpi di martello, fusioni e riforgiature, e larsura del forno e il rosso calore erano lunico sole che i suoi occhi potevano vedere. Alcune volte si ritrovò sullorlo della disperazione, sconfitto dal colpo dei coltelli che a fatica stava forgiando. Anche quando completava con successo il processo di forgiatura, poteva succedere che non raggiungesse il bilanciamento desiderato, cosa che lo riportava al punto di partenza. Se non altro, poteva perlomeno lavorare indisturbato, non lasciava mai il laboratorio, il maestro lo aveva rifornito di una quantità più che sufficiente di balsamo, e si concedeva brevi meditazioni solo in caso di estrema necessità, su un lenzuolo scolorito vicino alla massiccia incudine.
Le rare visite di Kulu mostravano segni di comprensione al di là di ogni attesa. Non commentava i frantumi dei tentativi infruttuosi, cosa assolutamente insolita per il suo carattere. Tutto era indirizzato a confortarlo, e a spronarlo a perseverare nel lavoro. Anche se la ragione di tale comportamento lo faceva impazzire, la cosa faceva piacere a Gihtar.
Trascorse quasi un intero trimestre prima che portasse anche lultima arma ormai finita nello scantinato. Lorgoglio e il sollievo si mescolavano con una profonda spossatezza, e lui si sentiva rinvigorito dal ferro su cui posava lo sguardo. Un gran lavoro, e probabilmente la più grande sfida della sua vita, era ormai unimpresa fruttuosa alle sue spalle. Che qualcuno lo ammettesse o no, come mai prima di allora era certo del proprio posto nel mondo. Il maestro Gihtar.
Quella sera stessa Kulu si presentò nella bottega con un altro kas. Dunque, ecco il cliente.
Intorpidito dalla stanchezza, Gihtar era più rilassato che mai.
Questo è il mio apprendista, lo indicò il maestro con la mano. Non gli aveva chiesto di uscire, ma ogni traccia di amorevolezza era ormai svanita. Porta qui la merce, tagliò corto.
Di primo acchito il committente sembrava assolutamente ordinario, non si distingueva affatto da tutti gli altri che erano passati di lì. La camicia di seta, così comune ed economica, era sbottonata ai limiti del buoncostume, mentre i pantaloni erano infilati in alti stivali di pelle cotta. Persino io ne ho di migliori, un accenno di risata pervase Gihtar, ma riuscì a trattenersi. Il volto dello sconosciuto, quasi latteo come una pietra bianca, freddo e duro con le labbra tirate, faceva unimpressione ben più forte. Chiunque fosse, questo kas aveva attorno a sé unaura di autorità: era quella la sensazione che provava, mentre luomo osservava in silenzio le dodici spade che, tornato dallo scantinato, Gihtar aveva riposto sul tavolo di fronte a lui. A giudicare dalla postura anche Kulu aveva avuto la stessa sensazione. Si tormentava nervosamente le dita, senza distogliere lo sguardo dallacquirente.
Sono fatti col metallo più raffinato, che ne pensate? Prego, prendetelo in mano sentite comè al tatto.
Obbedendo al maestro, luomo afferrò lelsa e fece qualche movimento agile e veloce attraverso laria. Larma sembrò cantare nelle sue agili mani. Lho fatto io, pensò Gihtar, io li ho forgiati e questo kas può uccidere con essi. Solo labilità poteva risvegliare la natura mortifera di un coltello. Guardando con quale abilità larma si muoveva nelle sue mani, Gihtar comprese che questa era lultima cosa che mancava al misterioso ospite.
È un buon lavoro, maestro. Proprio come avevi promesso.
Kulu prese a vantarsi.
Il mio nome è noto in lungo e in largo. In tutto ciò che faccio lascio una parte di me.
Il maledetto si fa bello del mio lavoro. Non che fosse una novità, ma questa volta la situazione era ben diversa. Se per tutti i braccialetti, le collane, le corazze, le piastre e tutte le altre cose gli era toccato creare senza nemmeno la parvenza di ricevere il benché minimo riconoscimento era riuscito a rimanere zitto, non aveva intenzione di lasciar correre con questultima sua creazione. Le armi che aveva forgiato erano qualcosa di ben più serio non erano orecchini e accessori che qualcuno avrebbe indossato nellinsensato tentativo di imitare la bellezza e la gloria. Erano la prova della sua maturità come fabbro e come kas. È vero che una parte di qualcuno rimane impressa per sempre nel ferro lucente, ma questa parte non apparteneva a chi lo aveva dichiarato. Da dove si è preso un simile diritto? Gihtar aprì la bocca, pronto a difendere il proprio onore ad ogni costo, ma prima di riuscire a emettere un suono, rimase atterrito. Se limpudente tentativo dellapprendista aveva colpito il maestro, non era il caso del committente.
Il suo sguardo gli imponeva di trattenersi.
Non pensò neppure di mettere in discussione quanto gli avevano ordinato quei due occhi di un nero brillante nello spazio di un secondo. No. Il viso era privo despressione, ma gli occhi ardevano di vita.
I miei servitori passeranno a ritirare la merce e ti porteranno la somma pattuita. Entro stanotte, le labbra tirate si aprirono solo per far passare le avide parole.
Kulu chinò la testa. Va bene, va bene. Limportante è che nessuno sospetti.
Non preoccuparti. Piuttosto fa attenzione che la tua lingua non si spinga troppo oltre.
Non cè di che preoccuparsi, la discrezione è il mio motto. Spero che lavoreremo a lungo insieme e che ne siate soddisfatto.
Il suo interlocutore chinò la testa. Per quanto riguarda il tuo inventario, ma non finì la frase. Kulu, con unimpazienza totalmente in disaccordo con il comportamento tenuto fino ad allora, alzò la mano bloccandolo a metà della frase.
Questi sono solo inutili braccialetti, anelli e qualche altra robetta. Non li terrei nemmeno, se non mi ci avessero costretto i debitori. Ci sono kasi di ogni sorta arrivano, ordinano la merce, la portano via e non pagano. E così io mimpoverisco, devo darmi da fare e prego Dio di riuscire a ripagare almeno un po le mie pene, almeno con questi ninnoli. Ecco il motivo per cui ce li ho.
Dunque non sarà un problema vendermeli, rispose pacifico lestraneo. Kulu fece un cenno di dissenso.
Non vi arrabbiate, ve ne prego. Vi ho detto che non voglio farlo. La mia Sirmiona è solo una kasa, le ho dato la mia parola che questi gioielli sono suoi.
Sei un uomo daffari. Ogni cosa ha un prezzo.
Gihtar riusciva a percepire la pena del maestro. Non poteva immaginare di quali gioielli si trattasse, ma la consapevolezza della sua sottomissione alla kasa con cui condivideva il tetto lo divertiva. Era strano, lo conosceva bene e sapeva che per il giusto prezzo avrebbe venduto la sua stessa pelle. Come ha fatto quella lì a comprarlo?
Vi prego, continuò Kulu quasi implorandolo, posso farvi delle copie identiche. Le farò per metà del prezzo che farei a chiunque altro, cosa ne dite? Come gesto dalla mia buona volontà, in vista dei lavori futuri.
Non dubito della tua abilità. Il suo sguardo si soffermò appena un attimo su Gihtar. Sono certo che le copie sarebbero persino meglio degli originali. Tanto buone che neanche linteressata si accorgerebbe della differenza.
Pur messo con le spalle al muro, il maestro non si arrendeva. Non sono in vendita, la sua voce era secca ma decisa. Come se non fosse successo nulla, il suo interlocutore sinchinò velocemente e si avviò verso la porta.
Non serve che mi accompagni, conosco la strada.
Kulu si trattenne ancora un po nella bottega, senza accennare a quanto era appena successo. Fissava linventario con aria assente, borbottava fregandosi la barba e scrutava quasi impaurito in ogni angolo. Poi si tranquillizzò e ordinò a Gihtar di riposarsi fino allindomani, regalandogli un sorriso amichevole in segno di riposta quando quegli gli chiese altro tempo libero. Erano trascorsi tre mesi di lavoro sanguinoso, e a giudicare dalle parole del maestro tutto si sarebbe dovuto concludere così. Lapprendista lo maledisse tra sé e sé e poi, dopo lungo tempo, si diresse verso la propria baracca.
La stanchezza accumulata fece la sua parte. Non appena ebbe incrociato le gambe e appoggiato le spalle al freddo muro, gli occhi si chiusero da soli. Il silenzio lo inondò, e iniziò a cullarlo dolcemente. Le emozioni gli inondarono il corpo e lo attraversarono fino alla punta delle dita, dalla quale fuoriuscirono in lontananza e tornarono depurate. Da lì tutto si sfogava, e lui sentì un piacevole flusso di tensione che presto sarebbe sparito dagli arti. Finalmente.
Quando una voce iniziò a parlare, cercò invano di sobbalzare.
Lo odii?, nel silenzio più assoluto il sussurro risuonò come un tuono.
Chi va là?, il corpo non obbediva, gli occhi continuavano a restare chiusi, ma almeno la voce non si rifiutava di obbedire. Chi va là?, domandò nuovamente. Conosceva la risposta prima ancora di ottenerne una.
Calmati, non avere paura. Puoi chiamarmi Set.
Pensavo pensavo foste uscito.
Sono tornato per dare il giusto riconoscimento al tuo lavoro. Da molto tempo non mimbattevo in un simile ferro. Dimmi, lo odii?.
Qualcosa nel suo tono, nellatmosfera in generale, lo liberò dalla paura e gli fece provare uninspiegabile vicinanza. Gihtar sapeva di non poter mentire. E non voleva mentire.
Lo odio, rispose.
Anchio lo odierei, se fossi al tuo posto. Sei più in gamba di lui, più in gamba di molti altri. Eppure, sei un semplice prigioniero. Sei uno schiavo, Gihtar.
Sono solo un apprendista.
Il riso riempì lo spazio avvolto dalle tenebre. Sei solo quel che vuoi essere. Ognuno sceglie il proprio destino, artigiano.
Faccio ciò che Dio mi ha donato con il mio risveglio.
Dio ti ha assegnato il ruolo di maestro, ma lui non te lo permetterà mai. Perciò lo odii. Tu non sei un maestro.
Posso creare ciò che mimmagino. Sono un maestro.
E il suo schiavo. A che serve labilità se non puoi godertela?. Set aveva colpito un punto delicato. Perché non riesco a calmarmi?
Che cosa volete?, domandò. Lassenza di paura era assolutamente incredibile. Mi ha stregato. In qualche modo ci è riuscito.
Te lho già detto. Sono qui per darti il giusto riconoscimento, ma anche per farti unofferta. Desideri la libertà, Gihtar?.
Non rispose subito. Forse è tutto un tranello, forse Kulu mi sta mettendo alla prova. Che sia un esame della mia maturità? Non aveva mai sentito di una pratica simile, ma il suo padrone era uno che si discostava spesso dalla norma. Qualcosa accanto a lui frusciò, e lui comprese che non poteva lasciarsi sfuggire quelloccasione. Non ora, non dopo tutto quel che aveva passato. Se Set se ne fosse andato, avrebbe potuto perdere per sempre ogni possibilità. Sarebbe andato fino in fondo, senza curarsi dellesito.