Andiamo!, gridò qualcuno, e la folla si affrettò verso luscita. Gihtar si lasciò trascinare dalla massa, e ben presto correva completamente disorientato per le strade vuote della città. Camminando al ritmo dei passi dei suoi inattesi commilitoni, si guardava attorno disorientato le mura, i tetti, la notte che pian piano spariva lasciando spazio al suo primo mattino di libertà, così forte e impressionante da ubriacarlo e da sembrargli che quella che fino a ieri pareva vita fosse così lontana da non essere mai successa. Correva come un pazzo, selvaggio e sregolato, sorbendo ogni dettaglio con un entusiasmo per via del quale il suo corpo ardeva. E adesso, allimprovviso, come tutto ciò che era accaduto quella notte, il suolo sotto i suoi piedi svanì e lui cadde nelle tenebre.
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Quando recuperò i sensi, si accorse di essere in unimmensa sala senza finestre, piena di kasi che parlavano allegramente tra loro, ridendo e scherzando sotto la forte luce della fiamma che ardeva in un focolare in muratura al centro della stanza. Era seduto a un tavolino in un angolo, e di fronte a lui si trovava un barile di legno pieno di balsamo. I suoi vestiti erano per la maggior parte strappati, e gli vennero alla mente le sue cose, che aveva lasciato probabilmente per sempre nella baracca nella proprietà del maestro Kulu.
Quando tentò di alzarsi per osservare meglio lambiente attorno a sé si accorse di essere troppo debole per reggersi in piedi. Lesperienza inattesa aveva preso il suo dazio, e lui con sofferenza richiamò alla memoria lultima volta che era riuscito a compiere una meditazione completa. Era un vero miracolo che fosse riuscito a reggere tanto a lungo. Una voce si distinse tra tutte altre, ma non poté distinguere cosa avesse detto. Chiuse gli occhi. Come se fosse importante, pensò. Tutto era compiuto, non avrebbe mai più dovuto sopportare la tortura, e qualsiasi cosa lo attendesse non poteva essere peggio di quanto si era lasciato alle spalle. Quella consapevolezza lo tranquillizzò.
Ti piace la libertà?. A differenza degli altri, la fonte dellinattesa domanda era nota e Gihtar con stanchezza sollevò la testa. Set sorrideva. Anche lui sembrava spossato mentre con una mano si appoggiava a un kas più basso il cui volto era nascosto da un cappuccio nero. Abbiamo avuto qualche piccolo problema con lOrdine, ma alla fine è andato tutto bene. Qualcuno quaggiù dice che hai la mano pesante.
Ho agito secondo le istruzioni.
Sì. Sono felice di non essermi sbagliato quando ti ho affidato questo compito.
Kulu e Sirmiona.
Sono morti. Non opprimeranno più nessuno. Devi esserne felice.
Gihtar tuttavia si sentiva più vuoto che felice. In ogni caso, la cosa gli faceva piacere.
E Tolum?, domandò sottovoce. Simmaginava che anche a lui non fosse toccato un destino migliore.
Il guardiano non è stato un problema. Fino allultimo istante non si è potuto rassegnare al fatto che lo attendeva la nostra fratellanza, invece di quel che si era aspettato dopo aver letto la lettera.
Che stupido kas.
E di natura assai amorosa, se posso fare unosservazione, aggiunse Set quasi con allegria. Visto che siamo già in argomento, permettimi di presentarti il suo Occhio di Luna.
Se il guardiano volesse controllare, digli solo questo nome, ancora si ricordava le istruzioni di Set. La figura accanto a lui si abbassò il cappuccio e Gihtar ne vide il volto.
Lenora.
Mio signore apprendista, prese parola lei fingendosi umile, benvenuto nella Fratellanza Nera.
CAPITOLO TERZO
Allinterno della città, nostra è la giustizia!
Giuramento dellOrdine
Per un attimo aveva pensato di essere nellAvamposto, ma quella supposizione si dissolse tanto facilmente quanto era comparsa. Era a casa, e si abbandonò a quella piacevole sensazione mentre la coscienza gli riempiva nuovamente il corpo. Giornata libera.
Quel che lo ritemprava era il rumore che veniva dalla stanza accanto. Aperti gli occhi, Nelgor diede unocchiata alluniforme appesa accanto alla porta. Un raggio di sole cadeva su un bottone levigato, facendo sembrare che fosse fatto doro. Monada. Deve averlo pulito lei. La notte precedente aveva avuto appena le forze di liberarsi dai vestiti e pulirsi con un asciugamano. Che brava kasa. Sembrava che avesse meditato a fondo, perché non laveva affatto udita alzarsi e uscire. Non lho neanche sentita. La stanchezza e lo stress facevano la loro parte. Un tempo quasi non vi era notte in cui non fosse cosciente della sua presenza, e non appena si stendevano la loro energia dava inizio alla loro danza, vorticando liberamente e selvaggiamente attorno ai corpi esausti. Notti damore. Grazie a quegli ardori tornava a essere più completo che mai, pronto a lavorare per giorni senza interruzioni. Purtroppo, situazioni del genere erano ormai sempre più rare, e anche quando accadevano erano più meccaniche che caratterizzate da una sincera sensualità. Probabilmente con gli anni certe cose erano diventate ordinarie. Nonostante tutto, la amava con lo stesso ardore.
Indossò velocemente la vestaglia e diede unocchiata attraverso la finestra. La giornata è stupenda. Due kasi passeggiavano pigramente per la strada chiacchierando tra loro. Si fermarono di fronte a una vetrina e si misero a guardare dei tappeti sontuosamente decorati. Sulla porta si affacciò il proprietario e si scambiarono qualche parola che lui non poté sentire. Riconobbe Fenor; viveva al pianterreno e per quanto potesse essere scorbutico con i clienti era sempre cortese senza alcuna eccezione. Potremmo fare due passi oggi.
Avvistò Monada non appena mise piede nella stanza principale. Questa era lunico altro spazio che insieme alla sala per la meditazione formava ciò che chiamavano casa. In ogni caso non potevano vantarsi della grandezza dellappartamento, ma le loro esigenze erano pienamente soddisfatte. Sul pavimento accanto al tavolo si trovava un secchio; Monada, china su di esso, ne stava amalgamando il contenuto con grande impegno con un mestolo di legno. Quando lo sentì, sollevò la testa, lottando con una ciocca di capelli color porpora che dispettosamente le nascondeva lo sguardo. Quantè bella.
Sei tornato, lo salutò. Non volevo disturbarti, mi sarebbe dispiaciuto.
Avresti dovuto, con un tenero gesto le allontanò i capelli dal volto. Per poco non ti vedevo neanche oggi.
Lei sorrise. Che importa, dovevi riposarti. Il suo sguardò si posò sulla scura mistura di cui si stava occupando. Sono uscita in silenzio per non svegliarti. Ho portato il collante pensavo che mi avresti aiutato a rattoppare quel.
Nelgor fece una smorfia. Moni, perché continui a insistere? Poteva aspettare. Qualche mese prima in un angolo del soffitto si era aperta una crepa. Ledificio era vecchio, ma comunque non era una cosa che sarebbe dovuta accadere. In ogni caso, non si era preoccupato troppo, i dispiaceri sarebbero comparsi solo se fosse iniziato a piovere e i rovesci erano tanto rari che non si poteva ricordare quandera stata lultima volta che il cielo aveva bagnato Tarnek. Daltra parte, Monada non aveva smesso di frignare e la cosa lo irritava sempre più. Temeva che il buco potesse allargarsi, e lumidità era quel che la preoccupava di più. Quando sintrufola non hai modo di liberartene, gli aveva detto, e quando compare la cancrena allora è troppo tardi. Era la verità, ma le cose non erano poi così tragiche. La morte cancrenosa coglieva le sue vittime in molti modi, e non cera un motivo razionale per una tale paura di tutto ciò che avrebbe potuto causarla.
Doveva immaginare che era questione di giorni prima che la donna prendesse in mano la situazione. Era ostinata e testarda. In reazione alla critica, i suoi occhi rivelarono un chiaro messaggio. Se vuoi metterti a discutere, accomodati pure. Forse si sarebbe sottomesso senza opporre resistenza, e avrebbe accettato il lavoro, ma la domanda che seguì simpose da sé.
Con che cosa hai pagato?. Quellanno era stato particolarmente pesante, e il terzo trimestre che stavano ora attraversando non infondeva speranze che si concludesse meglio di comera iniziato. La grande domanda era che cosa avrebbe portato con sé il futuro. Aveva la fortuna di servire lOrdine, ma poteva ringraziare solo la sua parsimonia per le scorte di balsamo che avevano accuratamente messo da parte. Allo stesso tempo, le ore di straordinario comportavano un ragguardevole profitto, e oggi non si sapeva se la norma ordinaria avrebbe portato frutto. Già tre volte al posto della paga avevano ricevuto una garanzia, un pezzo di carta con cui la città simpegnava a trasformarlo in quello che si erano onorevolmente guadagnati non appena si fossero accumulate riserve sufficienti. Non avevano potuto rifiutare. Non le aveva mai imposto la propria volontà, ma aveva solo una preghiera, ununica semplice regola che si aspettava venisse rispettata. Non rivendiamo il balsamo. Raramente avevano altri beni che potevano essere scambiati, perciò vivevano semplicemente, ma perlomeno a differenza di molti non dovevano preoccuparsi per la propria pelle.
Ne ho preso appena un po. Nella voce cera senso di colpa, ma non pentimento.
Per lamor di Dio, Monada!, gridò lui. Non posso credere che lhai fatto!.
Ne ho preso un briciolo, non farne subito un problema!.
Ma questo è un problema!. Dopo la prima volta ne sarebbe giunta anche una seconda, e leccezione in brevissimo tempo sarebbe diventata una regola. Sprechi ciò da cui dipende la nostra vita per qualcosa di insignificante come il collante!.
Non è colpa mia se abbiamo solo quello da spendere. La sua risposta la colpì come una lama. Non parlavano mai del fatto che solo il suo lavoro era retribuito. Monada era unartista, una pittrice, e quella professione non era messa bene neppure in tempi migliori. Non aveva mai pensato di lasciarla per quello, era sottinteso che lavorava per entrambi. Era un colpo basso, e non era affatto degno di lui.
Mi dispiace, ma è tutto quel che abbiamo. Aveva abbassato i toni, trattenendosi dalloffesa. Se pensi che dobbiamo rimanere anche senza quello, fa pure. Spendilo tutto.
Non lo farei mai!. Il mestolo le cadde dalle mani e finì sul pavimento. Come puoi non capire, volevo proteggerti. Quel buco dobbiamo rattopparlo.
Sono daccordo, ma non così. Sai quanti kasi non hanno la possibilità di permettersi nemmeno un unguento annacquato?.
Meglio di te. Il fatto che sei di servizio non significa che tu sia lunico a vedere quanto accade.
Non ne hai la benché minima idea, pensò lui, ma stette zitto. Il giorno prima durante il turno era scoppiato un focolaio. Un criminale era fiorito, e per qualche ragione i più deboli si erano trovati a portata di tiro del bandito. Li avevano inceneriti ancora morenti, nascosti in un angolino, come se la cancrena non avesse già abbastanza amareggiato il loro destino. Era impossibile rintracciarli, la ricerca si era trasformata in un circolo vizioso. I pochi testimoni erano troppo spaventati per dare una qualsiasi informazione, e nuovi focolai germogliavano quasi ogni notte.
Conscio che una qualsiasi parola di troppo avrebbe solo potuto far scoppiare una lite aggiunse con più calma: Puoi promettermi che non farai più cose del genere?. Non voleva trascorrere nellira i pochi momenti liberi insieme a lei. Quel che era stato fatto non poteva più essere corretto.
Lei chinò lo sguardo sul pavimento, come se la risposta si trovasse vicino alle loro gambe. Quando lo guardò, seppe che aveva placato la sua rabbia e inghiottito il rospo.
Lo giuro. Agli angoli della sua bocca cera qualcosa che poteva sbocciare in un sorriso. Non avevo intenzione di sprecare quel che abbiamo, ma credo davvero che sia una necessità. Volevo solo il meglio.
Lo so. La abbracciò e la stanza si riempì di un piacevole silenzio.
Ci mettiamo al lavoro o continuiamo a ciondolare?. Il sussurro di Monada gli solleticò lorecchio.
Al lavoro. Ma dopo dobbiamo goderci questa giornata insieme.
Come la maggior parte delle cose che si potevano acquistare a Tarnek, neanche il collante era particolarmente di qualità. Monada teneva il recipiente mentre lui si sforzava di mantenere lequilibrio sullinstabile sedia e riempiva il buco con il miscuglio che si asciugava più lentamente di quanto previsto. Proprio quando pensava che il lavoro fosse ormai terminato, parte del miscuglio crollava, scoprendo nuovamente un pezzetto di cielo sereno. Quello che sarebbe dovuto essere pronto in meno di unora, ne richiese due, e quando finalmente fu terminato entrambi guardarono con soddisfazione il proprio risultato.
Finalmente, disse lei. Il venditore mi aveva assicurato che era di prima qualità. Che sia maledetto!.
Dove lhai comprato? Al mercato?, domandò Nelgor.
In Via Argentata. Mi dava fastidio andare tra la folla.
Non sapevo che ci fossero dei venditori anche lì.
Già da un po, non sono in molti, giusto due o tre. Principalmente di materiali da costruzione. Anchio li ho visti per la prima volta qualche giorno fa, quando sono andata a trovare Kartagona. Le loro bancarelle sono proprio accanto a casa sua.
Mi stupisce che non ci abbiano ancora mandati a cacciarli via. È un quartiere troppo ricco perché trasformino anche quello in un mercato. Che cosa dice Kartagona, non hanno fatto rapporto?. Era una kasa pignola, con degli sguardi piuttosto irritanti sulla società, che non perdeva occasione per imporre il proprio pensiero persino nelle situazioni in cui nessuno glielo aveva chiesto. Eppure, rispettava il fatto che fosse amica di Monada.
No. Per loro è meglio che si trovino accanto a casa che andare tra la folla. Vorrebbero anzi che lofferta si ampliasse.
Sono diventati così pigri?.
Non è quello il punto. Hanno paura.
La risposta non gli fece piacere. I kasi ricchi da sempre avevano unalta opinione di sé e amavano ostentare il proprio prestigio. Probabilmente lo trova più degradante di quello che teme. Tuttavia, e se fosse questa la verità? E se fossero infino giunti al punto in cui anche i potenti avevano paura? Per le strade cerano kasi di ogni tipo e non si era mai trattato di una questione di carattere, ma del loro livello di prepotenza. Quanto siamo diventati impotenti?
Penso che esageri, disse. Monada fece solo un cenno con la testa. Valutare le ragioni altrui non la interessava.
Ti ricordi che ti ho parlato della vicina di Kartagona, Jotaka?.
Lui annuì.
Beh, stamattina le ho incontrate entrambe mentre facevo compere e mi hanno invitato a casa loro.
Un po di chiacchiere tra amiche. Non aveva intenzione di essere ironico, ma Monada in ogni caso non vi avrebbe rivolto grande attenzione. Voleva condividere qualcosa con lui.
Quella Jotaka un tempo era insegnante di filosofia, ma ha lasciato il lavoro. Forse per mancanza di interesse si sono fuse due scuole, e così si è formata una folla troppo grande. Dice che non aveva intenzione di andare fino allaltro capo della città per una lezione alla settimana.