Non Sono Come Tu Mi Vuoi - Victory Storm 2 стр.


Avevo sempre creduto che quel lavoro non lo toccasse minimamente, finché non mi aveva confessato di aver giurato di non volere figli dopo aver lavorato lì per un mese. Era persino pronto a farsi fare la vasectomia.

Come se la stanza relax riservata al personale non fosse già troppo piena, ecco che arrivò Dylan con la sua camminata da modello e un fisico così muscoloso che i vestiti attillati lasciavano sempre ben poco allimmaginazione.

Con nonchalance mi mise un braccio intorno alle spalle.

«Ehi, piccola, non è che avresti ancora qualche Oreo? Ho una fame»

«Li ho finiti.»

«Anche il pacco di riserva?»

«Quello me lhai preso tu giorni fa.»

«E non hai pensato di comprarne un altro?», mi rimproverò con quellaria da seduttore incallito che mi faceva perdere la testa ed irritare allo stesso tempo.

Stavo per rispondergli che ero stanca delle sue pretese, quando lui si allontanò per andare a mettere il braccio intorno al collo di Lexie.

«Tesoro, andiamo a fumare?»

«Solo se offri tu», gli rispose seccata Lexie togliendosi quella ventosa dal corpo.

«Ho dimenticato le sigarette a casa.»

«Come sempre.»

«Dai, tesoro.»

« Tesoro lo dirai a qualcunaltra, chiaro?»

«Dio, quanto sei noiosa!»

Bello, scroccone e pieno di sé!

Anche se io ero la sua piccola e Lexie il suo tesoro , lui rimaneva eternamente single e solo noi due sembravamo capirne il motivo.

«Vai a rompere a Laetitia. Sono sicura che, se te la porti di nuovo a letto, ti perdonerà per averla scaricata la volta scorsa», lo liquidò Lexie irritata.

«È successo solo una volta e abbiamo pure rischiato di essere beccati, dato che il letto dove abbiamo scopato sintravede dalla vetrina principale.»

«Non è che avete rischiato! Voi siete proprio stati beccati dalla sottoscritta che vi ha avvisati, dando dei colpi sul vetro, mentre chiudevo il negozio», gli ricordai mettendomi tra lui e Lexie.

«Pensavo volessi unirti a noi.»

«Non sono quel genere di persona! Invece di andare in palestra, perché non inizi a fare anche qualche esercizio per tenere attivi quei due neuroni che ti sono rimasti?», sbottai nervosa, cercando di non far tornare a galla i miei ricordi da adolescente in cui ne combinavo di cotte e di crude, a tal punto da portare a conseguenze anche catastrofiche per chi mi stava accanto.

Avevo distrutto la carriera di un mio ex con il mio comportamento e da quella volta non mi ero più permessa di fare qualcosa di avventato o fuori dagli schemi. Da ribelle ed eccentrica ero passata ad essere una brava ragazza affidabile e a tratti noiosa.

«Che cosa sono i neuroni?»

«Oh Dio, ti prego, sparisci dalla mia vista!», lo supplicai spingendolo via.

Dato che eravamo al completo, come di consueto, preparammo un altro giro di caffè per tutti.

Il salone era vuoto. Mancavano solo Luigi, il capo, e sua figlia Stella che si occupava della contabilità e dei finanziamenti, ma che in realtà non era mai presente e usava la sua posizione per dettar legge e comandare chiunque, anche se aveva appena ventidue anni ed era la più giovane del gruppo.

«Approfitto di questo momento in cui siamo tutti qui per dirvi che ho scoperto cosa intende fare Luigi con questo negozio, dato che il suo commercialista gli ha consigliato di chiuderlo», eruppe allimprovviso Ivan, il più vecchio dei dipendenti e amico del capo da ventanni.

In un attimo, io, Lexie, Breanna, Laetitia, Patricia, Didier e Dylan ci paralizzammo dalla paura.

Eravamo tutti terrorizzati all'idea di perdere il posto.

«Come sapete, Luigi è troppo buono per spedirci a casa senza prima tentare di tutto, così ha chiamato un temporary manager , una persona che verrà qui per un po a seguire il nostro lavoro e a valutare con il suo team quali provvedimenti adottare per tenere in piedi la baracca.»

«Sicuramente proporrà dei tagli del personale!», esclamò agitata Breanna.

«È probabile. Per questo sarà indispensabile lavorare con impegno e concludere più vendite possibili.»

«E se non dovessimo riuscirci?»

«Allora Moduli Arredi chiuderà entro la fine dellanno. Ho sentito che Luigi lo diceva a sua figlia.»

2

«Non ho chiuso occhio stanotte, per via di quello che ci raccontato ieri Ivan», confessai a Patricia, mentre cambiavamo i listini esposti a causa della nuova idea promozionale di Luigi.

«Nemmeno io», sbuffò lei.

Stavo per fare il giro dei salotti per controllare di aver cambiato il prezzo a tutti i divani esposti, quando notai un uomo entrare nello showroom e aggirarsi per lo stand.

«Buongiorno, posso aiutarla?», gli domandai, cercando di mantenere un sorriso gioviale e il contatto visivo, come ci aveva insegnato Luigi.

Purtroppo quella volta non fu unimpresa facile, perché quelluomo portava gli occhiali da sole e aveva un aspetto tanto austero da mettermi in soggezione.

Indossava una camicia bianca alla coreana, senza colletto, sotto un completo nero piuttosto elegante e di alta sartoria. Sembrava un abito fatto su misura perché era perfetto in ogni sua misura.

Ciò che, però, mi mise maggiormente in crisi fu il suo look, così alternativo e hipster con quella barba curata e quei capelli castani chiari, lunghi, perfettamente tirati indietro ed acconciati in uno chignon alto, elegante ma sexy.

Era difficile dargli una collocazione con quellaria orientale che si scostava dal resto, ma nello stesso tempo formava un connubio di stili affascinante e misterioso.

Era impossibile da definire o descrivere.

Lunica cosa di cui ero certa era che quelluomo non era di Hastings, perché la città era troppo piccola per non conoscersi tutti e un tipo così sarebbe stato subito notato.

«Do unocchiata in giro, se non le dispiace», mi rispose con voce bassa e leggermente graffiante, quasi irritata.

«Certo, faccia pure. Se ha bisogno, mi trova qui.» Gli sorrisi con gentilezza, ma lui non ricambiò e se ne andò verso il reparto delle cucine, dove venne subito passato al radar da Laetitia.

Rimasi ancora a disposizione di vari clienti, prima di essere chiamata da Patricia.

«Eliza, sono arrivate le lenzuola della nuova collezione. Luigi mi ha chiesto di rifare i letti per mostrare ai clienti la merce. Ti va di darmi una mano?»

«Volentieri», esultai contenta. Adoravo il momento in cui ci mettevamo insieme a riarredare gli ambienti.

Nel reparto delle camere da letto, trovammo anche Breanna.

«Le adoro!», sospirò, innamorata delle nuove coperte di cashmere appena arrivate dallItalia.

«Io e Bea rifacciamo i letti; a te andrebbe di cambiare loggettistica presente su comodini e comò?», mi propose Patricia.

«Ai tuoi ordini!», esclamai emozionata, correndo a prendere le lampade Kartell che erano rimaste in magazzino e qualche vaso da riempire con peonie finte.

Inutile dire che, durante i miei andirivieni, incontrai il cliente misterioso già in compagnia di Laetitia che si era slacciata di nuovo la camicetta per mettere in mostra il suo reggiseno di pizzo rosso.

Unaltra vendita regalata a quella strega! Non dovevo andarmene! Avrei dovuto tampinarlo finché non mi avesse comprato qualcosa! Uffa!

Per fortuna la nuova esposizione che stavo preparando mi tirò su di morale, tra le chiacchiere di Patricia e Breanna.

Per fortuna la nuova esposizione che stavo preparando mi tirò su di morale, tra le chiacchiere di Patricia e Breanna.

«E non vi ho detto lultima! Ivan aveva ragione a dire che Luigi chiamerà un temporary manager . So che arriverà a breve. Me lha detto Stella, la figlia», ci informò Patricia.

«Chissà chi è.»

«Si chiama Stefan Clarke.»

Al suono di quel nome stropicciai un fiore che stavo infilando nel vaso sul comodino.

«Ne sei sicura?», sussultai agitata e con la mente affollata dalle immagini del mio ex ragazzo di sette anni prima.

«Sì. Me lha detto pochi minuti fa e sai che ho unottima memoria con i nomi», mi rispose Patricia.

«Oh Dio!»

«Lo conosci?», comprese Breanna.

«È un mio ex.»

«Stai scherzando?», gridarono in coro le mie due colleghe.

«Sono stata con Stefan sette anni fa. Ero solo una ragazzina allultimo anno di liceo e lui era più grande di me di tre anni. Siamo stati insieme solo sei mesi, ma»

«Questa può essere unarma a doppio taglio, lo sai?», mi disse Breanna.

«Mi licenzierà?», sussurrai a bassa voce con la tremarella addosso.

«Dipende. È lui che ti ha lasciata?»

«Sì.»

«Allora puoi far leva sul suo senso di colpa e sul fatto che ti ha spezzato il cuore.»

«Ma la colpa è mia. Gli ho fatto perdere il posto di lavoro a causa della mia stupidità.»

«Allora sei fregata!»

«Tu dici?»

«Si vendicherà. Questo è ovvio», sintromise Patricia. «Io ti consiglio di rimanere lontana da lui il più possibile. Magari mettiti in malattia.»

«Credo che lo farò», mi ritrovai a dire, sentendo la pressione e lansia crescere dentro di me.

Erano passati sette lunghi anni. La storia che avevo avuto con lui aveva segnato la mia vita e ancora oggi sentivo che incideva sulle mie scelte e sulla durata delle mie relazioni.

Mi vergognavo a dirlo, ma la storia con Stefan era stata la più lunga della mia vita. Sei mesi erano stati sempre il mio massimo.

«Beh, tu non puoi salvarti da lui, ma puoi almeno aiutarci a salvare noi stesse?»

«In che modo?»

«Parlaci di lui.»

«Sono passati sette anni»

«Comè? Che tipo è? Non voglio farmi cogliere impreparata e vorrei fargli una buona impressione», mi bersagliò di domande Patricia.

«Avvisaci almeno se cè qualcosa che è meglio non fare o dire in sua presenza», si accodò Breanna.

Non spogliarti davanti a lui sul posto di lavoro con il suo capo che vi guarda, per cominciare.

«È passato moltissimo tempo, ma penso che possiate stare tranquille. Stefan è uno di quei tipi un po allampanati, alti e magri. È castano chiaro e con gli occhi nocciola. Ha un bel viso, con dei lineamenti dolci. Ricordo che era molto gentile e affettuoso. Un pezzo di pane, insomma.»

«Uno che non farebbe del male neanche a una mosca», cercò di capire Breanna.

«Sì, esatto. Con lui non dovete temere nulla! Ricordo che era incapace di dire di no, a parte a me quando si trattava di lavoro. Inoltre, non era un tipo severo o cattivo.»

«Uno smidollato, insomma.»

Ridacchiai imbarazzata. Sentivo che non stavo descrivendo Stefan nel modo giusto, ma avevo paura di dire qualcosa di brutto che avrebbe potuto mettere in difficoltà sia lui che loro.

«Ottimo! Difetti?», mi chiese ancora Breanna.

«Si agita facilmente e, quando succede, tende a gesticolare molto», ricordai con una vena di nostalgia.

«Smidollato ed impacciato! Perfetto! Uno così ce lo mangiamo a colazione!», rise divertita Patricia, finendo di rimboccare le coperte, mentre io portavo lultimo vaso sul comò.

«Stavate parlando di me?» Una voce maschile ci arrivò alle spalle facendoci sussultare tutte tre.

«Scusi, lei chi è?», gli domandò Breanna, mentre io riconoscevo luomo misterioso di prima.

«Stefan Clarke», le rispose lui con quella voce bassa e ruvida che tanto mincuriosiva.

Lidea che avesse sentito ciò che avevo appena detto mi fece raggelare, ma sospirai sollevata e mi avvicinai.

«Stavamo parlando di unaltra persona. Un suo omonimo, suppongo.»

«Ne sei sicura, Eliza?», mi provocò togliendosi gli occhiali da sole.

Quando i suoi occhi nocciola, con striature verdi e oro, socchiusi in unespressione di rabbia repressa, si scontrarono con i miei, rividi Stefan. Il mio Stefan!

Dallo shock, mi scivolò di mano il vaso che si frantumò ai miei piedi.

«Allora ti ricordi di me», mi sussurrò vicino, pugnalandomi con il suo sguardo feroce e minaccioso.

«Sei cambiato», riuscii solo a dire.

«In meglio o in peggio?»

Io volevo indietro il mio dolce ed impacciato Stefan, con i capelli spettinati e corti, lo sguardo gentile e il viso angelico sempre perfettamente sbarbato. Quello non era il mio Stefan.

Quelluomo davanti a me non aveva nulla di ciò che mi piaceva del mio ex.

Il mio Stefan mi avrebbe fatta sentire a mio agio, mentre questo nuovo Stefan mi faceva solo sentire piccola ed insignificante, come un insetto da calpestare.

«Non lo so», mi limitai a rispondere, ma dallespressione di Breanna compresi di aver detto la cosa sbagliata.

«Bene. Vedo che invece tu non sei cambiata per niente. Ora, ti consiglio di pulire in fretta questo casino e di servire quei clienti laggiù, invece di perderti in chiacchiere inutili. Ora che sarò temporaneamente il tuo capo, non ti permetterò più di far perdere tempo e denaro a questazienda. Non sei qui per perderti in ciance, ma per essere una valida risorsa per questo negozio, quindi comportati come tale. Mi sono spiegato?»

Annuii silenziosamente.

Non sapevo se essere più sconvolta per le sue parole o per il tono duro, inflessibile e sprezzante con cui si stava rivolgendo alla sottoscritta.

Lo Stefan di sette anni prima non avrebbe mai osato parlarmi in quel modo.

Che cosa ti è successo, Stefan?

«Ah, Eliza?», mi richiamò, dopo avere girato i tacchi per andarsene.

«Sì?»

«Farò detrarre il costo del vaso dal tuo stipendio.»

«Che cosa?! Ma non è giusto. È stato un incidente.»

«Quindi non te ne assumi la responsabilità?», mi sfidò con gli occhi ridotti a due fessure minacciose.

«Non ho detto questo, ma se tu non»

«Basta così! Stai solo rendendo ancora più facile il mio lavoro qui dentro. Ora saprò da chi partire, quando presenterò la mia lista riguardante il taglio del personale.»

«Tu ti stai solo vendicando!», esplosi arrabbiata.

«Distruzione di proprietà dellazienda e scenate fuori luogo davanti alla clientela. Cè altro?», mi disse iniziando a scrivere sul suo cellulare e indicandomi una coppia di clienti a poca distanza da noi. «Ora vediamo se riesci almeno a concludere una vendita.»

«Ma mi hai appena detto di pulire!», balbettai, incapace di reagire al suo attacco. Ero troppo sconvolta per oppormi e non ebbi la prontezza di rispondergli a tono come facevo di solito quando qualcuno mi stuzzicava.

«Muoviti.»

«Andiamo noi a servire quei clienti», si offrirono Patricia e Breanna al culmine dellimbarazzo, pronte a dileguarsi.

Minginocchiai a raccogliere i pezzi del vaso, facendo attenzione a non tagliarmi. Ci mancava solo che macchiassi di sangue il pavimento o i tappeti sparsi per tutto lo showroom.

Non ebbi nemmeno il coraggio di alzare lo sguardo, quando vidi Stefan allontanarsi.

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