Abitano anchessi in via Cernaia, nel mio stesso palazzo e sullo stesso mio pianerottolo, maveva detto Vittorio a bassa voce, e a parte la nuora, lavorano tutti in unazienda di famiglia. Hanno due appartamenti affiancati e comunicanti fra loro per una porta interna: in uno, stanno padre e madre anziani e il figlio secondogenito, scapolo, nellaltro, il loro primogenito con la sua famiglia. In origine, quando cerano ancor solo gli anziani Trastulli e i loro figli, si trattava dun solo appartamento di ben trecento metri quadrati, come maveva spettegolato un giorno il nostro portinaio, uomo incontenibilmente linguacciuto. Lo divisero in due, con alcune modifiche per avere due cucine e quattro bagni, quando il primogenito si sposò e i genitori gli assegnarono uno dei due alloggi. La loro sala da pranzo e unaltra camera dei capostipiti confinano col mio appartamento e, per le pareti purtroppo sottilissime, capita qualche sera, allora di cena, chio debba ascoltarmi, nolente, certe loro noiose discussioni ad alta voce che hanno quasi sempre per oggetto il lavoro. Ledificio, tu lo sai, Ran, è ottocentesco e tutti gli alloggi hanno pareti spesse, come susava una volta quando costruivano bene: non così però è il muro che mi divide dai Trastulli, solo una fila di mattoncini, suppongo, carta velina, per dirla esagerando. Come mai solo quella parete? mi chiederai. Semplice: lappartamento mio e quello dei Trastulli, e questo me laveva detto non il portinaio ma una signora la cui famiglia abita nel palazzo da generazioni, fin dall800, erano una sola dimora faraonica da arciricconi, appartenente a due sorelle, certe marchese del Ton Chamus Goncour, forse valdostane o forse dascendenza savoiarda, dato il cognome francese. Le mie stanze, che come sai sono piccoline a parte la camera da letto, erano la zona della servitù delle due nobildonne e il mio ingresso dal pianerottolo lentrata di servizio. Quando morì anche la seconda sorella, gli eredi, loro cugini, vendettero lalloggio e, data la superficie abnorme, qualcosa come quasi 400 metri quadrati, poterono trovare non una ma solo due famiglie compratrici, quella dei Trastulli, che se ne presero più di 300 metri quadrati, e quella di certi Ferraris che ne acquistarono una novantina, che avrebbero poi venduto a me nel 59, quando mi sarei trasferito a Torino da Genova. Quei lazzaroni dingannatori12 di cugini non trovarono niente di meglio che separare i due alloggi coi muri di carta velina di cui tho detto. Così, in un palazzo con muri spessissimi, io mi trovo, unico e solo, a dover sentire quei vicini parlare ad alta voce a cena, e per di più sempre e solo di noiosissimi affari. Aveva sorriso allegro: Va bbuo, Ran, adesso però fine delle lamentazioni13 non bibliche e vediamo coshanno preparato di buono qui. Aveva preso la copia del menù che aveva dinnanzi, come tutti noi, sopra un tovagliolo ben ripiegato adagiato sul piatto per gli antipasti. Come potevo direttamente vedere sul mio esemplare, la carta dei cibi e delle bevande era decorata con disegnini dabeti dorati schematici, facenti serto allallettante elenco. Aveva iniziato a leggere, a mezza voce perché udissi ma senzinfastidire i vicini di tavolo: Antipasti caldi alla piemontese, agnolotti al sugo di brasato o, a scelta, al burro fuso, poi beh, ovviamente il brasato, con contorni vari; e per finire, il dessert: frutta fresca, panna cotta a cucchiaio affogata nel cioccolato sciolto e, questa la va da sé, fetta di panettone o di pandoro, a scelta, ricoperta di crema pasticcera. Quanto al bere, aperitivo Torino Milano, sì, lo conosco, è buono: un cocktail semplice composto da vermouth di Torino e aperitivo di Milano14 rosso, cubetti di ghiaccio e una buccia darancia. Ovviamente a Milano lo chiamano Milano Torino. Inoltre vino da tavola della casa in caraffa, rosso o bianco a scelta, per me bianco e vedi tu per te, e coi dolci, una flûte di prosecco veneto o di moscato piemontese. Va bbuo, Ran, a quanto pare è tutto di tuo gusto. Per un napoletano come me, in mezzo agli altri piatti, un primo con frutti di mare e una pietanza di pesce ci sarebbero stati benissimo, ma, aveva fatto una smorfia tra il divertito e il dispiaciuto di simulata sopportazione, pazienza, maccontenterò.
Mangia e bevi, eravamo stati fuori solo a metà pomeriggio. Davanti a noi era appena sortita la famiglia dei condòmini dellamico e sera avviata, una quindicina di metri avanti, nella nostra stessa direzione verso via Cernaia. Stavano discutendo tutti assieme, senza cautela, suppongo essendone complici profonde libagioni prandiali. Le loro parole ci arrivavano confusamente, ma dopo non molto sera alzata alta e chiara la voce della donna anziana che, inalberando una mùtria malmoltosa, come non si poteva evitare di vedere nonostante metri di distanza, aveva detto bruscamente: Basta adesso! Anche a Natale?! La volete smettere di fare i caini?
Evidentemente, ce laveva coi figli.
Vittorio maveva sussurrato di rallentare e lasciarli allontanare. Poiché il gruppo marciava lentamente e continuava a restarci a portata di voce, dopo qualche passo maveva fatto segno col pollice destro di svoltare da quella parte nella prossima via Boucheron. Ne avrei compreso presto la ragione: gli era venuto luzzo di parlarmi di quella famiglia, forse essendo anche per lui complici laperitivo, il vino e lo spumante; malgrado ciò, era sì allegro ma sempre lucido, infatti non aveva voluto che i suoi chiacchierandi vicini sentissero.
Aveva esordito: Tanto per far conversazione mentre camminiamo oh, ti va di fare due passi per digerire, no?
Certamente.
Solito giro dei portici?
Perfetto.
Bene. Dunque volevo dirti qualcosa di quelle persone ecco, adesso giriamo qui a sinistra, così arriviamo egualmente in via Cernaia, lattraversiamo e imbocchiamo direttamente corso Vinzaglio.
Avevamo svoltato in via Manzoni.
Ti stavo dicendo di quella famiglia: Ha un grosso negozio dove lavorano tutti a parte la nuora, con diversi commessi. Vendono lavatrici, frigoriferi, televisori, registratori, giradischi e dischi: gli ho comprato anchio un paio di 33 giri, laltro mese.
Jazz?
No, che jazz e jazz: a te piace il jazz?
Eh, molto!
Va bbuo a me invece piace la musica sinfonica e operistica: no, era Mozart. Comunque, stavo per dirti che il negozio è quasi sempre pieno di gente, i Trastulli stanno godendosi il boom economico15 . Hanno sei vetrine e due piani desposizione e vendita, qui vicino, in via Garibaldi, sotto i portici quasi in piazza Statuto. Ditta molto vecchia, anche se in passato non vendevano ovviamente televisori e registratori, perché non cerano. Penso trattassero soprattutto cose come grammofoni a molla e apparecchi radio. Comunque era una ditta conosciuta e florida da anni già prima del boom: lavevano aperta nel 1930 i due vecchi poco dopo il matrimonio, con un capitale che lui aveva ereditato dal padre appena defunto. Lanno di fondazione del negozio è scritto dappertutto, dentro i locali e sulle vetrine. Linsegna che corre su queste riporta il cognome di famiglia: Trastulli seguito da Televisori Elettrodomestici Apparecchiature Musica. Il vecchio è diplomato geometra
lo so, lavevi chiamato così salutandolo.
Già. È il geometra Aristide Trastulli. Prima dereditare lavorava come dipendente in unimpresa edile, e aveva conosciuto la futura moglie, Iride, un giorno che per lavoro era salito a casa del principale: lei era la donna di servizio. Il loro primogenito si chiama Arturo, non ha avuto molta voglia di studiare, ha la terza media, o meglio la terza ginnasio come si chiamava una volta16 , è andato a lavorare coi suoi a quattordici anni. Il secondo figlio, Clemente, ha maggiori studi, prese il diploma di perito mercantile prima dentrare in ditta coi genitori. Tornando alla loro madre signora Iride, è la decima figlia di contadini. Come tutti nella sua famiglia aveva studiato poco, anche se si esprime con proprietà. Subito dopo lesame di terza elementare17 aveva dovuto aiutare i suoi nel lavoro, come già facevano i fratelli e una delle sorelle; raggiunti i quattordici anni, comera stato per le altre sorelle, era stata inurbata dai genitori e indirizzata al mestiere di domestica, essendoci troppe bocche da sfamare per il piccolo appezzamento di terra familiare. Sono tutte cose che ho saputo nel corso del tempo dallostiario, come io lo definisco.
lo so, lavevi chiamato così salutandolo.
Già. È il geometra Aristide Trastulli. Prima dereditare lavorava come dipendente in unimpresa edile, e aveva conosciuto la futura moglie, Iride, un giorno che per lavoro era salito a casa del principale: lei era la donna di servizio. Il loro primogenito si chiama Arturo, non ha avuto molta voglia di studiare, ha la terza media, o meglio la terza ginnasio come si chiamava una volta16 , è andato a lavorare coi suoi a quattordici anni. Il secondo figlio, Clemente, ha maggiori studi, prese il diploma di perito mercantile prima dentrare in ditta coi genitori. Tornando alla loro madre signora Iride, è la decima figlia di contadini. Come tutti nella sua famiglia aveva studiato poco, anche se si esprime con proprietà. Subito dopo lesame di terza elementare17 aveva dovuto aiutare i suoi nel lavoro, come già facevano i fratelli e una delle sorelle; raggiunti i quattordici anni, comera stato per le altre sorelle, era stata inurbata dai genitori e indirizzata al mestiere di domestica, essendoci troppe bocche da sfamare per il piccolo appezzamento di terra familiare. Sono tutte cose che ho saputo nel corso del tempo dallostiario, come io lo definisco.
Ostiario?
Non sai chi erano gli ostiari?
Hm mea culpa, avevo finto di dolermene.
Perdonato, aveva scherzato anche lui, dopotutto la reale figura dellostiario non esiste più da un pezzo, sostituita da quella del sacrestano. Si trattava dun chierico, di minor livello dei preti, che aveva ricevuto il cosiddetto ostiariato comportante diversi incarichi entro un edificio ecclesiastico: come suggerisce il nome stesso, procurare e serbare le ostie da consacrare sullaltare, ma inoltre custodire ledificio, aprire e chiuderne a orario lingresso e vietarne laccesso alle brutte persone; oltre a ciò, suonare le campane a orario e, aiutato o no da serventi, provvedere alle pulizie della chiesa. Definisco il nostro portinaio ostiario, beffardamente, perché è un baciapile che fa sapere a tutti che lui va in chiesa ogni sera dopo lorario e che recita sempre il Rosario con la moglie prima di coricarsi pregando per tutto il condominio. Peccato che poi spettegoli a mitraglia dietro alle spalle dei proprietari: forse anche su di me, perché no?
Però è un po maligno pure chi lascolta, come te, mera piombato in mente, e me nero pentito subito perché ben conoscevo il buon cuore dellamico; dopo un momento mero detto: Beh, dopotutto la curiosità è normale per un poliziotto, no?
Intanto, ignaro del mio rimuginare, Vittorio aveva continuato: Quello tra loro che conosco meglio è lanziano, perché era come me un partigiano ed è come me iscritto allANPI18 : ci ritroviamo qualche volta in sede o a celebrazioni di piazza. Anche la moglie è iscritta, operavano in coppia contro i fascisti e gli occupanti tedeschi, tutti e due sono medaglia dargento al valor militare della Resistenza; lei però non frequenta lAssociazione.
Per salire in montagna a combattere avevano chiuso il negozio, mimmagino.
No, avevano operato qui a Torino, in altri modi tutti necessari, come procurare armi ai resistenti trasportandole di persona sul furgone della ditta, celate fra le loro merci, o ricevere e passare ordini del CLNAI19 tramite un ufficiale dellEsercito che militava fra i partigiani azzurri, quelli di tendenze liberal monarchiche, il maggiore Amedeo Ronzi di Valfenera, adesso generale dei Carabinieri20 , lo conosco pur io perché è torinese ed è iscritto alla nostra sezione ANPI: è un grande amico del vecchio Trastulli. Inoltre, in più occasioni, i coniugi avevano riparato nella soffitta del loro negozio antifascisti ricercati e, a un certo punto, vi avevano nascosto, con alto rischio, sin a fine guerra, una coppia debrei, salvandola da un rastrellamento meticoloso dei nazisti e dalla conseguente deportazione in un lager.
Scusa, Vittorio, il primogenito di questi Trastulli doveva essere già oltre la ventina: era partigiano con loro?
No, allo scoppio del conflitto Arturo era di leva ed era stato spedito subito al fronte, rimanendo in armi fin al luglio 43, prima in Francia e poi in Sicilia dovera stato fatto prigioniero e quindi deportato in Gran Bretagna: pare lavessero trattato abbastanza bene, impiegandolo prima come contadino in una fattoria poi come giardiniere e ortolano sul terreno attorno alla villotta del colonnello che comandava il campo di prigionia. Era tornato in Italia solo nel 1946. Vuoi sapere anche del figlioletto piccolo?
Eh!
Clemente frequentava ancora le scuole elementari nel 1940, quando il 10 giugno Mussolini dichiarò guerra a Francia e Gran Bretagna. I suoi lavevano allontanato subito da Torino, e bene avevano fatto, ché il primo bombardamento sulla città, da parte deglinglesi, era stato immediato
e proprio a me lo dici? Me lo ricordo eccome!
Già, tu sei torinese.
Sì: era la notte fra l11 e il 12 giugno, non ce laspettavamo così presto i miei genitori e io.
Tuo padre era stato poi richiamato sotto le armi?
No, era operaio FIAT e quelli come lui erano utili là doverano.
Già, per produrre per lEsercito e lAereonautica.
Sì. Tornando al bombardamento, dopo un momento di paura eravamo corsi tutti e tre giù in cantina, ma casa nostra non era stata toccata per fortuna, sebbene avessero sganciato sul centro della città: 17 morti! Si sarebbe poi saputo che lobbiettivo avrebbe dovuto essere la FIAT, che invece nemmeno era stata sfiorata. Per questo sera diffusa la voce, bisbigliata, che Churchill avesse azioni della società, ma sicuramente sera trattato duna fanfaluca.
Di sicuro; ma riandando al piccolo Trastulli, i suoi lavevano riparato dalla sorella nubile del padre, una certa zia Erminia, che abitava nel piccolo comune originario della famiglia, Cavaglià, a una cinquantina di chilometri. La zia era ed è benestante, avendo ereditato laltra metà dei beni paterni. Sera preso e tenuto il nipotino ben volentieri per tutti gli anni della guerra, affezionandosi a lui come a un figlio, e il bimbo a lei: me laveva confidato il papà Trastulli, aggiungendo che Clemente voleva e vuole bene più alla parente che alla madre.
Si lascia andare a confidenze quel geometra.
Non con tutti: nellANPI discorre volentieri solo con me e con quel generale di cui è amico. Mi parla non solo dei fatti di guerra ma pure dei suoi privati: è una persona spontanea e un gran bravuomo. La signora Iride invece non mi piace molto va beh, è uneroina di guerra anche lei ma è pure na fareniella21 , una donna piena di boria che si crede la regina di Saba. Ho potuto verificarlo in più casi.
Ho capito; ma dimmi qualcosa della moglie del primogenito: dopotutto anchio, quanto a curiosità, non mi stavo mostrando da meno dellamico; oh, beh, eravamo poliziotti entrambi, no?
Ah, sì, completiamo il quadro: Si chiama Clodette, è una francese bionda, più alta del marito, bella donna, ma tu lhai vista. Arturo la conobbe in vacanza in Liguria. Lei soccupa solo delle figlie, niente di più, in casa hanno una domestica dalle 9 alle 19 e 30 che fa tutto e si chiama Genoveffa. Clodette e Arturo litigano perché lui la gradirebbe in ditta, anzi la suocera la vorrebbe là, a tutti i costi, e a lui piacerebbe dare soddisfazione alla madre, è un po un cocco di mamma, anzi un mammone secondo le parole del nostro linguacciuto custode, mentre il fratello no; immagino che la madre avesse molto viziato il primo da piccolo, mentre non aveva potuto farlo con laltro perché era dalla zia. La nuora non vuole proprio finire alle dipendenze della suocera, il marito insiste e i due battibeccano; e anche la vecchia ne dice tante alla nuora, non belle, e allora Clodette, anche se conosce ormai bene la nostra lingua, le lancia impulsivamente merde.