Vicent Ferrer. Projecció europea d'un sant valencià - AAVV 11 стр.


La predicazione è una delle forme più complesse e, per certi aspetti, più raffinate della retorica medievale, e se ne ha conferma dal corpus dei sermoni volgari e latini di Ferrer. Componente non trascurabile del suo successo è la cura esigente della parola in tutti i suoi aspetti, la sua «conciencia estilistica» (Ysern i Lagarda, 2015: 76). Non di rado egli richiama la necessità di preparare accuratamente il sermone, con latteggiamento del buon artista che si compiace dellefficacia e della bellezza della sua parola, e prova a suo modo «una punta de satisfació literaria» (Fuster, 1975: 141). In un sermone inedito sulla «vera dilectio» - Audistis quia dictum est: Diligite inimicos vestros [Mt 5,43] - alla vanagloria che rovina le iniziative virtuose si contrappone l onesta soddisfazione di chi vede il felice compimento della propria iniziativa; in particolare del predicatore che prova «quoddam gaudium mentis et complacentia cordis»2. In una predica sulla moltiplicazione dei pani - Colligite que superaverunt fragmenta (Io 6, 12) uno dei pani è allegoricamente inteso come la «providencia intellectualis» della quale Cristo dà esempio chiedendo consiglio a Filippo, che pure è il meno acuto tra gli apostoli, «ut in dubiis non verecundemur petere consilium ab illis qui sciunt»; e ciò per ammonire i cattivi predicatori «qui nunquam studuerunt theologiam» e si vergognano di usare i sermonari preparati da altri, «ymo verecundantur studere in sermonibus aliorum vel petere auctoritatum declaraciones».3

Negli anni di preparazione passati negli Studia di València, Lérida, Barcelona, e poi nel periodo trascorso alla corte pontificia di Avignone e nelle missioni in Italia, Ferrer dovette conoscere in tutta la sua ampia e varia tradizione lars praedicandi elaborata dai Mendicanti, ed ebbe familiarità con gli strumenti di lavoro preparati dai Domenicani, a cominciare dai sermoni modello, ai quali. come si è visto nel sermone Colligite, egli allude esplicitamente. Non si può escludere che egli avesse notizia dellArs predicandi populo di Francesco Eiximenis, una delle prime opere del famoso frate francescano; non potevano lasciarlo indifferente la trattazione delle forme retoriche adatte alla predicazione ai laici, la dettagliata esposizione dellars memorativa che cattura lattenzione con le immagini (imagines agentes).4 Tuttavia si è notato che Ferrer, rivolgendosi al pubblico, ricorre proprio ad una formula («Bona gent») in uso nelloratoria civile (Fuster, 1995: 125, nota 144) e censurata dal trattato di Eiximenis (Martínez Romero, 2002: 56). Non pochi studiosi (De Garganta, 1980: 156; Robles Sierra in Ferrer, 1995, 24) hanno piuttosto richiamato lattenzione sullinflusso decisivo della tradizione retorica propria dellordine dei Predicatori, in particolare del De modo componendi sermones di Tommaso Waleys, che si ispirava alla propria esperienza di insegnamento negli Studia dellOrdine («secundum ea quae in Ordine Praedicatorum a pueritia enutritus et in diversis studiis generalibus ac provinciis conversatus de arte huiusmodi comprehendo») (Charland, 1936: 95 e 328), oltre che alla conoscenza diretta della predicazione italiana e avignonese.5 Nemico del formalismo, Waleys prova simpatia per gli schemi popolari che danno spazio alle narrazioni evangeliche, e pone una netta distinzione tra le artificiose e complesse strutture del sermone universitario e il più semplice disegno che procede per distinctiones, adatto alluditorio laico, e prediletto come subito vedremo da Ferrer. La predicazione di san Vicente Ferrer è documentata da uno straordinario corpus di testi: dagli schemi brevissimi ad uso proprio e dei suoi discepoli alle reportationes latine e catalane fino alla raccolta dei manoscritti di Tolosa preparata in vista della canonizzazione, dalla quale probabilmente deriva la serie dei sermonari latini a stampa (Gimeno Blay, 2019: 155).

La varia sperimentazione delle forme retoriche del sermone medievale e le scelte decisive di Ferrer sono documentate nel codice del convento domenicano di Perugia (ms. 477) che contiene ben 477 schedulae raccolte a cominciare dal 1407, con successive aggiunte fino ad una data posteriore al 1412, anno della già citata lettera a Benedetto XIII copiata sotto il num 430.6 Il sermonario riflette una lunga esperienza: copiato quando il santo è ancora attivo, è uno strumento messo a disposizione dei suoi discepoli. Già losservazione di una parte, sia pure ridotta, delle schede (le prime 150), permette di identificare una linea netta di tendenza e di scelte retoriche: si tratta degli schemi per le prediche di Avvento, del periodo natalizio, della Quaresima fino alla settimana dopo lottava di Pasqua; si aggiungono, ad apertura del sermonario, i sermoni dalla domenica XXII alla domenica XXIV post Trinitatem7. Solo 14 sermoni sono costruiti mediante divisio del versetto tematico8, secondo le norme del sermone moderno o scolastico, «iuxta singula verba» come si esprime Ferrer allinizio dello schema «De beato Thoma apostolo» (num. 45) o «iuxta verbum thematis» come si legge nella divisione del sermone per la domenica infra Octavam Epiphanie (num. 64). Thema ovvero fondamento del discorso, in questo caso, è il versetto Proficiebat sapientia et etate et gratia (Lc 2, 52), articolato in tre membri che riprendono le tre parole (o dictiones) «sapientia», «etate», «gratia». Gran parte di questi 14 schemi sono ripetuti nei cicli di predicazione di Ferrer, ma alcuni sono abbandonati, forse perché troppo complicati9.

Ben più frequentemente Ferrer ricorre ad un altro modo di articolazione del discorso, che fa riferimento non alle singole parole del thema, ma allintera pericope, percorsa per intero e suddivisa con criteri analoghi a quelli in uso nellesegesi biblica e nelle antiche omelie. Basti un esempio, la scheda per il lunedì dopo la domenica delle Palme (num. 136): un abbozzo che Ferrer sviluppò e colorì molte volte nella sua predicazione effettiva (Perarnau i Espelt,1999b; 791, num. 875). Il versetto tematico è Venit vox de celo dicens: Et clarificavi, et iterum clarificabo (Io 12, 28), e il sermone riguarda le forme di onore secondo le quali Cristo è glorificato: con lamicizia («ex amicabili dilectione»), con lammirazione («ex intellectuali admiratione»), con la devozione («ex spirituali devotione»), per la voce del Padre («ex celestiali loqutione»). Questi punti sono esposti e illustrati «iuxta seriem Evangelii hodierni», percorrendo per intero il capitolo 12 del vangelo di Giovanni (la cena di Betania e lunzione dei piedi di Gesù, il suo ingresso trionfale in Gerusalemme, la richiesta dei Gentili di vedere Gesù, e infine la proclamazione dallalto).

Nelle prime 150 schede del codice di Perugia, che abbiamo scelto come campione, il modello «iuxta seriem evangelii» ricorre 36 volte, con una frequenza particolare nei sermoni di quaresima10. Un tale disegno narrativo era singolarmente adatto alla presentazione dei vangeli quaresimali incentrati su scene e episodi noti al pubblico laico. Non è un caso che sia costantemente usato nelle domeniche della Quaresima11, quando la presenza dei fedeli doveva essere più numerosa: si tratta allora delle tentazioni nel deserto (num. 99), della preghiera della donna Cananea (num. 106), dellingresso trionfale in Geruslemma (num. 135), episodi notissimi, che si prestavano a veicolare e memorizzare efficacemente gli insegnamenti dottrinali e morali del santo12.

Nelle prime 150 schede del codice di Perugia, che abbiamo scelto come campione, il modello «iuxta seriem evangelii» ricorre 36 volte, con una frequenza particolare nei sermoni di quaresima10. Un tale disegno narrativo era singolarmente adatto alla presentazione dei vangeli quaresimali incentrati su scene e episodi noti al pubblico laico. Non è un caso che sia costantemente usato nelle domeniche della Quaresima11, quando la presenza dei fedeli doveva essere più numerosa: si tratta allora delle tentazioni nel deserto (num. 99), della preghiera della donna Cananea (num. 106), dellingresso trionfale in Geruslemma (num. 135), episodi notissimi, che si prestavano a veicolare e memorizzare efficacemente gli insegnamenti dottrinali e morali del santo12.

Questo metodo espositivo che tempera il rigore delle enumerazioni con lesposizione omiletica dei racconti evangelici era ben nota ai Mendicanti e soprattutto era in uso nella scuola domenicana. Sembra ben noto a Parigi, come documentano alcune reportationes del 1272-73: un sermone tenuto a Saint Gervais dal domenicano Gilles dOrléans13, e un sermone di un anonimo francescano alle beghine nella domenica delle Palme14. Ma una testimonianza più antica e autorevole si trova nella predicazione di Tommaso dAquino, il quale costruisce i suoi sermoni dividendo il versetto tematico, ma poi, sviluppando il discorso, richiama lintera pericope. Conviene riflettere su quanto dice padre Bataillon nellIntroduzione alla sua edizione critica: «Thomas, tout en explicant le verset choisi, souvent le premier de la péricope évangelique, en le divisant et le developpant, arrive à donner également une explication de tout le passage liturgique»(Tommaso dAquino, 2014:137*). Se ne può vedere un esempio nel sermone per la prima domenica di Avvento, svolto a Parigi il 1 dicembre 1269: Osanna filio David. Benedictus qui venit in nomine Domini. Osanna in excelsis (Mt 21, 9). La tavola del sermone (divisio sermonis) premessa al testo dalleditore permette di constatare che san Tommaso ha sì diviso in tre parti il versetto tematico, ma in seguito tratta largomento con suddivisioni che permettono di richiamare e di raccontare lintero evangelo. È una scelta bilanciata tra sermo modernus, commentario biblico e antica omelia che è accolta nei sermonari dei primi discepoli italiani di san Tommaso, ad esempio Remigio de Girolami e il suo allievo Giordano da Pisa, Ambrogio Sansedoni e Aldobrandino da Toscanella (Delcorno, 1975:102-103; Delcorno, 2015: 516-517). Meritano particolare attenzione i sermoni modello di Aldobrandino, attivo nella Provincia Romana nellultimo ventennio del secolo XIII e autore di strumenti per la predicazione molto diffusi in tutta Europa (Kaeppeli, 1970: 239-246). Nel suo sermonario De Tempore la formula in tota serie evangelii è usata sistematicamente, si direbbe col valore di un termine tecnico. Si veda, ad esempio, il sermone per la domenica II di Avvento, sulla piccola apocalisse di Luca: Erunt signa in sole et luna et stellis (Lc 21, 25-33). costruito appunto su quattro punti che toccano ordinatamente lintera pericope evangelica. «In tota serie huius evangelii domenicalis de quatuor agitur» è la proposizione iniziale che si riferisce a v. 25 (Erunt signa), v. 27 (tunc videbunt filium hominis), v. 28 (hiis autem fieri incipientibus), v. 29 (videte ficulneam) (Aldobrandino da Toscanella: 14va; cfr. Schneyer, 1969: 223, num. 5). È un modulo compositivo che trova ulteriore testimonianza nella predicazione domenicana fra Tre e Quattrocento, ed esattamente tra i sermoni latini di un altro illustre predicatore, Giovanni Dominici (1355-1419), contemporaneo di Vicent Ferrer (Colosio,1970: 9-48; Ben Aryeh Debby, 2001; Delcorno, 2018: 175-179). In un codice miscellaneo di fine Trecento che contiene sermoni de Tempore e de sanctis attribuiti al Dominici si legge un panegirico per santo Stefano che ha per thema un versetto della invettiva di Cristo contro scribi e farisei, Ierusalem, Ierusalem que occidis prophetas etc. (Mt 23, 37). Lincipit ricorre alla nota formula: «Ex serie huius evangeli aggravatur peccatum Iudeorum circa necem sanctorum ex quinque», cioè «a bonitate interfectorum», «a modo interficiendi», «diuturnitate temporis», «a sanctitate loci», «a cause iniustitia»; argomenti svolti con rinvio ai versetti 34a, 34b, 32 e 35, 3715.

Come molti dei predicatori popolari anche Ferrer ricorre prevalentemente alle distinctiones, a serie di argomenti suggeriti dal versetto tematico, o alla pericope liturgica presa nel suo assieme. È una costruzione semplice, facilmente memorizzabile, ma non uniforme, anzi adatta a originali e sempre nuove variazioni. Particolarmente efficace e memorabile era la struttura per distinctiones quando lintero sermone si basava su ununica allegoria. Un ottimo esempio si trova nella scheda del Sermonario di Perugia per il sabato dopo le Ceneri (Ferrer, 2002: num. 98) che ha per thema Erat navis in medio mari (Mc 6, 47). La nave, stretta agli estremi e larga al centro, è allegoria della penitenza, che è difficile allinizio e anche alla fine, quando si approssima la fine della vita, mentre è agevole quando si è entrati in quello stato. Le tre coperte della nave rappresentano le tre parti della penitenza (contrizione, confessione e soddisfazione); lalbero è la croce, la vela indica la «caro Christi mundissima», mentre la gabbia è liscrizione dettata da Pilato. Nei pericoli della navigazione, così continua lallegoria, è necessario affidarsi a un gubernator esperto, cioè Cristo. Ferrer rinnova a suo modo unallegoria antica, molto diffusa nella letteratura cristiana. Tuttavia lallegoria della navigazione, che rappresenta la vita umana o la vita religiosa o la penitenza, è topos particolarmente vivo nella tradizione domenicana (Bataillon, 1992: XI, 386). Le immagini marinare sono presenti sporadicamente anche in altri sermoni, come in quello per la festa dei santi Pietro e Paolo (Ferreiro, 1998), ma non pare che Ferrer abbia avuto una particolare predilezione per questo tipo di allegoria: lo schema del Sermonario perugino risulta utilizzato solo nella raccolta dei sermoni modello messi a stampa (Ferrer, 1488: p4rb-va).

Ebbe invece grande successo la predica sulla battaglia spirituale tra vizi e virtù, tra Carnevale e Quaresima, una grande allegoria suggerita dal vangelo per la terza domenica di quaresima: Fortis armatus custodit atrium suum (Lc 11, 21). La schedula perugina (Ferrer, 2002: num. 113) fu ampliata e colorita in molteplici variazioni documentate nelle reportationes catalane e latine e nelle raccolte a stampa (Perarnau i Espelt, 1999b: num. 354). Si tratta, come è stato detto, di un testo «totalizador», che raccoglie le molteplici allusioni al tema della pugna spiritualis disseminate in tutta la predicazione del santo (Ysern, 2019: 304). Il tema della battaglia allegorica e delle armi spirituali, fondato su un celebre passo paolino (Eph 6, 10-11), è tra i più frequentati dai predicatori e dagli scrittori di testi religiosi. Nella penisola iberica, e soprattutto in Catalogna, quellallegoria aveva assunto implicazioni spirituali in opere ben note, come il Libre de lordre de cavalleria di Ramon Lullo, il Dix de lo Christià di Francesco Eiximenis (Ysern, 2019: 289), lArnès del Cabalier di Pere March (Ysern i Lagarda, 2015: 253). Per quanto riguarda la predicazione domenicana non si deve dimenticare che nella famosa Summa de virtutibus et de vitiis di Guillaume Peyraut, uno dei libri più diffusi del tardo Medioevo, databile a prima del 1249, è inserito il trattato De Prudentia, che descrive fasi e pericoli della vita spirituale come una battaglia che va affrontata con prudenza. Domenico Cavalca ne derivò concetti e immagini rimaneggiati in una delle sue opere più fortunate, il Trattato delle trenta stoltizie che si commettono nel combattimento spirituale (Zacchi, 1920: 312; Kaeppeli, 1970: 309-312; Delcorno, 1979: 577-586; Troiano, 2018). Nello schema perugino per la terza domenica di Quaresima Ferrer elenca innanzitutto le armi fornite dalla Chiesa al combattente: lo scudo del digiuno, lelmo della preghiera, la lancia della confessione. Nella pericope del giorno si legge appunto dellossesso muto che Cristo libera, immagine del peccatore ammutolito dal demonio e liberato nella confessione.16 Il predicatore dilata il discorso con la descrizione particolareggiata del campo di battaglia e dei combattenti, mettendo in evidenza aspetti della tecnica militare che dovevano interessare fortemente il pubblico nel loro significato letterale. Modello è lesercito del re, composto di esploratori, balestrieri, trombettieri, portabandiera («vexillarii»), cavalieri, pedoni, addetti alle salmerie. Si dispiega in tutta la sua pienezza la logica della distinctio, la poetica dellenumerazione. Ogni parte dellesercito del re indica un tipo di fedele e la sua funzione nella battaglia fra Cristo e Satana, tra la Chiesa e il diavolo: i contemplativi, gli attivi che praticano le opere di misericordia, i predicatori, i peccatori passati sotto le insegne di Cristo, i vergini che dominano il loro corpo come i cavalieri tengono a freno il cavallo, mentre ai soldati a piedi corrispondono i «continentes emendati»; vengono infine i presbiteri che ristorano con leucaristia, medicano le ferite e forniscono nuove armi nella confessione. È il disegno ancora sommario di un sermone narrativo o spettacolare (Catalán Casanova, 2013: 314), attentamente colorito nelle reportationes in catalano. Tuttavia anche nella più vivace e ricca peformance, quella tenuta a València nel 1413 (sermone XXII), la scena rimane distinta rigidamente in sette quadri, senza una veduta dassieme, un movimento grande e generale dellesercito, paragonabile al De pugna et saccomanno Paradisi che conclude il De christiana religione di san Bernardino (Bernardino da Siena,1950: t. II, 452-471). In Ferrer bisogna piuttosto ammirare la rapida descrizione dei particolari, le «frases gràfiques de pensament sintetic», per usare la bella definizione di Sanchis Sivera (1999: 187), che si succedono con una forza e un effetto straordinari. Si vedano, ad esempio, gli esploratori a cavallo (algarers), leggeri «quasi volants, van guardants deçà e dellà»: sono i contemplativi che vanno correndo «per muntanyes», scoprendo «los aguaits dels diables»; e la descrizione sembra concludersi in un gesto: «Sus! Allà sen pugen aquest a la montanya del cel contemplant»; ma poi si allarga alla considerazione di tutte le parti delloltremondo, alla meditazione sulla miseria umana e sullimminenza del Giudizio (Ferrer, 1973: I, 180).

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