Vicent Ferrer. Projecció europea d'un sant valencià - AAVV 15 стр.


Keywords: Preachers, Study, General Chapters, Provincial Chapters, Studias Legislation, Vincent Ferrer.

Ripercorrere lo straordinario rapporto fra lOrdine dei Predicatori, lo studio e il mondo dei libri secondo coordinate diacroniche nei suoi ottocento anni di vita non è unimpresa facile, soprattutto nello spazio concesso al relatore di un convegno. Larco cronologico al quale mi riferirò è compreso fra il 1220, anno di promulgazione delle prime Costituzioni dellOrdine domenicano e gli inizi del XV secolo, momento in cui si colloca la nascita al Cielo di san Vincenzo Ferrer.

«Studium enim est ordinatum ad praedicationem; praedicatio ad animarum salutem, quae est ultimus finis» (Romanis 1889: 28). Così nellExpositio super Constitutiones il beato Umberto di Romans (1200?-1277), quinto successore di san Domenico di Caleruega alla guida dellOrdine dei Predicatori dal 1254 al 1263, ne sintetizzava la caratteristica principale, illustrata peraltro nel prologo delle Costituzioni: la predicazione come fine intermedio e la salvezza delle anime come fine ultimo. Lo studio, mezzo di realizzazione di questo dinamismo, si avvale dei libri, vere e proprie «armi» nelle mani dei Predicatori senza le quali nessun frate potrebbe affrontare con successo la predicazione o lascolto delle confessioni1. Per acquisire le competenze filosofiche e teologiche necessarie al fine di adempiere il loro ministero, i Predicatori si dotarono fin dai primordi di strumenti legislativi idonei a questo scopo, a partire dalle Costituzioni del 1220, in gran parte redatte dallo stesso Domenico - secondo quanto attestano alcuni testimoni al processo di canonizzazione del Santo castigliano - ed approvate nel 1228, sette anni dopo la sua morte. Limportanza dello studio nella formazione domenicana è evidente anche dallevoluzione della legislazione in merito (Costituzioni, atti dei capitoli generali e provinciali): infatti, se nelle Costituzioni del 1220-1228 il tema era trattato alla fine della seconda distinzione, al numero 28 insieme a quello concernente il maestro degli studenti («de magistro studentium»), nella seconda redazione delle Costituzioni, che includeva gli esiti delle modifiche apportate durante i generalati di san Raimondo di Peñafort, terzo maestro dellOrdine (1238-1240), e del beato Umberto di Romans, la normativa ampliata è compresa in un paragrafo, il quattordicesimo della seconda distinzione, dedicato ai destinatari di tale legislazione, i frati in formazione («de studentibus»). Ogni convento doveva istituire al suo interno una scuola o studium in cui studenti e professori erano totalmente dediti allattività intellettuale, facilitata da una serie di dispense dalla regolare osservanza (recita dellufficio, questua, partecipazione ai capitoli conventuali, pratica del digiuno). Agli studenti più diligenti veniva assegnata una cella indipendente dal dormitorio, per continuare a studiare e a pregare anche di notte. Questa consuetudine era già osservata nel 1216 a S. Romano di Tolosa, come attesta Pietro Ferrandi nella biografia di san Domenico (Tugwell, 2015: 314-315 [25]). Proprio per rendere liberi i frati da incombenze amministrative e pratiche, secondo la testimonianza di Giovanni di Spagna al processo di canonizzazione, Domenico avrebbe pensato addirittura di affidarle ai frati conversi illitterati, sullesempio dei boni homines di Grandmondt, i seguaci di Stefano di Muret (Walz, 1935: 144-145 [27]; Bériou-Hodel, 2019: 722-723). Nel corso del XIII secolo frequenti sono le disposizioni dei capitoli generali a tutela dei frati doctores responsabili dellattività intellettuale nei conventi e nelle province, per renderli liberi di dedicarsi allo studio, affrancandoli da gravosi impegni materiali, soprattutto dalla carica di priore. Il ricorso allistituto della dispensa in generale e per ragioni di studio in particolare fu una costante nella legislazione dellOrdine fin dai primordi. I superiori potevano dispensare coloro che erano impegnati nello studio da ogni obbligo legato alla vita regolare: recita dellUfficio corale, partecipazione ai capitoli conventuali, ricerca di elemosine ed altri doveri legati alla professione religiosa. Sempre al fine di facilitare lattività intellettuale dei più solerti nello studio, veniva loro concesso luso della cella, salvo a revocarlo qualora se ne dimostrassero indegni. Questo privilegio consentiva al frate meritevole di immergersi nella lettura, nella scrittura e nella preghiera fino a notte fonda. Nel 1414, il fiorentino Leonardo Dati (Kaeppeli, 1980: 73-77; Kaeppeli-Panella, 1993: 188; Orlandi, 1955: I, 151-152; II, 134-166), appena eletto al suprema carica dellOrdine (1414-1425), concesse ai frati studenti bolognesi una serie di dispense, già in vigore presso il convento parigino di Saint-Jacques, tra cui quella dellobbligo della compieta nei giorni festivi, dellUfficio notturno della Beata Vergine Maria e della ricreazione tre volte a settimana. Singolare, ma comprensibile se messa in rapporto con lo scopo per la quale fu concessa, è la disposizione secondo la quale il librario era tenuto ad aprire la biblioteca agli studenti secondo le loro necessità, dal momento che: «attinge lacqua con il setaccio colui che presume di imparare senza libri» («quia aurit aquas cribro qui discere vult sine libro»2. Una cinquantina danni dopo, nel 1462, fu Corrado dAsti (1462-1465), trentesimo maestro dellOrdine, ad ampliare il numero delle dispense ai frati dello Studio bolognese, che passarono da sette a tredici, quasi il doppio3.

In vista della realizzazione del principale scopo dellOrdine, la salvezza delle anime, in special modo la lotta alleresia, per la formazione dei futuri predicatori la prima legislazione domenicana fu attenta anche a provvedere ogni convento non solo di un priore, ma anche di un professore - doctor o lector e, in seguito magister studentium - con il preciso compito di iniziare i confratelli allo studio della Bibbia, di impartire loro i primi rudimenti di teologia, nonché di verificare il progresso dei frati studenti negli studi e di curare la loro formazione nellars praedicandi e nella guida delle anime. Fin dal 1220, Parigi e Bologna, incipienti e già celebri sedi universitarie, furono le mete privilegiate dove i frati più capaci venivano inviati a studiare e dove fino al 1245, alternativamente, ogni anno i Predicatori celebrarono i capitoli generali. Fino al 1248 il convento parigino di Saint Jacques fu la sede dellunico studio generale dellOrdine, attivo già nel 1229. Lopzione preferenziale per le due indiscusse capitali culturali della Cristianità della prima metà del XIII secolo aveva in primo luogo lo scopo di assicurare ai frati unelevata preparazione filosofica e teologica, che consentisse loro di adempiere nel miglior modo possibile limportante compito di coadiutori dei vescovi. Tuttavia, non tutti gli studenti avevano il privilegio di recarsi a Parigi per attendere agli studi, ma solamente i più lodevoli, in grado di garantire il conseguimento dei titoli accademici nel più breve tempo possibile, con il conseguente inserimento «in medio Ecclesiae» come maestri in teologia, predicatori generali e, con il pontificato di Gregorio IX, come inquisitori, quando il delicato e fondamentale compito di combattere lheretica pravitas venne sottratto alla competenza episcopale dalla Sede Apostolica, che lavocò a sé. A partire dalla metà del Duecento, con il pontificato di Innocenzo IV, dalle fila dei Predicatori cominciarono ad uscire vescovi e cardinali, prima ed importante conferma dellefficacia del sistema educativo domenicano, che sarebbe diventato ben presto un modello di riferimento anche per gli altri Ordini Mendicanti. In secondo luogo lambiente universitario, soprattutto quello parigino, si rivelò particolarmente fertile per il reclutamento di nuovi frati. Lo attesta laumento esponenziale dei membri del convento di S. Jacques nel primo decennio di vita dellOrdine: se nel 1217 i frati a Parigi erano soltanto sette e una trentina nel 1219, nel 1223 divennero più di un centinaio. Fu anche per questo che nel 1234 il capitolo generale, tenutosi proprio a Parigi, stabilì che ogni provincia dellOrdine non potesse inviare a Parigi più di tre frati (Reichert, 1898: 36). Nel 1246, constatando linsufficiente risposta dellateneo parigino allesigente richiesta dellOrdine domenicano di avere un adeguato numero di lettori conventuali, il Capitolo generale di Parigi decise di fondare nelle province più grandi propri studia generalia: in Provenza, Montpellier; in Lombardia, Bologna; in Germania, Colonia e in Inghilterra, Oxford (Reichert, 1898: 34-35). Se i primi tre nuovi studi poterono essere attivi a partire dal 1248, Oxford solamente nel 1261 accettò di accogliere frati di altre province, a seguito della sanzione che il capitolo generale di quellanno, celebrato a Barcellona, inflisse al provinciale inglese, Simon di Hinton, sollevato dalla carica, punito con il digiuno a pane e acqua per una settimana e inviato come lector presso lo studio di Colonia per sperimentare di persona la condizione del frate fuori provincia per motivi di studio. Nella seconda metà del XIII secolo, quindi, lOrdine domenicano si dotò di una rete di studia, differenziati in base alla tappa della formazione intellettuale prevista dalla ratio studiorum, la cui stesura fu affidata dal capitolo generale di Valenciennes del 1259 (Reichert, 1898: 99ss) ad una commissione composta da Alberto Magno, Bonushomo di Bretagna ( 1266), maestro a Parigi dal 1253 al 1255, Fiorentino di Hisdino, anche lui maestro a Parigi, Pietro di Tarantasia, in seguito papa Innocenzo V, e da Tommaso dAquino. Il 28 marzo 1257 Alessandro IV con la bolla Exultante spiritu frequenter (Quétif-Échard I, 1729: 333 [150]) riconobbe agli studia domenicani la facoltà di rilasciare lidoneità allinsegnamento della teologia nei conventi e il privilegio di concedere la licentia docendi valida allinterno dellOrdine, qualora in quel luogo non vi fosse una facoltà di teologia presso luniversità locale. A partire da questa data, quindi, i conventi più importanti assunsero il ruolo di vere e proprie facoltà teologiche.

Non sempre, tuttavia, era facile aprire uno studio generale, come attesta il caso di quello che il capitolo generale dei definitori, riunitosi a Milano nel 1270 aveva deciso di aprire nella Provincia Romana, insieme ad un altro nella Provincia di Spagna, apportando a questo scopo una modifica alla Costituzioni vigenti. Per essere effettiva, ogni modifica alle Costituzioni doveva essere confermata da tre capitoli successivi, come del resto accade tuttora (Reichert, 1898: 153 [rr. 16-19]). Il successivo capitolo generale dei provinciali (Montepulciano, 1271) non ratificò la decisione precedente (Reichert, 1898). Lanno seguente i definitori al capitolo generale di Firenze reiterarono la proposta (Reichert, 1898: 164 [rr. 1-4]), confermata dal capitolo di Pest nel 1273 (Reichert, 1898: 167 [rr. 6-9]). Nel 1274, tuttavia i provinciali la respinsero nuovamente al capitolo generale di Lione (Reichert, 1898). Nel 1265, il capitolo della Provincia Romana celebrato ad Anagni aveva ingiunto a Tommaso dAquino di trasferirsi a Roma, molto probabilmente nel convento di S. Sabina, con lincarico di fondarvi uno studio per la remissione dei suoi peccati («In remissionem peccatorum») (Kaeppeli-Dondaine, 1941: 32 [8-9]; Torrell, 2015: 190). La situazione dello studio nella Provincia Romana a metà del Duecento non doveva essere particolarmente fiorente, se i capitoli provinciali frequentemente ne deploravano il decadimento. Il capitolo provinciale tenutosi a Orvieto nel 1250, del resto, esortò i frati, soprattutto i più giovani, ad un maggiore ed alacre impegno negli studi, per poter contrastare gli eretici (Kaeppeli-Dondaine, 1941: 10 [rr. 21-24]). Il capitolo provinciale di Viterbo del 1264 (Kaeppeli-Dondaine, 1941: p. 29 [rr.14-21]) e quello di Lucca del 1267 (Kaeppeli-Dondaine, 1941: 33 [rr. 24-28]) intervennero ulteriormente sulla questione dellattività, sollecitando nuovamente i frati studenti ad una maggiore diligenza nellimpegno intellettuale, evidentemente trascurato in quegli anni. Probabilmente è per questa ragione che Tommaso dAquino, a partire dal 1261, partecipò ai capitoli della Provincia Romana, alla quale apparteneva, come membro di diritto. Nel 1272 il capitolo provinciale di Firenze rese esecutiva la decisione del capitolo generale di quellanno, celebrato nella stessa città, in merito allapertura di uno studio generale sul territorio della Provincia Romana, a Napoli, affidandone lincarico ancora una volta a Tommaso dAquino (Kaeppeli-Dondaine, 1941: 39 [rr. 28-29]). Le decisioni del capitolo generale del 1274, infine, non permisero concretamente lapertura di uno studio generale della Provincia Romana, che quindi contava solamente studi conventuali a Lucca, a Firenze e a Siena.

Al capitolo generale di Oxford nel 1280 si fece un altro tentativo, che però venne bocciato al capitolo generale di Firenze lanno successivo (Reichert, 1898: 208 [rr. 7-10]). Nel 1282, il capitolo generale di Vienna (Reichert, 1898: 217 [rr. 25-28])stabilì che ogni provincia, ad eccezione di quelle di Grecia e di Terrasanta, si dotasse di uno studium generale, provvedimento però respinto dal capitolo generale di Montepulciano nel 1283 (Reichert, 1898: 223 [rr. 4-7]), che ritornò alla proposta di tre anni prima, quella di istituire lo studio generale nelle sei province: Spagna, Provenza, Lombardia, Romana, Teutonia e Inghilterra. Il cambio di strategia si ebbe nel 1288, quando al capitolo generale di Lucca (Reichert, 1898: 244 [rr. 21-23])i definitori proposero lapertura di uno studio generale nella provincia Romana, a Napoli, con lappoggio del re di Sicilia, decisione recepita definitivamente nel 1290 dal capitolo di Ferrara (Reichert, 1898: 254 [rr. 30-33]). Con la nascita della Provincia del Regno, territorio staccato da quello della Provincia Romana, lo studio venne trasferito a Firenze. A Napoli ne venne istituito un altro al capitolo di Besançon nel 1303 (Reichert, 1898: 325 [rr. 1ss]), su istanza di re Carlo II dAngiò.

Se gli studia generalia come anche gli studia artium erano funzionali alla formazione degli insegnanti delle scuole conventuali domenicane, le scholae, erano in realtà proprio queste ultime loggetto privilegiato della legislazione domenicana sullo studio. Nella scuola conventuale il magister studentium, che ne era il responsabile, doveva provvedere allorganizzazione delle dispute o di altri esercizi simili al momento del vespro o in altro momento consono. In questo nuovo contesto mutava anche il ruolo della cella che in ambito domenicano si trasformava da solitario riparo di ascendenza eremitica in un vero e proprio studio, dove il religioso approfondiva le proprie conoscenze e ne acquisiva di altre. Ogni domenicano non doveva dimenticare che, come attestano le antiche Costituzioni, era un vir evangelicus ad imitazione di san Domenico, intento sempre a parlare con Dio o di Dio. A questo scopo doveva intraprendere un esigente percorso di studio, regolato dalla ratio studiorum che conferma il ruolo portante della schola nella formazione intellettuale domenicana: dei circa ventiquattro provvedimenti varati dalla commissione nominata da Umberto di Romans, una ventina riguardavano le scuole conventuali. Si prevedevano pene per i frati che disattendevano alle lezioni; in occasione delle visite canoniche annuali, si stabiliva la verifica della preparazione di ciascun lettore conventuale; si vietava di portare in aula libri che non rientravano nei programmi di studio; ai lettori conventuali non in servizio fu ordinato di frequentare le lezioni e di partecipare alle dispute per essere al corrente delle questioni di attualità. In ogni convento si sarebbe dovuto preparare un frate repetitor incaricato di impartire quotidianamente le repetitiones di tutte le lezioni date nella scuola conventuale e ogni settimana quelle di tutte le questioni trattate nelle dispute. Infine, fu stabilito che fosse tenuta due volte a settimana la collatio scientifica, in cui i frati si esercitavano come confessori o come predicatori, dimostrando di saper maneggiare testi come la Summa de casibus.

I Predicatori fin dalle origini prestarono particolare attenzione alla qualità della schola conventuale non solo per garantire una buona formazione ai frati, ma anche per assicurare ai laici e ai chierici secolari interessati un insegnamento di alta qualità. Del resto, sia il papato sia i vescovi locali raccomandarono linserimento dei frati della nova religio sia per la loro attività di insegnamento sia per il loro servizio pastorale. I Predicatori insegnavano pubblicamente, non solo dal pulpito, ma anche nelle scuole. Ben presto divennero in Europa i professori di teologia per antonomasia, proprio grazie al ruolo svolto dalle loro scuole.

Liter formativo prevedeva, dopo un triennio dedicato alla formazione spirituale e religiosa del novizio, linizio dello studentato con lo studio delle arti liberali, durante i quali i giovani frati apprendevano la logica e la retorica. Successivamente, venivano iniziati agli studia naturarum, cioè alla filosofia della natura. Fin dal 1220 le Costituzioni domenicane proibivano lo studio della filosofia: «In libris gentilium et philosophorum non studeant» (Vicaire 1937: 290; Thomas (1965): 361-362; Bériou-Hodel, 2019: 254), raccomandando esclusivamente quello della teologia. Questo divieto non fu mai abrogato almeno fino alla seconda metà del XIV secolo per cui, per lerezione degli studia artium e degli studia naturarum, così come per la partecipazione dei frati ai corsi ivi impartiti, era sempre richiesta una speciale dispensa del Maestro dellOrdine. Sempre per questa ragione i programmi degli studia artium e degli studia naturarum vennero inseriti gradualmente nel percorso formativo domenicano (la logica ebbe un suo spazio solo nel 1259, la filosofia qualche anno dopo e gli studia naturarum in tutte le province dellOrdine solamente nel 1305).

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