“Certo” disse riprendendo il cellulare. “Un momento.”
Mentre recuperava il recapito, Mackenzie si voltò a guardare Ellington. Come sempre, Ellington era sull’attenti, intento a osservare la stanza per essere sicuro di non lasciarsi sfuggire qualcosa di ovvio. Mackenzie si accorse anche nel frattempo giocherellava con la fede nunziale, rigirandosela lentamente intorno al dito.
Riportò la propria attenzione su Clark Manners. Era quasi certa che lo avrebbero interrogato di nuovo, probabilmente molto presto. Il fatto che stesse ossessivamente pulendo l’appartamento dopo la morte della ragazza aveva senso da un punto di vista psicologico, ma poteva anche essere interpretato come un tentativo di cancellare delle prove.
Tuttavia, Mackenzie aveva già visto persone distrutte dal dolore per la perdita di una persona cara e l’istinto le diceva che con tutta probabilità Clark era innocente. Nessuno sarebbe stato in grado di simulare il suo dolore e l’incapacità di dormire. Avrebbero però dovuto parlare anche con i suoi amici, prima o poi.
Clark passò il cellulare a Mackenzie, che si annotò le informazioni per contattare la signora Lynch. Scrisse anche i nomi e i numeri di telefono degli amici di Clark che erano stati a casa sua la notte dell’omicidio di Christine. Mackenzie si accorse che anche lei stava giocherellando con la fede. Ellington, che l’aveva notata, riuscì a rivolgerle un breve sorriso, nonostante le circostanze. Quando prese il telefono da Clark, smise di toccare l’anello.
***
Margaret Lynch era l’esatto opposto di Clark Manners. Appariva calma e controllata, e accolse Mackenzie ed Ellington nell’atrio dell’hotel Radisson con un sorriso. Tuttavia mostrò il primo segno di debolezza quando li accompagnò su un divanetto nel retro della hall.
“Se mi metto a piangere, preferirei non farlo davanti a tutti” dichiarò accomodandosi sul divano, quasi fosse certa che darebbe successo esattamente così.
“Vorrei iniziare domandandole quanto conosce Clark Manners” esordì Mackenzie.
“Ecco, ho parlato con lui per la prima volta due giorni fa, dopo che è successo tutto questo. Ma Christine mi aveva parlato di lui al telefono in un paio di occasioni. Era molto presa da lui, credo.”
“Ha dei sospetti?”
“No. Naturalmente non conosco il ragazzo di persona, ma stando a quello che mi diceva Christine, non credo sia stato lui.”
Mackenzie si accorse che la signora Lynch faceva di tutto per evitare parole come uccisa o assassinata. Immaginò che il motivo per cui quella donna riuscisse a mantenere il controllo fosse che era riuscita a distanziarsi dalla situazione. A facilitare il tutto, probabilmente, c’era anche il fatto che madre e figlia vivevano in stati diversi da qualche tempo, ormai.
“Cosa ci può dire della vita di Christine qui a Baltimora?” proseguì Mackenzie.
“Dunque, aveva iniziato il college a San Francisco. Voleva diventare avvocato, ma la scuola e gli indirizzi di studio… non facevano per lei. Abbiamo fatto una lunga chiacchierata sul fatto che avesse intenzione di fare domanda alla Queen Nash University. Una lunga chiacchierata. Suo padre morì che lei aveva undici anni, e da allora siamo sempre state sole, io e lei. Niente zii e zie. La nostra è sempre stata una piccola famiglia. Ha ancora la nonna, ma soffre di demenza e si trova in una struttura vicino a Sacramento. Non so se lo sapete già, ma Christine sarà cremata qui a Baltimora. Non ha senso farla portare fino in California per fare la stessa cosa. Non abbiamo particolari legami con la zona, inoltre le piaceva molto stare qui, perciò…”
Questa povera donna rimarrà completamente sola, pensò Mackenzie. Era sempre consapevole di cose del genere quando interrogava le persone, ma quel pensiero sembrò investirla con il peso di un macigno.
“Ad ogni modo, fu ammessa e nel giro di un semestre aveva deciso che le piaceva un sacco. Lo diceva sempre in tono di scuse, preoccupata che la sua anziana madre dovesse vivere da sola senza di lei. Si teneva in contatto con me, chiamandomi un paio di volte a settimana. Mi raccontava delle lezioni e anche, come dicevo prima, di Clark.”
“Cosa raccontava di lui?” volle saper Ellington.
“Solo che era un tipo carino e molto spiritoso. A volte mi diceva che poteva essere un po’ noioso e che aveva la tendenza ad alzare un po’ il gomito quando era in compagnia,”
“Ma niente di negativo?”
“Non che riesca a ricordare.”
“Perdoni la domanda” disse Mackenzie, “ma sa se loro due avessero un rapporto esclusivo? Quello che intendo è, crede fosse possibile che Christine frequentasse qualcun altro allo stesso tempo?”
La signor Lynch ci rifletté per un momento. Non sembrava offesa per quella domanda; rimase calma come quando li aveva accolti nella hall. Mackenzie si domandò quanto tempo sarebbe passato prima che la poveretta infine cedesse.
“Non mi ha mai accennato ad altri pretendenti” disse la signora Lynch. “E credo di sapere perché me l’ha chiesto. Mi è stata descritta la scena del ritrovamento… incluso il fatto che fosse seminuda. Io avevo semplicemente immaginato…”
Si interruppe prendendosi qualche secondo per ricomporsi. Quello che stava per dire aveva risvegliato le emozioni dentro di lei, ma riuscì a reprimerle prima di farsi sopraffare. Quando riprese a parlare, il suo volto pareva di pietra.
“Avevo semplicemente immaginato che si trattasse di uno stupro finito male. Che forse l’uomo per qualche motivo fosse troppo nervoso e non sia riuscito a portare a termine il piano. Ma immagino che esista anche la possibilità che ci fosse un altro uomo nella sua vita. Se era così, io semplicemente non ne ero a conoscenza.”
Mackenzie annuì. Anche lei aveva pensato al tentato stupro, ma il modo in cui la maglia sembrava essere stata gettata sul pavimento e il fatto che Christine ci fosse sdraiata sopra… la cosa non quadrava con quella possibilità.
“Bene, signora Lynch, non vogliamo disturbarla più dello stretto necessario” disse Mackenzie. “Per quanto tempo ha intenzione di restare in città?”
“Ancora non lo so. Forse un giorno o due dopo il funerale.” Alla parola funerale, la voce le si incrinò appena.
Ellington le porse un biglietto da visita, alzandosi dal divanetto. “Se per caso le viene in mente qualcosa, o se sente qualcosa durante il funerale, la prego di farcelo sapere.”
“Naturalmente. Grazie di occuparvi del caso.” la signora Lynch aveva un’aria sconsolata mentre Mackenzie ed Ellington si allontanavano. Ci credo bene, pensò Mackenzie. È sola in una città che non conosce e deve occuparsi della figlia deceduta.
La signora Lynch li seguì con lo sguardo, salutandoli con la mano. Una volta in macchina, Mackenzie realizzò per la prima volta di avere gli ormoni impazziti per via della gravidanza. Provava una profonda compassione per la signora Lynch, ed era quasi sicura che non sarebbe stata così intensa se non avesse saputo di aspettare un bambino. Mettere al mondo una vita, farla crescere solo per vedersela strappare via in modo così brutale… doveva essere straziante. Mackenzie si sentiva angustiata per la signora Lynch, mentre lei ed Ellington si immettevano nel traffico.
All’improvviso, Mackenzie fu invasa da un’ondata di determinazione. Aveva sempre avuto la passione per raddrizzare i torti – per consegnare assassini e uomini e donne malvagi alla giustizia. Che fossero gli ormoni oppure no, si ripromise che avrebbe trovato l’assassino di Christine Lynch, se non altro almeno per offrire un senso di chiusura a Margaret Lynch.
CAPITOLO SEI
Il primo nome sulla lista di amici fornita da Clark Manners era un certo Marcus Early. Quando provarono a contattarlo, partì la segreteria telefonica. Allora tentarono con il secondo nome sulla lista, Bethany Diaggo, e la ragazza accettò di incontrarli subito.
La raggiunsero sul suo luogo di lavoro, uno studio legale dove stava praticando il tirocinio come previsto dal suo piano di studi alla Queen Nash. Poiché l’ora di pranzo era vicina, Bethany semplicemente uscì mezz’ora prima e si incontrò con loro in una delle piccole sale riunioni sul retro dell’edificio.
“Ci è stato riferito che la notte in cui Christine è stata uccisa si trovava all’appartamento di Clark Manners.” esordì Mackenzie. “Cosa ci può raccontare di quella sera?”
“Ci eravamo trovati solo per divertirci un po’. Abbiamo bevuto, forse un po’ troppo, abbiamo giocato a carte, guardato le repliche di The Office e basta, direi.”
“Perciò non ci sono stati litigi?” volle sapere Mackenzie.
“No. Però ho notato che Christine aveva iniziato ad arrabbiarsi con Clark. A volte, quando beve tende a esagerare. Christine non ha detto niente quella sera, ma si capiva che si stava irritando.”
“Sa se questo ha mai causato problemi tra loro in passato?”
“Non che io sappia. Credo che Christine semplicemente se ne fosse fatta una ragione. Sono abbastanza sicura che pensasse che la loro storia non sarebbe durata per sempre.”
“Bethany, conosce una ragazza che si chiama Jo Haley? Ha più o meno la sua età, e anche lei era una studentessa alla Queen Nash.”
“Sì. Non la conoscevo bene come Christine, ma eravamo in rapporti amichevoli. Era raro che uscissimo insieme, però se ci incontravamo in un locale, di solito finivamo per sedere allo stesso tavolo per chiacchierare.”
“Deduco che sappia che anche lei è stata uccisa qualche giorno fa, giusto?” intervenne Ellington.
“Sì. Per una specie di crudele ironia della sorte, è stata proprio Christine a darmi la notizia.”
“Sa come l’aveva imparato?” chiese Mackenzie.
“Non ne ho idea. Credo che avessero alcune lezioni in comune. Oh, e avevano anche lo stesso consulente accademico.”
“Consulente accademico?” ripeté Ellington. “È un altro modo per dire referente scolastico?”
“Più o meno” disse Bethany.
“Ed è sicura che Jo e Christine avessero lo stesso consulente?” chiese Mackenzie.
“Così sosteneva Christine. Me l’ha detto quando mi ha riferito che Jo era stata uccisa. Ha detto che il fatto era fin troppo vicino a lei.” Bethany si interruppe, forse intuendo per la prima volta l’inquietante senso premonitore di quel commento.
“Per caso ha il nome di questo consulente?” chiese Mackenzie.
Bethany ci pensò un momento, poi scosse la testa. “No, mi dispiace. Me l’ha anche detto quando mi ha raccontato di Jo, ma non me lo ricordo.”
Non è un problema, pensò Mackenzie. Basterà una telefonata all’università per scoprire questa informazione.
“C’è altro che ci possa dire su Jo o su Christine?” proseguì Mackenzie. “Qualunque dettaglio che possa aver dato a qualcuno il pretesto per volerle morte?”
“No, nessuno. Tutto questo non ha senso. Christine era molto concentrata sugli studi e si teneva lontana dai guai. Pensava solo alla scuola e ad iniziare subito una carriera lavorativa. Jo invece non la conoscevo abbastanza da poter dire qualcosa in merito.”
“Ho capito, grazie per il suo tempo” disse Mackenzie.
Mentre uscivano dall’ufficio e Bethany si preparava ad andarsene, Mackenzie tentò di immaginare le due ragazze uccise nella stessa aula, oppure incrociarsi nei corridoi dell’università. Magari si vedevano mentre una usciva dall’ufficio del consulente scolastico mentre l’altra entrava. Quell’idea era un po’ inquietante, ma Mackenzie sapeva fin troppo bene che cose del genere accadevano spesso quando c’era più di una vittima.
“Gli uffici universitari sono ancora chiusi per ferie” le fece notare Ellington mentre risalivano in auto. “Sicuramente riapriranno domani.”
“Sì, ma immagino anche che sul sito dell’università ci sia l’elenco del personale. A giudicare dai libri a casa di Christine, credo si possa presumere che il suo indirizzo di studi sia Scienze Politiche. Questo restringe il campo di ricerca.”
Prima ancora che Ellington avesse il tempo di dirle che era un’ottima idea, Mackenzie aveva già il cellulare in mano. Aprì il browser e andò al sito dell’università. Riuscì a trovare la sezione dei docenti, ma come immaginava i nomi non erano corredati di numeri di telefono personali; gli unici contatti rimandavano agli uffici dei referenti. Tuttavia, individuò i due consulenti che erano assegnati nello specifico al dipartimento di Scienze Politiche e lasciò un messaggio ciascuno, chiedendo di essere ricontattata non appena avessero sentito il messaggio.
Una volta fatto ciò, aprì la rubrica dei suoi contatti.
“E adesso che fai?” chiese Ellington.
“Ce ne sono solo due di consulenti. Vale la pena provare a ottenere qualche informazione sul loro passato, per vedere se c’è qualche segnale di pericolo.”
Ellington annuì, sorridendo al suo modo rapido di ragionare. Rimase in ascolto mentre lei faceva la telefonata. Mackenzie poteva sentire il suo sguardo posarsi su di sé di tanto in tanto, quasi con fare protettivo.
“Come ti senti?” le domandò poi.
Sapeva quello che intendeva, che non c’entrava con il caso ma stava chiedendo del bambino. Si strinse nelle spalle, non vedendo che senso avesse mentirgli. “Tutti i libri dicono che presto le nausee dovrebbero finire, ma io non ci credo. Anche oggi ho avuto un paio di episodi e, a dirla tutta, sono davvero stanca.”
“Allora forse dovresti tornare a casa” suggerì lui. “Detesto sembrare il marito autoritario, ma… ecco, preferirei evitare che tu o il bambino vi facciate male.”
“Lo so. Ma qui si tratta di una serie di omicidi in un campus universitario. Dubito che la situazione possa farsi pericolosa. Probabilmente è solo un ragazzo col testosterone alle stelle che riesce a spassarsela solo uccidendo le ragazze.”
“D’accordo, hai ragione” concesse Ellington. “Ma prometti di essere sincera con me e dirmi se inizi a sentirti debole o strana?”
“Te lo prometto.”
Ellington la guardò con sospetto ma allo stesso tempo con aria scherzosa, come se non fosse sicuro di potersi fidare di lei. Poi le prese la mano mentre guidava verso il centro della città per trovare un hotel per la notte.
***
Avevano a malapena avuto il tempo di sistemarsi nella stanza che il cellulare di Mackenzie squillò. Nonostante non conoscesse il numero, rispose subito. Nella sua mente aveva viva la richiesta di McGrath di fare presto, e le pareva di sentire l’orologio ticchettare. Aveva la sensazione che, se il caso non fosse stato risolto entro la ripresa delle lezioni la settimana successiva – anzi, mancavano cinque giorni – sarebbe stato molto più difficile portare avanti le indagini con il campus invaso di studenti.
“Pronto, qui agente White” disse al telefono.
“Agente White, sono Charles McMahon, consulente accademico alla Queen Nash University. Ho sentito il suo messaggio, così l’ho richiamata.”
“Ottimo, grazie per la celerità. Si trova all’università in questo momento?”
“No. Dato che ho molto lavoro, ho fatto deviare tutte le chiamate dal mio ufficio al mio cellulare.”
“Capisco. Bene, mi chiedevo se potesse rispondere a qualche domanda a proposito di un recente omicidio.”
“Immagino si riferisca a Jo Haley?”
“In realtà no. Si è verificato un altro omicidio, due giorni fa. La vittima è un’altra studentessa della Queen Nash. Una ragazza di nome Christine Lynch.”
“È terribile” disse con voce sinceramente scioccata. “Si tratta… insomma, due vittime in così poco tempo… crede che si tratti di un serial killer?”