“Non dico che non ci parleremo mai più,” garantì Keira, offrendogli un timido sorriso. “Possiamo sempre essere amici.”
L’espressione turbata dell’uomo si addolcì leggermente. “Okay. Sì. Mi piacerebbe.”
“Bene,” rispose lei con un sospiro sollevato. Non riusciva a sopportare il pensiero che quell’uomo svanisse del tutto dalla sua vita, anche se capiva che a livello romantico dovevano allontanarsi.
Aprì le braccia per stringerlo a sé ancora una volta, e Milo accettò. Rimasero abbracciati per un lungo momento. Solo la voce all’altoparlante che ripeteva ai passeggeri di dirigersi verso il gate d’imbarco li costrinse a separarsi.
“Sarò meglio che vada,” disse Keira. Lo guardò profondamente negli occhi. “Addio, Milo.”
Lui la tenne per mano, indugiando, per prolungare il momento. “Lo so che è una cosa strana da dire… ma grazie. Credo di essere stato molto fortunato a incontrarti.”
Keira sorrise. “Lo stesso vale per me.”
“Addio, Keira.”
Lasciandogli andare la mano, la giovane donna si girò e si allontanò. Dopo aver raggiunto il gate e aver consegnato il biglietto e il passaporto all’impiegato, si guardò indietro un’ultima volta. Milo era ancora dove l’aveva lasciato. Lo salutò con la mano, sentendo una fitta di dolore nel petto. Lui le fece un cenno a sua volta.
“Ecco a lei, signorina Swanson,” disse l’uomo al bancone, restituendole i documenti.
“Grazie,” rispose, riprendendoli.
Non si guardò più indietro.
*
Keira si accomodò sulla sua poltrona nell’aereo. Anche se era triste per aver chiuso la storia con Milo, era anche piena di energia. Tutta l’esperienza in Svezia era stata una preparazione all’indipendenza che aveva appena trovato.
Studiò gli altri passeggeri sull’aereo. Sui sedili alla sua sinistra c’era una coppia che si stava baciando, e poco più avanti una famiglia con dei bambini che si dimenavano, mentre i genitori tentavano di tenerli seduti ai loro posti. Per la prima volta non ne fu invidiosa. Il suo senso di indipendenza la fece sentire libera e soddisfatta. Stava percorrendo un viaggio diverso da quelle persone, e non avrebbe voluto niente di diverso.
Rincuorata, prese il portatile dal bagaglio a mano e iniziò a lavorare sull’articolo. Usò un approccio diverso da quello che aveva tenuto nei lavori precedenti, descrivendo una libertà priva di legami.
D’ora in avanti, quando mi innamorerò, lo farò alla maniera scandinava.
CAPITOLO TRE
Il mattino seguente, Keira si svegliò con la schiena dolorante. Batté le palpebre e si guardò intorno, disorientata. Le servì un lungo momento per capire dove si trovava. Non da Milo, non nella stanza a casa di sua madre, ma nel suo nuovo appartamento. Sfortunatamente, l’unica cosa che possedeva in quel momento era un materasso. Non aveva nemmeno una rete; era per quello che aveva mal di schiena.
Si sollevò faticosamente dal letto. Gli unici vestiti nell’appartamento erano quelli che aveva avuto in valigia. Per fortuna Yolanta aveva insistito per lavare tutte le sue cose durante le vacanze di Natale, quindi almeno erano puliti. In mezzo al mucchio di gonne di lana e jeans comodi scelse un outfit più adatto al lavoro possibile e uscì nelle strade di New York.
Non appena si ritrovò sul marciapiede, la sensazione di essere tornata a casa la riempì di emozione. Persino l’odore dell’inquinamento la confortava, nonostante il totale contrasto con l’aria fresca e pulita di montagna che aveva respirato in Svezia.
Si diresse verso un furgoncino che vendeva caffè a lato della strada, unendosi a una fila di impiegati con lo sguardo spento e basso sui cellulari.
“Vorrei un espresso doppio,” disse al venditore raggiunta la cima. Poi si interruppe. Beveva forte caffè svedese da settimane. Forse era il momento di cambiare. “No, ho cambiato idea, potrei avere un latte macchiato al caramello?”
L’uomo le lanciò un’occhiata stanca e disinteressata, ma Keira gli sorrise.
“Sono appena tornata da una vacanza. Voglio risentire il sapore di casa.”
“Buon per lei,” rispose quello con voce secca e impassibile.
Mentre aspettava la sua colazione, alcune persone che erano rimaste intorno al furgoncino per aggiungere lo zucchero al caffè si allontanarono e Keira notò che lì vicino c’era un’edicola che non aveva mai visto. Tra i giornali e le riviste c’era anche l’ultimo numero del Viatorum. Proprio come Nina le aveva preannunciato, la copertina era stata cambiata e invece della sua foto c’era quella della modella che avrebbero dovuto usare fin dall’inizio. Fu sollevata di vedere che l’avevano ascoltata , ma provò lo stesso una fitta d’ansia all’idea che quel giorno avrebbe dovuto consegnare l’articolo sui paesi nordici. Non riusciva a prevedere come Elliot avrebbe reagito alla sua conclusione.
Non appena ebbe avuto la sua dose di caffeina, si diresse verso la metropolitana. Per fortuna il suo nuovo appartamento era in una posizione comoda rispetto all’ufficio e il viaggio non era lungo, quindi ritrovarsi pigiata tra la folla non la infastidì come quando le capitava di ritorno da casa di sua madre.
Uscì dall’altro capo della metro e iniziò la breve camminata fino al quartier generale del Viatorum. Nona appena se lo trovò davanti, le squillò il cellulare. Lo controllò e vide che era un messaggio di Bryn.
Stasera puoi venire a cena dalla mamma? Io e Felix abbiamo delle novità.
Rimase a bocca aperta e il pensiero le corse subito al matrimonio. Di certo sua sorella non avrebbe voluto mettere su casa con Felix tanto in fretta? Erano appena andati a vivere insieme!
Keira le rispose rapidamente, scrivendole che ci sarebbe stata. Mise via il telefono—e insieme a quello ogni ipotesi sulle novità di Bryn—ed entrò in ufficio.
Il quartier generale della rivista brulicava di attività. Da quando Lance aveva assunto nello staff un gran numero di nuovi dipendenti freschi di laurea—con un certo sgomento di Elliot—l’ufficio era diventato sempre più affollato. E dato che si trovava dentro un ex magazzino convertito in un open plan, ogni rumore riecheggiava moltiplicato per dieci.
“Ehi, Keira,” la chiamò qualcuno e lei si voltò, vendendo Meredith che le faceva un cenno di saluto.
La scrittrice non aveva dimenticato il subdolo tentativo della collega di rubarle il suo ultimo incarico, quindi le rispose con un gelido: “Buongiorno.”
Scrutò i volti davanti a sé, alla ricerca di persone familiari, e notò Nina. Ma prima che potesse raggiungere l’amica di lunga data, Elliot emerse dall’ufficio. Indossava un abito rosso acceso, e aveva la fronte corrucciata in un profondo cipiglio.
“Era ora!” gridò, avvicinandosi a Keira e prendendola per un gomito.
L’intero ufficio si voltò per guardarla mentre il capo la sospingeva nel suo ufficio, con le guance rosse quanto il suo vestito.
“Cosa era ora?” domandò lei con l’angolo della bocca, trascinata in mezzo al corridoio.
“Era ora che ti facessi vedere!” esclamò Elliot.
Arrivarono nel suo cubicolo e l’uomo chiuse di colpo la porta.
“Che cosa è successo alla politica della porta aperta?” scherzò Keira. Era una delle varie idee sdolcinate che Lance aveva promosso dopo aver acquistato la rivista.
“Fidati di me, sarai felice che l’abbia chiusa,” sbuffò lui.
“Sono nei guai?” chiese la scrittrice, incrociando le braccia. Non le era piaciuto essere trascinata attraverso l’ufficio in quella maniera, e di certo non apprezzava il tono assunto da Elliot.
Il capo si voltò verso Keira, incrociando le braccia allo stesso modo. “Ti avevo detto che la scadenza era definitiva. E invece continui a mancarla. Stai cercando di farmi venire un infarto?”
“Mancarla? Che vuoi dire?” rispose lei, confusa. “Mi avevi detto che era oggi. E a meno che non mi sia sfuggito qualcosa, oggi è oggi!”
Il cipiglio di Elliot si approfondì ancora di più. “Non fare la furba con me, Keira. Sai fin troppo bene che i tipografi hanno bisogno dell’articolo per le nove del mattino, al più tardi. Sono le otto e quarantacinque.”
Keira sgranò gli occhi ammutolita. Non si era resa conto che quando aveva parlato di consegna definitiva Elliot aveva inteso quella subito prima di mandarla in stampa! Di norma Nina rileggeva un paio di volte i suoi articoli prima di arrivare sulle pagine della rivista.
“Mi dispiace,” balbettò. “Ho frainteso.”
Elliot la fissò cupo. Non voleva sentire ragioni. Tese una mano con il palmo verso l’alto. “Allora consegnalo. Sarà meglio che vada bene, perché è tutto sulle tue spalle. Sono le tue parole al cento percento. Cento percento la tua responsabilità.”
Keira deglutì comprendendo la gravità della situazione. Avrebbero potuto licenziarla per un brutto articolo? La rivista avrebbe potuto avere dei guai a causa sua?
In fretta, estrasse una copia cartacea dell’articolo da dentro la borsa, insieme alla chiavetta USB su cui aveva salvato l’originale. Elliot le strappò di mano la copia stampata e si appoggiò allo schienale della sedia. Keira lo guardò nervosamente mentre leggeva le sue parole.
Il momento sembrò durare un’eternità. Lei si sbirciò dietro le spalle e vide che l’intero staff la stava fissando; alcuni le lanciavano occhiate dalle scrivanie, altri fissavano senza pudore e a occhi sgranati l’intero procedimento. Si sentiva il cuore sotto le scarpe.
Sulla sua sedia, con una gamba piegata rigidamente sull’altra, le sopracciglia strette insieme, Elliot girò l’ultima pagina. Quella era la parte che nessuno aveva letto a eccezione di Keira, la sezione su cui aveva lavorato durante il volo di ritorno dalla Svezia. Mentre lo sguardo del capo sfrecciava da destra a sinistra, Keira diventò sempre più ansiosa e l’uomo serrò di più la mascella.
Alla fine lui alzò lo sguardo, con le narici frementi. “Che diavolo è questo?”
La scrittrice indietreggiò. Non avrebbe potuto anticipare una reazione peggiore di quella.
“Che cosa c’è che non va?” chiese, spremendosi il cervello alla ricerca di errori palesi. Aveva scritto per sbaglio il nome di un altro paese? Svizzera, magari, invece di Svezia?
“Che cosa c’è che non va?” ripeté Elliot, sempre più furioso. “Quello che non va è che tu sei una scrittrice di storie romantiche che non è capace di scrivere un maledetto finale romantico! Giulietta non ha mollato Romeo! Lizzy Bennet non ha lasciato il signor Darcy all’aeroporto! E Catherine non è scappata dalla storia con Heathcliff!”
“A essere sinceri, nessuno di questi è un esempio particolarmente salutare di amore…”
“Non mi interessa!” sbottò lui, interrompendola. “Non so se l’hai notato, ma il romanticismo non è esattamente il mio forte. Ma persino io so che i due personaggi principali non possono decidere di lasciarsi in modo maturo! Con Shane c’è stata tutta la faccenda del padre morto. Favoloso! Cristiano è stato il dongiovanni respinto. Magico! Ma Milo? Milo… cosa fa… svanisce nel nulla e basta?”
Keira deglutì con forza. Non aveva modo per difendersi. “Non so cosa dirti. È la verità, e credo che i miei lettori l’apprezzeranno. Non posso mentire sul modo in cui gli scandinavi si approcciano alle relazioni o su quello che ho imparato mentre ero lì.”
Elliot agitò i fogli. “Hai scritto, e cito testualmente, che quello che hai condiviso con Milo non può essere etichettato! Keira, il tuo lavoro è di parlare di relazioni e non vuoi nemmeno definirlo così come è!” Fece un lungo respiro e buttò la testa tra le mani. “I lettori lo detesteranno.”
“Non sono d’accordo,” rispose lei con coraggio. “Ho incontrato i miei lettori in giro per il mondo e vogliono la verità. Rispettano la mia onestà.”
Ma il capo non la stava ascoltando. “Non c’è tempo per riscriverlo. Siamo fregati.”
“Ti dico che conosco i miei lettori,” ripeté con insistenza Keira. “Devi fidarti di me.”
E vedendo che l’uomo stava ancora borbottando tra sé e sé, senza prestarle attenzione, sbatté il pugno sulla scrivania. Lui si raddrizzò di scatto, sorpreso.
“Credi in me,” disse Keira di nuovo, severamente, a denti stretti. “So che cosa sto facendo.”
Elliot la fissò cupo e in silenzio per un lungo momento. Alla fine si espresse: “Sarà meglio che tu abbia ragione.”
CAPITOLO QUATTRO
Più tardi, quella sera, Keira bussò alla porta di sua madre. Un momento dopo le fu aperto, ma dietro non c’era Mallory. Invece era Bryn.
“Sono FIDANZATA!” gridò lei.
Keira batté le palpebre davanti alla mano sollevata della sorella su cui spiccava un anello con un enorme diamante scintillante. Aveva un sorriso a trentadue denti mentre aspettava ansiosamente che reagisse in qualche modo. Ma la giovane scrittrice si limitò a continuare a battere le ciglia.
“Oh,” fu tutto ciò che riuscì a dire.
L’espressione di Bryn aveva iniziato a passare dall’euforia al dispiacere, quando Felix, che l’aveva appena raggiunta, spalancò del tutto la porta. Il suo anziano fidanzato aveva un’aria indulgente.
“Avrebbe dovuto annunciarlo una volta che fossimo stati seduti tutti a tavola,” disse, sorridendo a Bryn in modo affettuoso ma severamente paterno.
“Non sono riuscita a trattenermi,” rispose lei, facendogli gli occhi dolci.
Keira fece una smorfia.
Felix spostò la sua attenzione sulla nuova arrivata. “Bentornata,” esclamò. “Vieni dentro a riscaldarti.”
La giovane donna entrò in casa. Dalla cucina, sentì Mallory che gridava: “È Keira?”
“SI’!” gridò Bryn oltre una spalla, prima di tornare subito a rivolgersi verso la sorella. “Quindi? Non hai intenzione di fare commenti?” le chiese con tono irritato. “Congratulazioni, per esempio?”
“Ma certo,” disse lei, riscuotendosi dalla sorpresa. “Congratulazioni. A tutti e due.” Baciò entrambi a turno. “Sono solo rimasta stupita. È così… improvviso.”
Bryn socchiuse gli occhi. “Dice la ragazza che si innamora ogni mese.”
“Sii gentile,” l’avvertì Felix. Poi a Keira, aggiunse: “Lo so che sembra molto frettoloso, ma non sono più tanto giovane.”
Puoi dirlo forte, pensò lei.
Proprio allora, Mallory uscì dalla cucina, con una pirofila tra le mani. Aveva i capelli crespi e in disordine e sembrava agitata come sempre.
“Ecco la cena,” esclamò. “Prendete tutti posto.”
Keira si sfilò rapidamente la giacca e si accomodò sulla sua sedia al tavolo. La madre le tese un piatto carico di maccheroni al formaggio, insalata e pane all’aglio.
“Grazie, mamma,” disse lei, prendendo il piatto. “E ciao.”
“Sì, sì, ciao, cara,” rispose la donna, già concentrata a preparare la porzione di cibo per Felix. “Grosse notizie, eh? Non avrei mai pensato che tua sorella si sistemasse prima di te.”
“MAMMA!” esclamarono all’unisono le sorelle Swanson.
“Beh, non potete biasimarmi,” rispose Mallory, continuando con la sua tipica mancanza di tatto. “Keira è sempre stata un tipo più casalingo ed è stata insieme a Zach per molto tempo. Temevo che quello che è successo tra me e tuo padre ti avesse fatto passare la voglia di sposarti, Bryn.”
“Oh, mamma, per favore,” sbottò lei, prendendo il piatto che Mallory le stava tendendo. “Non trasformeremo l’annuncio del mio fidanzamento in una serata di commiserazione per il tuo divorzio.”
Mallory emise un sospiro addolorato.
“Credo che quello che Bryn stia cercando di dire,” intervenne Felix nella sua maniera calma e paterna, “è che siamo molto felici di celebrare con voi, e che speriamo che condividiate la nostra gioia ed emozione.”
Keira non riuscì a trattenere uno sbuffo di derisione. Personalmente non aveva niente contro Felix, ma il fatto che stesse frequentando—no, che avrebbe sposato—sua sorella, che aveva la metà dei suoi anni, non lo rendeva una delle sue persone preferite al mondo. Se si consideravano anche gli ovvi problemi legati alla figura paterna di Bryn, la situazione diventava persino più inquietante.