Keira era euforica, come se stesse camminando sulle nuvole. Non aveva mai avuto un proprio ufficio, né una targa sulla porta.
“Va bene per te?” chiese Elliot.
“È incredibile!” rispose Keira, entrando e facendo una piroetta. La stanza non aveva esattamente le dimensioni giuste per un arabesque, ma per lei non aveva nessuna importanza.
“Abbiamo adottato una politica della porta aperta,” aggiunse Elliot. “A meno che non si stia svolgendo una riunione o una telefonata. Abbiamo votato mentre eri in ferie.”
Keira lo fissò con un’espressione sorpresa ma felice.
Non riusciva nemmeno a immaginare come potesse essere un sistema di votazione al Viatorum! Ai tempi di Joshua bastava che lui abbaiasse i suoi ordini e tutti obbedivano. Se ti chiamava in ufficio durante una festività nazionale, che fosse Natale, Hannukkah, Eid, o qualsiasi altra celebrassi, dovevi presentarti o eri licenziato. Keira era così felice che anche gli scrittori junior avessero una loro voce adesso.
“Ti hanno già presentato Lance?” continuò Elliot.
“Lance?” ripeté Keira. “No, è uno scrittore nuovo?”
Elliot scoppiò a ridere. “È il tuo nuovo capo,” annunciò.
“Oh,” rispose Keira, accigliandosi. “Pensavo che fossi tu il mio nuovo capo.”
Il pensiero di un’altra persona al comando la preoccupò. E se si fosse rivelato un altro Joshua? E se le loro visioni creative non avessero combaciato?
Elliot scosse il capo. “Non posso essere qui ventiquattro ore su ventiquattro. Nonostante tutti i suoi difetti, Joshua era molto zelante. Mi serve qualcuno sul campo anche quando non posso esserci io, ed è per questo che ho incaricato Lance. Ma non preoccuparti, ti piacerà. È l’opposto di Joshua, te lo garantisco.”
Lei lo seguì fuori dall’ufficio e nella sala conferenze, dove il suddetto Lance li stava già aspettando. Elliot aveva ragione, era il contrario di Joshua, almeno a prima vista. Era un uomo basso e robusto, che indossava un abito vecchio e sformato e aveva i capelli tutti scompigliati. Quando vide entrare
Keira le rivolse un ampio sorriso, un gesto che richiedeva muscoli che probabilmente Joshua non aveva nemmeno, e le tese la mano. Lei gliela strinse.
“Tu devi essere la star del Viatorum,” iniziò Lance. “L’eroina, Keira Swanson.”
Keira ridacchiò un po’ in imbarazzo. “Non esageriamo.”
“Non è un’esagerazione,” disse lui, riaccomodandosi sulla sua poltrona e invitando Keira ed Elliot a fare lo stesso con un gesto. “Ho letto tutti i tuoi vecchi pezzi e devo dire che hai un gran talento.”
“Grazie,” disse Keira arrossendo.
Non era abituata a ricevere complimenti. Elliot li concedeva raramente, Joshua mai. Ancora non sapeva come prenderli, come rispondere in modo appropriato ma senza sembrare arrogante.
Lanciò uno sguardo a Elliot mentre si sedeva accanto e lui e l’uomo le rispose con un’occhiata d’intesa, come per dirle: Te l’avevo detto che era tutto il contrario.
“Dunque, occupiamoci subito degli incarichi,” esordì Lance, battendo le mani. “Elliot ha preparato quello più succoso in assoluto.” Strofinò insieme le mani, sorridendo entusiasta. “La competizione sarà spietata!” Detto questo, saltò in piedi e corse alla porta. Con la voce più giuliva immaginabile chiamò: “È il momento degli incarichi, ragazzi e ragazze!”
Si scatenò un’attività frenetica mentre lo staff accorreva alla sala conferenze. Keira si sentì all’improvviso fuori luogo. Le cose erano molto cambiate, ma i ritmi erano sempre ugualmente veloci, a quanto pareva. E l’atmosfera competitiva non era svanita, era solo completamente diversa da quando Joshua era incaricato.
Mentre gli altri scrittori entravano nella sala, percepì fisicamente la loro fame e ansia di essere messi alla prova. Erano sempre state presenti ma in precedenza erano state offuscate dall’insicurezza. Senza Joshua a buttarli giù, insieme all’approccio amichevole e incoraggiante di Lance, gli altri scrittori del Viatorum avevano iniziato a fiorire, a dare il meglio di loro. Con sua sorpresa Keira si rese conto che la competizione alla rivista era più feroce che mai.
“Uno di voi fortunelli sta per ricevere il miglior incarico della propria vita,” annunciò Lance con un sorriso a trentadue denti. “Tre settimane di viaggio in Italia, e sto parlando di Firenze, la Toscana, Verona e Capri.”
Un bisbiglio eccitato, quasi elettrico, riempì la stanza.
Keira si agitò sulla sua sedia, desiderosa di ricevere quell’incarico. Non riuscì a impedirsi di immaginare quanto sarebbe stato fantastico visitare l’Italia, mangiare la vera pizza italiana e il gelato, piuttosto che l’imitazione offerta da Gino.
Quell’incarico era fatto chiaramente su misura per lei. Era l’unica persona ad avere esperienza con un lavoro simile. Ma dovevano desiderarlo tutti! Si era lasciata prendere da un falso senso di sicurezza, dopo gli applausi e il nuovo ufficio d’angolo. Ma sembrava che sotto sotto le cose fossero rimaste uguali, solo con una facciata differente. Si preparò alla lotta.
“Dunque,” disse Lance, congiungendo le mani davanti a sé. “Chi si dà disponibile?”
La mano di Keira si alzò immediatamente.
I giorni in cui si limitava ad aspettare che le occasioni le cadessero in grembo erano finiti. Ormai aveva fame di successo e non si sarebbe lasciata sfuggire quell’opportunità tra le dita. Oltretutto, quel viaggio le sarebbe servito per togliersi Shane dalla mente.
Ma con sua sorpresa, si accorse che nessun altro aveva alzato la mano. Confusa, Keira guardò un volto dopo l’altro, vedendo che si erano tutti voltati verso di lei. E che stavano sorridendo.
“Che cosa sta succedendo?” chiese, riabbassando la mano.
Lance scoppiò in una calda risata. “È per te!” esclamò. “È ovvio. Ti stavamo solo facendo uno scherzo.”
Tutti iniziarono a ridere. Keira si guardò intorno, completamente scioccata. Da quando il Viatorum era diventato un posto in cui si facevano scherzi tra colleghi?
“Vuoi dire che hai sempre avuto l’intenzione di affidarlo a me?” domandò.
“Certo!” rispose Lance, continuando a ridere di gusto.
E con grande stupore di Keira, tutti l’avevano presa con spensieratezza. Sembravano felici per lei. Non c’era più invidia, nessuna spietatezza.
“Anche loro hanno già ricevuto degli ottimi incarichi,” spiegò Lance. “Non ti preoccupare di questo. Non mi piacciono le lotte intestine sul posto di lavoro, non le posso sopportare. Ognuna ha i propri punti di forza. E il tuo è viaggiare all’estero e scrivere degli articoli magnifici.”
Keira voleva darsi un pizzicotto. Era un sogno? Stava ancora dormendo sul divano scomodo di Bryn, fantasticando sul suo giorno di ritorno a lavoro ideale?
Ma no, era tutto vero. Senza Joshua, il Viatorum si era trasformato nel lavoro dei suoi sogni. E aveva appena ricevuto l’incarico perfetto per lei.
“È il nostro modo per dirti grazie,” intervenne Denise. “Per averci liberati di Josh.”
Keira rise, entusiasta. Era così emozionata dal suo nuovo incarico, ma era anche piuttosto nervosa. Che fosse una caratteristica instillata da Joshua o una parte della sua personalità, i nuovi progetti la riempivano sempre di ansia e insicurezza. Dentro di sé non era sicura di esserne all’altezza, specialmente essendo ancora tanto turbata da Shane. Ma sapeva anche di non potersi rifiutare. Tutti la stavano guardando con ammirazione. Era costretta a rigettarsi nella mischia, per così dire.
“Quale è il titolo dell’articolo?” chiese, cercando di concentrarsi sul compito da svolgere, per evitare di pensare a Shane.
“Il Paese dell’Amore,” disse Lance, spalancando le mani davanti a sé con aria drammatica.
“Un altro pezzo sull’amore?” ripeté lei, spiazzata.
“Ma certo!” esclamò il capo. “È quello che ti riesce meglio, Keira. Il tuo ultimo articolo era incredibile.”
“Solo perché mi sono innamorata…” spiegò.
Lance annuì. “Esattamente. È stato magnifico. Voglio leggerne un altro così, quindi ti mando nella più romantica di tutte le destinazioni. Voglio che parli con la gente del posto e scopri i loro segreti. Gli italiani conoscono davvero il vero amore? Perché è considerato il luogo più romantico del pianeta? Che segreto nascondono sull’amore?”
Aveva sul volto un sorriso ampio e incoraggiante. Ma dentro Keira, il panico stava avere il sopravvento.
Come avrebbe potuto scrivere dell’amore quando aveva il cuore in mille pezzi? In Irlanda aveva faticato a completare l’incarico perché era stata ingenua, sciocca e inesperta. Quella volta sarebbe stata cinica e amareggiata. Non avrebbe mai funzionato.
“C’è spazio per una certa flessibilità nel titolo?” balbettò. “Qualche possibilità di modificare la prospettiva? Non vorrei trovarmi incastrata nel ruolo della scrittrice dell’amore.”
Lance sembrò sorpreso. “Ma tu sei la scrittrice dell’amore, Keira. La Guru del Romanticismo. È quello che la gente si aspetta da te. Il tuo punto di forza. Il tuo elemento esclusivo.”
Lei non riusciva a crederci del tutto.
Ma che altre possibilità aveva? Lance si era fatto in quattro per lei, per assicurarsi di farle avere l’incarico migliore. Non aveva scelta, doveva accettare di scrivere l’articolo. Tutti volevano che lo facesse, e la sua carriera dipendeva da quello. Avrebbe dovuto fingere.
O forse non sarebbe stata costretta. Forse avrebbe incontrato un altro uomo. Non un nuovo Shane, non qualcuno di cui si sarebbe innamorata perdutamente, ma un appassionato uomo italiano con cui avrebbe potuto avere una breve e travolgente storia. Niente legami, niente amore, solo lussuria.
Sorrise tra sé e sé. Magari era quella la cura per il suo cuore ferito! Anche se l’amore era l’ultimo dei suoi pensieri, forse un’avventura con un italiano sexy sarebbe stata la medicina che le serviva per dimenticare Shane.
Guardò Lance e sollevò un sopracciglio.
“Grazie,” accettò. “Quando parto?”
CAPITOLO QUATTRO
“Domani?” esclamò Bryn, appollaiandosi su un bracciolo del divano.
Keira annuì e continuò ad aggirarsi freneticamente nel piccolo appartamento, raccogliendo le proprie cose e gettandole in valigia. Vibrava per l’eccitazione.
“Riesci a crederci? Avrai di nuovo la casa tutta per te per tre intere settimane!”
“Ma ti perderai Halloween,” si lamentò Bryn. “Malcolm e Glen volevano portarci a una festa.”
Keira roteò gli occhi. “Ma che peccato,” commentò sarcastica.
In quel momento suonò il campanello. Bryn andò a rispondere, usando l’interfono per vedere chi fosse. Lanciò un’occhiata alle sue spalle verso Keira, con un’espressione perplessa sul volto. “Perché Shelby e Maxine sono davanti alla mia porta?”
Maxine e Shelby erano le più vecchie amiche di Keira, essendosi incontrate tutte e tre al college. Bryn le detestava, anche se lei non ne capiva il motivo e supponeva fosse per gelosia.
“Me n’ero completamente dimenticata,” sussultò. “Le avevo invitate a bere qualcosa moltissimo tempo fa. Dovevamo rivederci prima che arrivasse Shane e si portasse via tutto il mio tempo libero. Per te va bene?”
“Chiaramente non ho scelta,” rispose Bryn, con aria irritata. “Però mi dispiace, avremmo potuto passare una bella serata tra di noi dato che poi starai via così tanto tempo…”
“Scusa,” disse Keira, scrollando le spalle. “Non sapevo che sarebbe stata la mia ultima notte a New York quando ci siamo messe d’accordo. Ho pensato che saresti stata fuori con qualche tizio come la maggior parte delle sere.”
Bussarono alla porta e Bryn si alzò con uno sbuffo a rispondere. Non appena la porta si aprì, Keira sentì le esclamazioni di gioia di Maxine e Shelby. Accorse da loro e si ritrovò di fronte le sue due amiche, la minuta Shelby dai lunghi capelli biondo platino, e l’atletica Maxine con i suoi corti ricci neri e la pelle scura.
“Keira!” esplosero, gettandole le braccia attorno al collo.
“È passato troppo tempo,” le disse Maxine all’orecchio.
“Pensavo che non saresti mai tornata a new York,” aggiunse Shelby dall’altro lato.
Keira indietreggiò. “Lo so, mi dispiace. È successo tutto così in fretta, il viaggio in Irlanda, la rottura con Zach, il trasferimento dal suo appartamento. Non ho ancora avuto il tempo per riorganizzare le idee.”
Bryn, ancora in piedi a tenere la porta aperta, aggiunse con tono patetico: “Era un momento solo per la famiglia, capite?”
“Certo,” disse Maxine con un sorriso falso in volto.
Keira invitò le amiche ad accomodarsi nell’appartamento. “Dai, beviamo qualcosa. E facciamo due chiacchiere.”
“E preparate la valigia,” aggiunse Bryn con tono da genitore.
Entrarono tutte insieme, parlando eccitate. Con una certa riluttanza, Bryn aprì per loro una bottiglia di vino, poi si sedette all’isola della cucina con un sospiro, distribuendo bicchieri alle amiche di Keira con un’espressione cupa.
“Quindi, sei di partenza per l’Italia?” chiese Shelby, sorridendo emozionata. “Per quanto tempo questa volta?”
“Tre settimane,” rispose Keira, piegando i vestiti e infilandoli in valigia. “È praticamente diventata la mia nicchia alla rivista, in questo momento. Vado all’estero e scrivo un articolo sull’amore. Mi chiamano la Guru del Romanticismo.”
Shelby e Maxine si scambiarono uno sguardo, uno che Keira riuscì subito a interpretare.
“Lo so che in realtà sono uno disastro con le relazioni. Due rotture in altrettanti mesi, giusto? Ma posso sempre fingere.”
“Vuoi dire mentire?” chiese Maxine con una risata.
“Se devo,” rispose lei, ripensando a quanto aveva faticato per scrivere l’ultimo articolo. Allora si era comportata da cinica, cercando di negare il fatto che si stava innamorando dell’Irlanda, e più nello specifico, di Shane. Invece adesso avrebbe dovuto assumere la prospettiva contraria, dell’inguaribile romantica, una convertita che si sarebbe immersa prontamente e totalmente nell’amore e nella passione. Si sentiva esattamente il contrario.
“Dovrai semplicemente innamorarti di un sexy uomo italiano,” aggiunse Shelby.
Keira sogghignò. “Non sarebbe bello?” rifletté, anche se in quel momento era certa che una suora in un monastero avrebbe avuto più possibilità di lei di avere un’appassionata storia d’amore.
“Ti perderai Halloween,” aggiunse Maxine, sconsolata.
“Lo so, è un peccato,” rispose lei. “È la mia preferita, ma anche in Italia ci sono degli eventi. A quanto pare è una festività nazionale di quattro giorni, o qualcosa del genere. Il giorno dei morti, la commemorazione dei defunti, Ognissanti, è un grosso affare. Una festa enorme.”
Shelby incrociò le braccia fingendosi offesa. “Praticamente stai dicendo che il tuo Halloween sarà molto meglio del nostro.”
“No!” rise Keira, protestando. “Beh, forse.”
Tutte scoppiarono a ridere. Eccetto. Bryn, ovviamente. Stava fissando il fondo del suo bicchiere di vino, corrucciata.
“Comunque possiamo fare una bella festa del Ringraziamento insieme. Per allora sarò tornata qui.”
Bryn sollevò di scatto la testa. “Quest’anno per il Ringraziamento siamo dalla mamma, ricordi? Solo noi tre.”
“Quello è il pranzo,” replicò Keira, cominciando a spazientirsi con il comportamento difficile della sorella. “Posso passare il resto della giornata con le mie amiche, o no?”
“Certo che puoi,” sbuffò Bryn. Ritornò a fissare il fondo del bicchiere.
Maxine sollevò le sopracciglia. Lei e Shelby erano abituate all’ostilità di Bryn, ma Keira non riusciva a capire il motivo della possessività della sorella. Poteva avere altre persone nella sua vita! Bryn stessa era estremamente indipendente e aveva sempre avuto moltissimi amici e fidanzati, ed era sempre in movimento verso una festa o l’altra. E invece, non appena Keira voleva passare del tempo con chiunque non fosse lei, la sorella diventava di malumore. A volte Keira si sentiva la più matura tra le due. Bryn sapeva davvero comportarsi da bambina viziata.