“Questo è l’aeroporto internazionale di Sharm el-Sheikh,” disse Kurt. “È il terzo aeroporto più frequentato d’Egitto, e serve la penisola del Sinai, in particolare i resort turistici sul Mar Rosso situati nel meridione. Poco più di un’ora fa, è stato luogo di un devastante schianto aereo in cui sono perite ottantatré persone, inclusi sessantotto passeggeri, dodici membri dell’equipaggio e i tre piloti in cabina – tutti a bordo dell’aereo.
“Tra i passeggeri c’era Sir Marshall Dennis, ufficiale dell’Ordine dell’Impero britannico, fondatore e chief executive della Dennis Hotels Worldwide così come dell’impero editoriale Loose Lips. A bordo c’erano anche il deputato statunitense per il Texas Jack Butterfield e il console generale egiziano a Londra Ahmet Anwar. Il volo era un charter partito da Londra che trasportava un gruppo che doveva festeggiare l’apertura di un nuovo Dennis Hotel sul Mar Rosso, una joint venture con il Bonanza Hotel Group di base in Texas e il governo egiziano stesso.”
Kurt fece un attimo di pausa per guardare la stanza. “L’aereo era in arrivo, ed è esploso a mezz’aria al momento dell’avvicinamento finale alla pista. Tutte le indicazioni dicono che si è trattato di un crimine. L’aereo aveva tre anni di vita e aveva superato tutte le ultime ispezioni di sicurezza senza allarmi. La cosa suggerisce che o era stata installata a bordo una bomba o l’aereo è stato colpito da fuoco ostile, probabilmente da un razzo da spalla lanciato dalle montagne che vedete nella fotografia. Non c’erano militari dell’esercito egiziano nelle vicinanze in quel momento, e il filmato satellitare non mostra alcun utilizzo non autorizzato dello spazio aereo egiziano. Quindi non esiste possibilità che qualcuno abbia sparato all’aereo per sbaglio.”
“Da che parte pendiamo?” disse Susan. “Bomba o razzo?”
“Razzo,” disse Kurt senza esitazioni. “L’aereo era gestito dalla TUI Airways, la compagnia di voli charter più grande del mondo, con precedenti eccellenti in merito alla sicurezza e ai rigidi controlli eseguiti sui dipendenti. Il volo è partito dall’aeroporto di Gatwick, che lavora con alta sicurezza e non ha precedenti di scivoloni né violazioni. Certo, le indagini sul personale che ha caricato l’aereo o che è entrato in contatto con l’aereo prima del decollo sono appena iniziate. Però per il momento io mi sbilancio e dico che non ho ragione di credere che a bordo fosse stata piazzata una bomba.”
Kurt guardò un uomo con uniforme militare verde seduto al tavolo. Era magro e nerboruto, con la mascella squadrata e un taglio a spazzola grigio. Aveva sollevato leggermente la mano. Luke lo riconobbe istantaneamente.
“Generale?” disse Kurt.
“Frank Loomis del Joint Special Operations Command,” disse. “Non si sta sbilanciando. Senza divulgare troppo, si può dire che abbiamo della gente in Egitto, Libia, Arabia Saudita e Iraq. Gli ultimi dati giunti in nostro possesso indicano che si è trattato di un attacco da parte di Wilāyat Sīnā’, probabilmente con l’assistenza di esterni. Forse al-Qā’ida, forse l’ISIS. Inoltre stiamo dimostrando che…”
Kurt sollevò una grossa mano come segnale di STOP. Per di là passavano molti battitori pesanti abituati a gestire le cose. Ma tendevano a scoprire che quello era il regno di Kurt Kimball. Lui dava il ritmo e tu ci ballavi sopra.
“Ok, generale. Facciamo un passo alla volta e mettiamoci tutti sulla stessa lunghezza d’onda. Così sarà più facile.”
Il generale grugnì, forse in segno di assenso, forse di frustrazione.
“Amy, dammi la penisola del Sinai, per piacere.”
Sugli schermi di tutta la stanza apparvero mappe della penisola del Sinai, incastrata tra la vasta veduta dell’Egitto vero e proprio a occidente, il Mediterraneo a nord, Israele a nordest e il frammento di Mar Rosso direttamente a est. Luke quel territorio lo conosceva bene.
“La penisola del Sinai è il triangolo capovolto che vedete qui. Nominalmente parte dell’Egitto, ha fatto da terreno di gioco politico per tutta la storia umana. Dal 1968 al 1980 è stata occupata dagli israeliani in seguito alla guerra dei sei giorni. Tra il nord della penisola e la striscia di Gaza, vengono regolarmente scoperti tunnel sul confine, a indicare un solido spostamento di combattenti e materiali tra i due luoghi.
“La popolazione locale è composta da beduini nomadi, musulmani sunniti, elementi dei quali si sono sempre più radicalizzati negli ultimi anni, in particolare con la crescita del turismo sul Mar Rosso a sud e a est.”
Una donna di mezza età in tailleur sollevò una mano. “Presuppone che sia perché i resort sulla spiaggia portano la cultura occidentale, come alcol, balli e donne in bikini?”
Kurt scrollò le spalle. “Sono sicuro che la cosa offende alcune sensibilità. E credo che probabilmente questa sia la ragione per cui Marshall Dennis pare essere stato preso di mira nello specifico. I suoi resort hanno la reputazione di essere sede di un certo edonismo, e le sue riviste sono note per il loro lascivo gossip sulle celebrità e per le giovani modelle seminude.”
“Marshall Dennis era un maiale,” disse la donna.
Alcuni risero. Luke alzò gli occhi al cielo. Poteva essere un pochino presto per salire sul pulpito. E comunque era morto.
“La gente ha un’opinione forte su Sir Dennis,” disse Kurt. “Ma a prescindere dalle sue colpe, per essere chiari, un altro elemento in gioco qui è anche quello economico. I beduini sono stati cacciati da terre ancestrali nella ricerca di nuovi sviluppi, e una classe di operai egiziani e internazionali ben retribuiti si è recata lì per lavorare ai resort, innescando il boom della costruzione di infrastrutture e facendo aumentare i prezzi di quasi tutto. Non stiamo mica parlando del primo attacco terroristico avvenuto nella regione.”
Guardò l’assistente. “Amy, possiamo vedere la lista?”
Sugli schermi comparve una lista battuta al computer. C’era pochissima grafica. Ogni voce aveva un titolo in grassetto con una breve descrizione sottostante. La lista scorse, dando il senso della sua lunghezza – forse trenta o quaranta voci, tutte di attentati.
“Non la esamineremo in modo esauriente,” disse Kurt. “Potete tutti vedere quanti incidenti ci sono stati. Salteremo solo qua e là. Dicembre 2013 – un attentato a un complesso di polizia egiziano ha ucciso sedici reclute. Marzo 2014 – degli attacchi multipli di razzi da oltre confine su Eilat, Israele, hanno attivato il sistema di difesa israeliano Cupola di Ferro. Sono stati intercettati tutti i razzi meno uno, sono rimaste ferite dieci persone e c’è stata una morte per arresto cardiaco. Febbraio 2015 – un autobus è stato fatto saltare per aria lungo la costa del Mar Rosso, uccidendo tre turisti coreani e l’autista egiziano. Un successivo messaggio ha avvisato tutti i turisti di lasciare l’Egitto.”
Kurt sospirò. “E ovviamente quello grosso. Il volo Metrojet 9268 è esploso il 31 ottobre 2015 poco dopo il decollo da Sharm el-Sheikh. Il volo era pieno di turisti russi, e sono morte duecentoventiquattro persone, ovvero chiunque fosse a bordo.”
Fece una pausa. “In parte l’apertura di un nuovo Dennis Hotel da parte del governo egiziano era la dimostrazione della repressione finalmente ultimata di Wilāyat Sīnā’ e della riapertura dei resort del Mar Rosso.”
“Immagino che questa teoria ormai sia bruciata,” disse qualcuno.
“A rischio di sembrare ignorante,” disse Susan, “chi sono queste persone, questi… Wilāyat?”
Kurt annuì. “Certo. Wilāyat Sīnā’, o ISIS nella penisola del Sinai, è un gruppo un tempo conosciuto come Anṣār Bayt al-Maqdis, che tradotto significa seguaci della Casa Santa. Anṣār era un gruppo liberamente organizzato di cellule terroristiche salafite che perpetravano attentati nella regione dagli inizi del 2000. Dal 2011 il governo egiziano ha mosso passi aggressivi per sradicare quelle cellule. In risposta, Anṣār si è affiliata all’ISIS con un giuramento formale di fedeltà nel 2014. Abbiamo dati largamente corroborati che indicano che a mano a mano che l’ISIS perde il territorio un tempo da lei controllato in Iraq e in Siria, vede le anarchiche terre tribali – per lo più deserto e montagne – del Sinai come una possibile e allettante base operativa.”
Lo interruppe il generale Loomis. “Ovvio. Il che penso che mi riporti al punto originale.”
“Sì, generale,” disse Kurt. “Penso che adesso siamo pronti per il suo apporto.”
Loomis annuì. “Grazie. Per quanto questo schianto sia una cosa terribile, le voci di cui siamo al corrente indicano che non è l’attentato vero. Si tratta del gioco di prestigio di un mago, ideato per farci guardare in una direzione mentre la faccenda reale si svolge da qualche altra parte.”
“Che prove ha a supporto?” disse Susan.
Il generale scosse la testa. “Signora presidente, non ho la libertà di discutere i dati top secret in nostro possesso, né le fonti, in una riunione come questa. Penso che lei debba saperlo.”
Susan lo guardò tagliente. “Generale Loomis, come deve sapere lei, è mia prerogativa desecretare dati per mio capriccio, se rientra nei miei desideri. Ovviamente non lo farò. Ma nell’interesse di far agire le persone presenti in questa stanza, potrebbe essere utile che condividesse almeno il dove e il quando potrebbe aver luogo l’attentato vero.”
Il generale fece spallucce. “Signora presidente, se lo sapessi lei sarebbe la prima persona a cui lo direi.”
CAPITOLO QUATTRO
12:01 ora dell’Africa occidentale (6:01 ora della costa orientale)
125 miglia nautiche a sudest di Lagos, Nigeria
Golfo di Guinea
Oceano Atlantico
“Sta altissima, baby,” disse il tiratore alla sinistra di Eddie il Pazzo.
“Yeah, stasera ci facciamo una bella scorpacciata, Killem,” disse l’uomo alla sua destra. “Con una bella pollastrella.” Gli uomini attorno a loro risero.
Killem. Uno dei soprannomi di Eddie. Abbreviazione di Killem Dead, ammazzali tutti, che non era solo un soprannome, ma anche il suo motto personale.
Guidavano una piccola armata di motoscafi – una dozzina di vecchi go-fast. Le barche sembravano un po’ uscite da un film di Mad Max ambientato in acqua. Erano munite di giganteschi motori fuoribordo da trecentocinquanta cavalli e placcate da pezzi di acciaio saldato. Non c’erano finestrini – il conducente di ogni barca vedeva il mare davanti a sé attraverso sottili fessure tagliate nel metallo. Una delle barche, la più lenta e grossa del gruppo, aveva un ponte volante saldato sopra – in cima era montata una pesante mitragliatrice recuperata da un deposito militare nigeriano.
Il sole picchiava, e il suo duro bagliore si rifletteva sulle vaste acque dell’oceano.
“Combatteranno?” disse il primo.
Eddie guardò i suoi motoscafi. Avevano tutti sei uomini a bordo, e ogni uomo pullulava di armi – AK-47 e Uzi per lo più, ma anche una coppia di lanciagranate. Avevano tutti pistole, avevano tutti coltelli o machete. Gli uomini stessi erano rockstar, assassini spietati, e ne avevano tutta l’aria. Armatura di kevlar, coprenti occhiali da sole da aviatore, bandane a stelle e strisce in testa.
“Meglio di no,” disse Eddie.
Davanti, a forse un miglio di distanza, c’era l’oggetto del loro amore. Un vecchio mercantile procedeva lentamente verso nordovest. Era un aggeggio grosso, alto dieci piani, e si spostava pesante come un relitto. Era di un colore indeterminato – per lo più un misto di arancione arrugginito e di ciò che restava di una mano di verde scuro data probabilmente decenni prima. I motoscafi si avvicinavano da dietro, e lungo la poppa era appena leggibile una scritta bianca – LADY JANE.
La Lady Jane comunque era proprio in alto mare. Ad alcuni la cosa avrebbe fatto pensare che il mercantile fosse vuoto. Ma ad altri – a gente come Eddie il Pazzo Killem Dead – dava da pensare una cosa totalmente diversa. La Lady Jane se n’era rimasta ormeggiata a lungo in un porto congolese non regolamentato. Adesso si spostava con le stive vuote.
Che cosa trasportava?
Che genere di carico si era fatto strada fuori dalla selva senza legge e dilaniata dalla guerra della Repubblica democratica del Congo per finire nelle mani di contrabbandieri sulla costa? Metalli preziosi come coltan e oro sicuramente, ma c’erano cose anche migliori.
“Diamanti,” disse Eddie sottovoce, non accorgendosi neanche di parlare.
“Yeah, baby!” disse l’uomo accanto a lui. “Yeah!”
I diamanti erano piccoli, e pure leggeri. Una manciata valeva molti soldi. Un chilo nascosto in un muro finto su un vecchio mercantile poteva valere decine di milioni di dollari. Di più? Eddie non sognava tanto in grande.
No. Sarebbe stato un chilo, nel caso. Costringere l’equipaggio a mostrarti dov’erano nascosti – questo era il punto, no?
Eddie sorrise. Aveva già convinto delle persone, in passato.
La nave incombeva. Più vicina adesso, molto più vicina. I motoscafi rallentarono avvicinandosi al massiccio mercantile. La barca con il ponte volante si spostò a destra, puntando la pesante mitragliatrice sui ponti superiori della Lady Jane. Finora lassù non c’era stato movimento.
C’era una scala di emergenza imbullonata alla poppa, circa due piani sull’acqua. Sotto, la scala era stata tagliata per scoraggiare i pirati – pirati come Eddie e i suoi uomini. Bene così. Ognuno dei suoi motoscafi aveva una scaletta estendibile di alluminio che avrebbe raggiunto il fondo di quella di emergenza. Da lì poi c’era una salita di altri due piani per arrivare al primo ponte. Facile, con gli occupanti ben disposti.
Altrimenti…
Eddie si portò un megafono alle labbra. Con un solo dito portò la levetta su ON, e qualche secondo dopo la sua voce rimbombava nell’acqua.
“Lady Jane, Lady Jane, abbassate le armi e preparatevi all’arrembaggio.”
Sul ponte più alto, da dietro un parapetto di metallo apparvero due mani scure. Agitavano un ampio tessuto bianco – forse parte di un lenzuolo – pensato come bandiera di resa. Eddie di quella bandiera non si fidava. Non ancora.
“Tutti gli uomini non armati verranno risparmiati,” disse nel megafono. “Chiunque si opporrà verrà ucciso. Non metteteci alla prova.”
Dalla nave rimbombò una voce. Ce l’avevano anche loro, un megafono.
“Non abbiamo niente che volete.”
Eddie fece un grosso sorriso. Niente?
“Lo vedremo noi stessi.”
* * *
Se ci fossero stati problemi, si sarebbero palesati adesso.
Il primo motoscafo si era ancorato alla nave. Eddie osservava da un centinaio di metri di distanza. Il motoscafo sembrava un giocattolino accanto al mercantile.
Una scala di alluminio argentato si estendeva dal motoscafo al fondo reciso della scala di emergenza del mercantile. Il mare era calmo – qualche salto, ma abbastanza piatto da consentire la salita.
Un uomo salì la scala argentata, poi un altro, entrambi muovendosi come ragni. Quando il primo ebbe raggiunto quella di emergenza, con un AK-47 agganciato alla schiena, un terzo era salito su quella argentata e stava salendo.
Tre uomini in aria. Tre uomini fuori sopra al nulla, assolutamente esposti.
“Fermi ora,” disse Eddie nel megafono. “Non fate niente di stu…”
D’un tratto da dietro la bassa parete di metallo che abbracciava il ponte più basso saltò su un uomo. Si sporse oltre, con una mitragliatrice. Il brutto chiasso di fuoco automatico esplose nel silenzio del giorno.
DA-DA-DA-DA-DA. DA-DA-DA-DA-DA.
I due sulla scala d’argento crollarono, e i loro corpi andarono in pezzi. I resti sanguinolenti caddero nell’oceano, cibo per gli squali.
Il primo si aggrappò alla scala di emergenza, cercando di incastrare la testa e la parte superiore del corpo sotto a uno dei pioli. Finora era stato risparmiato.
Quello sul ponte si sporse fuori del tutto, puntando all’eliminazione dell’ultimo scalatore.
Eddie mirò all’uomo.
“Uccidetelo,” disse nel walkie-talkie nero.
Istantaneamente uno scoppio dalla pesante mitragliatrice sulla barca da pesca trasformò l’uomo in groviera. No, troppo delicato così. Lo liquefece. Il rinculo della pesante arma aveva fatto oscillare assurdamente la barca, ma il tiratore era un esperto. Inclinava su e giù l’arma, mettendo il fuoco sul ponte. Il metallo del muretto andò in pezzi come cartone. Vi apparvero dei buchi, e un istante dopo si accartocciò come una lattina.