Le avventure dei Principi Amir & Akhmed. Il Diaspro rosso e la strega Luthien - Borzellino Roberto 4 стр.



Partenza per lisola di Cora (Amir saluta i genitori e il fratello Akhmed)


Tutti quelli che avevano a disposizione un piccolo pezzetto di terra coltivavano la radice di Vergara.

In questo modo, non solo la nobiltà, ma anche ogni singolo e intraprendente abitante poteva trarre profitto affidando il proprio prezioso carico nelle competenti e capaci mani del Ministro degli Affari Esteri e della Casa Reale: Idris al-Shafi.

Tutte le navi commerciali, al seguito della flotta reale, erano sotto la sua personale responsabilità. Ogni carico di Vergara, anche il più piccolo, veniva annotato in un apposito registro con il nome del produttore, a cui veniva assegnato un numero personalizzato con il peso e il nome della nave sul quale era imbarcato. Lorganizzazione del ministro al-Shafi era molto efficiente e nulla sfuggiva al suo vigile controllo. Poiché tutte le navi potevano superare la Barriera del Muro dacqua solo per pochi giorni allanno, la flotta reale faceva scalo, per motivi logistici, sullisola più vicina: Cora.

Fu qui che il re Mohammed, durante una visita di cortesia al Sultano Modaffer III (Akhmed Al Kebir), conobbe la sua futura moglie e regina. Adeele era la figlia maggiore del sultano e il padre fu ben contento che i due provassero una reciproca e irresistibile attrazione.

Il loro matrimonio assicurò al vecchio Modaffer III diversi vantaggi. Innanzitutto, si imparentava con la potente famiglia regnante lisola di Astagatt e, in questo modo, trasformava lisola di Cora in un centro di commercio internazionale della rara pianta Vergara.

Con il matrimonio di sua figlia il furbo sovrano aveva assicurato al suo popolo un luminoso e prospero futuro economico. Infatti, per ogni carico di Vergara sbarcato sullisola di Cora, il sultano impose una speciale tassa doganale.

Ma allennesimo aumento di questa impopolare tassa ricevette le energiche proteste diplomatiche del potente e rispettato Idris al-Shafi.

Il ministro, eseguendo gli ordini di re Mohammed, promise al sultano che, in caso di mancata cancellazione dellultimo aumento della tassa doganale, la flotta reale di Astagatt non sarebbe entrata nel porto di Cora e si sarebbe ancorata al largo, ben oltre il limite delle acque territoriali dellisola.

Il Sultano Modaffer III, conoscendo il carattere fermo e irascibile del ministro Idris al-Shafi, ben presto si rese conto che la sua fame di ricchezza, la sua incontrollabile avidità, aveva creato una pericolosa crisi diplomatica e commerciale tra le due isole.

La radice di Vergara, oggetto del desiderio di tutti i popoli delle terre emerse, proprio perché rara, era ricercatissima e, praticamente, si vendeva da sola.

Di questo ne era ben consapevole il sultano.

Infatti, benché la flotta reale di Astagatt fosse rimasta ad aspettare tutto il giorno in mare aperto, ciò non aveva scoraggiato i numerosi acquirenti che erano arrivati da ogni angolo delloceano Pacifico.

Il Sultano Modaffer III, mostrando assoluto senso pratico e fiuto per gli affari, decise di ritornare sui suoi passi. In ogni caso, per non perdere la faccia davanti al suo popolo, decretò, unilateralmente, che limporto della tassa speciale sulla radice di Vergara sarebbe stata decisa, di anno in anno, da un apposito consiglio composto dai membri di entrambe le due isole ma da lui presieduto.

Il compromesso escogitato dal sultano produsse gli effetti sperati e la flotta di Astagatt, finalmente, attraccò nel porto di Cora.

Modaffer III, per festeggiare lavvenimento e dare un segno della sua potenza, fece allestire unimponente cerimonia ufficiale, con tanto di esercito schierato in parata, alla quale presero parte entrambi i sovrani. Laccordo venne firmato solennemente e, da quel momento, cessò ogni forma di disputa commerciale tra i due regni.

Lo stratagemma del Ministro Idris al-Shafi aveva funzionato e, nonostante non fosse stata cancellata lodiata tassa, era riuscito a far cessare i continui soprusi del Sultano ed a stabilizzare i traffici commerciali tra le rispettive isole.

Tra tutti i viaggiatori della flotta di Astagatt, la regina Adeela era la più entusiasta. Desiderava rivedere suo padre, le sue sorelle e, cosa ancora più gradita, tutti i posti dove aveva trascorso la sua infanzia e parte della sua gioventù. Più di ogni altra cosa le mancava il gigantesco e bellissimo orto botanico dove, fin da bambina, aveva ammirato fiori e piante provenienti da tutto il mondo conosciuto.

Durante la sua adolescenza, in quello splendido giardino a cielo aperto, aveva vissuto la sua intensa storia damore con ladorato marito Mohammed. Insieme avevano trascorso intere giornate a passeggiare mano nella mano e, complice una gigantesca pianta di Palmira, proprio in quel posto si erano scambiati il loro primo e tenero bacio, al riparo da sguardi indiscreti.

Anche Akhmed era curioso di rivedere suo nonno e tutti i suoi numerosi parenti perché sapeva che un giorno, alla morte del sultano, sarebbe diventato il padrone incontrastato dellisola di Cora. Nella sua testa già si affollavano piani stravaganti o rischiose imprese da realizzare in un prossimo futuro. Il suo carattere ribelle lo condizionava in tutto quello che faceva e diceva.

Perfino durante il breve viaggio fino a Cora aveva avuto il tempo di litigare con alcuni sottufficiali della nave Glorius che, secondo il suo modesto parere, non eseguivano a regola darte gli ordini impartiti dal loro comandante.

Dopo la miracolosa salvezza dal naufragio si sentiva invincibile, quasi immortale. In cuor suo credeva che il destino lo avesse risparmiato per offrirgli un futuro fatto di grandi imprese.

Dal naufragio era solito ripetere al fratello Amir: Un giorno il mio nome sarà temuto e rispettato non solo qui ad Astagatt o sullIsola di Cora ma in tutto larcipelago. Spazzerò via senza pietà chiunque si metterà sulla mia strada chiunque sarà un ostacolo tra me e i miei piani e non avrò pietà né degli amici né dei parenti.

I giorni di vacanza sullIsola di Cora trascorsero serenamente tra feste, balli a corte, e lunghe nuotate nel meraviglioso mare corallino.

Il re Mohammed, quando gli fu comunicato che tutto il prezioso carico della radice di Vergara era stato venduto, convocò il vice ammiraglio Abdul-Lateef Kafer e gli ordinò di far preparare la flotta per limminente partenza.

Finalmente era giunto il tempo di tornare a casa.

Prima di ritornare sulla nave ammiraglia Glorius, al momento del commiato, i sovrani Mohammed e Adeela convocarono il figlio Akhmed per un colloquio riservato.

Caro figlio, esordì il re con la voce commossa, è giunto il momento tanto atteso quello per il quale in tutti questi anni sei stato addestrato. Il tuo destino è scritto da tempo sarai il principe ereditario dellisola di Cora siederai alla destra del Sultano in tutte le occasioni ufficiali e alla sua morte salirai al trono.

Akhmed, dopo avere ascoltato in silenzio le parole del padre, divenne improvvisamente rosso in volto e, come in preda allira, si rivolse alla regina Adeela: Tu madre anche tu dunque alla fine mi tradisci!!.

Iniziò a urlare e ad agitarsi come un selvaggio qualunque, cercando di dare lennesima cattiva dimostrazione, ai suoi illustri genitori, di quanto fosse poco adatto al ruolo che gli avevano riservato.

Inoltre, cercò di togliersi da dosso tutti i ridicoli vestiti da cerimonia come lui spesso, in modo sprezzante e offensivo, si divertiva ad apostrofarli. Ma ben presto si rese conto che la sua inutile sceneggiata non stava dando i risultati sperati.

Improvvisamente, come un esperto attore, cambiò strategia. Smise di urlare e si buttò ai piedi della regina. Con le sue tozze mani le afferrò la caviglia destra e la strinse forte al suo petto, nellultimo, disperato tentativo, di commuoverla e farle cambiare idea.

Madre non mi lasciare qui da solo portami a casa con te iniziò a supplicarla piangendo.

Il mio destino non è questo io non sarò mai il Sultano di questisola brutta e inospitale. Il mio destino è quello di diventare il re di Astagatt. Non mettere il nostro amato regno nelle mani di mio fratello quello stupido quello sciocco che sa amare solo i suoi ridicoli libri di storia. Io sono il destino di Astagatt!! Madre non soccombere ai desideri del re aiutami a tornare a casa non abbandonarmi tra gente sconosciuta e ostile.

La regina Adeela lo guardò con aria severa e indignata, tirò via il suo piede dalle forti e possenti mani del figlio e, con piglio autoritario, lo rimproverò energicamente: Akhmed il tuo tempo è arrivato. Sii uomo comportati da futuro sovrano. Fai in modo che tutti noi un giorno potremo essere fieri di te. Dovrai essere desempio per tutti e farai in modo di non far ricadere la vergogna sulla tua famiglia. Sii forte un anno passa velocemente. Ti prometto che con larrivo della prossima estate», ma la regina non fece in tempo a finire la frase che Akhmed si era già rialzato e ricomposto. Con un gesto deciso della mano, fece segno alla madre di aver compreso il suo discorso.

Va bene madre mi fido di te come sempre!, replicò il principe ormai rassegnato allinevitabile.

È vero il tempo passa rapidamente e un anno corre in fretta. Troverò sicuramente qualcosa dinteressante da fare su questa stupida isola ma se non ti rivedrò qui la prossima estate sappi che farò il diavolo a quattro per ritornare ad Astagatt e destino o non destino lì resterò per sempre.

Il re, che fino a quel momento non era intervenuto ed era rimasto in disparte, fece un segnale con la testa alla regina per farle capire che il tempo era scaduto.

I genitori abbracciarono affettuosamente Akhmed e si diressero verso il porto per imbarcarsi sulla nave ammiraglia Glorius e fare ritorno a casa.

Tutta Astagatt stava aspettando, con ansia, il ritorno della flotta.

Capitolo sesto

IL LIBRO DEI RICORDI

La grande flotta imperiale era partita per lisola di Cora già da due settimane. Con la vendita del suo prezioso carico, la rara spezia Vergara, gli abitanti dellisola di Astagatt avrebbero trascorso un anno tranquillo e sereno, almeno economicamente. Ma un cattivo presagio aleggiava nellaria.

Era una notte senza luna e loscurità si era impossessata dellintera isola, avvolgendola in una stretta morsa. Stranamente anche il vento dellest aveva ripreso a soffiare con vigore e una pioggia torrenziale tintinnava con forza sui vetri della camera da letto di Amir.

Il rumore della tempesta si faceva sempre più forte e il giovane principe, al lume delle candele, non riusciva a dormire. Se ne stava seduto sul letto, immobile, con le gambe incrociate e con lo sguardo fisso sulla parete. Sperava, in cuor suo, che la Grande Flotta fosse rimasta saldamente ancorata nel porto di Cora.

Le condizioni del vento erano troppo rischiose per tentare di attraversare la Grande barriera dacqua.

Amir provò a liberarsi di tutti i cattivi pensieri.

Si sollevò in piedi sul letto e cominciò a saltellare, sempre più forte e sempre più in alto, fino a quando, con il rumore tipico di legni rotti, il suo enorme letto si accasciò sul pavimento con un grande frastuono. Le due guardie imperiali che, fino a quel momento, avevano sonnecchiato davanti alla sua porta, si precipitarono dentro la stanza con la spada sguainata. Immediatamente si resero conto del falso allarme e trassero un profondo sospiro di sollievo. Videro che il principe Amir, disteso ai piedi del letto, rideva a crepapelle.

Ciao ragazzi», saffrettò ad esclamare, scusatemi ma questa notte non riesco proprio a dormire. Non sapevo cosa fare e mi sono messo a saltellare sul letto era divertente ma come potete vedere questo è il risultato.

Per farmi perdonare», continuò il principe, mi accompagnerete giù nelle cucine dove vi farò gustare le mie buonissime ciambelle con miele e Vergara Oggi ne ho mangiate tantissime ma credo di averne lasciate in dispensa ancora abbastanza per soddisfare qualunque improvviso assalto di fame notturna.

I tre si diressero, con passi decisi, fuori dalla camera da letto.

Il principe indossava ancora il lungo camicione bianco con cui era andato a dormire la sera prima e che gli arrivava fin sulle caviglie. Con il suo metro e ottanta camminava impettito ma stretto in mezzo ai due enormi soldati della guardia imperiale. Questi lo sovrastavano di almeno dieci centimetri, perfetti nelle loro impeccabili uniformi dordinanza.

Per arrivare alle cucine bisognava percorrere il corridoio che dava anche sulla grande biblioteca reale. Giunti nei suoi pressi il principe ebbe un sussulto e si fermò di scatto. Allimprovviso, dal suo angelico volto sparì quel tenero sorriso che lo aveva accompagnato fino a quel momento e, assunto un atteggiamento serio, con tono perentorio, ordinò ai suoi due improbabili compagni davventura di aprire la porta della biblioteca.

Ma noi non abbiamo le chiavi solo il Capo Bibliotecario può farlo», i due corazzieri saffrettarono a replicare, per nulla intimoriti dallo sguardo severo del ragazzo.

Va bene allora farò da solo ma dovete giurarmi di non rivelare a nessuno il mio segreto nemmeno al re e alla regina quando faranno ritorno ad Astagatt. Quello che state per vedere non sarà mai successo e adesso giurate sul vostro onore d soldati!

I due militari si guardarono perplessi ma Amir era pur sempre il loro principe ed il futuro sovrano del regno. Senza perdere altro tempo, uno dopo laltro, ripeterono ad alta voce: Lo giuro!.

Amir singinocchiò e, con estrema cautela, spostò un piccolo pezzo di marmo che ornava il bellissimo pavimento del corridoio. Da un piccolo foro, delicatamente, ne estrasse un sacchetto. Quindi, con il tipico atteggiamento di ladro esperto, tirò fuori una chiave doro. In pochi istanti aprì lenorme porta di legno massiccio della biblioteca ed entrò dentro, mentre i due militari furono lasciati fuori di guardia.

Lenorme sala della biblioteca era perfettamente illuminata.

In ogni suo angolo si potevano scorgere centinaia di grandi candele, anche a gruppi di dieci per volta, sistemate con cura nei punti più strategici.

Per evitare il pericolo che potesse scoppiare un incendio erano state raccolte su splendidi lampadari sotto i quali si potevano notare dei grandi vassoi di bronzo che raccoglievano la cera che si fondeva lentamente. Con questo semplice stratagemma nessun libro correva il rischio di essere, anche accidentalmente, colpito dal fuoco. In ogni caso, la sicurezza della biblioteca era garantita da dodici bibliotecari che si alternavano al controllo della sala.

Il capo bibliotecario, Ermes il greco, era perfettamente a conoscenza delle intrusioni notturne di Amir in quanto lo aveva sorpreso, più di una volta, a sfogliare con curiosità i volumi che raccontavano la storia dellarcipelago e dei suoi stessi avi.

Qualche volta se ne era lamentato con lo stesso re Mohammed ma spesso faceva finta di niente purché il principe, dopo la lettura, rimettesse esattamente al loro posto ogni libro consultato.

Ormai erano quasi le due di notte e fuori continuava ad infuriare una tempesta tropicale, con il vento e la pioggia sempre più forti e impetuosi.

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